Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 12691 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 12691 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14876/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domicilio digitale: EMAIL
-controricorrente-
nonché contro
FALLIMENTO DEL DEFUNTO COGNOME, quale titolare della DITTA RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 2147/2020 depositata il 23/11/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Nel 2020 il Tribunale di Lucca ha dichiarato il fallimento del defunto NOME COGNOME, già titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE, su separate istanze dei dipendenti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
1.1. -Con reclamo ex art. 18 l.fall, il figlio del fallito, NOME COGNOME, ha chiesto la revoca della sentenza, ritenuta «ingiusta in quanto l’istanza di fallimento non è stata correttamente notificata agli eredi bensì al Curatore speciale nominato dal Tribunale», senza che vi fossero ragioni d’urgenza ed essendo nota agli istanti l’esistenza di eredi legittimi dell’imprenditore defunto.
1.2. -Il Fallimento e la COGNOME sono rimasti contumaci, mentre l’COGNOME ha resistito al reclamo, osservando che l’erede del debitore non è contraddittore necessario in sede prefallimentare.
1.3. -La Corte d’appello di Firenze ha rigettato il reclamo, richiamando l’ orientamento per cui «nel caso di dichiarazione di fallimento dell’imprenditore entro l’anno dalla morte non è obbligatoria, ai sensi dell’art. 10 legge fall., l’audizione dell’erede nella fase istruttoria anteriore alla dichiarazione di fallimento, atteso che nessuno degli accertamenti rimessi al tribunale incide in modo immediato e diretto sulla sua posizione ovvero gli reca un pregiudizio eliminabile solo attraverso la partecipazione all’istruttoria prefallimentare, dovendosi ritenere l’audizione dell’erede necessaria solo quando anch’egli sia imprenditore commerciale o lo diventi in seguito alla prosecuzione dell’impresa ereditaria» (Cass. 7181/2013; conf. Cass. 2594/2006, 2674/2000, 5869/1993). Ha quindi ribadito che i debiti del de cuius si riversano naturalmente sull’erede accettante, mentre la procedura concorsuale -aperta a beneficio della massa dei creditori -non gli provoca un pregiudizio diretto, contrastabile in sede prefallimentare, a meno che, proseguendo nell’attività d’impresa dopo la successione, egli non ne diventi a propria volta titolare. Di conseguenza, non discutendosi del fallimento dell’erede , ha ritenuto non necessari a l’instaurazione del contraddittorio nei suoi confronti in sede prefallimentare.
–NOME COGNOME avversa detta decisione con ricorso per cassazione in due motivi, cui NOME COGNOME resiste con controricorso, mentre il Fallimento intimato non svolge difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 15 l.fall., 151 c.p.c. e 111 Cost., in quanto la notifica dei ricorsi per dichiarazione di fallimento al procuratore speciale nominato per l’imprenditore defunto, e non ai suoi eredi, avrebbe comportato la nullità della notificazione e della sentenza di fallimento, per violazione del contraddittorio, non essendo stati messi gli eredi in condizione di sapere della pendenza del procedimento prefallimentare e di provare l’insussistenza dei requisiti di fallibilità previsti dall’art. 1, l.fall.
2.2. -Il secondo mezzo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 78, 82, 83 e 84 c.p.c., nonché nullità del verbale di udienza e della sentenza di fallimento ( ai sensi dell’ art. 159 c.p.c.), poiché, a seguito del decesso dell’imprenditore, non sarebbe dovuto essere nominato il curatore speciale, ma si sarebbe dovuto convocare il figlio NOME COGNOME, quale unico erede, stante la rinunzia all’eredità dell’altro figlio NOME COGNOME.
-Pregiudizialmente rispetto all’esame dei motivi va rilevata d’ufficio l’imp rocedibilità del ricorso.
3.1. -A fronte di un ricorso per cassazione notificato a mezzo EMAIL in data 24/05/2021, il ricorrente si limita a dichiarare che la sentenza impugnata è stata emessa il 13/11/2020 e depositata in cancelleria il 23/11/2020, ma non indica quando essa sia stata comunicata o notificata a cura della cancelleria (o di altri), né allega (anche nel corpo del ricorso, o nella procura speciale) che detta comunicazione o notificazione non sia stata effettuata.
Vi è in atti istanza ex art. 369, comma 3, c.p.c., ma non risulta acquisita, nella disponibilità della Corte, la «copia autentica della sentenza impugnata munita di relazione di notificazione» (ovvero dei messaggi di spedizione e ricezione previsti in caso di notifica a mezzo EMAIL), il cui deposito è prescritto dall’art. 369, comma 2, n. 2
c.p.c., a pena di improcedibilità, poiché la copia della sentenza prodotta dal ricorrente ne è priva.
A tal fine non può ritenersi decisiva l ‘ attestazione resa dal controricorrente sulla conformità dell ‘allegata copia della sentenza impugnata al documento contenuto nel fascicolo informatico della Corte di appello di Firenze (RG 783/2020), ove si legge che detta sentenza è stata « emessa in data 13.11.2020 e pubblicata il 23.11.2020 (…) e pubblicata in pari data », poiché la ripetizione della formula non rende inverosimile ma nemmeno esclude che ‘in pari data’ la sentenza sia stata, come di prassi, in realtà comunicata; circostanza da cui deriverebbe allora, se più specificamente riscontrata, l’inammissibilità già de plano del ricorso, in quanto ampiamente tardivo.
In altri termini, non è stato possibile acquisire aliunde la documentazione necessaria per il doveroso riscontro della tempestività del ricorso, prescritta dall’art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. (cfr. Cass. Sez. U, 10648/2017; Cass. Sez. U, 21349/2022, che esclude la corrispondente dichiarazione di improcedibilità ove, tra l’altro, detta documentazione sia stata appunto «acquisita -nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato, da cui decorre il termine breve per impugnare ex art. 325 c.p.c. -mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio»; v. anche Cass. 671/2024, nel senso che, «nel caso in cui una tale assenza non sia altrimenti surrogabile nei termini di cui sopra si è detto, la sanzione dell’improcedibilità è inevitabile »).
Né appare seriamente ipotizzabile, anche per il possibile contrasto con il principio di buon andamento – in termini di efficienza- della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), una ulteriore ed irragionevole dilatazione dei suoi tempi (con verosimile destinazione alla declaratoria finale di inammissibilità del ricorso) a causa di una carenza comunque imputabile alla parte (cfr. Cass. 35559/2022).
Per non dire che, in tal modo, si rischierebbe un ‘ indebita vanificazione della cennata autonomia tra due categorie processuali che il legislatore ha disegnato in modo distinto, quali la
improcedibilità del ricorso e, rispettivamente e (nella tipologia del caso) sequenzialmente, la sua inammissibilità, con l’effetto di una obliterazione di fatto della prima, posto che, attraverso un’attività di supplenza officiosa rispetto ad un onere assai semplice posto a carico della parte, il ricorso non potrebbe mai essere dichiarato improcedibile a causa delle mancate allegazioni e produzioni necessarie a verificarne la tempestività, ma potrebbe solo essere dichiarato inammissibile ove ne sia alfine accertata la tardività.
3.2. -Date queste condizioni, in cui, come detto, risulta di fatto preclusa alla Corte la immediata verifica officiosa della tempestività del ricorso per cassazione, il Collegio ritiene dunque di dare seguito a ll’orientamento in base al quale «il ricorrente per cassazione contro la sentenza di rigetto del reclamo avverso la dichiarazione di fallimento è tenuto a produrre, a pena di improcedibilità, ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 2 c.p.c., copia autentica della sentenza impugnata unitamente alla relazione di notificazione od alla equipollente comunicazione integrale, ovvero ad allegare la mancata esecuzione di tali adempimenti, salvo che il ricorso sia notificato entro trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata od altresì che la copia notificata o comunicata della sentenza medesima sia comunque nella disponibilità della Corte di Cassazione, alla quale non spetta attivarsi per supplire all’inosservanza della parte al precetto posto dalla citata norma» (Cass. 24023/2023, in fattispecie del tutto analoga; cfr. Cass. 14839/2020, 22324/2020, 33798/2022).
È vero, infatti, che il combinato disposto dei commi 12, 13 e 14 dell’art. 18 l.fall. disegna un congegno processuale speciale, in cui la sentenza della corte d’appello non è soggetta, come di regola, ad eventuale notificazione a cura di parte, ma deve essere necessariamente e immancabilmente «notificata a cura della cancelleria», e il termine per proporre ricorso per cassazione -ridotto a 30 giorni per ragioni pubblicistiche di celerità -decorre proprio da quella ‘notificazione’ (art. 18, comma 14, l.fall.). Diversamente, il termine lungo ex art. 327 c.p.c. (cui si fa espresso richiamo solo nel comma 4 dell’art. 18 l.fall. , in relazione al reclamo) può trovare applicazione nella sola ipotesi in cui, per un
accidentale sviluppo patologico del procedimento -che va perciò diligentemente ed innanzitutto dedotto -si sia verificata l’inosservanza, da parte della cancelleria, del dovere imposto dalla legge di effettuare tempestivamente la notificazione del testo integrale della sentenza; dovere che, vale la pena aggiungere, nella prassi viene normalmente assolto il giorno stesso della sua pubblicazione.
3.3. -In proposito si precisa che, ai fini del decorso del termine in questione, è irrilevante stabilire se quella effettuata dalla cancelleria fallimentare sia propriamente una notificazione o una comunicazione, trattandosi di distinzione che non rileva più nell’attuale contesto normativo, in cui, proprio per le esigenze di celerità che caratterizzano il procedimento fallimentare, la conoscenza legale del provvedimento suscettibile di impugnazione viene assicurata dalla trasmissione del testo integrale, anche a mezzo EMAIL, a cura della cancelleria, ora imposta dall’art. 45 disp. att. c.p.c., dopo la sua modifica ad opera dell’art. 16, co mma 6, d.l. 179/12, convertito con modifiche dalla l. 221/12 (v., da ultimo, Cass. 35090/2023, 13845/2023, 31457/2022).
Né rileva il nuovo testo dell’art. 133, comma 2, c.p.c. (come novellato dal d.l. 90/14, convertito con modifiche dalla l. 114/14) -secondo cui la comunicazione del testo integrale della sentenza da parte del cancelliere non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c. -poiché tale norma riguarda soltanto le notificazioni effettuate su impulso di parte, mentre non incide sulle norme processuali, di carattere derogatorio e speciale, che impongono la notificazione alla cancelleria, tra le quali si colloca appunto l’art. 18 l.fall. (Cass. 10525/2016, 23575/2017, 26872/2018, 27685/2018, 23443/2019, 31593/2022, 6278/2022, 3725/2023, 7535/2023).
3.4. -Di qui la necessità che, con la proposizione del ricorso per cassazione ex art. 18, comma 14, l.fall., la parte ricorrente produca, ai sensi dell’art. 369, co mma 2, n. 2, c.p.c., la copia notificata/comunicata della sentenza resa sul reclamo, ovvero -e in alternativa -alleghi che la cancelleria non vi ha provveduto, poiché il mero silenzio al riguardo non vale a superare la naturale
presunzione che, quand’anche con ritardo, l’ufficio fallimentare abbia ottemperato a quello specifico adempimento ex lege (così Cass. 24023/2023 cit.).
Difatti, se è vero che l’art. 369, comma 2, n. 2) c.p.c., impone a pena di improcedibilità (ed entro il termine perentorio di venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso per cassazione) il deposito di «copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione se questa è avvenuta», è pur vero che ad integrare la fattispecie processuale prevista dalla norma concorrono due requisiti, il primo dei quali (il deposito) può venir meno solo nel caso in cui non sia realizzato il secondo (la notificazione), accadimento di cui il ricorrente ha pertanto l’onere di dare atto, secondo canoni minimi di diligenza.
Nel caso in esame, il silenzio serbato sul punto dal ricorrente e la mancanza di elementi utili risultanti dagli atti di causa impediscono, come detto, la verifica officiosa della tempestività del ricorso.
4. -E’ opportuno aggiungere che un simile orientamento non risulta in contrasto con l’art. 6, § 1, CEDU, alla luce di quanto affermato dalla stessa Corte europea dei diritti dell’uomo circa la legittimità delle «limitazioni del diritto di accesso a una giurisdizione superiore», purché non trasmodino in u n ‘formalismo eccessivo’ , essendo invece essenziale che i requisiti formali richiesti per la presentazione della domanda a una corte suprema -i quali ben possono essere più rigorosi che per un appello -siano chiari, prevedibili e proporzionat i all’obiettivo di garantire la corretta amministrazione della giustizia (Corte Edu, sentenza 28 ottobre 2021, COGNOME ed altri c. Italia ; v. anche sentenze 5 aprile 2018, COGNOME c. Croazia ; 27 giugno 2017, RAGIONE_SOCIALE c. Lussemburgo ; 18 ottobre 2016, COGNOME c. Belgio ; 15 settembre 2016, COGNOME c. Italia ; 2 giugno 2016, COGNOME c. Grecia ).
La Corte di Strasburgo ha infatti ritenuto che le condizioni imposte per la corretta redazione del ricorso per cassazione perseguano uno scopo legittimo, e cioè consentire ad una Corte suprema di svolgere la sua funzione -che consiste nel garantire «la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia» -a tal fine valorizzando anche la condotta dei difensori, che a quella funzione
sono chiamati a concorrere attraverso adempimenti rientranti nel loro dovere di diligenza e leale collaborazione.
Tra detti adempimenti esigibili rientra certamente l’indicazione dell’avvenuta notificazione o meno della sentenza da parte della cancelleria -nelle ipotesi speciali in cui essa si sostituisce ex lege a quella, invece solo eventuale e discrezionale, effettuata a cura della controparte -ai fini di un immediato ed agevole scrutinio della tempestività del ricorso per cassazione, trattandosi di requisito di ammissibilità rilevabile d’ufficio.
4.1. -Invero, il riscontro, da parte della Corte di cassazione, della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione tutela l’esigenza pubblicistica (quindi non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale, la cui formazione è programmaticamente favorita dal legislatore nazionale proprio attraverso l’adozione di apposito congegno per cui, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, l’impugnazione è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve (Cass. Sez. U, 9005/2009).
4.2. -Ed anche il Giudice delle leggi, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 369, n. 3, c.p.c., per contrasto con l’art. 24 Cost ., ha avuto modo di affermare che «il legislatore, ove riconosca la sussistenza in concreto di uno specifico interesse pubblico che ne giustifichi l’adozione, può legittimamente imporre all’esercizio di facoltà e di poteri processuali limitazioni temporali immutabili e irreversibili, per il fatto che i termini perentori, cui sono connaturali i caratteri dell’improrogabilità e dell’insanabilità, tendono a garantire, oltre alla fondamentale esigenza di giustizia relativa alla celerità o alla speditezza dei processi, un’effettiva parità dei diritti delle parti in causa mediante il contemperamento dell’esercizio dei rispettivi diritti di difesa» (Corte cost., 471/1992).
-La rilevata improcedibilità per un verso risulta assorbente rispetto all’eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata in controricorso -e al correlato profilo di inammissibilità per difetto di autosufficienza circa l’effettiva qualità di erede (oltre che figlio) del ricorrente, all’epoca di dichiarazione del fallimento –
e per altro verso rende superfluo dare atto del sopravvenuto mutamento di giurisprudenza in punto di contraddittorio con l’erede , in caso di dichiarazione di fallimento dell’imprenditore defunto (v. Cass. 7604/2023).
-Segue la condanna alle spese in favore del controricorrente, liquidate in dispositivo.
-Sussistono i presupposti di cui all’ art. 13, comma 1quater, d.P.R. 115/02 (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Dispone la distrazione delle spese in favore del difensore del controricorrente, avvocato NOME COGNOME, dichiaratosi antistatario.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27/03/2024.