Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18380 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18380 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27432/2020 proposto da:
COGNOME NOME, elett.te domic. presso gli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, dai quali è rappres. e difeso, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE, elett.te domic. presso l’AVV_NOTAIO, dal quale è rappres. e difesa, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 94/20 della Corte d ‘appello di L’Aquila, pubblicata il 21.01.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7.06.2024 dal Cons. rel., dottAVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
La Banca Toscana aveva chiesto ed ottenuto ingiunzione di pagamento a carico della RAGIONE_SOCIALE e di NOME e NOME COGNOME, quali garanti in forza di fideiussione, per la somma di euro 86.163,18 oltre interessi, per saldo di conto corrente, e sulla base di 20 titoli cambiari protestati. Con sentenza del 24.8.15, il Tribunale di Avezzano accoglieva l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta da NOME COGNOME, e revocava il decreto opposto, osservando che: i documenti prodotti dalla banca, se idonei a legittimare il detto decreto, non costituivano prova della corretta formazione del saldo debitore del rapporto di conto corrente (al riguardo, rilevando che gli estratti-conto non riguardavano tutto il periodo cui si riferiva il credito azionato); le fideiussioni poste a fondamento della domanda recavano firme non riconducibili all’opponente, come riscontrato dal c .t.u., sicché ne andava dichiarata la nullità; la banca non poteva giovarsi della fideiussione atteso che, pur dovendosi avvedere del peggioramento delle condizioni patrimoniali della debitrice, rispetto a quelle conosciute al momento dell’iniziale concessione del credito, aveva concesso alla medesima ulteriore credito, aggravando la posizione del garante, in violazione del dovere di esecuzione del contratto secondo correttezza e buona fede. Con sentenza del 21.1.20, la Corte territoriale di L’Aquila, in accoglimento dell’appello della banca e in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava l’appellato COGNOME al pagamento, in favore dell’appellante , della somma di euro 24.747,86 oltre interessi legali, osservando che: la parte del credito azionata dalla banca, fondata sui titoli cambiari oggetto di sconto, non era stata contestata dall’appellato COGNOME ed era adeguatamente dimostrata; l’obbligo di pagare la somma di cui ai detti titoli derivava dalla fideiussione prestata il 4.12.96 a favore della RAGIONE_SOCIALE, rilevando che, a seguito
del disconoscimento dell’opponente di tale contratto, la banca aveva prodotto altri contratti di fideiussione comunque atti a fondare l’obbligazione di garanzia di NOME COGNOME; l’integrazione dell’iniziale domanda in via monitoria con la deduzione di ulteriori titoli rispetto a quello inizialmente prodotto era conseguenza delle eccezioni di disconoscimento; non erano fondate le eccezioni d’estinzione per novazione dell’obbligazione di garanzia, data l’accertata natura apocrifa delle sottoscrizioni riconducibili allo COGNOME; era erronea la pronuncia di liberazione del fideiussore dalla garanzia; a fronte dell’allegazione della banca dell’ulteriore fideiussione del 4.12.96, l’opponente avrebbe dovuto eccepire la liberazione ex art. 1956 c.c. entro il primo termine ex art. 183, 6°c., c.p.c., rivelandosi tardiva la richiesta formulata il 24.3.09, erroneamente esaminata dal giudice, trattando di eccezione in senso proprio; risultava dimostrato che l’opponente conoscesse la situazione patrimoniale ed economi ca della RAGIONE_SOCIALE, essendone socio al 50%
NOME COGNOME ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza, con quattro motivi. Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, illustrato da memoria, non in proprio ma per RAGIONE_SOCIALE
RITENUTO CHE
Il primo motivo denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del numero 5 dell’articolo 360 c.p.c. , per aver la Corte d’appello omesso di valutare che il ricorrente aveva contestato l’importo della somma di euro 24.747,86 dato che nell’oppo sizione al decreto ingiuntivo aveva chiesto di circoscrivere la domanda al solo tema oggetto del ricorso ex art. 633 c.p.c.
Il secondo mezzo denuncia violazione e f alsa applicazione dell’art. 633 c.p.c. , per aver la Corte d’appello ritenuto il ricorrente obbligato a pagare la somma suddetta a causa della falsità della fideiussione,
mentre il contratto del 4.12.96 non era stato prodotto nella fase monitoria.
il terzo mezzo denuncia violazione degli articoli 1230 e 1939 c.c., nonché 183 c.p.c., per aver la Corte territoriale ritenuto che l’eccezione di novazione sarebbe stata tardivamente sollevata, in quanto essa rappresentava, in realtà, una questione di fatto, operando i pso jure e comunque eccepita tempestivamente in sede di precisazione delle conclusioni, alla prima difesa utile successiva alla costituzione della banca.
Al riguardo, il ricorrente assume che il giudice di secondo grado avrebbe ritenuto che il contratto di fideiussione del 1996 si sarebbe estinto per novazione oggettiva a seguito della stipula di altri contratti di fideiussione risultati apocrifi, mentre ad essere estinta sarebbe l’obbligazione principale derivante dal c onto corrente.
il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1956 c.c., 1697 , c.c. e dell’art. 183 c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuto tardiva l’eccezione di invocata liberazione dalla fideiussione, avendo invece il ricorrente sollevato tale eccezione nella prima memoria ex art. 183 e poi reiterata all’udienz a del 24.3.99, e per aver essa ritenuto la mancata prova dei presupposti di tale liberazione, costituiti dalla concessione di nuovo credito successivamente al peggioramento delle condizioni economiche.
Il primo motivo è infondato. L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali che hanno
costituito oggetto di discussione tra le parti avente carattere decisivo, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., n. 13024/22; n. 14802/17). Nella specie, il fatto di cui si discorre non è un fatto storico ma attiene all’assunto che la quantificazione dell’importo posto dalla C orte d’appello a carico dello COGNOME sarebbe stata contestata. Viene dunque in rilievo una mera argomentazione difensiva e non un fatto materiale storico.
Il secondo motivo è infondato. L ‘articolo 633 c.p.c. disciplina il procedimento per decreto ingiuntivo, ed in particolare i presupposti probatori di esso, ma è cosa nota che, una volta proposta l’opposizione ai sensi dell’articolo 645 c.p.c., il procedimento è regolato non certo dall’articolo 633, ma dalle norme del procedimento di cognizione ordinaria o di quello comunque applicabile ai fini della decisione di merito.
Il terzo motivo è inammissibile.
Si tratta di una censura per la verità poco comprensibile. Il ricorrente ha rilasciato delle fideiussioni in favore della banca, che sono state poste a fondamento del ricorso per ingiunzione, e le ha disconosciute in sede di opposizione, negando di averle sottoscritte; è stata espletata una c.t.u. che ha accertato il carattere apocrifo delle sottoscrizioni.
Al riguardo, la Corte d’appello ha affermato che se le due fideiussioni del 2000 e del 2002 sono false, allora quella del 1996 non è mai stata sostituita.
Il ricorrente si duole che la fideiussione si sarebbe estinta perché sarebbe venuto meno il rapporto garantito nel 1996: ma, premesso che in tal caso non verrebbe in rilievo alcuna novazione, la questione è del tutto nuova, giacché non trattata nella sentenza impugnata, senza che dal ricorso risulti quando fosse stata sollevata.
Il quarto motivo è infine inammissibile per carenza di autosufficienza. Il ricorrente assume che una certa eccezione formulata ai sensi dell’art. 1956 c.c. sarebbe stata proposta tempestivamente nella prima memoria di cui all’art. 186 c.p.c., ma il contenuto della memoria non è riportato, ed il punto ed il modo in cui l’eccezione sarebbe stata formulata non è identificato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 5.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio in data 7 giugno 2024.