Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10013 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10013 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , società incorporante di RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 1066/2018 pubblicata il 27.2.2018, nel giudizio r.g. n. 2580/2015, non notificata.
Oggetto: Mutuo usurarietà
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.12.2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 3.12.2013 la RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 32166/2013 emesso dal Tribunale di Milano su istanza della RAGIONE_SOCIALE, con il quale si ingiungeva il pagamento della somma di € 2.920.603,50, oltre interessi come da domanda e spese liquidate. Il credito azionato in via monitoria derivava dal mutuo erogato in data 15 settembre 2000 in favore della RAGIONE_SOCIALE per £. 6.000.000.000, garantito da fidejussione prestata da RAGIONE_SOCIALE
Deduceva la società opponente che il tasso moratorio contrattuale era ab origine usurario. Con sentenza n. 364/2015 in data 13.1.2015, il Tribunale di Milano, rigettando l’opposizione, ha confermato l’ingiunzione di pagamento n. 32166/2015 e condannato l’opponente alla refusione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto appello la società RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Corte di Appello di Milano, che con la sentenza qui impugnata ha rigettato il gravame.
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente deduce:
1. Con il primo motivo si denuncia: Violazione e falsa applicazione degli artt. 1815, comma 2, c.c., 1 l. n. 108/1996 e 644 c.p.c. in relazione all’art. 1418 c.c. Motivo di ricorso ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Si sostiene che, ai fini della verifica del superamento in concreto del tasso soglia dell’usura definito in base al decreto ministeriale, è necessario «considerare la contemporanea applicazione degli interessi corrispettivi e di mora», nonché tutte le altr e voci di costo comprese nella previsione di cui all’art. 644 cp, e
in particolare la penale prevista, e applicata, per la risoluzione del contratto per inadempimento del mutuatario in ragione del 5 % del capitale residuo.
1.1 Il motivo è inammissibile perché non attiene alla ratio decidendi . La questione è esaminata dalla Corte d’appello a proposito del primo motivo di gravame. Con tale motivo -si legge nella sentenza impugnata «l’appellante deduce che il tasso moratorio, di per sé considerato, escludendo quindi la sommatoria con il tasso corrispettivo, superava il tasso soglia vigente all’atto della stipula e dunque deve considerarsi usurario. Inconferente sarebbe pertanto la motivazione della sentenza impugnata laddove àncora il rigetto dell’eccezione alla pretesa di sommare il tasso di mora al tasso corrispettivo, ossia alla c.d. teoria del ‘cumulo’ …». La Corte d’appello rigetta dunque il motivo osservando che, sulla scorta della stessa consulenza tecnica di parte prodotta dalla opponente in primo grado, il tasso degli interessi di mora convenzionali, in sé considerati, si attestava all’8,11 %, laddove il tasso soglia era pari al 9,47 %. Orbene, la ricorrente non si dà carico di tali statuizioni del giudice a quo , che non contesta, ma sembra riproporre in questa sede appunto la teoria del ‘cumulo’, sviluppata nella consulenza tecnica di parte disattesa dai giudici di merito e, soprattutto, non sostenuta nell’atto di appello (la ricorrente non smentisce l’assunto d ella sentenza impugnata al riguardo), ma riproposta in questa sede di legittimità con un inammissibile cambio di linea difensiva.
Quanto, poi, alle considerazioni svolte dalla ricorrente a proposito della penale per la risoluzione del contratto per inadempimento, che a suo giudizio andrebbe sommata al tasso di mora, si tratta, ancora una volta, di deduzione preclusa in quanto non fatta oggetto di motivo di appello. La sentenza impugnata, infatti, la menziona esclusivamente a proposito della CTP prodotta in primo grado, ma non quale motivo di gravame, e la ricorrente non smentisce tale assunto della Corte d’appello, tantomeno indica sp ecificamente se e
in quali esatti termini abbia appunto posto la relativa questione con l’atto di gravame.
Con il secondo motivo si denuncia: Violazione e falsa applicazione dell’art. 117, comma 4, d.lgs. n. 385/1993 Motivo di ricorso ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
Viene riproposta la questione, già introdotta con la comparsa conclusionale d’appello, della nullità del contratto di mutuo per violazione della predetta normativa in relazione alla mancata dichiarazione, in contratto, dell’incidenza del costo dell’assicurazione sull’immobile, pur prevista come obbligatoria da una clausola contrattuale, rispetto al costo complessivo del finanziamento. Si censura la statuizione con cui la cda ha disatteso l’eccezione in quanto, «a prescindere da ogni valutazione sulla tardività del motivo di gravame, è sufficiente osservare che l’appellante, cui competeva il relativo onere probatorio, non ha prodotto la polizza assicurativa sicché non è dimostrato che questa sia stata effettivamente sottoscritta contestualmente all’erogazione del mutuo.» La ricorrente osserva, in contrario, che l’eccezione non era tardiva, vertendo su questione rilevabile d’ufficio, e che la produzione del contratto di assicurazione era irrilevante, vertendo la questione stessa appunto sulla indeterminatezza del costo in questione, con conseguente nullità del contratto per violazione del richiamato art. 117, comma 4, TUB.
2.1 La censura è infondata. La ricorrente pretende, infatti, che sia dichiarata la nullità dell’intero contratto di mutuo a causa della indeterminatezza della clausola di cui trattasi: laddove invece l’indeterminatezza, riguardando appunto la clausola in questione, potrebbe comportare la nullità della clausola stessa, ma non necessariamente la nullità dell’intero contratto, la quale, a mente dell’art. 1419, comma 1, c.c., si verifica esclusivamente nel caso in cui risulti che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza
quella parte del suo contenuto colpita dalla nullità. Una siffatta volontà delle parti, però, non è dalla ricorrente neppure dedotta.
Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità a favore del controricorrente, che liquida in € 20.000 per compensi e € 200 per esborsi, oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione