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Leasing traslativo: la penale e l’art. 1526 c.c.

Una società di leasing termina tre contratti di leasing traslativo per inadempimento. Dopo il fallimento dell’utilizzatore, chiede l’ammissione al passivo basandosi su una clausola penale. La Corte di Cassazione chiarisce che per i contratti risolti prima della Legge 124/2017, si applica l’art. 1526 c.c. Tuttavia, il tribunale ha errato a ignorare la clausola penale. La decisione viene cassata con rinvio per valutare se la penale sia eccessiva e vada ridotta.

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Leasing Traslativo e Clausola Penale: La Cassazione fa chiarezza sull’art. 1526 c.c.

L’ordinanza della Corte di Cassazione, n. 21293 del 2024, offre un’importante lezione sulla gestione dei contratti di leasing traslativo risolti prima dell’entrata in vigore della Legge n. 124/2017. La pronuncia si concentra sul delicato equilibrio tra l’autonomia contrattuale delle parti, rappresentata dalla clausola penale, e la tutela dell’utilizzatore inadempiente garantita dall’articolo 1526 del codice civile. Analizziamo insieme la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una società operante nella gestione di crediti, agendo per conto di un istituto di leasing, aveva stipulato tre distinti contratti di locazione finanziaria con un imprenditore. I contratti riguardavano un immobile ad uso artigianale e due macchinari industriali. A seguito del grave inadempimento dell’imprenditore nel pagamento dei canoni, la società concedente si era avvalsa della clausola risolutiva espressa prevista nei contratti, risolvendoli nel luglio 2014.

Successivamente, nel dicembre 2016, l’imprenditore veniva dichiarato fallito. La società di leasing, dopo aver recuperato e rivenduto i beni, presentava domanda di ammissione al passivo del fallimento per un importo calcolato sulla base delle clausole contrattuali. Tali clausole prevedevano, in caso di risoluzione, il diritto del concedente a trattenere i canoni già incassati e a pretendere i canoni scaduti e quelli futuri attualizzati, dedotto il ricavato della vendita del bene.

Tuttavia, sia il giudice delegato che il Tribunale in sede di opposizione rigettavano la domanda, qualificando i contratti come leasing traslativo e ritenendo applicabile in via inderogabile l’art. 1526 c.c. Secondo il Tribunale, questa norma imponeva la restituzione dei canoni riscossi, salvo il diritto del concedente a un equo compenso e al risarcimento del danno, rendendo di fatto inapplicabile la clausola penale pattuita.

La Decisione della Cassazione: Analisi dei Motivi

La società creditrice ha proposto ricorso in Cassazione basato su due motivi principali, ottenendo un accoglimento parziale che ha cambiato le sorti del giudizio.

Primo Motivo: L’irretroattività della Legge 124/2017

Il ricorrente sosteneva che dovesse applicarsi la nuova disciplina sul leasing introdotta dalla Legge n. 124/2017, la quale, a suo dire, avrebbe dovuto avere efficacia retroattiva o quantomeno valore di norma interpretativa. Questa tesi avrebbe superato la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, legittimando le sue pretese.

La Corte di Cassazione ha dichiarato questo motivo inammissibile, ribadendo un principio ormai consolidato: la Legge n. 124/2017 non è retroattiva. Pertanto, per i contratti risolti prima della sua entrata in vigore (29 agosto 2017), come nel caso di specie, continua a valere la distinzione elaborata dalla giurisprudenza e la conseguente applicazione analogica dell’art. 1526 c.c. al leasing traslativo.

Secondo Motivo: La corretta applicazione dell’art. 1526 c.c.

Il secondo motivo, che è stato accolto, si concentrava sull’errata interpretazione dell’art. 1526 c.c. da parte del Tribunale. La società ricorrente ha argomentato che la clausola contrattuale non era affatto nulla, ma andava qualificata come una clausola penale, come previsto dal secondo comma dello stesso art. 1526. Di conseguenza, il giudice non avrebbe dovuto disapplicarla in toto, ma piuttosto esercitare il suo potere di ridurre l’indennità qualora l’avesse ritenuta manifestamente eccessiva.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il secondo motivo, fornendo una motivazione chiara e lineare. I giudici di legittimità hanno affermato che il Tribunale ha commesso un errore nel ritenere la disciplina dell’art. 1526 c.c. talmente inderogabile da annullare completamente la pattuizione tra le parti. La norma, infatti, prevede espressamente la possibilità che le parti concordino una penale (art. 1526, co. 2, c.c.).

In questo quadro, il ruolo del giudice non è quello di ignorare la clausola, ma di valutarla. Il Tribunale avrebbe dovuto qualificare la pattuizione come clausola penale e, successivamente, verificare se l’importo richiesto fosse ‘manifestamente eccessivo’. Per fare ciò, avrebbe dovuto considerare tutti gli elementi forniti dal creditore, come il numero di canoni pagati, l’importo di quelli insoluti e, soprattutto, il ricavato della vendita dei beni dopo la risoluzione. Il mancato compimento di questa valutazione costituisce il vizio che ha portato alla cassazione della decisione.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la decisione del Tribunale e ha rinviato la causa allo stesso ufficio, in diversa composizione, affinché proceda a un nuovo esame. Il giudice del rinvio dovrà attenersi al principio di diritto secondo cui, in un contratto di leasing traslativo risolto prima della L. 124/2017, la clausola che predetermina il danno dovuto dall’utilizzatore è una clausola penale valida. Il giudice ha il potere e il dovere di ridurla d’ufficio se risulta manifestamente eccessiva, tenendo conto di tutte le circostanze del caso, inclusa la re-immissione del bene sul mercato. Questa ordinanza rafforza la validità delle clausole penali nei contratti di leasing, pur mantenendo un presidio di equità a tutela dell’utilizzatore inadempiente.

La legge sul leasing (L. 124/2017) si applica ai contratti risolti prima della sua entrata in vigore?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che la legge non ha effetti retroattivi. Per i contratti di leasing traslativo risolti in precedenza, si applica per analogia la disciplina dell’art. 1526 c.c.

In un contratto di leasing traslativo, la clausola che prevede determinate conseguenze patrimoniali in caso di risoluzione per inadempimento è nulla?
No, non è automaticamente nulla. La Corte la qualifica come clausola penale. Il giudice non può ignorarla, ma ha il potere-dovere di ridurla se la ritiene manifestamente eccessiva, ai sensi del secondo comma dell’art. 1526 c.c.

Cosa deve fare il concedente per far valere il suo credito da leasing traslativo nel fallimento dell’utilizzatore?
Deve presentare domanda di insinuazione al passivo, specificando il credito derivante dalla clausola penale e indicando la somma ricavata dalla diversa allocazione del bene (o una stima attendibile del suo valore di mercato). Questo consente al giudice di apprezzare l’eventuale manifesta eccessività della penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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