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Indennità di perequazione: no rinuncia senza accordo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’università, confermando il diritto dei suoi dipendenti distaccati presso un ente di ricerca a mantenere un’indennità di perequazione. La Corte ha stabilito che l’accettazione di un nuovo inquadramento contrattuale non costituisce una novazione del rapporto né una rinuncia implicita a un trattamento economico più favorevole precedentemente acquisito, in assenza di una chiara ed esplicita volontà delle parti in tal senso.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Indennità di Perequazione: Accettare un Nuovo Inquadramento Non Significa Rinunciare ai Diritti Acquisiti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro pubblico: la salvaguardia dei diritti economici dei lavoratori in caso di modifiche contrattuali. La vicenda riguarda la conservazione di un’ indennità di perequazione a seguito dell’accettazione di un nuovo inquadramento. La Suprema Corte ha chiarito che, senza un’esplicita volontà novativa, i diritti economici più favorevoli già maturati non possono essere considerati implicitamente abbandonati.

I Fatti del Caso

La controversia nasce dalla richiesta di alcuni dipendenti universitari, distaccati presso un importante Ente Nazionale di Ricerca per svolgere compiti di supporto all’assistenza sanitaria. A questi lavoratori era stata riconosciuta, anche da una precedente sentenza amministrativa passata in giudicato, un’indennità di perequazione finalizzata a equiparare il loro trattamento economico a quello del personale del Servizio Sanitario Nazionale.

Successivamente, in applicazione di un nuovo Contratto Collettivo Nazionale (CCNL), i lavoratori avevano accettato un nuovo inquadramento nel personale non docente. L’Università, datore di lavoro, ha interpretato tale accettazione come un accordo novativo, che avrebbe di fatto sostituito il precedente regime retributivo, inclusa la specifica indennità, con quello, meno favorevole, previsto dalle nuove tabelle. I lavoratori, ritenendo invece di aver conservato il diritto all’indennità nella misura precedentemente goduta, hanno agito in giudizio.

La Decisione della Corte: l’importanza dell’interpretazione contrattuale e la non rinuncia all’indennità di perequazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso dell’Università inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello che aveva dato ragione ai lavoratori. Il fulcro della decisione risiede nel principio secondo cui l’interpretazione di un accordo tra le parti è un’attività riservata al giudice di merito. La Suprema Corte può intervenire solo se tale interpretazione viola le norme legali di ermeneutica (artt. 1362 e ss. cod. civ.), ma non per sostituire una propria valutazione a quella, plausibile e ben motivata, del giudice precedente.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente concluso che l’accordo del 2007 non aveva efficacia novativa. Si trattava di una mera dichiarazione di accettazione del nuovo inquadramento, senza alcun elemento testuale che potesse far desumere una volontà di rinunciare anche all’indennità di perequazione. Di conseguenza, il diritto dei lavoratori a percepire tale indennità, anche dopo il nuovo inquadramento, è stato confermato.

Le Motivazioni

La Cassazione ha sottolineato che la Corte territoriale ha fondato la sua decisione su una corretta analisi degli elementi a sua disposizione. In particolare:

1. Analisi Letterale e Comportamentale: L’accordo si limitava a menzionare l’inquadramento secondo le nuove tabelle contrattuali. Mancava qualsiasi riferimento esplicito alla rinuncia all’indennità. Anzi, il comportamento successivo delle parti, come la richiesta dell’Ente di Ricerca di calcolare un “trattamento economico integrativo”, rafforzava l’idea che l’indennità non fosse stata soppressa.
2. Assenza di Animus Novandi: Per aversi una novazione, che estingue il rapporto precedente per crearne uno nuovo, è necessaria una volontà chiara e inequivocabile (animus novandi). Tale volontà non può essere presunta. L’accettazione di una nuova classificazione professionale non è sufficiente, da sola, a dimostrare l’intenzione di modificare radicalmente tutti gli aspetti del rapporto di lavoro, specialmente quelli economici più favorevoli.
3. Coerenza con la Clausola di Salvaguardia: La decisione è risultata coerente anche con la clausola di salvaguardia presente nel CCNL, che mirava a proteggere le posizioni giuridiche ed economiche già conseguite dal personale in servizio. Una rinuncia a un diritto così importante avrebbe richiesto una manifestazione di volontà esplicita e non una deduzione implicita.

La Corte ha quindi ribadito che il tentativo del ricorrente di proporre una diversa interpretazione dell’accordo non costituisce un motivo valido per un ricorso in Cassazione. Il sindacato di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della controversia.

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un principio di fondamentale importanza per la tutela dei lavoratori: la modifica di un inquadramento contrattuale non comporta automaticamente la perdita dei diritti economici acquisiti. Una rinuncia a un elemento retributivo consolidato, come un’indennità di perequazione, deve essere il risultato di un accordo chiaro, specifico ed esplicito, che manifesti l’inequivocabile volontà delle parti di estinguere il diritto precedente. In assenza di tale prova, il trattamento economico più favorevole deve essere conservato, in linea con il principio di tutela dei diritti quesiti.

L’accettazione di un nuovo inquadramento contrattuale comporta automaticamente la rinuncia a un’indennità economica preesistente?
No. Secondo la Corte, l’accettazione di un nuovo inquadramento non implica di per sé la rinuncia a un diritto economico acquisito, come l’indennità di perequazione. Una tale rinuncia deve essere espressa in modo chiaro e inequivocabile in un accordo specifico.

Cosa si intende per ‘novazione’ di un rapporto di lavoro e quando si verifica?
La novazione è un accordo che estingue un rapporto obbligatorio precedente per sostituirlo con uno nuovo, diverso nel contenuto o nel titolo. Si verifica solo quando vi è una volontà inequivocabile delle parti (animus novandi) di cancellare il rapporto precedente e non semplicemente di modificarne alcuni aspetti. Non può essere presunta.

La Corte di Cassazione può riesaminare l’interpretazione di un contratto fatta da un giudice di merito?
Di norma, no. L’interpretazione di un contratto è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se il giudice ha violato le regole legali di interpretazione (es. artt. 1362 e ss. del codice civile), ma non per sostituire la propria interpretazione a quella del giudice precedente se quest’ultima è logicamente motivata e plausibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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