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Progressione verticale: quando si applica il blocco?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18385/2024, ha stabilito che in caso di progressione verticale nel pubblico impiego, le norme applicabili al trattamento economico sono quelle in vigore al momento della stipula del contratto, non quelle del bando di concorso. Di conseguenza, il blocco degli aumenti stipendiali introdotto da una legge successiva al bando (ius superveniens) è legittimo e prevale sulle condizioni originarie, in quanto la progressione si considera ‘disposta’ solo con la formalizzazione del nuovo inquadramento.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Progressione Verticale e Blocco Stipendi: La Legge Successiva Prevale sul Bando di Concorso

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per i dipendenti pubblici: cosa succede quando una legge successiva a un bando di concorso ne modifica gli effetti economici? Il caso in esame riguarda una progressione verticale e l’impatto di un ius superveniens che ha congelato gli aumenti stipendiali. La Suprema Corte ha chiarito un principio fondamentale: la normativa che conta è quella in vigore al momento della firma del contratto, non quella esistente all’epoca della pubblicazione del bando.

I Fatti del Caso: Un Concorso e una Legge Sopravvenuta

La vicenda trae origine da una procedura selettiva indetta nel 2007 da un Ministero per consentire il passaggio di alcuni dipendenti da un’area funzionale inferiore a una superiore (da B a C1). I lavoratori, superato il concorso, hanno però sottoscritto i nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato solo nel gennaio 2013.

Nel frattempo, era intervenuta una normativa di finanza pubblica, l’art. 9, comma 21, del D.L. n. 78/2010, che aveva disposto il blocco degli effetti economici per le progressioni di carriera effettuate negli anni 2011, 2012 e 2013. Di conseguenza, i contratti firmati dai dipendenti riconoscevano la nuova qualifica ai soli fini giuridici, senza il corrispondente adeguamento stipendiale.

Mentre il Tribunale di primo grado aveva dato ragione ai lavoratori, riconoscendo il loro diritto alle differenze retributive, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione, ritenendo che la legge applicabile fosse quella in vigore al momento della stipula del contratto. I lavoratori hanno quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte sulla progressione verticale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei lavoratori, confermando la sentenza d’appello e fornendo importanti chiarimenti sull’applicazione della legge nel tempo in materia di pubblico impiego.

Il Principio del Tempus Regit Actum nel Pubblico Impiego

I ricorrenti sostenevano che dovesse applicarsi la normativa vigente al momento della pubblicazione del bando. La Corte ha respinto questa tesi, precisando che le regole del bando (lex specialis) disciplinano la procedura selettiva, ma non cristallizzano lo statuto giuridico ed economico del vincitore. Quest’ultimo è invece regolato dalla legge in vigore nel momento in cui la progressione di carriera si concretizza, ovvero con la firma del nuovo contratto.

L’Interpretazione del Termine “Disposte”

Il punto centrale della decisione ruota attorno all’interpretazione del termine “disposte” contenuto nella legge del 2010. La norma stabilisce che le progressioni di carriera “disposte” negli anni 2011-2013 hanno effetto solo giuridico. Secondo la Cassazione, tale termine si riferisce al momento in cui la progressione viene formalizzata e diventa efficace, cioè con la stipulazione del contratto individuale che sancisce il nuovo inquadramento. Poiché i contratti erano stati firmati nel 2013, rientravano a pieno titolo nell’ambito di applicazione del blocco stipendiale.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la progressione verticale in esame non era una semplice progressione economica, ma una vera e propria ‘procedura concorsuale di assunzione’ che comportava la novazione del rapporto di lavoro, con l’attribuzione di mansioni qualitativamente diverse e superiori. Nonostante ciò, la norma sul blocco stipendiale (art. 9, comma 21, d.l. 78/2010) è una disposizione dal contenuto estremamente ampio, finalizzata a neutralizzare gli incrementi economici per esigenze di finanza pubblica. Essa si applica a tutte le progressioni di carriera, “comunque denominate”, e ai “passaggi tra le aree”, senza possibilità di distinzione. La Corte ha ritenuto che non fosse possibile differenziare, ai fini dell’applicazione di tale norma, tra progressioni verticali e orizzontali. L’intento del legislatore era chiaro: contenere la spesa pubblica in un determinato triennio, incidendo su qualsiasi forma di avanzamento di carriera che comportasse un aumento di stipendio. L’affidamento dei partecipanti al concorso, quindi, non poteva prevalere su una norma imperativa di legge successiva, volta a tutelare un interesse pubblico superiore.

Conclusioni: Implicazioni per i Dipendenti Pubblici

Questa ordinanza consolida un principio importante: nel pubblico impiego, il diritto a un determinato trattamento economico sorge solo con la formalizzazione del nuovo inquadramento contrattuale. Le aspettative maturate durante una procedura concorsuale possono essere legittimamente modificate da una legge successiva (ius superveniens), specialmente se dettata da inderogabili esigenze di bilancio dello Stato. I dipendenti pubblici devono quindi essere consapevoli che il quadro normativo di riferimento per il loro status economico è quello vigente al momento della stipula del contratto, e non quello, potenzialmente più favorevole, in vigore all’epoca del bando.

In una progressione verticale, quale normativa si applica al trattamento economico: quella del bando o quella della firma del contratto?
Si applica la normativa in vigore al momento della stipulazione del contratto di lavoro. La Corte di Cassazione ha chiarito che le regole del bando governano lo svolgimento della procedura selettiva, ma lo statuto giuridico ed economico del vincitore è soggetto alla legge in vigore quando il nuovo rapporto viene formalizzato.

Una legge che blocca gli stipendi (ius superveniens) può modificare le condizioni previste da un bando di concorso precedente?
Sì. La Corte ha stabilito che una legge sopravvenuta, soprattutto se dettata da esigenze di finanza pubblica, può legittimamente modificare il trattamento economico del vincitore di un concorso, anche se il bando non lo prevedeva. L’aspettativa del candidato non è un diritto quesito che prevale sulla legge.

Il blocco degli effetti economici previsto dal d.l. n. 78/2010 si applica anche alle progressioni verticali che derivano da un concorso pubblico?
Sì, la norma ha una portata ampia e si applica a tutte le progressioni di carriera, ‘comunque denominate’, e ai passaggi tra le aree. La Corte ha specificato che non è possibile differenziare tra progressioni verticali (che comportano la novazione del rapporto) e altre forme di avanzamento ai fini dell’applicazione del blocco stipendiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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