Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9365 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9365 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6301/2018 R.G. proposto da INDIRIZZO, presso l o studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e dife so dall’AVV_NOTAIO
domiciliato in Roma, INDIRIZZO – ricorrente –
contro
Comune RAGIONE_SOCIALE FANNA , in persona del Sindaco pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio degli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, rappresentato e dife so dall’AVV_NOTAIO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 238/2017 de lla Corte d’Appello di Trieste, depositata l’11.8. 2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6.2.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente lavorò alle dipendenze del Comune di Fanna dal 22.4.1980 al 1°.12.2013, quando fu collocato a riposo. Dal 2.8.2002 fu inquadrato nella categoria PLA1 del CCRL (Contratto Collettivo Regionale di Lavoro), per poi passare alla categoria PLA2 dal 1°.1.2003 e alla categoria PLA3 dal 1°.1.2005. In un precedente giudizio ottenne l’accertamento del proprio diritto a essere inquadrato nella categoria PLA3 fin dal 1°.8.2002. Poiché il Comune, in ossequio al giudicato, si limitò ad attribuire al lavoratore la categoria PLA3 con la decorrenza anticipata stabilita dal giudice, il ricorrente attivò il presente giudizio allo scopo di vedere accertato il proprio diritto alla ricostruzione della carriera mediante l’ attribuzione delle categorie PLA4 e PLA5 a decorrere dalle date in cui gli erano state riconosciute -partendo dall’errato inquadramento iniziale -le categorie PLA2 e PLA3.
Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale di Pordenone, in funzione di giudice del lavoro, accolse parzialmente la domanda del lavoratore, riconoscendogli il diritto al passaggio alla categoria PLA4 dal 1°.1.2005.
La sentenza di primo grado venne impugnata da entrambe le parti e la Corte d’Appello di Trieste, riuniti i gravami, accolse quello del Comune di Fanna e disattese quello del lavoratore, le cui domande risultarono pertanto interamente rigettate.
Contro la sentenza della Corte d’Appello il lavoratore ha proposto ricorso articolato in tre motivi. Il Comune di Fanna si è difeso con controricorso, illustrato anche con memoria depositata nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».
Si censura la sentenza della Corte d’Appello nella parte in cui ha ritenuto insussistente la prova che l’ente comunale avesse a disposizione le risorse finanziarie necessarie e che avesse indetto le procedure selettive per acquisire le progressioni economiche rivendicate, oltre a rilevare che il ricorrente non aveva dimostrato di avere fatto richiesta di partecipare a quelle (eventuali) procedure.
Il ricorrente sostiene di avere invece provato tutti i fatti sopra indicati, mediante alcune produzioni documentali il cui contenuto non sarebbe stato adeguatamente valutato dalla Corte territoriale, anche al fine della prova presuntiva di quei medesimi fatti.
1.1. Il motivo è inammissibile, perché -sotto le mentite spoglie della denuncia di un omesso esame di un fatto decisivo -ciò che si chiede alla Corte di Cassazione è, in realtà, un riesame dell’accertamento del fatto compiuto dal giudice del merito, accertamento che, invece, come è noto, è riservato a quel giudice e non può essere riproposto in sede di legittimità (v., ex multis , Cass. S.U. n. 34476/2019).
Il secondo motivo censura «violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi di lavoro ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 53, comma 1 -bis , del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2009, nonché in relazione agli artt. 26 del CCRL (RAGIONE_SOCIALE
NOME) di settore; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.».
2.1. Anche questo motivo è inammissibile.
2.1.1. Viene infatti denunciata la violazione di una norma di legge («art. 53, comma 1 -bis , del d.lgs. n. 165 del 2001, come modificato dal d.lgs. n. 150 del 2009») che non era in vigore nelle date con riferimento alle quali il ricorrente pretende di avere diritto alle progressioni economiche (1°.1.2003 e 1°.1.2005).
2.1.2. Quanto alla violazione del CCRL, si deve ribadire che la denuncia della diretta violazione delle norme contenute nei contratti collettivi di lavoro riguarda soltanto i contratti nazionali, come esplicitato sia nell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., sia nell’art. 63 del d.lgs. n. 165 del 2001. Pertanto, l’ interpretazione dei contratti integrativi e di quelli con efficacia territoriale limitata è riservata al giudice di merito, essendo censurabile in sede di legittimità soltanto la violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (art. 1362 e ss. c..), ovvero il vizio di motivazione, ma in questo caso nei limiti fissati dal novellato l’art. 360 , comma 1, n. 5 c.p.c. (v., ex multis , Cass. n. 7671/2016).
2.1.3. Rimane la denuncia di omesso esame di un fatto decisivo, riferita alla circostanza che il ricorrente, nelle date da lui indicate, superò le selezioni per il passaggio alla categoria PLA2 e poi alla categoria PLA3, dal che -secondo la sua tesi -si sarebbe dovuta trarre la conseguenza che, se fosse stato in origine correttamente inquadrato nella categoria PLA3, potendo partecipare alle selezioni per accedere alle categorie PLA4 e PLA5, le avrebbe ugualmente superate.
Sennonché il fatto del superamento delle selezioni per le categorie PLA2 e PLA3 è stato esplicitamente preso in considerazione dalla Corte d’Appello , la quale -oltre a rilevare la mancanza di prova sulla sussistenza di risorse economiche e sull’effettuazione delle selezioni per le categorie superiori -ha ritenuto che le qualità richieste ai lavoratori per accedere alle categorie inferiori «non sono necessariamente le stesse proprie di quelle superiori», traendone la conclusione che il fatto che il ricorrente «sia stato giudicato idoneo a conseguire le posizioni PLA2 e PLA3 non dimostra affatto, in modo automatico, la sua idoneità a conseguire le superiori posizioni PLA4 e PLA5».
È dunque evidente che il fatto è stato esaminato e che la Corte territoriale ha tratto conclusioni che non sono condivise dal ricorrente, ma che , escluso l’ omesso esame, non possono essere sindacate in questa sede di legittimità.
Con il terzo e ultimo motivo si denuncia, nuovamente, «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.», questa volta al fine di censurare la parte della sentenza impugnata in cui sono state negate la sussistenza e la risarcibilità di un danno da perdita di chance .
3.1. Anche questo motivo è inammissibile, perché -analogamente al primo -di fatto propone una rivisitazione dell’accertamento del fatto che non può essere oggetto del ricorso per cassazione. Il ricorrente sostiene che «il nesso di causalità appare evidente» e afferma di avere «dimostrato la concreta sussistenza della probabilità di ottenere la qualifica superiore».
Di nient’altro si discute, dunque, se non del prudente apprezzamento delle risultanze istruttorie che compete al
giudice del merito e che, in sede di legittimità, può essere censurato solo nei precisi limiti sopra ricordati e la cui violazione non viene nemmeno prospettata dal ricorrente nel caso di specie.
Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che, in base al l’esito del giudizio , sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 4 .000 per compensi, oltre a € 200 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge;
ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 -quater , dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del l’ art. 13, comma 1 -bis , del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6.2.2024.