Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 9956 Anno 2024
Civile Ord. Sez. U Num. 9956 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 228/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 1329/2022 depositata il 20/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1.NOME COGNOME ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 1329/2022 della Corte d’appello di Ancona, pubblicata il 20 ottobre 2022.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 380 -bis .1, c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria.
La Corte d’appello di Ancona ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME, in proprio e quale erede di NOME COGNOME, e da NOME COGNOME, quale erede di NOME COGNOME, avverso la sentenza del Tribunale di Pesaro n. 602/2017 del 13 settembre 2017, che aveva dichiarato il difetto della giurisdizione del giudice italiano in favore di quello della Confederazione Svizzera sulla domanda avanzata da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE con citazione del 22 aprile 2013.
La domanda di NOME COGNOME e NOME COGNOME era volta all’‹‹accertamento della responsabilità extra contrattuale›› di NOME COGNOME per i fatti esposti in citazione ed alla conseguente condanna risarcitoria, nonché, ‹‹ previo accertamento della responsabilità ›› di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE sempre per i fatti esposti, a ‹‹ dichiarare la nullità delle polizze n. 2312609T, 2313674 e 2323399D e condannare i predetti ex art. 2055 c.c. al pagamento della somma di € 350.000,00 di cui € 208.874,13 a titolo di danno patrimoniale ed il residuo a titolo di danno non patrimoniale, o in quella diversa maggiore o minore … . ››. In via subordinata, le attrici chiedevano di accertare l’‹‹inadempimento contrattuale›› imputabile a NOME COGNOME e alla RAGIONE_SOCIALE, con condanna risarcitoria di entrambi ex art. 2055 c.c.
All’udienza del 10 luglio 2014 gli attori dichiararono di rinunciare alla domanda proposta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
3.1. I fatti e gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, culminante nelle predette conclusioni, concernevano la sottoscrizione di polizze assicurative da parte di NOME COGNOME e del defunto coniuge NOME COGNOME, a far tempo dal dicembre 1998. Tali investimenti, a dire delle attrici, erano stati proposti ai coniugi COGNOME e COGNOME da NOME COGNOME e da un terzo, i quali li avevano rassicurati sulla redditività delle operazioni e sulla carenza di rischi. I contatti tra le parti si sarebbero svolti dapprima presso i domicili degli investitori, mentre poi gli stessi avrebbero aperto un conto corrente presso la Filiale della UBS di Lugano. Le operazioni erano descritte come avvenute mediante consegna ad opera dei coniugi COGNOME e COGNOME di denaro contante ammontante alla cifra complessiva di € 309.874,13, in relazione alle polizze n. 2312609T, 2313674 e 2323399D. Trascorsi alcuni anni, NOME COGNOME aveva tuttavia appurato che di tali somme investite col coniuge erano residuati solo circa € 101.000,00. Fu dato corso anche ad un procedimento penale, nel corso del quale venne accertato che gli investimenti eseguiti consistevano in prodotti finanziari, e non in polizze assicurative, e che lo COGNOME aveva svolto abusivamente l’attività di promotore finanziario. La citazione lamentava, allora, che NOME COGNOME avesse ‹‹ omesso di riferire, alla sig.ra COGNOME ed al coniuge COGNOME, in merito agli elementi costitutivi del prodotto finanziario ››, non ‹‹ consegnato, al momento della proposta dell’investimento, la nota informativa o prospetto informativo obbligatorio per legge ex art. 94 D.lgs. 58/98 ››, ‹‹ esposto notizie non veritiere in relazione alla titolarità ed agli obblighi relativi al capitale di debito ›› ed infine ‹‹ collocato sul mercato prodotti finanziari non risultando iscritto nell’apposito albo››, così
ravvisandone la ‹‹responsabilità contrattuale per inosservanza degli obblighi prescritti dal decreto legislativo 58/98, dagli art. 1337, 1375, 1775 e 1776 c.c. e contenuti nel Regolamento Consob n. 11522/1998, comportante la nullità dei contratti››.
Il convenuto NOME COGNOME oppose di non aver mai avuto rapporti di natura contrattuale e di non aver mai effettuato operazioni di intermediazione finanziaria con NOME COGNOME e NOME COGNOME, essendosi limitato a prestare in favore di quest’ultima una attività di consulenza relativa all’apertura di un conto corrente, da parte dei coniugi COGNOME, presso un istituto di credito svizzero e ad un prestito di € 62.000,00 da lui fatto in favore della COGNOME.
3.2. L’adito Tribunale di Pesaro, con sentenza n. 602/2017 del 13 settembre 2017, dichiarò il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana, per essere la controversia riservata all’autorità giudiziaria della Svizzera, alla stregua dell’art. 5 della Convenzione di Bruxelles del 1968, argomentando dalla natura extracontrattuale dell’azione esperita da NOME COGNOME e NOME COGNOME, in quanto dagli atti di causa non sarebbe emersa ‘la sussistenza di alcun rapporto obbligatorio tra parte attrice ed il convenuto, giacché (in ragione dell’inidoneità probatoria della documentazione prodotta da parte attrice) non sono state prodotte le polizze che la COGNOME sostiene di aver sottoscritto con lo COGNOME e neanche le copie degli investimenti fatti dai coniugi COGNOME e dalla COGNOME personalmente né risulta provata l’attività di intermediazione finanziaria che lo COGNOME avrebbe posto in essere in favore di parte attrice’. La sentenza di primo grado aggiungeva che ‘ prescindere dalla documentazione riferita alla RAGIONE_SOCIALE, dagli atti di causa non emerge dunque alcuna riferibilità allo COGNOME degli stessi documenti, rilevato che non appare dimostrata la sottoscrizione delle polizze da parte della COGNOME per tramite dello COGNOME né può dirsi provato che lo stesso abbia
ingannato la medesima a tal fine, cosi come carente di prova appare il nesso di causalità tra il danno asseritamente subìto ed il comportamento dello COGNOME‘. Il Tribunale di Pesaro aggiungeva che, dovendosi perciò aver riguardo ai fini della giurisdizione al luogo in cui l’evento dannoso era avvenuto, assumevano rilievo: ‘ – la gestione delle ‘fantomatiche’ polizze dalla RAGIONE_SOCIALE, società con sede in Svizzera; – il versamento del denaro in un istituto di credito di Lugano e relativo investimento in Svizzera; – i rapporti diretti tra la RAGIONE_SOCIALE con soggetti svizzeri (cfr. la corrispondenza diretta con la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE); – i contatti diretti tra le parti avvenuti solo in Svizzera e nell’occasione dell’apertura del c/c bancario svizzero’.
3.3. Sul gravame proposto da NOME COGNOME e da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME, la Corte d’appello di Ancona ha confermato la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice italiano, rilevando come NOME COGNOME fosse residente in Svizzera e come, trattandosi di un illecito extracontrattuale, trovasse applicazione il criterio di individuazione della giurisdizione fissato dall’articolo 7, n. 2, del Regolamento (UE) n. 1215 del 2012. La Corte di Ancona ha sostenuto che la natura ext racontrattuale dell’azione esperita dalle attrici ‘discende dal fatto che dagli atti di causa non emerge la sussistenza di alcun rapporto obbligatorio tra parte attrice e convenuto’, mancando prova del ‘titolo’ della responsabilità contrattuale, non essendo state prodotte ‘le polizze che parte attrice sostiene di aver sottoscritto e, dall’altro, la documentazione prodotta deve considerarsi inidonea al fine probatorio’. Pertanto, ha concluso la sentenza impugnata, ‘la giurisdizione non può che ritenersi dell e autorità giurisdizionali svizzere, posto che la condotta che si assume essere stata pregiudizievole si è verificata nel territorio svizzero dove sono state sottoscritte le polizze ed effettuati gli investimenti
mediante versamento delle somme presso un istituto di credito svizzero’.
Va premesso che il ricorso di NOME COGNOME non risulta intimato né notificato a NOME COGNOME, parte dei pregressi giudizi di merito, quale attrice prima ed appellante poi. Si tratta, comunque, di giudizio a litisconsorzio facoltativo, in cui più attori hanno proposto domande risarcitorie contro lo stesso convenuto, sicché anche il ricorso ex art. 360, comma 1, n. 1, c.p.c. per motivi attinenti alla giurisdizione rientra nell’ipotesi di cui all’art. 332 c.p.c., e non va perciò ordinata la notificazione dell’impugnazione a NOME COGNOME, essendo la stessa ormai preclusa.
Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 n. 3 della Convenzione di Lugano 2007, norma che nella specie starebbe a regolare la giurisdizione, ed in relazione alla quale i giudici del merito non avrebbero rilevato che il luogo dove si sono verificate le conseguenze dell’illecito è Pesaro, ove la ricorrente aveva, ed ha, il centro dei propri interessi, ove inoltre è avvenuto il depauperamento del suo patrimonio e si è anche realizzato il danno-evento, ove lo COGNOME aveva fraudolentemente rappresentato le operazioni di investimento ed avuto in consegna il denaro, versato dapprima in una banca lussemburghese e poi trasferito a Lugano, ed ove era avvenuta la sottoscrizione delle polizze, di cui era stato allegato il relativo certificato.
Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione, dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. e dell’art. 111 Cost. per motivazione apparente. La ricorrente evidenzia che in tutti gli atti di causa, ed in particolare nella citazione introduttiva, le attrici avevano affermato che il collocamento e la sottoscrizione delle polizze, come anche la consegna del denaro, erano avvenuti negli incontri avuti con lo COGNOME a Pesaro. Tale ricostruzione dei fatti era
stata indicata anche nella deduzione della prova per testimoni e per interrogatorio formale. Del pari, la documentazione prodotta avrebbe dimostrato che tutte tali vicende del rapporto oggetto di lite si erano svolte a Pesaro.
Il controricorrente NOME COGNOME replica che le censure sono inammissibili, che le attrici ‘non hanno dato la prova della esposizione fattuale offerta sin dal primo atto’, che i suoi rapporti con le stesse si erano svolti ‘solamente a Lugano, quando chiesero la di lui consulenza per aprire dei conti correnti in Svizzera’ e che mai vi erano stati ‘rapporti di natura contrattuale’, tanto meno in RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso, le cui censure vanno esaminate congiuntamente, è fondato nei sensi di cui alla motivazione che segue.
Occorre inizialmente considerare che la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda e non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilità della domanda stessa (art. 386 c.p.c.). Ciò significa che la decisione a rendersi avviene rispetto alla domanda, come individuata nei suoi elementi, e deve perciò ricostruire quale rapporto intercorreva tra le parti, ma ai soli fini di attribuire la giurisdizione, e non anche il diritto che essa afferma esistente.
Così si spiega il consolidato principio secondo cui, in ordine ai motivi attinenti alla giurisdizione ex art. 360, primo comma, n.1, c.p.c., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto, cioè conosce dei fatti processuali ed altresì di tutti i fatti dai quali dipenda la soluzione della questione, mediante orientato esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio (ad esempio, tra le tante, Cass. Sez. Unite n. 28332 del 2019).
In particolare, ai fini del riparto della giurisdizione tra il giudice italiano ed il giudice straniero, in applicazione del criterio del ” petitum ” sostanziale, pur dovendosi prescindere dalle difese del
convenuto, che sono invece rilevanti per la decisione di merito, occorre tenere conto delle allegazioni di fatto dell’attore, come anche delle risultanze istruttorie legittimamente acquisite agli atti di causa (Cass. Sez. Unite n. 16296 del 2007; n. 13702 del 2022). Le Sezioni Unite procedono, così, alla qualificazione giuridica del rapporto dedotto in giudizio sulla base dell’oggetto della domanda e degli accertamenti di fatto che sono loro consentiti, e tale qualificazione rientra nel giudicato che viene a formarsi sulla giurisdizione in forza della decisione raggiunta, ma la questione dell’esistenza o meno del preteso diritto rimane da valutare in sede di merito della controversia.
Per la invocata decisione sulla giurisdizione, la domanda di NOME COGNOME va, dunque, valutata non già in base al criterio cosiddetto della soggettiva prospettazione della domanda (ossia in base alla qualificazione compiutane dall’interessata), ma alla stregua del ” petitum ” sostanziale individuato dagli elementi oggettivi che caratterizzano la sostanza del rapporto giuridico posto a fondamento delle pretese, ovvero tenendo conto della natura della situazione dedotta e della protezione sostanziale ad essa accordata dall’ordinamento.
Va subito detto che la sentenza impugnata, come prima ancora quella di primo grado, hanno errato nel fondare le loro decisioni non già sulla ‘prova della giurisdizione’, quanto sulla ‘prova della pretesa di merito azionata’, affermando che la natura extracontrattuale dell’azione doveva desumersi ‘dal fatto che dagli atti di causa non emerge la sussistenza di alcun rapporto obbligatorio tra parte attrice e convenuto’, non essendovi prova del ‘titolo’ della responsabilità contrattuale. L’apprezzamento del giu dice sulla giurisdizione ed il correlato potere-dovere di qualificazione giuridica del rapporto litigioso devono operarsi in riferimento agli elementi dedotti ed
allegati, seppur non ancora effettivamente accertati (Cass. Sez. Unite, n. 4894 del 2006).
9.1. La domanda di NOME COGNOME e NOME COGNOME (sebbene nelle conclusioni richiedeva in via principale l’‹‹accertamento della responsabilità extra contrattuale›› di NOME COGNOME, nonché di ‹‹ dichiarare la nullità delle polizze n. NUMERO_DOCUMENTO, NUMERO_DOCUMENTO e NUMERO_DOCUMENTO ››, con condanna al risarcimento dei danni, mentre soltanto in via subordinata chiedeva di accertare l’‹‹inadempimento contrattuale›› imputabile al convenuto), nell’esporre i fatti e gli elementi di diritto costituenti le ragioni della stessa (art. 163, comma 3, n. 4, c.p.c.), narrava che NOME COGNOME aveva proposto ai coniugi COGNOME e COGNOME la sottoscrizione di polizze assicurative, rassicurandoli sulla redditività delle operazioni e sulla carenza di rischi. Il contatto tra le parti si era instaurato presso i domicili degli investitori COGNOME e COGNOME in Pesaro. In tale luogo era avvenuta la consegna del denaro in contanti, tant’è che gli esibiti ordini di pagamento, rivolti alla UBS di Lugano, risultavano poi sottoscritti dallo COGNOME. Lo stesso convenuto NOME COGNOME ha ammesso di aver svolto in favore di NOME COGNOME una attività di consulenza, seppur soltanto relativa all’apertura di un conto corrente presso un istituto di credito svizzero e ad un prestito. La citazione lamentava che NOME COGNOME avesse ‹‹ omesso di riferire, alla sig.ra COGNOME ed al coniuge COGNOME, in merito agli elementi costitutivi del prodotto finanziario ››, non ‹‹ consegnato, al momento della proposta dell’investimento, la nota informativa o prospetto informativo obbligatorio per legge ex art. 94 D.lgs. 58/98 ››, ‹‹ esposto notizie non veritiere in relazione alla titolarità ed agli obblighi relativi al capitale di debito ›› ed infine ‹‹ collocato sul mercato prodotti finanziari non risultando iscritto nell’apposito albo››, così ravvisandone la ‹‹responsabilità contrattuale per inosservanza degli obblighi prescritti dal decreto
legislativo 58/98, dagli art. 1337, 1375, 1775 e 1776 c.c. e contenuti nel Regolamento Consob n. 11522/1998, comportante la nullità dei contratti››.
9.2. Le allegazioni di fatto delle attrici e i documenti esibiti a sostegno del ” petitum ” sostanziale azionato depongono per la qualificazione di natura contrattuale del rapporto dedotto in giudizio.
La domanda delineava che fra i coniugi COGNOME e COGNOME e NOME COGNOME si fosse instaurato un rapporto contrattuale di consulenza finanziaria, avendo quest’ultimo prestato una attività professionale di assistenza ai clienti in materia di investimenti finanziari e poi operato presso un istituto di credito, quale incaricato dei servizi di negoziazione degli ordini. Gli attori avevano lamentato la violazione di norme di comportamento, in particolare di diligenza, correttezza e trasparenza, da parte dello COGNOME, che si sarebbero invece dovute osservare nella formazione e nell’esecuzione del contratto, sia per aver indirizzato i clienti verso un prodotto inadatto per il profilo di rischio, sia per non aver consegnato alcun prospetto informativo, sia per non aver loro comunicato le perdite subite. La violazione di questi obblighi dà luogo a responsabilità contrattuale (arg. da Cass. Sez. Unite n. 14939 del 2023).
La giurisdizione va valutata facendo applicazione della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007 (ratificata dall’UE con decisione del Consiglio del 27 novembre 2008 ed entrata in vigore nei rapporti con la Confederazione elvetica il 1° gennaio 2011).
Ai sensi dell’art. 5 , paragrafo 1, della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007, la persona domiciliata nel territorio di uno Stato vincolato dalla stessa convenzione può essere convenuta in un altro Stato vincolato dalla presente convenzione:
‘a) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita.
Ai fini dell’applicazione della presente disposizione e salvo diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è:
nel caso della compravendita di beni, il luogo, situato in uno Stato vincolato dalla presente convenzione, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto;
-nel caso della prestazione di servizi, il luogo, situato in uno Stato vincolato dalla presente convenzione, in cui i servizi sono stati o avrebbero dovuto essere prestati in base al contratto’.
Ne consegue che, con riguardo, come nella specie, ad un contratto concluso in RAGIONE_SOCIALE tra un soggetto ivi domiciliato ed un soggetto domiciliato nella Confederazione Svizzera, avente ad oggetto la prestazione da parte di quest’ultimo del servizio di consulenza in materia di investimenti finanziari in favore del cliente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE, relativa ad una o più operazioni di sottoscrizione di strumenti finanziari, va affermata la giurisdizione del giudice italiano sulla controversia in materia di responsabilità contrattuale per violazione delle norme di comportamento da parte del consulente, in applicazione del criterio di collegamento dettato dell’art. 5 , paragrafo 1, lettera b) della Convenzione di Lugano del 30 ottobre 2007, facendo, cioè, riferimento al luogo in cui la prestazione del servizio di consulenza è stata o avrebbe dovuto essere eseguita, in rapporto all’obbligo di informazione da fornire al cliente caratterizzante il contratto.
Va perciò accolto il ricorso e la sentenza impugnata va cassata, dichiarando la giurisdizione del giudice italiano, e la causa, ai sensi dell’art. 383, comma 3, c.p.c. in relazione all’art. 353 c.p.c., ratione temporis operante, va rimessa al Tribunale di Pesaro, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice italiano, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Pesaro, in persona di diverso magistrato, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite