Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11953 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11953 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13031/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall ‘ avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE ).
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 336/2020 depositata il 31/03/2020.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 26 marzo 2024.
COMPRAVENDITA
Rilevato che:
1. con citazione notificata il 09/07/2013, RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘) ha convenuto dinanzi al Tribunale della Spezia RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (‘RAGIONE_SOCIALE‘) (e RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della quale l’attrice già in primo grado ha rinunciato alla domanda) e, assumendo che tra le parti era intercorso un contratto per la fornitura di occhiali da produrre in Cina, per il quale la compratrice RAGIONE_SOCIALE aveva versato un acconto di € 30.653,55, e che la venditrice RAGIONE_SOCIALE non aveva mai consegnato la merce né restituito l’acconto , ha chiesto dichiararsi la risoluzione del contratto del l’11 -13/06/2012 per inadempimento della venditrice e la condanna di quest’ultima alla restituzione di € 30.653,55, oltre agli interessi previsti per le transazioni commerciali.
Costituendosi in giudizio, la RAGIONE_SOCIALE ha contestato la pretesa dell’attrice e ha chiesto il rigetto della domanda . Il Tribunale della Spezia, istruita la causa con prove orali (interpello e prova per testi), con sentenza n. 32/2016, ha respinto la domanda dell’attrice;
proposta impugnazione dalla società soccombente, la Corte d’appello di Genova, nel la resistenza della RAGIONE_SOCIALE, in accoglimento del gravame, ha condannato l’appellata a restituire a COGNOME € 30.653,55, oltre agli interessi legali dal 13/06/2012.
Queste, in sintesi, le ragioni della decisione:
(a) il Tribunale, laddove ravvisava che a NOME fosse dovuta una commissione per avere svolto la propria attività a favore di NOME, pareva qualificare il rapporto inter partes come mediazione, anziché come vendita, secondo la diversa prospettazione dell’attrice.
In realtà, i documenti prodotti da COGNOME – doc. 1 e 3, nei quali la causale era indicata come ‘ordine di vendita’ ; doc. 4, bonifico da RAGIONE_SOCIALE a NM con causale ‘acconto ordini occhiali’ –
deponevano nel senso di una compravendita, rispetto alla quale NOME, che non ha consegnato la merce ordinata, risultava inadempiente;
(b) il Tribunale aveva omesso di considerare che, anche qualora NOME avesse agito come mediatore, la stessa appellata non aveva compiuto alcuna attività idonea a giustificare la percezione del corrispettivo.
Un primo profilo di inadempimento veniva individuato nell’avere RAGIONE_SOCIALE commissionato la merce, all’ordine di NOME, alla cinese RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘), così disattendendo l’accordo tra RAGIONE_SOCIALE e NM del 1°/02/2012, in base al quale l’ appellata si impegnava a fare produrre la merce – occhiali da sole e occhiali da lettura – (non ha RAGIONE_SOCIALE, ma) ad altre due aziende cinesi, specificamente individuate;
(c) rispetto alla descrizione offerta da RAGIONE_SOCIALE dei rapporti commerciali tra una società distributrice di merce importata dall’estero e la sua clientela , era pacifico che tutte le attività che RAGIONE_SOCIALE individuava come oggetto della prestazione tipica della società distributrice -pagare i fornitori esteri, le spese di trasporto, gli oneri doganali e consegnare la merce alla clientela – non erano state poste in essere dalla appellata.
Il direttore dell’ufficio acquisti di RAGIONE_SOCIALE, sentito come teste, aveva confermato che la fornitrice cinese non aveva spedito la merce che le era stata commissionata da RAGIONE_SOCIALE perché la distributrice italiana non aveva emesso la pattuita lettera di credito, circostanza, questa, confermata dalla dichiarazione scritta di COGNOME del 04/04/2014.
Dunque, da un lato, RAGIONE_SOCIALE non pagò il fornitore estero; dall’altro , era altrettanto pacifico che fu poi direttamente COGNOME a occuparsi del disbrigo della pratica doganale di importazione e
che la consegna della partita di occhiali avvenne direttamente dalla produttrice cinese RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE;
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi.
NOME ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio .
Considerato che:
il primo motivo di ricorso -‘ Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c .p.c. per omessa pronuncia sulla risoluzione contrattuale con riferimento all’art. 360 c .p.c. comma 1 n. 4) ‘ -ascrive alla sentenza impugnata di avere omesso di pronunciare sulla domanda dell’appellante di risoluzione del contratto per inadempimento;
1.1. il motivo è inammissibile;
1.2. la censura confligge con il costante orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide e intende riproporre, per il quale è inammissibile, per difetto d ‘ interesse, il ricorso (o, come nella specie, il motivo di ricorso) con il quale si deduca il vizio di omessa pronuncia relativamente ad una domanda proposta dalla controparte, in quanto non è configurabile al riguardo una soccombenza del ricorrente, che non può subire alcun concreto pregiudizio da una siffatta carenza di decisione ( ex plurimis , Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7779 del 2011, in connessione con Cass. n. 8905/1996; Sez. 1, Sentenza n. 11012 del 09/05/2013, Rv. 626336 -01; Sez. 5, Sentenza n. 2047 del 27/01/2017, Rv. 642458 – 01);
il secondo motivo -‘ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e ss. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3), nella qualificazione a seguito di una mera interpretazione letterale ‘ – censura la sentenza impugnata che, limitandosi al dato letterale, e senza accertare la volontà delle parti, ha
qualificato il contratto come compravendita e non ha colto che, in realtà, si era in presenza di un contratto di mediazione con rappresentanza, nel cui àmbito RAGIONE_SOCIALE aveva messo in contatto RAGIONE_SOCIALE con i terzisti per la fornitura di occhiali;
2.1. il motivo è inammissibile;
2.2. l ‘ attività di interpretazione è diretta alla ricerca e alla individuazione della comune volontà dei contraenti e costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, normalmente incensurabile in sede di legittimità, salvo che per omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti, ovvero, ancora, ai sensi dell ‘ art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale , previsti dall’art. 1362 e ss., cod. civ. Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai princìpi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Sez. 2, Sentenza n. 13242 del 31/05/2010, Rv. 613151 -01; in termini, ex multis , Cass. 24/06/022, n. 20434; Cass. 22/07/2022, n. 22980).
Aderendo a tali princìpi, rileva la Corte che, nella fattispecie concreta, la ricorrente, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale (art. 1362 e seguenti, cod. civ.), doveva indicare le regole legali di interpretazione, mediante specifica menzione delle norme asseritamente violate e doveva precisare in quale modo e con
quali considerazioni il giudice del merito si fosse discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li avesse applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell ‘ interpretazione prospettata da NM rispetto a quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 9461 del 09/04/2021; Sez. 1, Ordinanza n. 16987 del 27/06/2018; Sez. 3, Sentenza n. 28319 del 28/11/2017; Sez. 1, Ordinanza n. 27136 del 15/11/2017).
In altri termini, nella specie, sotto le sembianze della violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale, la NM, in maniera non consentita, si limita a proporre a questa Corte -cui è demandato esclusivamente il controllo di legalità della decisione -una ricostruzione del rapporto contrattuale che, come si evince dal testo del mezzo d’impugnazione, non collima con quella operata da lla Corte d’appello , alla stregua di un accertamento di merito, adeguatamente motivato e in linea con i canoni di ermeneutica contrattuale;
il terzo motivo -‘ Violazione o falsa applicazione degli articoli 1453 e 1455 c.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3) ‘ – censura la sentenza impugnata che, non soltanto ha errato nel qualificare il contratto come compravendita anziché come mediazione, ma ha anche omesso di valutare la gravità o meno dell’asserito inadempimento ;
3.1. il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile;
3.2. la censura è infondata laddove la Corte di Genova, con accertamento di fatto, adeguatamente motivato, ha ravvisato il grave adempimento della venditrice, per non avere consegnato la merce dopo avere ricevuto un acconto dalla compratrice RAGIONE_SOCIALE;
3.3. la censura è inammissibile laddove la sentenza impugnata afferma altresì che la società appellata sarebbe inadempiente e non avrebbe diritto a trattenere la somma ricevuta nemmeno nel caso in cui il rapporto contrattuale dovesse essere qualificato come mediazione.
Secondo il consueto indirizzo di questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 18641 del 27/07/2017, Rv. 645076 -01), ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l ‘ autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza ;
Ebbene, quest’ultima ratio decidendi non è stata attinta da specifica censura da parte di RAGIONE_SOCIALE, donde il difetto di interesse della ricorrente ad impugnare l’altra ragione del decidere che riguarda invece l’importanza dell’inadempimento della venditrice;
in conclusione, il ricorso va rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
6 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile