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Nullità parziale contratto: l’effetto sul privato

La Corte di Cassazione chiarisce che l’annullamento di un provvedimento amministrativo che esclude determinate prestazioni da una convenzione sanitaria determina la nullità parziale del contratto stipulato tra ASL e struttura privata. Il privato può agire direttamente in sede civile per l’accertamento della nullità e il conseguente pagamento, senza dover esperire un giudizio di ottemperanza. La firma del contratto con ‘riserva’ da parte del privato è stata ritenuta sufficiente a manifestare il dissenso sulle clausole invalide.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Nullità Parziale Contratto: L’Impatto dell’Atto Amministrativo Annullato

Quando un contratto tra un privato e la Pubblica Amministrazione si fonda su un atto amministrativo che viene successivamente annullato, quali sono le conseguenze? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio questo tema, chiarendo come l’annullamento possa portare alla nullità parziale del contratto e quali tutele spettino al contraente privato. Questo principio è cruciale nei rapporti convenzionali, specialmente nel settore sanitario.

I Fatti del Caso

Una struttura sanitaria privata, specializzata in dialisi, aveva stipulato una convenzione con l’Azienda Sanitaria Locale (ASL) per l’erogazione di prestazioni sanitarie. Lo schema contrattuale, approvato con una delibera dell’ASL, escludeva la rimborsabilità di alcune prestazioni specifiche, ritenendole erogabili solo in ambito ospedaliero. La struttura sanitaria, ritenendo illegittima tale esclusione, aveva impugnato la delibera dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), che in seguito l’aveva annullata.

Nel frattempo, per poter continuare a operare, la struttura aveva firmato il contratto, apponendo però una specifica ‘riserva’ sulle clausole contestate, subordinandone la validità all’esito del giudizio amministrativo. Una volta ottenuta la sentenza favorevole dal TAR, la struttura ha chiesto in sede civile il pagamento delle prestazioni indebitamente escluse, per un valore di oltre 350.000 euro.

Il Tribunale di primo grado le ha dato ragione, ma la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione. Secondo i giudici d’appello, la riserva non era valida perché non controfirmata dall’ASL e, soprattutto, l’annullamento dell’atto amministrativo non incideva automaticamente sul contratto privatistico già firmato. La strada corretta, secondo la Corte d’Appello, sarebbe stata quella del giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo per dare esecuzione alla sentenza del TAR.

La Decisione della Corte e la nullità parziale del contratto

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello, accogliendo le ragioni della struttura sanitaria. Il punto centrale della decisione è il nesso inscindibile tra il provvedimento amministrativo (la delibera dell’ASL) e il contratto che ne è seguito. La volontà della Pubblica Amministrazione si era formata sulla base di un atto che è stato poi dichiarato illegittimo e annullato.

Di conseguenza, le clausole del contratto che derivano direttamente da quell’atto illegittimo sono anch’esse viziate. Si verifica, quindi, una nullità parziale del contratto che colpisce specificamente le clausole di esclusione. La ‘riserva’ apposta dalla struttura sanitaria, sebbene unilaterale, assume un ruolo fondamentale: dimostra la mancanza di acquiescenza e, quindi, l’assenza di un pieno accordo su quelle specifiche parti del contratto.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che, a differenza dei contratti d’appalto pubblici, dove la sorte del contratto post-annullamento è regolata da norme specifiche con giurisdizione del giudice amministrativo, nei contratti di natura privatistica, come le convenzioni sanitarie, si applicano le regole del codice civile.

L’annullamento del presupposto amministrativo (la delibera) fa venire meno un elemento essenziale per la valida formazione della volontà della Pubblica Amministrazione su quelle specifiche clausole. Questo determina la loro nullità ai sensi dell’art. 1418 c.c. per mancanza di accordo delle parti su quella porzione dell’oggetto contrattuale. La nullità opera di diritto e può essere accertata dal giudice ordinario.

Pertanto, il privato non è obbligato a esperire il giudizio di ottemperanza, che è un rimedio complementare e non esclusivo. Può, invece, agire direttamente davanti al giudice civile per far dichiarare l’inefficacia delle clausole nulle e ottenere la condanna al pagamento delle prestazioni eseguite, come se quelle clausole non fossero mai esistite.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del contraente privato nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. Stabilisce un principio chiaro: se le clausole di un contratto derivano da un atto amministrativo poi annullato, tali clausole sono nulle. Il privato può far valere questa nullità direttamente in un giudizio civile per ottenere quanto gli spetta, senza dover necessariamente ricorrere alla giustizia amministrativa per l’esecuzione della sentenza di annullamento. La firma ‘con riserva’ si conferma uno strumento essenziale per il privato per salvaguardare i propri diritti e contestare clausole che ritiene illegittime.

Cosa succede a un contratto se il provvedimento amministrativo su cui si basa viene annullato?
Le clausole contrattuali che derivano direttamente dal provvedimento amministrativo annullato diventano nulle. Si verifica una nullità parziale del contratto che può essere fatta valere davanti al giudice ordinario.

Firmare un contratto con una ‘riserva’ ha valore legale anche se non controfirmata dalla controparte?
Sì, la riserva unilaterale ha valore in quanto manifesta la mancanza di consenso del contraente su specifiche clausole, impedendo che si formi l’acquiescenza e preservando il suo diritto a contestarle in futuro.

Dopo l’annullamento di un atto amministrativo, è sempre necessario avviare un giudizio di ottemperanza per tutelare i propri diritti contrattuali?
No, non è sempre necessario. La Corte di Cassazione ha chiarito che il privato può agire direttamente davanti al giudice civile per far accertare la nullità delle clausole derivanti dall’atto annullato e ottenere il conseguente adempimento (es. il pagamento), poiché il giudizio di ottemperanza è un rimedio complementare e non l’unica via percorribile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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