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Giurisprudenza Civile

Spese personali condominio: chi paga i costi extra?
La Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità dell'addebito di spese personali in condominio a carico esclusivo dei singoli condomini che le hanno generate. Il caso riguardava costi extra sostenuti dall'amministratore per rispondere a specifiche e personali richieste di chiarimento di due condomini. La Corte ha confermato che, qualora un'attività vada oltre l'ordinaria gestione e sia svolta nell'interesse esclusivo di alcuni, i relativi costi non devono gravare su tutta la collettività condominiale, ma solo sui richiedenti.
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Lavoro straordinario: pausa pranzo non goduta va pagata
La Corte di Cassazione conferma la sentenza d'Appello che riconosceva il diritto di alcuni lavoratori al pagamento del compenso per lavoro straordinario. Tale compenso deriva dal prolungamento dell'orario di lavoro a causa della mancata fruizione della pausa pranzo. La Corte ha stabilito che la mancata predisposizione di turni da parte del datore di lavoro, che di fatto impediva la pausa, equivale a una richiesta di prestazione lavorativa extra, che deve essere retribuita. Vengono inoltre respinte le eccezioni procedurali del datore di lavoro relative all'interruzione del processo per successione di un altro ente.
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Prescrizione crediti di lavoro: la stabilità non basta
La Corte di Cassazione ha stabilito che la prescrizione crediti di lavoro non decorre durante il rapporto di lavoro, anche dopo le riforme del 2012 e 2015. La Corte ha ritenuto che il livello di stabilità del posto di lavoro non è sufficiente a eliminare il 'metus' (timore) del lavoratore di essere licenziato per aver fatto valere i propri diritti, giustificando la sospensione del termine prescrizionale fino alla cessazione del rapporto.
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Distanze tra costruzioni: quando si applica l’art. 907
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante la violazione delle distanze tra costruzioni. La controversia verteva su un muro e una terrazza realizzati a distanza inferiore a quella legale. La Corte ha confermato la decisione di merito, sottolineando che il ricorso mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e ha ribadito l'inapplicabilità di deroghe in assenza di costruzioni in aderenza.
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Opposizione esecuzione: appello o ricorso? La Cassazione
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso straordinario proposto da alcuni lavoratori. Il caso riguarda una opposizione esecuzione promossa da un'azienda contro la richiesta di pagamento di differenze retributive al lordo delle imposte. La Corte chiarisce che quando si contesta il diritto stesso di procedere all'esecuzione (an), e non le modalità (quomodo), il rimedio corretto è l'appello ordinario e non il ricorso straordinario in Cassazione, previsto solo per l'opposizione agli atti esecutivi.
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Normativa anticorruzione: obblighi per le ex IPAB
L'Autorità Anticorruzione ha sanzionato un'Azienda di Servizi alla Persona per non aver rispettato la normativa anticorruzione. I tribunali di merito hanno annullato la sanzione, ritenendo che la normativa, prima della riforma del 2014, non si applicasse a tali enti. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell'Autorità perché non contestava specificamente le motivazioni della Corte d'Appello, ma si limitava a riproporre le stesse tesi.
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Sanzioni antiriciclaggio: favor rei e nuovo calcolo
Analisi di un'ordinanza della Cassazione sul tema delle sanzioni antiriciclaggio. Una cittadina, sanzionata per un ingente trasferimento di contanti, ottiene l'annullamento parziale della sanzione per l'applicazione del principio del *favor rei*, ovvero la legge successiva più favorevole. La Corte rinvia al giudice d'appello per un nuovo calcolo della pena, basato su una valutazione complessiva della normativa più vantaggiosa.
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Actio confessoria servitutis: parcheggio e servitù
La Corte di Cassazione chiarisce che parcheggiare stabilmente delle auto su una strada privata, ostacolando il passaggio, legittima l'uso dell'actio confessoria servitutis. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che tale azione non richiede una contestazione formale del diritto di servitù, ma solo un impedimento al suo esercizio. Sono stati ritenuti responsabili sia il proprietario del fondo, come autore morale, sia i proprietari delle auto, come autori materiali dell'illecito.
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Regolamento di competenza: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione, con un'ordinanza sul regolamento di competenza, ha confermato la giurisdizione del Tribunale di Firenze in una causa condominiale. La Corte ha stabilito che la valutazione di un accordo di conciliazione giudiziale, che ha annullato una clausola di foro esclusivo, è un accertamento di fatto del giudice di merito, non sindacabile in sede di regolamento se non per vizi logici o di diritto nell'interpretazione.
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Spese di lite: la Cassazione chiarisce i criteri
Un proprietario, dopo aver perso una causa per violazione delle distanze legali, ha impugnato la condanna al pagamento delle spese di lite. La Corte di Cassazione ha corretto la decisione precedente, stabilendo principi chiari sulla ripartizione dei costi. In particolare, ha chiarito che le spese di lite non sono dovute alla parte contumace (assente dal giudizio) e che in caso di più parti difese dallo stesso avvocato, il compenso è unico, seppur maggiorato.
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Licenziamento per giusta causa: minacce e ricatto
La Corte di Cassazione ha confermato un licenziamento per giusta causa nei confronti di una dipendente di un'azienda di moda. La lavoratrice aveva minacciato la sua responsabile, affermando di aver fotografato capi non appartenenti al marchio all'interno del negozio per usarli come leva ricattatoria. I giudici hanno ritenuto tale condotta, caratterizzata da insubordinazione e minaccia grave, talmente seria da rompere irrimediabilmente il rapporto di fiducia, legittimando il licenziamento immediato. È stata respinta anche la doglianza sulla presunta tardività della contestazione disciplinare.
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Servitù di passaggio: interpretazione del contratto
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un proprietario contro una sentenza che riconosceva una servitù di passaggio sul suo fondo. La Corte ha stabilito che l'interpretazione del contratto che ha dato origine alla servitù, effettuata dai giudici di merito, non è sindacabile in sede di legittimità se non presenta vizi logici o errori di diritto. Proporre una semplice interpretazione alternativa non è sufficiente per l'accoglimento del ricorso.
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Superiore inquadramento: l’appello è inammissibile
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un'azienda del settore automotive contro la sentenza che riconosceva a un dipendente il diritto al superiore inquadramento. Il motivo è che l'appello si limitava a chiedere un riesame delle prove, compito non spettante alla Corte di legittimità, confermando così la decisione della Corte d'Appello a favore del lavoratore.
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Appalto illecito: onere della prova e limiti del ricorso
Un gruppo di lavoratori, dipendenti di una società di contact center, ha agito in giudizio contro un'importante azienda di trasporti, sostenendo l'esistenza di un appalto illecito e chiedendo il riconoscimento di un rapporto di lavoro diretto. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso, sottolineando che l'onere di provare l'interposizione illecita grava sui lavoratori. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili le nuove argomentazioni introdotte in appello, evidenziando come l'uso di software e la formazione forniti dalla committente non siano di per sé sufficienti a dimostrare un appalto illecito, ma rientrino nelle normali dinamiche di un appalto endoaziendale genuino.
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Avviso di ricevimento: inammissibile il ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall'Agenzia delle Entrate contro un contribuente attivo nel commercio di opere d'arte. La decisione non è entrata nel merito della questione fiscale, ma si è basata su un vizio procedurale insuperabile: la mancata produzione in giudizio dell'avviso di ricevimento della notifica del ricorso, documento ritenuto essenziale per provare il perfezionamento della notificazione e garantire il contraddittorio.
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Negozio di accertamento: consenso verbale non basta
La Corte di Cassazione ha stabilito che il semplice consenso verbale del vicino alla costruzione di un muro non costituisce un negozio di accertamento sui confini. Tale accordo, se implica l'occupazione di suolo altrui, configurerebbe un diritto di servitù, che richiede la forma scritta. La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso basato sulla figura del negozio di accertamento, poiché sollevato per la prima volta in sede di legittimità, confermando la condanna alla riduzione in pristino e al risarcimento del danno.
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Scorrimento graduatoria: no al diritto senza autorizzazione
Un lavoratore, idoneo in un concorso interno, ha chiesto l'assunzione tramite scorrimento graduatoria per posti mai ufficialmente autorizzati. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che senza la necessaria autorizzazione amministrativa per i posti ulteriori, non sorge alcun diritto soggettivo all'assunzione. L'intervento di una nuova legge (ius superveniens) ha ulteriormente precluso tale possibilità, non essendosi consolidato alcun diritto quesito prima della riforma.
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Notifica pignoramento: il vizio è sanabile
Un contribuente ha impugnato un pignoramento presso terzi, lamentando vizi nella notifica, come l'invio via PEC da parte di un funzionario non qualificato. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1687/2024, ha respinto il ricorso. Ha stabilito che tali difetti non rendono la notifica pignoramento inesistente, ma semplicemente nulla. La nullità è stata sanata dal momento che il contribuente ha ricevuto l'atto e ha potuto esercitare il suo diritto di difesa proponendo opposizione, dimostrando così il raggiungimento dello scopo della comunicazione.
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Estinzione del processo: rinuncia e conseguenze legali
Una lavoratrice ha impugnato in Cassazione la sentenza che rigettava la sua richiesta di superiore inquadramento. In pendenza del giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo. La lavoratrice ha quindi rinunciato al ricorso con l'accettazione della società. La Corte di Cassazione ha dichiarato l'estinzione del processo, specificando che, in caso di rinuncia accettata, non vi è condanna alle spese e non è dovuto il raddoppio del contributo unificato, poiché l'estinzione non equivale a un rigetto.
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Accordo conciliativo: la rinuncia vale sui diritti pregressi
La Corte di Cassazione ha stabilito che un lavoratore non può far valere una sentenza favorevole, ottenuta contro il precedente datore di lavoro, nei confronti della nuova società datrice di lavoro se ha firmato un accordo conciliativo. In tale accordo, il lavoratore aveva accettato un nuovo inquadramento e rinunciato a ogni pretesa pregressa, interrompendo così ogni legame con la precedente situazione lavorativa. La Corte ha ritenuto che l'accordo conciliativo fosse valido e che si fosse instaurato un rapporto di lavoro completamente nuovo, rendendo inopponibile la vecchia sentenza.
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