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Indennità terapia intensiva: non per gli autisti

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’indennità di terapia intensiva non spetta all’autista di ambulanza, anche se svolge compiti di supporto al personale medico. Con l’ordinanza n. 9781/2024, la Suprema Corte ha chiarito che tale emolumento è strettamente legato all’assegnazione stabile e formale a specifiche unità operative (come rianimazione o terapie intensive), come previsto dalla contrattazione collettiva. Viene così ribaltata la decisione dei giudici di merito, che avevano riconosciuto il diritto del lavoratore basandosi sulle mansioni di fatto svolte e sul principio di equa retribuzione. La Corte ha invece affermato il primato della fonte contrattuale collettiva nella determinazione dei trattamenti economici nel pubblico impiego, escludendo estensioni analogiche per mansioni non esplicitamente contemplate.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Indennità Terapia Intensiva: Non per gli Autisti Soccorritori

L’indennità terapia intensiva è un tema delicato nel comparto sanità, spesso al centro di contenziosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 9781 del 11 aprile 2024, ha fornito un chiarimento decisivo, stabilendo a chi spetta realmente questo specifico emolumento. La Corte ha escluso che tale indennità possa essere riconosciuta a un autista di ambulanza, anche qualora svolga mansioni di supporto al soccorso, ribadendo il principio fondamentale del primato della contrattazione collettiva. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: La Richiesta dell’Autista

Il caso ha origine dalla domanda di un dipendente di un’Azienda Sanitaria Locale, inquadrato come autista di ambulanza. Il lavoratore aveva richiesto il riconoscimento dell’indennità terapia intensiva per gli anni dal 2007 al 2010. La sua tesi si fondava sul fatto che, oltre alla guida del mezzo, egli svolgeva costantemente funzioni di assistenza e soccorso, in supporto al personale medico e paramedico a bordo.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione al lavoratore, ritenendo che le mansioni concretamente svolte giustificassero l’erogazione dell’indennità. L’Azienda Sanitaria, tuttavia, non si è arresa e ha presentato ricorso in Cassazione, basando la propria difesa su una rigida interpretazione delle norme contrattuali.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Azienda Sanitaria, ribaltando completamente il verdetto dei precedenti gradi di giudizio. La sentenza impugnata è stata cassata e, decidendo nel merito, la domanda originaria del lavoratore è stata definitivamente respinta. La Corte ha ritenuto fondati i motivi di ricorso dell’ente pubblico, incentrati sulla violazione delle norme sulla contrattazione collettiva e sull’errata applicazione di principi costituzionali.

Le Motivazioni: Interpretazione del CCNL e Ruolo della Contrattazione

La decisione della Cassazione si fonda su tre pilastri argomentativi principali, che meritano un’analisi approfondita.

L’interpretazione restrittiva della norma contrattuale e l’indennità terapia intensiva

Il primo motivo di accoglimento del ricorso riguarda l’interpretazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del comparto Sanità. La Corte ha sottolineato che la disciplina contrattuale collega in modo inequivocabile l’attribuzione dell’indennità terapia intensiva all’assegnazione stabile del personale a specifiche articolazioni organizzative, come le terapie intensive, sub-intensive, i servizi di nefrologia e dialisi o le sale operatorie. Il riferimento testuale è all'”articolazione organizzativa” e non ai singoli soggetti o alle mansioni svolte. Di conseguenza, l’emolumento è destinato al personale infermieristico che opera stabilmente in quei reparti, e non può essere esteso per analogia a chi, come l’autista soccorritore, opera all’esterno di tali strutture, seppur in contesti di emergenza.

Il primato della contrattazione collettiva nel pubblico impiego

In secondo luogo, i giudici hanno ribadito un principio cardine del pubblico impiego privatizzato: la determinazione dei trattamenti economici è riservata in via esclusiva alla contrattazione collettiva (art. 45, D.Lgs. 165/2001). Qualsiasi atto unilaterale della Pubblica Amministrazione che si discosti da quanto previsto dai contratti collettivi è da considerarsi nullo. La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, aveva errato nel riconoscere l’indennità al di fuori del perimetro tracciato dalle parti sociali, violando di fatto la riserva di competenza della fonte contrattuale.

Inapplicabilità del principio di equa retribuzione

Infine, la Corte ha smontato il richiamo della Corte territoriale all’art. 36 della Costituzione. Il principio dell’equa retribuzione non può essere utilizzato per giustificare l’erogazione di singole voci retributive accessorie non previste dal contratto. Il giudizio sull’adeguatezza dello stipendio, infatti, deve essere condotto con riferimento al trattamento economico fondamentale nel suo complesso, e non può servire a ‘creare’ diritti a specifiche indennità. L’equa retribuzione attiene alla congruità della paga complessiva rispetto alla quantità e qualità del lavoro, non a singole componenti accessorie.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Essa rafforza la centralità e l’inderogabilità della contrattazione collettiva nella definizione della struttura della retribuzione nel pubblico impiego. La decisione chiarisce che i requisiti per l’ottenimento di indennità specifiche devono essere interpretati in modo rigoroso e letterale, senza possibilità di estensioni basate sulle mansioni di fatto svolte o su principi generali come l’equa retribuzione. Per i lavoratori del comparto sanità, ciò significa che il diritto a un’indennità non deriva tanto dalla natura ‘rischiosa’ o ‘usurante’ del compito svolto, quanto dalla formale e stabile assegnazione all’unità organizzativa per cui quella specifica indennità è stata istituita dalle parti sociali.

Un autista di ambulanza che svolge anche compiti di soccorso ha diritto all’indennità di terapia intensiva?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’indennità è riservata esclusivamente al personale stabilmente assegnato alle specifiche articolazioni organizzative deputate a terapie intensive o sub-intensive, come previsto dalla contrattazione collettiva.

La contrattazione collettiva può essere derogata per riconoscere un’indennità sulla base delle mansioni effettivamente svolte?
No. Nel pubblico impiego privatizzato, l’attribuzione dei trattamenti economici è riservata alla contrattazione collettiva. Un atto della Pubblica Amministrazione che se ne discosti è da considerarsi nullo, poiché la fonte contrattuale ha il primato nella determinazione della retribuzione.

Il principio costituzionale dell’equa retribuzione può giustificare il pagamento di un’indennità non prevista dal contratto?
No. Il principio dell’equa retribuzione (art. 36 Cost.) non può essere invocato per fondare la pretesa a una singola voce retributiva accessoria. Il giudizio di adeguatezza va condotto sull’intero trattamento economico fondamentale del lavoratore, non su singole indennità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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