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Indennità rischio radiologico: quando spetta?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9925/2024, ha respinto il ricorso di alcuni operatori sanitari che richiedevano l’indennità rischio radiologico. La Corte ha ribadito la distinzione fondamentale: mentre per medici e tecnici di radiologia il rischio è presunto in modo assoluto, per tutto il resto del personale è necessario dimostrare un’esposizione effettiva, abituale e non occasionale a un rischio non inferiore. Nel caso specifico, i ricorrenti operavano in aree definite “sorvegliate” e non “controllate”, con un livello di esposizione non equiparabile a quello del personale di radiologia, rendendo la loro domanda infondata per mancato assolvimento dell’onere della prova.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità Rischio Radiologico: Quando Spetta al Personale non Specializzato?

L’indennità rischio radiologico è un tema di grande importanza nel diritto del lavoro sanitario, poiché tocca la tutela della salute dei lavoratori esposti a radiazioni ionizzanti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su quali categorie di personale ne abbiano diritto e, soprattutto, su come dimostrare tale diritto. La pronuncia analizza la differenza tra il personale tecnico di radiologia, per cui il rischio è presunto, e gli altri operatori sanitari, sui quali grava un preciso onere della prova.

I Fatti del Caso: La Richiesta dei Lavoratori Sanitari

Un gruppo di operatori sanitari, non inquadrati come medici o tecnici di radiologia, ha citato in giudizio l’istituto pediatrico presso cui lavoravano per ottenere il riconoscimento dell’indennità di rischio radiologico. La loro richiesta si basava sulla tesi di essere esposti, nell’esercizio delle loro mansioni, a un rischio analogo a quello del personale specializzato. Inizialmente, l’ente datore di lavoro aveva riconosciuto e corrisposto l’indennità, per poi revocarla a seguito di un monitoraggio interno.
La domanda dei lavoratori è stata respinta sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte d’Appello. Quest’ultima ha confermato la decisione, basandosi sugli esiti di una consulenza tecnica che aveva accertato come gli operatori lavorassero in aree definite “sorvegliate” e non “controllate”, con un’esposizione a radiazioni non equiparabile a quella del personale di radiologia. I lavoratori hanno quindi proposto ricorso per cassazione.

La Distinzione Chiave per l’Indennità Rischio Radiologico

Il cuore della questione giuridica risiede nella distinzione operata dalla legge tra due categorie di personale:
1. Medici e tecnici di radiologia: Per questi professionisti, la legge stabilisce una presunzione assoluta di rischio. Ciò significa che non devono dimostrare l’effettiva esposizione al pericolo per avere diritto all’indennità; la loro qualifica e le loro mansioni sono di per sé sufficienti.
2. Altro personale: Per tutti gli altri lavoratori che operano in ambienti sanitari (infermieri, ausiliari, ecc.), non vige alcuna presunzione. L’erogazione dell’indennità rischio radiologico è subordinata alla prova concreta della sussistenza di un rischio “effettivo”.

Questo rischio, come chiarito dalla giurisprudenza costante, non deve essere meramente ipotetico o occasionale, ma deve derivare da un’esposizione abituale, professionale e di un’intensità non inferiore a quella a cui è sottoposto il personale di radiologia.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei lavoratori, ritenendolo infondato. Gli Ermellini hanno sottolineato che la Corte d’Appello ha correttamente applicato i principi di legge, ribadendo che l’onere di dimostrare l’esistenza di un rischio effettivo e qualificato grava interamente sul lavoratore che richiede l’indennità. Nel caso di specie, tale prova non era stata fornita. Le censure mosse dai ricorrenti, infatti, si concentravano sulla valutazione delle prove, un aspetto che non può essere riesaminato in sede di legittimità.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha articolato le sue motivazioni su due punti principali.

In primo luogo, ha confermato che la decisione impugnata si è conformata al costante orientamento giurisprudenziale, che richiede per il personale non di radiologia l’accertamento di un’esposizione non occasionale, né temporanea, analoga a quella del personale specializzato. L’accertamento di fatto compiuto dalla Corte territoriale, secondo cui i lavoratori operavano in zone “sorvegliate” con livelli di radiazione non paragonabili, è stato ritenuto congruamente motivato e, pertanto, non sindacabile in Cassazione.

In secondo luogo, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso relativo all’omesso esame delle critiche mosse dal consulente di parte (CTP) alla perizia del consulente tecnico d’ufficio (CTU). La Cassazione ha svolto un’approfondita analisi sull’evoluzione dell’art. 360, n. 5, c.p.c., chiarendo che, a seguito della riforma del 2012, la mancata confutazione analitica delle osservazioni del CTP non integra più un vizio di motivazione sindacabile, a meno che non si traduca in una violazione del “minimo costituzionale” della motivazione stessa. Poiché nel caso in esame la Corte d’Appello aveva dato atto dell’esistenza dei rilievi di parte, ma aveva comunque ritenuto più affidabili le conclusioni del CTU (il quale aveva replicato a tali rilievi), non sussisteva alcun vizio procedurale.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un principio fondamentale in materia di indennità rischio radiologico: il diritto a tale compenso non è generalizzato per tutto il personale sanitario, ma è strettamente legato alla prova di un’esposizione qualificata. Per i lavoratori non appartenenti al settore della radiologia, non è sufficiente operare in prossimità di fonti radiogene; è indispensabile dimostrare in giudizio, attraverso prove concrete e specifiche, di essere sottoposti a un rischio effettivo, continuo e di intensità paragonabile a quello dei colleghi specialisti. La decisione ribadisce inoltre i limiti del sindacato della Corte di Cassazione sulle valutazioni di merito e chiarisce la corretta modalità per contestare le conclusioni di una consulenza tecnica d’ufficio.

A chi spetta di diritto l’indennità di rischio radiologico?
Spetta per legge, tramite una presunzione assoluta che non ammette prova contraria, solo ai medici e ai tecnici di radiologia. Per tutte le altre figure professionali, il diritto non è automatico.

Quale prova deve fornire il personale non di radiologia per ottenere l’indennità?
Deve fornire la prova rigorosa di essere esposto a un rischio effettivo, non ipotetico od occasionale. L’esposizione deve essere abituale, professionale e di un’intensità e continuità non minori rispetto a quelle sostenute dal personale di radiologia.

È sufficiente criticare la perizia del consulente del tribunale (CTU) per vincere un ricorso in Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il semplice fatto che il giudice di merito non abbia esaminato dettagliatamente le critiche mosse dalla parte alla consulenza tecnica d’ufficio non costituisce, di per sé, un motivo valido per la cassazione della sentenza, specialmente se il giudice ha comunque motivato la sua scelta di aderire alle conclusioni del perito d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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