Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20601 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20601 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Condominio INDIRIZZO, difeso dall’avvocato NOME COGNOME, domiciliato a Roma presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 1427/2020 del 26/6/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 aprile 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nel 2017 il Condominio ottiene dal Tribunale di Lodi nei confronti di NOME COGNOME, condomino in forza di acquisto di un’unità immobiliare il 26/2/2015, un decreto ingiuntivo di pagamento di spese condominiali. In sede di udienza di prima trattazione nel giudizio di opposizione, l’ingiunto eccepisce la nullità della delibera del
27/3/2017 di approvazione del consuntivo e di ripartizione delle spese di gestione del 2016. In tale delibera il Condominio ha imputato a COGNOME un importo di circa € 16.688 con la causale «saldo esercizio precedente», computando spese maturate anteriormente al biennio precedente la data di acquisto dell’immobile. Il condomino fa valere la violazione dell’art. 63 co. 4 disp. att. c.c. Il Tribunale accoglie l’opposizione e revoca il decreto ingiuntivo. La Corte di appello conferma.
Ricorre in cassazione il Condominio con cinque motivi, illustrati da memoria. Resiste il condomino con controricorso.
Ragioni della decisione
– Il primo motivo (p. 8) censura ex art. 1137 c.c. che la Corte di appello, in sede di opposizione al correlativo decreto ingiuntivo, abbia accertato la nullità della delibera condominiale (non impugnata nei termini ex art. 1137 c.c.) relativa alla ripartizione delle spese condominiali.
Il secondo motivo (p. 12) denuncia la violazione degli artt. 1137 c.c. e 63 disp. att. c.c., per avere la Corte di appello ritenuto che l’errata imputazione di una spesa a carico di un condomino costituisca vizio di nullità della delibera, anziché di annullabilità. Si fa valere che si tratta di un errore in concreto, non di una modifica dei criteri generali di ripartizione.
1.1. – I primi due motivi sono fondati.
Nella parte censurata (p. 6) la sentenza sostiene che sono nulle per impossibilità dell’oggetto (e non già annullabili) le delibere assembleari adottate in violazione dei criteri normativi di ripartizione delle spese, poiché la maggioranza condominiale non può incidere sulla misura degli obblighi dei singoli condòmini, ove tale misura sia fissata da una espressa disposizione (in questo caso legislativa): cfr., tra le molte: Cass. 19832/19, 470/19, 33039/18). Il giudice di
appello conferma che l’ applicazione di tale principio conduce a dichiarare la nullità della delibera per violazione dell’art. 63 co. 4 disp. att. c.c.
Tale interpretazione non è condivisibile, poiché – alla stregua di Cass. SU 9839/2021 – le delibere condominiali di ripartizione delle spese di gestione, emanate in violazione dei criteri normativi (legali o negoziali), sono nulle solo se l’assemblea (a maggioranza) abbia manifestato l’intendimento di modificarli programmaticamente per il futuro. In altre parole, l’assemblea che deliberi a maggioranza di modificare i criteri di ripartizione previsti dalla legge o dall’accordo unanime dei condomini opera in difetto assoluto di attribuzioni, mentre non esorbita dalle proprie attribuzioni l’assemblea che (come in questo caso) si limiti a ripartire le spese condominiali per il caso oggetto della delibera, anche se la ripartizione venga effettuata (consapevolmente) in violazione dei criteri legali o negoziali. Una delibera di quest’ultimo tipo non ha carattere normativo (cioè, no n incide su tali criteri generali, valevoli per il futuro), né è contraria a norme imperative. Pertanto, tale delibera è semplicemente annullabile e pertanto ha da essere impugnata, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di trenta giorni ex art. 1137 co. 2 c.c. In questo senso, Cass. 20009/2022, tra le altre pronunce successive a Cass. SU 9839/2021.
I primi due motivi sono accolti.
2. – Il terzo motivo (p. 16) denuncia che il primo giudice non ha letto la motivazione al termine della discussione, ma solo il dispositivo, e ha depositato la motivazione con la data del giorno prima (25/6/19), cosicché è evidente che la sentenza è stata scritta prima della discussione. Si deduce la nullità della sentenza nella parte in cui ha rigettato tale motivo di appello. Si denuncia la violazione degli artt. 281-sexies, 1 e 132 c.p.c.
Il terzo motivo è rigettato.
Non può essere pronunciata la nullità della sentenza emessa ex art. 281-sexies c.p.c. senza osservare le forme previste dal codice, poiché la nullità non è comminata dalla legge (art. 156 co. 1 c.p.c.). Ove tale comminatoria vi fosse, la nullità non potrebbe essere pronunciata in questo caso, poiché è stato raggiunto lo scopo dell’atto (art. 156 co. 3 c.p.c.), che Cass. 19338/2020 coglie nella immodificabilità della sentenza (da parte del giudice che l’ha emessa ) e del carattere conseguenziale del suo contenuto rispetto alle ragioni che il giudice ha ritenuto rilevanti all’esito della discussione.
3. – Il quarto (p. 21) e il quinto motivo (p. 24) censurano che la Corte di appello ha mancato di rilevare il carattere di novità della domanda di nullità della delibera, proposta in sede di prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. (il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 163, 183 co. 6, 101 c.p.c.; il quinto motivo denuncia l’omes so esame circa fatto decisivo).
Il quarto e il quinto motivo sono accolti.
La parte censurata della sentenza muove dalla ricognizione corretta di una regola: nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il creditore opposto assume il ruolo di attore sostanziale, con onere della prova dei fatti costitutivi. Segue una constatazione di due fatti processuali: (a) il Condominio creditore ha allegato la delibera di approvazione del consuntivo 2016, assunta il 27/3/17; (b) all’udienza di prima trattazione l’opponente ha fatto valere che il Condominio non ha contestato che i pagamenti richiesti si riferiscono agli anni 2012 e precedenti ed ha eccepito la nullità della delibera. Erronea è però la conclusione che il giudice di merito ne trae, cioè che ciò non determini il mutamento della domanda.
Infatti, si può riportare quanto argomentato da Cass. SU 9839/2021 (p. 16 ss.) con richiamo a regole generali del giudizio di
opposizione a decreto ingiuntivo: l’opponente assume la posizione sostanziale di convenuto, egli può contestare il diritto azionato con il ricorso per decreto ingiuntivo anche per via di proposizione di una domanda riconvenzionale, ma -prosegue Cass. SU 9839/2021, p. 20 – ha l’onere di farlo , a pena di decadenza, con l’atto introduttivo del giudizio di opposizione, che corrisponde alla comparsa di risposta del convenuto ex art. 167 c.p.c.
3. – In sintesi, sono accolti il primo, il secondo, il quarto e il quinto motivo, è rigettato il terzo motivo, è cassata la sentenza in relazione ai motivi accolti, è rinviata la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo, il quarto e il quinto motivo, rigetta il terzo motivo;
cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti, rinvia alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Se-