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Prescrizione lavoro pubblico: decorre durante il rapporto

Una lavoratrice ha citato in giudizio un ente pubblico, sostenendo che una serie di contratti di collaborazione e a tempo determinato costituissero in realtà un unico rapporto di lavoro subordinato. La Corte d’Appello le aveva dato ragione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha ribaltato la decisione, stabilendo un principio fondamentale sulla prescrizione nel lavoro pubblico: ogni contratto è autonomo e il termine di prescrizione quinquennale per i crediti retributivi decorre durante lo svolgimento di ciascun singolo rapporto, non dalla fine dell’intero periodo di collaborazione. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Lavoro Pubblico: la Cassazione fissa i paletti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale in materia di prescrizione nel lavoro pubblico, specificando come debba essere calcolata in caso di successione di contratti a tempo determinato. La Suprema Corte ha chiarito che, a differenza del settore privato, il termine per rivendicare i crediti retributivi decorre anche in costanza di rapporto, data l’assenza di un ‘metus’ (timore) del licenziamento. Questa decisione ha importanti implicazioni per i dipendenti pubblici con contratti precari.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla vicenda di una lavoratrice che aveva prestato servizio per una casa di riposo pubblica per circa sei anni, dal 1998 al 2004, attraverso una serie di contratti formalmente qualificati come collaborazioni coordinate e continuative e contratti di lavoro a tempo determinato. La lavoratrice si era rivolta al Tribunale per chiedere l’accertamento della natura subordinata dell’intero rapporto e il pagamento delle relative differenze retributive e contributive.

Il Tribunale di primo grado aveva respinto le sue domande. La Corte di Appello, invece, aveva parzialmente accolto il gravame, riconoscendo l’esistenza di un unico rapporto di lavoro subordinato per tutto il periodo in questione. Di conseguenza, aveva condannato l’ente al pagamento delle differenze retributive, ritenendo che il termine di prescrizione non potesse decorrere in pendenza di un rapporto formalmente autonomo, per il timore della lavoratrice di non vedersi rinnovato il contratto. L’ente pubblico ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso dell’ente relativo alla prescrizione, cassando con rinvio la sentenza della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno stabilito che la Corte territoriale ha errato nel considerare l’intero periodo lavorativo come un unico rapporto e nel sospendere il decorso della prescrizione.

Le Motivazioni: la regola sulla prescrizione nel lavoro pubblico

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dei principi consolidati in materia di impiego pubblico contrattualizzato. La Cassazione ha evidenziato due punti fondamentali:

1. Autonomia dei contratti: Nell’impiego pubblico, vige il divieto di conversione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato (art. 36, d.lgs. 165/2001). Ciò implica che ogni singolo contratto, anche se parte di una successione, resta giuridicamente autonomo e distinto dai precedenti e dai successivi. È quindi errato considerarli come un unico rapporto di lavoro ininterrotto.

2. Decorrenza della prescrizione: La giurisprudenza, incluse le Sezioni Unite (sent. n. 36197/2023), è ormai unanime nel ritenere che la prescrizione quinquennale dei crediti retributivi dei dipendenti pubblici decorre sempre in costanza di rapporto. Questo perché, a differenza del lavoro privato (dove la stabilità del posto è garantita dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori), nel pubblico impiego a termine non esiste un’aspettativa tutelabile alla stabilità o alla continuazione del rapporto. Di conseguenza, non si può configurare quel ‘metus’ (timore reverenziale verso il datore) che giustificherebbe la sospensione del termine di prescrizione. Il lavoratore non ha nulla da perdere nel far valere i propri diritti, poiché non esiste una garanzia di rinnovo del contratto.

La Corte ha quindi affermato che la Corte d’Appello avrebbe dovuto calcolare le eventuali differenze retributive per ciascun singolo contratto e verificare il decorso della prescrizione per ciascuno di essi, senza riconoscere alcuna retribuzione per i periodi non lavorati tra un contratto e l’altro.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia consolida un orientamento di fondamentale importanza per chi lavora nel settore pubblico con contratti a termine o di collaborazione. La principale implicazione pratica è che i lavoratori non possono attendere la fine del loro ultimo contratto per rivendicare eventuali crediti retributivi (come differenze salariali, straordinari non pagati, etc.) relativi a contratti precedenti. Devono agire entro cinque anni dal momento in cui ogni singolo credito matura. In caso contrario, il diritto si estingue per prescrizione. Per le amministrazioni pubbliche, questa sentenza rafforza la certezza del diritto, limitando le potenziali passività a un arco temporale ben definito.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per i crediti retributivi nel pubblico impiego?
Nel pubblico impiego, il termine di prescrizione di cinque anni per i crediti retributivi inizia a decorrere durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, dal momento in cui ogni singolo credito matura, e non dalla cessazione del rapporto stesso.

Una serie di contratti a termine con la Pubblica Amministrazione può essere considerata un unico rapporto di lavoro?
No, a causa del divieto di conversione previsto dalla legge (art. 36 del d.lgs. 165/2001), ogni contratto a termine nel pubblico impiego è considerato autonomo e distinto dagli altri. Non è possibile fonderli in un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Il lavoratore pubblico può chiedere il pagamento per i periodi non lavorati tra un contratto a termine e il successivo?
No. Poiché ogni contratto è autonomo, la tutela del lavoratore è limitata ai singoli periodi in cui la prestazione lavorativa è stata effettivamente resa. Non possono essere riconosciute pretese retributive per gli intervalli non lavorati tra la scadenza di un contratto e la stipula del successivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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