Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13165 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13165 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
Oggetto
Impugnazioni civili – Erronea individuazione della data di introduzione del giudizio di appello -Vizio revocatorio – Configurabilità – Ricorso per cassazione Esperibilità – Esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20826/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL), con domicilio eletto in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio del l’AVV_NOTAIO (p.e.c. indicata: EMAIL);
-controricorrente -avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia, n. 94/2021,
depositata il 22 gennaio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
con sentenza n. 94/2021, depositata il 22 gennaio 2021, la Corte d’appello di Venezia ha dichiarato inammissibile , perché tardivo, l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la decisione del Tribunale lagunare che, pronunciando in controversia locatizia, dopo aver disposto il mutamento del rito (da ordinario a speciale), lo aveva condannato a restituire ad NOME COGNOME la somma di Euro 54.000, oltre interessi, quali importi indebitamente percepiti in eccedenza rspetto al canone dovuto;
ha infatti rilevato che, dovendo applicarsi il rito locatizio:
─ in base all’art. 434 c.p.c. l’atto introduttivo doveva essere depositato entro 30 giorni dalla notificazione della sentenza;
─ lo stesso appellante aveva allegato all’atto di appello la notifica della sentenza con formula esecutiva, avvenuta in data 18 giugno 2019, a mani del COGNOME NOME;
─ l’atto di appello avrebbe dovuto dunque essere depositato quanto meno in data 18 luglio 2019, mentre il deposito risultava effettuato il 26 luglio 2019;
avverso tale sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, cui resiste l’intimato depositando controricorso;
è stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti;
il Pubblico Ministero ha depositato in data 21 febbraio 2024 conclusioni scritte con le quali ha chiesto che il ricorso venga dichiarato « manifestamente inammissibile o, comunque, infondato »;
il controricorrente ha depositato memoria;
considerato che:
con l’unico motivo il ricorrente denuncia, con riferimento all’art. 360,
primo comma, num. 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.;
sostiene che l’appello è stato notificato tempestivamente in data 18 luglio 2019, entro il trentesimo giorno dalla notifica della sentenza e lamenta che la Corte d’appello, in violazione delle suindicate norme processuali, male esercitando il suo potere/dovere di prudente apprezzamento delle prove raccolte, ha posto a base della decisione dichiarazione erronea depositata dal difensore dell’appellato in merito alla notifica dell’appello che sarebbe avvenuta il 19 luglio e, quindi, oltre il trentesimo giorno;
il ricorso merita accoglimento, sebbene per ragione diversa da quella dedotta;
la Corte d’appello ha ritenuto l’appello tardivo non perché tardivamente « notificato » ma perché tardivamente « depositato » e ciò sulla duplice premessa che: a) essendo stata la sentenza notificata, con formula esecutiva, « a mani del COGNOME NOME », andava applicato il termine breve per impugnare; b) trattandosi di causa soggetta al rito del lavoro, l’appello andava proposto, ex art. 434 cod. proc. civ., con ricorso da « depositare » entro trenta giorni dalla notifica della sentenza;
questa essendo la ratio decidendi è certamente eccentrica l’argomentazione critica svolta in ricorso, focalizzata sulla presunta erronea individuazione non della data di deposito dell’atto di appello ma di quella di « notifica », errore del quale peraltro nella sentenza non si rinviene traccia alcuna;
cionondimeno il ricorso, investendo questa Corte della questione della correttezza in iure della declaratoria di inammissibilità per tardività dell’appello, mette in condizion e la stessa di potere e dovere rilevare d’ufficio , alla luce dei fatti come esposti in ricorso ed univocamente accertati nella stessa sentenza , l’evidente errore commesso dalla Corte d’appello nel ritenere (con la prima delle sopra esposte premesse) che nella specie dovesse trovare applicazione il termine breve per impugnare, regola della quale mancava invece il presupposto ex art. 285
cod. proc. civ. (necessario anche nelle cause soggette al rito del lavoro: v. Cass. Sez. U. n. 7827 del 15/07/1991) della notifica della sentenza al procuratore costituito per la parte, nel domicilio (reale od eletto) del medesimo;
secondo quanto esplicitamente affermato in sentenza, infatti, e come è comunque dato verificare anche dalla compulsazione dagli atti di causa, la notifica della sentenza, con formula esecutiva, è stata effettuata a mani dello stesso COGNOME NOME, sebbene costituito nel giudizio di primo grado a mezzo procuratore;
si trattava dunque di notifica effettuata ai sensi dell’art. 479 c.p.c. (non dell’art. 285 , cbn disp. art. 170, c.p.c.), come tale pacificamente inidonea a far decorrere il termine breve (lo sarebbe stata solo se il COGNOME fosse rimasto contumace in primo grado) (v. ex multis Cass. 13/03/2019, n. 7197; 05/10/2016, n. 19876; 09/07/1997, n. 6213);
siffatto errore, come detto, sebbene non specificamente dedotto in ricorso, può e deve essere rilevato d’ufficio, in conformità al principio, costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte e cui va qui data continuità in quanto certamente calzante alla fattispecie in esame, secondo cui, « in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonché per omologia con quanto prevede la norma di cui al secondo comma dell’art. 384 cod. proc. civ. (là dove consente la salvezza dell’assetto di interessi, per come regolato dalla sentenza di merito, allorquando la soluzione della questione di diritto data dalla sentenza impugnata sia errata e, tuttavia, esista una diversa ragione giuridica, che, senza richiedere accertamenti di fatto, sia idonea a giustificare la soluzione della controversia sancita dal dispositivo della sentenza in relazione alla questione sollevata dal motivo di ricorso), deve ritenersi che, nell’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione
deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che sia necessario l’esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l’esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la Corte possa rilevare l’efficacia giuridica di un fatto se ciò comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’integrazione di una eccezione in senso stretto » (Cass. 29/09/2005, n. 19132; v. anche Cass. 22/03/2007, n. 6935; 17/05/2011, n. 10841; 14/02/2014, n. 3437; 28/07/2017, n. 18775; 28/06/2018, n. 17015; 12/08/2019, n. 21333; 03/12/2020, n. 27704; 05/10/2021, n. 26991);
in tali termini il ricorso deve pertanto essere accolto e la sentenza cassata con rinvio al giudice a quo , al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Venezia, comunque in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza