Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11887 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11887 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22770/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME E COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE DRAGIONE_SOCIALEAOSTA, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE), COGNOME NOME
(CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso l’ ORDINANZA della CORTE D’APPELLO di TORINO n. 510/2017 depositata il 04/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Emerge dalla prospettazione della ricorrente che il giudizio di cui è causa ha preso le mosse dalle vicende espropriative che hanno interessato alcuni terreni di proprietà dei sigg. NOME COGNOME e NOME COGNOME, siti nel Comune di Courmayeur – INDIRIZZO, necessitate dalla realizzazione ad opera della Regione Autonoma Valle D’Aosta di un muro di contenimento parallelo al corso del fiume Dora, volto a contenere gli effetti del movimento franoso lì in atto.
In particolare, con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 10/01/2014: a) è stato dichiarato lo stato di emergenza per il significativo incremento del movimento franoso che dal 19 aprile 2013 interessava il Mont de la Saxe, nel comune di Courmayeur; b) è stato disposto che per l’attuazione degli interventi da effettuare nella vigenza dello stato di emergenza, ai sensi dell’art. 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, si sarebbe provveduto con ordinanze emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile in deroga ad ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.
Con note del 7/3/2016 nn. 3416/ESP e 3391/ESP la Regione ha notificato ai sigg. COGNOME e COGNOME i decreti di esproprio delle aree di cui al Fg. 49, mapp. n. 1221 di mq 72 e n. 1225 di mq 54, offrendo la somma di €4.500,00 a titolo di indennità provvisoria.
In seguito al rifiuto dell’indennità offerta si è aperto il procedimento di stima innanzi alla Commissione regionale per le espropriazioni, sfociato nella decisione della Commissione, notificata agli espropriati dalla Regione con note nn. 1232/ESP e 1233/ESP il 3/2/2012, che ha stimato il valore dei terreni in €4.407,84.
Con ricorso ex artt. 54 DPR 327/2001, 29 d.lgs 150/2011 e 702 bis c.p.c., i sigg. COGNOME e COGNOME hanno convenuto in giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Torino il Comune di Courmayeur e la Regione Autonoma Valle D’Aosta e, premesso di essere comproprietari per quote uguale di una villa ad uso abitazione e annesso terreno, hanno formulato opposizione alla stima della Commissione Espropri e hanno richiesto la condanna delle Amministrazioni al pagamento dell’indennità, previa determinazione del valore venale dell’area di loro proprietà espropriata e accessoria alla loro abitazione sulla base dei criteri e dei parametri stabiliti dalla legge per le ipotesi di espropriazione parziale di un bene unitario ex art. 33 DPR 327/2001, e cioè tenendo conto della perdita di valore patrimoniale della parte adiacente non soggetta ad espropriazione, quantificata da loro perito in €467.131,20; in via subordinata hanno richiesto la determinazione della giusta indennità di espropriazione sulla base dei criteri individuati e dei rilievi svolti nel ricorso.
Per quanto ancora rileva, la Corte d’Appello di Torino, con ordinanza del 4.2.2019, ha accertato e dichiarato che l’indennità di espropriazione per i beni ablati è pari a € 11.340,00 e, in accoglimento dell’eccezione sollevata dalla Regione autonoma Valle d’Aosta, ha dichiarato la propria incompetenza funzionale in relazione alla richiesta risarcitoria formulata dagli espropriati per la diminuzione di valore della villetta rimasta in loro proprietà, determinata dai lamentati effetti dannosi derivati dalla costruzione del muro a ridosso del proprio fabbricato, negativamente incidente
sulla luminosità, sulla panoramicità e, quindi, sul valore dell’immobile.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che l’asserito danno non era conseguenza dell’espropriazione subita, bensì della realizzazione dell’opera pubblica e, pertanto, risultava indennizzabile ex art. 44 DPR 327/2001 e non ex art. 33 DPR cit., e, come tale, escluso dalla competenza della Corte d’Appello in grado unico di merito, rientrando nella competenza del Tribunale di Aosta.
Infine, la Corte d’Appello ha rigettato l’eccezione di giudicato, sollevata dalla Regione autonoma Valle d’Aosta, ritenendo che l’oggetto del contendere innanzi al TAR Lazio fosse diverso, in quanto costituto dalla richiesta di declaratoria di illegittimità del progetto di edificazione del vallo e dalla richiesta di risarcimento danni conseguenti all’asserito attività illecita, entrambe escluse dal Giudice Amministrativo.
Avverso la predetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME, affidandolo ad un unico articolato motivo.
La Regione Autonoma Valle D’Aosta ha resistito in giudizio con controricorso ed ha proposto, altresì, ricorso incidentale condizionato.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nel ricorso principale è stata dedotta la falsa applicazione dell’art. 44, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (T.U. Espropriazione) e la violazione dell’art. 33, D.P.R. cit., per avere il Giudice di merito erroneamente ricondotto la vicenda di cui è causa alla fattispecie
della perdita/riduzione delle prerogative legate al diritto di proprietà del soggetto non espropriato per effetto della realizzazione dell’opera pubblica.
Sostengono, invece, i ricorrenti che il caso in esame è sussumibile nell’art. 33, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (T.U. Espropriazione), recante i criteri legali per la determinazione dell’indennità di esproprio in caso di espropriazione parziale di un bene unitario, mentre l’indennità di cui all’art. 44 T.U. Espropriazioni spetta al proprietario il cui immobile non sia assoggettato alla procedura di esproprio e che abbia riportato un danno a causa dell’opera pubblica legittimamente eseguita, e non già al proprietario dell’area espropriata.
I ricorrenti lamentano che l’opera pubblica realizzata vallo alto all’incirca 9 mt. che torreggia sulla loro villa signorile di pregio e toglie l’affaccio sul paesaggio montano circostante nella sua interezza -oltre ad aver determinato l’esproprio di una parte del giardino di pertinenza della loro abitazione (privo di un’autonoma caratterizzazione funzionale rispetto alla parte d’immobile rimasta in loro proprietà), ha cagionato, altresì, un sensibile deprezzamento del valore della loro villa sul mercato immobiliare, pregiudizio che deve essere conteggiato in sede di calcolo dell’indennità complessivamente spettante agli stessi.
Ha dunque errato la Corte territoriale nel ricondurre la fattispecie nell’alveo applicativo dell’art. 44 T.U. Espropriazioni e, declinando la propria competenza funzionale, nell’omettere di pronunciarsi sulla domanda indennitaria nella sua interezza.
Va preliminarmente rigettata l’eccezione sollevata dalla Regione autonoma Valle d’Aosta di inammissibilità del ricorso per violazione degli artt. 42 e 47 cod. proc. civ., sul rilievo che, contenendo l’ordinanza impugnata una statuizione sulla competenza, i ricorrenti avrebbero dovuto proporre non già ricorso per cassazione, bensì istanza di regolamento di competenza.
L’art. 42 cod. proc. civ. dispone che possono essere impugnati soltanto con istanza di regolamento di competenza , oltre ai provvedimenti che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell’art. 295, ‘la ordinanza che, pronunciando sulla competenza anche ai sensi degli artt. 29 e 40, non decide il merito della causa’. Questa Corte (Cass. n. Cass. N. 34999/2021; 24099/2019; conf. 15958/2018) ha interpretato la norma in oggetto enunciando il principio secondo cui ‘Qualunque sentenza – escluse quelle del giudice di pace – che decida esclusivamente sulla competenza deve essere impugnata con istanza di regolamento di competenza, anche se il giudice esamini questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, purché l’estensione della decisione alle stesse sia strumentale alla soluzione della questione sulla competenza e non abbia, al contrario, autonomia rispetto ad essa, nel qual caso la risoluzione di dette questioni appartiene al merito, con conseguente ricorso ai mezzi ordinari di impugnazione’.
Dunque, tale mezzo di impugnazione si impone per quei provvedimenti giurisdizionali che si pronunciano sulla sola competenza o esaminano questioni pregiudiziali di rito o di merito strumentali alla soluzione della questione di competenza. Ne consegue che l’istanza di regolamento di competenza non può essere proposta contro decisioni, come quella di cui è causa, che contengono autonome statuizioni di merito.
Infatti, la Corte d’Appello di Torino, non si è limitata a declinare la propria competenza, ma ha esaminato nel merito la domanda svolta dai ricorrenti, provvedendo a liquidare l’indennità con riferimento alla porzione del loro giardino che è stata espropriata, e ritenendo di non essere competente solo in relazione alla richiesta di ristoro del pregiudizio derivante dalla realizzazione dell’opera pubblica.
Anche l’altra eccezione di inammissibilità del ricorso principale svolta dalla Regione Valle d’Aosta, relativa alle modalità con cui i
ricorrenti hanno esposto i fatti e ricostruito la vicenda processuale, non può trovare accoglimento, avendo questi ultimi, pur nella sovrabbondanza dei fatti esposti, comunque indicato le questioni fattuali rilevanti ai fini del decidere.
Quanto al merito, il ricorso principale è fondato.
E’ orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui, ‘ In tema di espropriazione per pubblica utilità, è configurabile una espropriazione parziale, regolata dall’art. 40 della l. n. 2359 del 1865 (ora art. 33 d.P.R. 327/2001), quando la vicenda ablativa investa parte di un complesso immobiliare, caratterizzato da un’unitaria destinazione economica, e determini al proprietario un pregiudizio diverso da quello ristorabile mediante l’indennizzo calcolato con riferimento soltanto alla porzione espropriata a causa della compromissione o dell’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione e del connesso deprezzamento, mentre ricorre la diversa ipotesi, per cui è previsto uno speciale indennizzo, di cui al successivo art. 46 quando il privato abbia subito la menomazione, la diminuzione o la perdita di una o più facoltà inerenti al proprio diritto dominicale a seguito non dell’espropriazione ma dell’esecuzione dell’opera pubblica, sicché la relativa controversia esula dalla competenza in unico grado della corte d’appello ex art. 19 della l. n. 865 del 1971 e rientra nella generale cognizione del tribunale’ (Cass. 17789/2015).
Negli stessi termini, questa Corte ha statuito nell’ordinanza n. 27555/2021, in cui stato enunciato il principio di diritto secondo cui ‘ In tema di espropriazione parziale, il pregiudizio alla porzione di fondo rimasta in proprietà all’espropriato derivante dall’opera pubblica realizzata è suscettibile di indennizzo ai sensi dell’art. 33 d.P.R. n. 327 del 2001, poiché l’indennità di espropriazione comprende l’intera diminuzione patrimoniale subita dal destinatario del provvedimento’.
D’altra parte, è orientamento consolidato di questa Corte quello secondo cui, in tema di espropriazione, lo speciale indennizzo di cui all’art. 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (ora 44 d.P.R. 327/2001) prescinde dall’esistenza di un provvedimento ablativo ed, anzi, postula che non sia intervenuto esproprio e che il privato abbia conservato la titolarità dell’immobile, subendo, peraltro, per effetto dell’esecuzione dell’opera pubblica, la menomazione, la diminuzione o la perdita di una o più facoltà inerenti al proprio diritto dominicale, con pregiudizio permanente. Dunque, solo nel caso in cui non sia intervenuto nessun esproprio, neppure parziale, la controversia avente ad oggetto lo speciale indennizzo richiesto dal proprietario per effetto della realizzazione dell’opera pubblica espropriato esula dalla competenza in unico grado della corte d’appello ex art. 19 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, rientrando nella generale cognizione del tribunale (Cass. 9488/2014).
Nella specie, la Corte d’appello ha quindi applicato erroneamente l’art. 44, anziché l’art. 33 d.P.R. 327/2001, sebbene vi fosse stata una espropriazione parziale, con pregiudizio della parte non espropriata. Ne consegue che il ricorso principale deve essere accolto.
Con il ricorso incidentale condizionato la Regione autonoma Valle d’Aosta ha dedotto la violazione dell’art. 2909 cod. civ. per non aver la Corte d’Appello tenuto conto del giudicato costituito dalla sentenza del TAR del Lazio del 20 aprile 2015 n. 5760.
Espone la ricorrente incidentale che gli odierni ricorrenti principali, nella domanda proposta innanzi al TAR del Lazio, avevano formulato la richiesta risarcitoria in termini del tutto identici rispetto alla domanda formulata nel presente giudizio, avendo parimenti evidenziato il pregiudizio derivante dalla costruzione del vallo di protezione, che aveva comportato una notevole diminuzione della luce e del panorama di cui precedentemente disponevano.
Dunque, la domanda risarcitoria proposta innanzi al TAR era pienamente sovrapponibile per petitum e causa petendi rispetto alla domanda proposta nel presente giudizio.
5. Il ricorso incidentale è inammissibile.
Va preliminarmente osservato che è pur vero che questa Corte sin dalle sentenze delle Sezioni Unite n. 13916/2006; 222/2001 (vedi recentemente S.U. Cass. 5633/2022; Cass. 12754/2022), ha enunciato il principio di diritto secondo cui il giudicato è ‘.. un elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. .’ Pertanto, ‘..l’interpretazione del giudicato deve essere trattata piuttosto alla stregua dell’interpretazione delle norme che non alla stregua dell’interpretazione dei negozi e degli atti giuridici ..’. La conseguenza è che il giudice di legittimità può sindacare la valutazione del giudice di merito con sindacato pieno.
Va, tuttavia, osservato che, nel caso di specie, gli estratti della sentenza del TAR trascritti dalla ricorrente incidentale nel ricorso (vedi pagg. 16-17) -in proposito, la stessa ricorrente ha ricordato il principio di diritto secondo cui ‘l’interpretazione di un giudicato esterno può essere effettuata anche direttamente dalla Corte di Cassazione con cognizione piena, nei limiti, però, in cui il giudicato sia riprodotto nel ricorso per cassazione..’ – non sono idonei ad evidenziare che la sentenza del Tar del Lazio si sia pronunciata su
una domanda risarcitoria sovrapponibile a quella con cui nel presente giudizio i ricorrenti stessi hanno chiesto il ristoro dei pregiudizi loro arrecati dalla realizzazione dell’opera pubblica.
In particolare, la ricorrente incidentale ha trascritto nel ricorso un estratto della sentenza del TAR, in cui questo organo giurisdizionale, nel sintetizzare la causa petendi del ricorso amministrativo degli odierni ricorrenti, ha fatto riferimento alla richiesta risarcitoria formulata in relazione all’occupazione ‘sine titulo’ da parte della Amministrazione ed al loro mancato godimento dell’area occupata. Tutte le altre considerazioni svolte dalla ricorrente incidentale in ordine ad una supposta sovrapponibilità della causa petendi del giudizio amministrativo e quella del giudizio di cui è causa non trovano riscontro nell’estratto della sentenza del TAR trascritto nell’odierno ricorso incidentale, ma, secondo la prospettazione della ricorrente incidentale, si ricaverebbero dalla lettura del ricorso giurisdizionale innanzi al TAR (pagg. 6 e 7 doc. 6 del fascicolo di merito) il cui contenuto la Regione Valle d’Aosta non ha neppure avuto cura né di trascrivere, né di sintetizzare.
La sentenza impugnata deve essere quindi cassata limitatamente al ricorso principale con rinvio alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, per nuovo esame e per statuire sulle spese del giudizio di legittimità. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Roma, così deciso il 29.2.2024