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Mantenimento figlio maggiorenne: onere della prova

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione che obbligava una madre al mantenimento del figlio maggiorenne, ritenendo che i giudici di merito non avessero correttamente valutato le prove offerte dalla madre circa l’inerzia del figlio nella ricerca di un lavoro. La sentenza ribadisce i principi sull’onere della prova in materia di mantenimento figlio maggiorenne, specificando che il giudice deve esaminare tutte le prove fornite dal genitore che si oppone al versamento dell’assegno.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Mantenimento figlio maggiorenne: quando il genitore non è più obbligato?

La questione del mantenimento figlio maggiorenne è una delle più dibattute nel diritto di famiglia. Fino a quando un genitore è tenuto a sostenere economicamente il proprio figlio, anche dopo il compimento dei 18 anni? Con l’ordinanza n. 12123/2024, la Corte di Cassazione è tornata sul tema, chiarendo un aspetto cruciale: l’onere della prova a carico del genitore che si oppone al versamento dell’assegno.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla decisione del Tribunale di Pesaro, che, dopo aver pronunciato lo scioglimento del matrimonio tra due coniugi, aveva posto a carico della madre l’obbligo di versare un assegno mensile di 225 euro per il mantenimento della figlia, maggiorenne ma non ancora economicamente autonoma. La madre aveva impugnato la sentenza dinanzi alla Corte d’Appello di Ancona, la quale però aveva respinto il suo ricorso, confermando l’obbligo di mantenimento.

Non soddisfatta, la madre ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici di merito non avessero adeguatamente considerato le prove da lei fornite, in particolare documentazione e testimonianze relative a concrete opportunità lavorative che la figlia non avrebbe colto.

La Decisione della Cassazione e l’onere della prova sul mantenimento figlio maggiorenne

La Suprema Corte ha accolto i motivi principali del ricorso della madre, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella violazione dei principi sull’onere probatorio.

Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha errato nel non considerare la documentazione prodotta dalla madre e nel ritenere inammissibili le testimonianze. Questo approccio ha portato a una decisione decontestualizzata, che non ha tenuto conto della situazione personale e concreta della figlia.

L’errore della Corte d’Appello

I giudici di merito si erano concentrati sull’affermazione che la sentenza di primo grado non era stata specificamente criticata sulla parte in cui riteneva inattendibili i testi. Tuttavia, secondo la Cassazione, questo non esimeva la Corte dal valutare l’intero quadro probatorio, inclusi i documenti che dimostravano le offerte di lavoro. In sostanza, si è dato un peso eccessivo a un aspetto procedurale, trascurando l’esame del merito della questione: l’effettiva inerzia della figlia nella ricerca di un’indipendenza economica.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi fondamentali in materia di mantenimento figlio maggiorenne. Il diritto al mantenimento non è illimitato, ma è subordinato alla dimostrazione, da parte del figlio (o del genitore che agisce per lui), di non essere autosufficiente per ragioni non a lui imputabili. Con l’avanzare dell’età, questo diritto tende a diminuire in virtù del principio di autoresponsabilità.

Il genitore che si oppone al versamento dell’assegno ha il diritto e l’onere di provare l’inerzia del figlio, ovvero la sua mancanza di impegno nel cercare un’occupazione o nel completare il proprio percorso formativo. La Corte ha sottolineato che, in questo caso, la madre aveva tentato di fornire proprio questa prova. I giudici d’appello, però, non hanno esaminato la documentazione e hanno ignorato la richiesta di prove testimoniali, fondando la loro decisione su una valutazione incompleta dei fatti.

Inoltre, la Corte ha specificato che fare riferimento a una relazione sanitaria risalente a quando la figlia era minorenne per giustificarne le difficoltà di inserimento lavorativo è inadeguato, poiché quella valutazione era finalizzata a un percorso scolastico personalizzato e non può essere estesa automaticamente al mondo del lavoro in età adulta.

Conclusioni

Questa ordinanza è di fondamentale importanza pratica. Stabilisce che il genitore onerato del mantenimento ha pieno diritto di dimostrare che il figlio maggiorenne non si sta adoperando attivamente per raggiungere l’indipendenza economica. I giudici di merito non possono ignorare le prove offerte a tal fine, siano esse documentali o testimoniali. La decisione riafferma che il diritto al mantenimento figlio maggiorenne non è un assegno a tempo indeterminato, ma un sostegno temporaneo che si affievolisce con il tempo e con il raggiungimento della capacità lavorativa, imponendo al giovane adulto un dovere di attivarsi per il proprio futuro.

Chi deve provare il diritto al mantenimento per un figlio maggiorenne?
Il figlio maggiorenne che chiede il mantenimento deve dimostrare di aver curato la propria preparazione professionale e di essersi attivato nella ricerca di un lavoro. L’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto è a suo carico.

Può un genitore opporsi al mantenimento dimostrando che il figlio ha rifiutato offerte di lavoro?
Sì. Il genitore che si oppone al versamento dell’assegno può e deve fornire la prova che il figlio non si stia impegnando nella ricerca di un’occupazione o abbia rifiutato concrete opportunità lavorative. Il giudice è tenuto a valutare tali prove.

Una condizione sanitaria passata è sufficiente a giustificare il mantenimento a tempo indeterminato?
No. Secondo la Corte, una documentazione sanitaria risalente al periodo della minore età, finalizzata a valutare l’idoneità scolastica, non è sufficiente a comprovare oggettivi deficit che rendano impossibile un adeguato inserimento lavorativo in età adulta. La situazione deve essere valutata nel contesto attuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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