Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11940 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11940 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15028/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura allegata all’istanza di decisione ex art. 380 bis comma 2 c.p.c.,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del socio legale rappresentante AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME
(CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende per procura in calce al controricorso,
-controricorrente-
avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di GENOVA n. 8539/2018 depositata l’ 11.6.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26.3.2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. inizialmente depositato nel 2017 davanti al Tribunale di Vercelli, con successiva riassunzione, a seguito di accordo sulla competenza, dinanzi al Tribunale di Genova, l’RAGIONE_SOCIALE chiedeva la condanna di COGNOME AVV_NOTAIO al pagamento degli onorari giudiziali dovuti, quantificati in € 13.869,47, per il patrocinio prestato in suo favore dall’AVV_NOTAIO e da altri componenti dello RAGIONE_SOCIALE, nel giudizio di divisione immobiliare contro di lui promosso avanti al Tribunale di Casale Monferrato da COGNOME NOME, nel procedimento di correzione che ne era conseguito e per le attività stragiudiziali connesse.
Si costituiva AVV_NOTAIO, che eccepiva l’incompetenza territoriale del Tribunale di Vercelli a favore di quello di Genova ed il difetto di legittimazione attiva dello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, avanzava domanda riconvenzionale di risarcimento danni per responsabilità RAGIONE_SOCIALE dell’AVV_NOTAIO, oltre a contestare la congruità del compenso richiesto.
Avanti al Tribunale di Genova, AVV_NOTAIO eccepiva l’estinzione per tardiva riassunzione.
Espletata CTU, il Tribunale di Genova, in composizione camerale collegiale, con ordinanza dell’11.6.2019/29.1.2020, per quanto ancora rileva, disattese le eccezioni di estinzione e di difetto di legittimazione attiva sollevate da COGNOME NOME, condannava quest’ultimo al pagamento in favore dell’RAGIONE_SOCIALE a titolo di compensi pari ad € 10.579,52 oltre oneri e accessori (alla quale andavano detratti i già corrisposti € 2.035,87), con interessi e rivalutazione dalla presentazione del ricorso; condannava l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di COGNOME NOME dei compensi per la fase del giudizio svoltasi davanti al Tribunale di Vercelli, liquidati in € 1.857,25 (compreso rimborso spese generali del 15%) oltre IVA, CA e contributo unificato; poneva a carico di COGNOME NOME le spese liquidate di CTU e lo condannava al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 3.720,25 (compreso rimborso spese generali del 15%) oltre IVA, CA e contributo unificato.
Avverso tale ordinanza, notificata il 6.2.2020, ha proposto ricorso per cassazione, notificato all’RAGIONE_SOCIALE il 4.6.2020, COGNOME AVV_NOTAIO, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso, notificato il 10.7.2020, l’RAGIONE_SOCIALE.
L’11.10.2023 è stata formulata proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis comma 1° c.p.c. dal AVV_NOTAIO delegato NOME COGNOME per manifesta infondatezza del ricorso, comunicata alle parti il 16.10.2023, ed il 10.11.2023 il legale di COGNOME NOME, munito di procura speciale, ha presentato istanza di decisione ex art. 380 bis comma 2° c.p.c.
Fissata quindi l’udienza in camera di consiglio del 26.3.2024, entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente occorre rilevare che il ricorso proposto da COGNOME, notificato il 4.6.2020, a fronte di un’ordinanza impugnata notificatagli il 6.2.2020, deve ritenersi rispettoso del termine di 60 giorni previsto dall’art. 325 comma 2° c.p.c., che sarebbe maturato al 9.6.2020 per effetto RAGIONE_SOCIALE sospensione dei termini processuali dal 9.3.2020 all’11.5.2020 disposta per l’emergenza Covid 19 dall’art. 83 del D.L. 17.3.2020 n. 18, convertito con la L.24.4.2020 n. 27, poi modificato dall’art. 36 del D.L. 8.4.2020 n. 23, convertito nella L. 5.6.2020 n. 40.
Col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) e n. 5) c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli articoli 36, 2232, 2549 cod. civ. e RAGIONE_SOCIALE L. n. 1815 del 1939. Si duole il ricorrente che l’ordinanza impugnata abbia disatteso la sua eccezione di difetto di legittimazione attiva dell’RAGIONE_SOCIALE, perché pur avendo riconosciuto che nel 2000, all’atto del conferimento dell’incarico RAGIONE_SOCIALE da parte di AVV_NOTAIO per la causa di divisione davanti al Tribunale di Casale Monferrato, la legislazione vigente all’epoca permetteva l’esercizio congiunto e non in comune dell’attività RAGIONE_SOCIALE di avvocato e non ammetteva la soggettività giuridica delle associazioni professionali tra avvocati, la titolarità sostanziale in capo ad esse di diritti ed obblighi e la conseguente legittimazione attiva e passiva, né consentiva il conferimento di incarico RAGIONE_SOCIALE alle associazioni professionali, aveva poi però ritenuto che l’art. 36 cod. civ. rimettesse agli accordi degli associati la disciplina dell’ordinamento interno e dell’amministrazione delle associazioni non riconosciute, quali le associazioni professionali, che potevano comunque porsi come autonomi centri d’imputazione di rapporti giuridici, per cui gli associati ben potevano attribuire
all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati, non essendo tali associazioni finalizzate solo alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi (Cass. 26.7.2016 n. 15417; Cass. 15.7.2011 n. 15694) e non rientrando i crediti per compensi tra quelli per i quali vigeva un divieto assoluto di cessione (Cass. ord. 2.7.2019 n.17718). Si duole in particolare il ricorrente che l’impugnata ordinanza, a coronamento del ragionamento giuridico svolto, abbia omesso di esaminare i patti sociali prodotti, per verificare se gli stessi, nel caso specifico, avessero o meno attribuito all’associazione RAGIONE_SOCIALE, la titolarità dei rapporti di prestazione d’opera e dei crediti per le prestazioni professionali riservate ai legali dello RAGIONE_SOCIALE e la connessa legittimazione attiva.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile ex art. 380 bis n. 1) c.p.c., in quanto l’ordinanza impugnata ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Corte, e l’esame dei motivi non offre elementi per mutare l’orientamento, ed anzi il motivo è inammissibile anche sotto altro profilo, ai sensi dell’art. 366 comma primo n. 6) c.p.c., in quanto si limita a contestare la legittimazione attiva dell’RAGIONE_SOCIALE in ordine al recupero dei crediti derivanti dall’attività degli associati, senza richiamare il contenuto dei patti sociali che assume non essere stati esaminati dall’ordinanza impugnata.
Alla luce dei più recenti sviluppi RAGIONE_SOCIALE giurisprudenza di questa Corte, deve infatti reputarsi superato l’orientamento, pur manifestato in alcune pronunce di legittimità del passato, a mente del quale (Cass. n. 15633/2006) l’associazione tra RAGIONE_SOCIALE -nella specie, tra avvocati -non configurandosi come centro autonomo di interessi dotato di propria autonomia
strutturale e funzionale, né come ente collettivo, non assumeva la titolarità del rapporto con i clienti, in sostituzione ovvero in aggiunta ai RAGIONE_SOCIALE associati.
La stessa difesa del ricorrente appare, del resto, ben consapevole dell’avvenuta assimilazione da parte delle decisioni più recenti di questa Corte dell’associazione RAGIONE_SOCIALE, sub specie di RAGIONE_SOCIALE, all’associazione ex art. 36 cod. civ., assimilazione dalla quale si è tratta la conclusione, conforme a quella raggiunta nell’ordinanza impugnata, per la quale (Cass. n. 17718/2019; Cass. n. 15694/2011), poichè l’art. 36 cod. civ., stabilisce che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati, ne consegue che, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d’imputazione di rapporti giuridici -rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli RAGIONE_SOCIALE a favore del cliente conferente l’incarico, in quanto il fenomeno associativo tra RAGIONE_SOCIALE può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi (Cass. n.17718/2019; Cass. n. 8768/2018; Cass. n. 15417/2016).
Non appare poi contraddire tale esito il diverso principio affermato dalle sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione n. 17683/2010, alla quale si richiama la difesa del ricorrente, a mente RAGIONE_SOCIALE quale lo RAGIONE_SOCIALE anche se privo di personalità giuridica rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi (quali le società personali, le associazioni non riconosciute, i condomini edilizi, i
consorzi con attività esterna e i gruppi Europei di interesse economico di cui anche i liberi RAGIONE_SOCIALE possono essere membri) cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici e che sono perciò dotati di capacità di stare in giudizio come tali, in persona dei loro componenti o di chi, comunque, ne abbia la legale rappresentanza secondo il paradigma indicato dall’art. 36 cod. civ..
Infatti, fermo restando che il suddetto RAGIONE_SOCIALE non può legittimamente sostituirsi ai singoli RAGIONE_SOCIALE nei rapporti con la clientela, ove si tratti di prestazioni per l’espletamento delle quali la legge richiede particolari titoli di abilitazione di cui soltanto il singolo può essere in possesso, il rispetto del principio di personalità RAGIONE_SOCIALE prestazione, che connota i rapporti di cui agli art. 2229 cod. civ. e seguenti, ben può contemperarsi con l’autonomia pur riconosciuta allo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nel senso che, pur potendosi attribuire la titolarità dei diritti di credito derivanti dallo svolgimento dell’attività RAGIONE_SOCIALE degli associati allo RAGIONE_SOCIALE, resta obbligatorio che lo svolgimento RAGIONE_SOCIALE prestazione sia resa personalmente dal singolo RAGIONE_SOCIALE munito dei requisiti che la legge impone per la prestazione richiesta, non rientrando il diritto di credito a titolo di compenso per l’attività svolta tra quelli per i quali sussiste un divieto assoluto di cessione, come peraltro ammesso anche ai fini tributari da questa Corte (Cass. n. 17718/2019; Cass. 24.5.2019 n.14321; Cass. n. 28957/2008).
Nel caso di specie l’ordinanza impugnata ha evidenziato, a pagina 7 punto 10, che dalla lettura RAGIONE_SOCIALE procura alle liti relativa al giudizio di divisione per il procedimento del Tribunale di Casale Monferrato si evince che COGNOME NOME ha delegato a rappresentarlo ‘ gli AVV_NOTAIOti NOME e NOME COGNOME e NOME
RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE‘ e quindi per conto dello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che all’epoca non poteva ancora ricevere direttamente il mandato dal cliente, e che i patti sociali prodotti confermavano la costituzione e l’esistenza dell’RAGIONE_SOCIALE per l’esercizio RAGIONE_SOCIALE professione legale. Su tale ultimo punto la motivazione seppure appare un po’ sintetica, tuttavia -come già evidenziato nella proposta di definizione anticipata -in assenza di contestazioni specifiche del ricorrente (il quale si limita a contrapporre la propria tesi di difetto di legittimazione attiva dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE asseritamente costituita solo per la gestione in comune delle spese e dei proventi), il contenuto dei patti sociali risulta riprodotto nel controricorso, alle pagine 8 e seguenti, (patti sociali dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE prodotti dalla controricorrente il 19.11.2018, già nel giudizio di primo grado -doc. 15) dai quali si evince che i vari incarichi assolti dagli associati sono da riferire necessariamente all’associazione RAGIONE_SOCIALE, creata per l’esercizio in forma associata RAGIONE_SOCIALE professione, costituendo i compensi a tale titolo maturati le quote partecipative all’associazione dei singoli associati, ed essendo attribuito il potere di rappresentanza all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sia nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE professione, che nell’incasso e nelle quietanze dei crediti ai singoli associati, i quali comunque agivano in relazione alle prestazioni professionali personalmente eseguite, ed alle connesse attività di recupero dei compensi, sempre in rappresentanza dell’RAGIONE_SOCIALE.
Col secondo motivo il ricorrente, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 115, 116 c.p.c. e degli articoli 2721, 2724 e 2726 cod. civ. Si duole il ricorrente che il Tribunale di Genova non abbia ammesso la prova testimoniale da lui
richiesta, con induzione del teste NOME COGNOME, in ordine al pagamento in contanti di € 6.120,00 che egli avrebbe effettuato a saldo (dopo il precedente pagamento di £ 3.992.000, pari ad € 2.035,87, ammesso dallo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) nel 2009 a favore dell’avvocato NOME COGNOME (poi deceduto), poco prima dell’assemblea annuale dell’RAGIONE_SOCIALE. L’ordinanza impugnata avrebbe ritenuto, da una parte, che le fatture emesse nel 1999, 2000 e 2001 per gli acconti dallRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE non potessero costituire un principio di prova scritta idoneo a giustificare la deroga al divieto di prova testimoniale dei pagamenti in contanti degli articoli 2726 e 2724 cod. civ., sia perché costituenti mere richieste di pagamento, sia perché provenienti da un soggetto diverso dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO, e, dall’altra, che l’invocata amicizia pluriennale fra le parti non aveva certo impedito al ricorrente di farsi rilasciare fattura per gli acconti pagati all’AVV_NOTAIO, oltre a tenere conto che il COGNOME non aveva reagito al sollecito di pagamento ricevuto dallo RAGIONE_SOCIALE in data successiva all’asserito pagamento in contanti del saldo, tuttavia – nonostante siffatte premesse -aveva contraddittoriamente concluso per il rigetto delle difese di NOME COGNOME per difetto di prova.
In disparte il richiamo del tutto inconferente alle violazioni degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., il secondo motivo è manifestamente infondato, come già rilevato nella proposta di definizione anticipata, nella parte in cui lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 2721, 2724 e 2726 cod. civ.
Il Tribunale di Genova, sia pure implicitamente, attraverso il richiamo all’art. 2724 cod. civ., che regola le ipotesi codificate di deroga al divieto di prova testimoniale stabilito dall’art. 2721 cod. civ. per i contratti di valore superiore ad € 2,58, ha tenuto conto che in base all’art. 2726 cod. civ. i medesimi limiti alla
prova testimoniale valgono anche per la prova dei pagamenti in contanti, ed ha quindi esposto puntualmente le ragioni sopra riportate che l’hanno indotto a non ammettere la testimonianza di COGNOME NOME, richiesta dal ricorrente proprio sulla circostanza del pagamento in contanti a saldo a favore dell’AVV_NOTAIO.
Occorre tener presente che l’ammissione RAGIONE_SOCIALE prova testimoniale oltre i limiti di valore di cui all’art. 2721 cod. civ., costituisce un potere discrezionale del COGNOME di merito, il cui esercizio, o mancato esercizio, è insindacabile in sede di legittimità, ove correttamente motivato (Cass. n. 8181/2022; Cass. n.11889/2007). Peraltro, ove il COGNOME ritenga di non poter derogare al limite di cui all’art. 2721 cod. civ., non è neppure tenuto ad esporre le ragioni RAGIONE_SOCIALE pronunzia di rigetto dell’istanza di prova testimoniale, trattandosi di mantenere quest’ultima entro il suo fisiologico limite di ammissibilità (Cass. n. 8181/2022; Cass. n. 12111 del 2003). In ogni caso l’ordinanza impugnata ha compiutamente e correttamente motivato sulle ragioni per le quali le pregresse fatture emesse nel 1999, 2000 e 2001 dallo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed effettivamente pagate non potessero costituire un principio di prova scritta in ordine all’asserito pagamento in contanti di oltre € 6.000,00 nel 2009 da parte di COGNOME NOME a favore dell’AVV_NOTAIO, anche alla luce dell’inerzia serbata dal primo dopo avere ricevuto dallo RAGIONE_SOCIALE i solleciti per il saldo del compenso dovuto, per cui giungeva alla conclusione che lo RAGIONE_SOCIALE avesse emesso fattura in tutti i casi per i quali vi era stato realmente il pagamento, ragionamento rafforzato dall’invocato rapporto di amicizia pluriennale tra l’AVV_NOTAIO e COGNOME NOME, che non aveva certamente impedito a quest’ultimo di farsi rilasciare fattura per le prestazioni professionali già pagate, come anticipato e documentato.
In base al principio RAGIONE_SOCIALE soccombenza il ricorrente va condannato al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALE controricorrente delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna COGNOME AVV_NOTAIO al pagamento delle spese processuali del presente giudizio in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, che liquida in € 200,00 per spese ed € 3.400,00 per compensi, oltre IVA, C.A. e rimborso spese generali del 15%, nonché al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALE stessa controricorrente RAGIONE_SOCIALE somma equitativamente determinata di € 3.000,00 e al pagamento in favore RAGIONE_SOCIALE cassa delle ammende RAGIONE_SOCIALE somma di € 2.500,00.
Visto l’art. 13, comma 1 -quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Seconda Sezione civile