Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18526 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18526 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8850/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliato digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO GESTIONI RAGIONE_SOCIALE, rappresentato
e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, domicilio EMAIL
NOME digitale:
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di SIENA n. 1707/2018, depositato il 13/02/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Con il decreto indicato in epigrafe il Tribunale di Siena ha rigettato l’opposizione allo stato passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE (di seguito Fallimento) proposta da NOME COGNOME, socio e legale rappresentante della società fallita, contro il diniego di ammissione del credito chirografario di €. 2.797.360,13, insinuato al passivo quale corrispettivo residuo della cessione delle quote del 60% della RAGIONE_SOCIALE al prezzo pattuito di €. 4.050.000,00 , ma descrivendo l’operazione come ‘ finanziamento soci infruttifero’ .
1.1. -I n particolare, a fronte dell’eccezione d el curatore fallimentare di simulazione del contratto di cessione di quote (in quanto dissimulante un contratto di finanziamento soci postergabile ex art. 2467 c.c.) e dell’esclusione del credito da parte del giudice delegato per simulazione del prezzo (ritenuto eccessivo e non credibile), il tribunale ha così motivato:
« Nella specie, al di là del patente conflitto di interessi del COGNOME il quale ha dato vita alla ‘cessione’ milionaria tanto nella veste di cedente-persona fisica che di legale rappresentante della compagine societaria cessionaria, è da presumere che questi abbia inteso conferire nella società di capitali la propria quota societaria immobiliare (così da permettere alla allora società in bonis il pieno controllo dell’altra), concedendole credito in ordine al relativo controvalore economico (e che si sia trattato di un’operazione posta in essere per scopi finanziari e non di vendita emerge pure indirettamente dal tempo lasciato trascorrere dall’affermato cedente prima di richiederne formalmente il pagamento alla controparte: circa dieci anni). Per il resto, va specificato che la cessione societaria può essere oggetto di simulazione (Cass. Sentenza n. 15624 del 27/07/2016) in quanto questa non ha ad oggetto la costituzione fittizia di una società in se per se considerata, quanto l’intestazione della singola partecipazione societaria: nella specie vi è, dunque, interesse della curatela ad eccepire una diversa causa negoziale del trasferimento (non vendita ma mutuo mobiliare ovvero conferimento societario attuato tramite la dazione di quote di una srl) .»
-Avverso detta pronuncia NOME COGNOME propone ricorso per cassazione in tre mezzi, cui il Fallimento resiste con controricorso. Entrambe le parti depositano memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1414, comma 2, e 1813 c.c., per avere il tribunale trascurato che le partecipazioni sociali possono essere donate, vendute, permutate, ma non mutuate, e così dichiarato erroneamente che il contratto di cessione di quote sarebbe simulato, avendo la diversa causa negoziale del ‘mutuo mobiliare’, quando la natura infungibile delle quote sociali cedute escludeva la stessa astratta configurabilità della figura negoziale del mutuo.
2.2. -Con il secondo mezzo si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., per avere il tribunale dichiarato la simulazione del contratto di cessione di partecipazione sociale sulla base di fatti privi dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, avuto riguardo alle circostanze valorizzate (segnatamente, il fatto che il ricorrente: abbia qualificato il credito insinuato al passivo come ‘ finanziamento soci infruttifero ‘ ; quale amministratore della società fallita, abbia contabilizzato il negozio intercorso con la RAGIONE_SOCIALE come un finanziamento soci, attraverso la scheda contabile della società fallita relativa a COGNOME NOME, intestata ‘ finanziamento soci infruttifero ‘ ; quale cedente delle quote sociali, abbia lasciato trascorrere circa dieci anni prima di richiederne formalmente il pagamento alla controparte).
2.3. -Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2424 comma 1, 2427 comma 1, 2478-bis comma 1 e 2467 c.c. poiché il tribunale, dopo aver ritenuto che le parti avessero dissimulato un ‘ finanziamento soci ‘ , avrebbe dovuto almeno ammettere il credito al passivo con collocazione postergata.
-I motivi sono inammissibili, al di là della non del tutto perspicua motivazione del provvedimento impugnato.
3.1. -Il primo, nel contestare sostanzialmente la qualificazione giuridica dell’operazione negoziale da parte del tribunale, impinge nel merito, a fronte dell’ampia latitudine della
nozione di «finanziamento dei soci a favore della società» contenuta ne ll’art . 2467 c.c., notoriamente non circoscritta ai contratti di credito, ma espressamente estesa ai finanziamenti effettuati «in qualsiasi forma» (Cass. 3017/2019, 30054/2023).
Anche la dottrina prevalente interpreta la nozione di «finanziamento» contenuta nell’articolo 2467 c.c. in senso sostanziale, includendovi qualsiasi apporto economico utile proveniente dal socio (ad esempio, la prestazione di una garanzia e finanche la fornitura di merci o servizi, se protratta nel tempo e senza versamento del corrispettivo).
3.2. -Analoga conclusione vale per il secondo motivo.
Invero, più volte questa Corte ha ammonito che in sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo per ‘vizio di sussunzione’ e cioè quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga però inidonei a fornire la prova presuntiva, ovvero quando, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass. 3562/2021, 3541/2020, 19485/2017) -e non anche quando la critica si concreti, come nel caso in esame, in una diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella prospettazione di un’inferenza probabilistica diversa (Cass. Sez. U, 1785/2018; Cass. 12874/2023, 9054/2022, 3541/2020).
3.3. -Il terzo motivo risente, come eccepito dal controricorrente, della novità della questione, che effettivamente non risulta dibattuta nelle precedenti fasi del processo.
Peraltro, dalle complessive argomentazioni del giudice a quo (al di là di una non generale chiarezza redazionale) traspare in qualche modo, attraverso il collegamento alla motivazione spesa dal giudice delegato, il sostanziale riferimento ad una duplice simulazione, non solo del negozio (finanziamento piuttosto che cessione di quote alla società) ma anche di un suo elemento, avuto riguardo al ‘prezzo’ della cessione, e cioè al valore del finanziamento, ritenuto ben inferiore all’importo apparentemente pattuito , e verosimilmente corrispondente alla somma già versata dalla società.
-Segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.
-Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 115 del 2002 (Cass. Sez. U, nn. 23535/2019, 4315/2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 30.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 17/04/2024.