Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18410 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 18410 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/07/2024
sul ricorso iscritto al n. 15805/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO DELI ABRUZZI L’AQUILA n. 1832/2020 depositata il 21/12/2020.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/06/2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Rati COGNOME convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Pescara NOME COGNOME COGNOME chiedendo il risarcimento del danno cagionato da cura ortodontica di disallineamento dentale eseguita mediante applicazione sui denti di faccette lumineers . Il convenuto chiamò in causa la società assicuratrice. Acquisito il fascicolo del procedimento di accertamento tecnico preventivo, il Tribunale adito accolse parzialmente la domanda, condannando il convenuto al pagamento della somma di Euro 6.490,00, quale importo corrisposto per la prestazione professionale, oltre la somma sostenuta per la visita odontoiatrica presso altro odontoiatra. Avverso detta sentenza propose appello l’attore. Con sentenza di data 21 dicembre 2020 la Corte d’appello di L’Aquila accolse parzialmente l’appello, condannando il COGNOME al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 14.117,00 oltre accessori.
Osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, quanto segue: «m erita invece parziale accoglimento l’altra richiesta del Rati, di ristoro del danno derivante dalla necessità di procedere alla periodica sostituzione delle faccette che sono state applicate sui denti che non avevano bisogno del trattamento. A tale riguardo occorre però considerare che il c.t.u. ha ritenuto che il trattamento fosse inutile soltanto in relazione ai 4 incisivi inferiori; era invece necessario, ma non era stato eseguito a regola d’arte, l’intervento sugli incisivi superiori e sui 7 premolari: quanto ai primi, per la presenza di scalini, e per la tonalità opaca poi assunta dal dente; quanto ai secondi, per il fatto che il loro
disallineamento avrebbe dovuto essere corretto apponendo le faccette sulla superficie interna del dente, invece che su quella esterna. Di conseguenza -una volta che la cattiva esecuzione dell’opera è stata risarcita con la restituzione del prezzo pagatoin relazione ai premolari deve ritenersi che le faccette fossero necessarie, e la loro errata applicazione non inciderà sui costi necessari per la loro sostituzione che il Rati avrebbe dovuto sostenere comunque, nel senso che si sarebbe resa necessaria anche se il COGNOME le avesse apposte sulla parte interna del dente. Viceversa, in relazione agli incisivi inferiori, l’accertata inutilità della cura obbliga il COGNOME a farsi carico del costo della periodica sostituzione delle faccette. Ed in relazione a tale costo va condivisa l’ulteriore critica dell’appellante, secondo cui l’aspettativa di vita di un ventenne non si attesta sui sessant’anni, ma sugli ottanta. Per cui al Rati va riconosciuta l’inerente voce di danno, che può essere liquidata in € 14.117 (€10.000 -costo di sostituzione delle faccette su 17 denti trattati- : 17 -costo unitario per dente- x 4 -denti per i quali il trattamento era inutile- x 6 -sostituzioni nel corso della vita-), da rivalutare dalla data della domanda a quella della presente decisione, e da maggiorare di interessi, sulle somme di anno in anno rivalutate, dalla stessa data al saldo».
Ha proposto ricorso per cassazione Rati COGNOME sulla base di un motivo e resiste con controricorso la parte intimata . E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
con il motivo di ricorso si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la corte territoriale ha diviso per 17 denti la somma di euro 10.000,00 necessari per sostituire le faccette
ogni 10 anni senza prendere in considerazione il fatto storico accertato dal consulente tecnico d’ufficio che i denti trattati con faccette sono 15 e non 17, per cui la somma da corrispondere da parte del COGNOME per sostituire le 4 faccette è di Euro 16.000,00 (sottratta la somma di Euro 14.117,00 già riconosciuta in sentenza, restano da versare ancora Euro 1.883,00). Aggiunge che la corte ha omesso di considerare che fra i denti trattati con faccette vi sono anche quattro denti canini, per cui la cura non necessaria ha riguardato otto denti, e non quattro, per cui l’importo da versare ancora ascende ad Euro 17.883,00 (sottratto l’importo riconosciuto a quello spettante di Euro 32.000,00).
Il motivo è inammissibile. Ciò che il ricorrente denuncia non è l’omesso esame di fatto storico, e cioè l’omessa valutazione di un ulteriore circostanza fattuale che sarebbe dovuta ricadere nel giudizio di fatto, ma la falsa percezione di due circostanze risultanti dagli atti, e cioè che i denti trattati con faccette sono quindici, e non diciassette, e che fra i denti trattati con faccette vi sono anche quattro denti canini. In base alla censura, la corte territoriale avrebbe supposto due fatti (numero dei denti trattati ed assenza fra i denti trattati anche di quattro canini) in contrasto con gli atti di causa. Inoltre, sulla base dell’esposizione contenuta del ricorso, non risulta che in ordine alle due circostanze evidenziate sia insorta controversia fra le parti. Ne consegue che ciò che il ricorrente denuncia è un errore di fatto di tipo revocatorio ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4 c.p.c. L’istanza di revocazione va proposta innanzi alla corte territoriale quale giudice che ha pronunciato la sentenza.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di
cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, del l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 17 giugno 2024