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Diritto Immobiliare

Servitù per destinazione: no COSAP se l’opera c’era
Un cittadino contesta il pagamento del canone per l'occupazione di suolo pubblico (COSAP) per opere come intercapedini e bocche di lupo. La Corte di Cassazione accoglie il suo ricorso, stabilendo che se tali opere, visibili e permanenti, preesistevano alla cessione del terreno al Comune, si costituisce una servitù per destinazione del padre di famiglia. Questo diritto esonera dal pagamento del canone, invertendo l'onere della prova a sfavore dell'ente pubblico. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per una nuova valutazione.
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Indennizzo espropriazione parziale: la guida completa
La Corte di Cassazione chiarisce i criteri per il calcolo dell'indennizzo in caso di espropriazione parziale tramite acquisizione sanante. La Corte ha stabilito che le percentuali per il pregiudizio non patrimoniale e per l'occupazione illegittima devono essere calcolate sul danno patrimoniale complessivo, che include non solo il valore del terreno acquisito, ma anche la diminuzione di valore della proprietà residua. Questa ordinanza accoglie il ricorso dei proprietari, annullando la precedente decisione che limitava la base di calcolo al solo valore venale del bene espropriato.
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Accordo di programma: come cambia l’indennità di esproprio
La Corte di Cassazione ha stabilito che un accordo di programma ratificato dal Consiglio Comunale costituisce una variante al piano urbanistico generale e deve essere considerato nella determinazione dell'indennità di esproprio. Il caso riguardava un terreno espropriato da un Comune, il cui valore era stato inizialmente calcolato sulla base di una destinazione urbanistica (zona F) superata di fatto dall'accordo che prevedeva uno sviluppo residenziale (zona C3). La Corte ha cassato la decisione precedente, che non aveva correttamente valutato l'efficacia modificativa dell'accordo di programma, e ha rinviato la causa per una nuova valutazione del valore del terreno.
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Acquisizione sanante: l’accettazione è irrevocabile
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'accettazione dell'indennità offerta dalla Pubblica Amministrazione nell'ambito di una procedura di acquisizione sanante (ex art. 42-bis d.P.R. 327/2001) è irrevocabile. Di conseguenza, il privato che accetta la somma non può successivamente contestarne l'importo, anche se ritiene che sia stato calcolato in modo errato. La Corte ha applicato per analogia il principio di irrevocabilità previsto per le espropriazioni ordinarie, ritenendolo un principio generale volto a garantire la certezza dei rapporti giuridici e a favorire la conclusione consensuale dei procedimenti.
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Indennità di occupazione: termini per l’impugnazione
Un proprietario, dopo aver accettato l'indennità di esproprio, ha contestato il calcolo della separata indennità di occupazione. La Corte di Cassazione ha confermato l'inammissibilità del ricorso perché presentato oltre il termine perentorio di 30 giorni. La Corte ha stabilito che, in caso di accettazione dell'indennità principale, il termine per contestare quella di occupazione decorre dalla comunicazione della sua liquidazione da parte dell'ente, rendendo tardiva l'azione del proprietario.
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Procedura espropriativa: illecito su zona bianca
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un complesso caso di procedura espropriativa per la realizzazione di un'opera pubblica. La controversia nasce dalla decadenza di un vincolo urbanistico, che ha trasformato i terreni in 'zona bianca', priva di specifica destinazione. Nonostante ciò, una società e gli enti pubblici coinvolti hanno proceduto con l'occupazione e la trasformazione dei suoli. La Corte ha confermato l'illegittimità della procedura espropriativa, in quanto non è stato seguito l'iter corretto previsto per le aree senza destinazione urbanistica. Ha inoltre stabilito la responsabilità solidale tra l'ente titolare del potere espropriativo e la società che ha materialmente realizzato l'opera, condannandoli al risarcimento dei danni in favore dei proprietari terrieri.
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Maggior danno: calcolo e decorrenza annuale
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, interviene su un lungo contenzioso tra alcuni cittadini e un Comune per un'occupazione illegittima. Il punto centrale è il calcolo del maggior danno sull'indennità per l'occupazione legittima. La Corte stabilisce che tale danno, così come gli interessi, non va calcolato dalla fine del periodo di occupazione, ma deve essere computato su base annuale, poiché il diritto all'indennizzo matura anno per anno. Viene invece respinta la richiesta di un risarcimento basato su un tasso di interesse del 21% derivante da prestiti bancari, poiché non è stato provato il nesso causale diretto.
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Indennità di occupazione: fino a quando è dovuta?
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società proprietaria di terreni espropriati. La società contestava il mancato indennizzo per dei terreni residui e la metodologia di calcolo dell'indennità di occupazione. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l'indennità di occupazione è dovuta solo fino alla data del deposito dell'indennità di esproprio, momento in cui la proprietà del bene viene trasferita all'ente espropriante, e non fino alla sua effettiva corresponsione al proprietario.
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Litisconsorzio necessario: tutti i comproprietari
In una causa per indennità di espropriazione, la Corte di Cassazione ha emesso un'ordinanza interlocutoria per sanare un difetto procedurale. È stato rilevato che non tutti i comproprietari del terreno espropriato erano stati correttamente inclusi nel giudizio di appello. In applicazione del principio del litisconsorzio necessario, che caratterizza questi procedimenti, la Corte ha ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti della parte mancante, rinviando la causa per consentire la corretta costituzione del rapporto processuale.
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Termine lungo impugnazione: Cassazione e tardività
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una società contro un'amministrazione provinciale in una causa di espropriazione. La decisione si fonda sulla tardività del ricorso, presentato oltre il termine lungo di impugnazione di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di secondo grado. Questo caso sottolinea l'importanza cruciale del rispetto dei termini processuali.
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Azione di simulazione: l’interesse del creditore
Una curatela fallimentare agiva contro gli ex amministratori per mala gestio e per la simulazione di una vendita immobiliare. La Cassazione ha confermato l'inammissibilità del ricorso, chiarendo le regole procedurali sull'impugnazione delle sentenze di incompetenza. Nel merito, ha ribadito che il creditore ha pieno interesse a promuovere un'azione di simulazione per far dichiarare fittizio un atto di vendita che pregiudica le sue ragioni, anche se il credito non è ancora stato accertato con sentenza definitiva.
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Azione Revocatoria: vendita al figlio è inefficace?
Un imprenditore, prima del suo fallimento, vende la nuda proprietà di un immobile al figlio e costituisce il diritto di abitazione a favore della moglie. Il curatore fallimentare agisce con un'azione revocatoria per rendere inefficace l'atto. La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, dichiarando inammissibile il ricorso della famiglia. La sentenza chiarisce che l'atto ha di fatto pregiudicato i creditori e che la consapevolezza della frode da parte dei familiari acquirenti può essere provata anche tramite presunzioni, come lo stretto legame di parentela e la vicinanza temporale con il fallimento.
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Azione revocatoria: vendita tra coniugi e pregiudizio
Una donna, poi dichiarata fallita, vende l'unica sua proprietà immobiliare al marito a un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato. Il Fallimento agisce con un'azione revocatoria per rendere inefficace la vendita. La Corte di Cassazione conferma la decisione, stabilendo che l'azione revocatoria è ammissibile anche se l'immobile è gravato da ipoteca. Il pregiudizio per i creditori (eventus damni) si valuta in prospettiva, poiché la vendita rende più incerta la soddisfazione dei crediti.
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Azione revocatoria: vendita e debiti del venditore
Una coppia acquista un immobile da un venditore che successivamente fallisce. La curatela fallimentare agisce con successo tramite un'azione revocatoria per rendere inefficace la vendita. Gli acquirenti ricorrono in Cassazione, sostenendo che la vendita era esente poiché il prezzo era destinato a saldare debiti del venditore. La Suprema Corte rigetta il ricorso, statuendo che l'esenzione dall'azione revocatoria è un'eccezione che deve essere sollevata tempestivamente in giudizio, cosa che gli acquirenti non hanno fatto, rendendo la loro difesa inammissibile.
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Acquisizione sanante: quando è valido il provvedimento
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di alcuni proprietari terrieri che chiedevano un'indennità per l'occupazione di loro suoli da parte di un Comune. La Corte ha stabilito che l'azione per ottenere l'indennizzo derivante da un'acquisizione sanante è inammissibile se non è preceduta da un valido provvedimento formale. Tale provvedimento, per legge, deve essere emesso esclusivamente dal Consiglio Comunale e non da altri organi come la Giunta o gli uffici tecnici, i cui atti non sono sufficienti a perfezionare la procedura di acquisizione.
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Simulazione assoluta e fallimento: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso degli acquirenti di alcuni immobili, confermando la sentenza d'appello che aveva dichiarato la simulazione assoluta dei contratti di vendita. Una società edile, poco prima di fallire, aveva venduto diverse proprietà a parenti e affini. Il curatore fallimentare ha agito in giudizio sostenendo che le vendite fossero fittizie, mirate a sottrarre i beni alla massa dei creditori. La Suprema Corte ha ribadito che il curatore, agendo come terzo, può provare la simulazione tramite presunzioni gravi, precise e concordanti (come la mancanza di prova del pagamento, i legami familiari e la tempistica sospetta), e che la dichiarazione di avvenuto pagamento nel rogito notarile non è vincolante nei suoi confronti.
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Compensazione spese legali: quando è insindacabile?
Un gruppo di cittadini ha impugnato la decisione di una Corte d'Appello di disporre la totale compensazione delle spese legali in una controversia di lunga data con un ente comunale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione del giudice di merito sulla compensazione per 'giusti motivi' costituisce un potere discrezionale non sindacabile in sede di legittimità, a condizione che le spese non vengano addebitate alla parte interamente vittoriosa.
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Azione revocatoria: la prova della malafede basta
Il curatore fallimentare ha esercitato un'azione revocatoria contro la cessione di un ramo d'azienda. L'azione è stata estesa agli acquirenti successivi degli immobili compresi nel ramo. La Corte di Cassazione ha confermato che, per rendere inefficace l'acquisto dei subacquirenti, è sufficiente che il curatore provi la loro malafede (la consapevolezza delle difficoltà finanziarie del venditore originario), senza dover dimostrare tutti i presupposti di un'autonoma azione revocatoria ordinaria nei loro confronti.
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Atto a titolo gratuito: la Cassazione e la causa concreta
La Cassazione conferma l'inefficacia di una compravendita immobiliare, qualificandola come atto a titolo gratuito. La società venditrice, poi fallita, aveva ricevuto come prezzo un credito inesigibile verso una società insolvente. La Corte ha stabilito che la valutazione deve basarsi sulla causa concreta dell'operazione, non sulla sua forma, rendendo l'atto inefficace verso i creditori.
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Notifica PEC invalida: quando è nulla la citazione?
La Corte di Cassazione ha stabilito che una notifica PEC è invalida se l'indirizzo email non è ufficialmente riconducibile al destinatario nei pubblici elenchi. In un caso riguardante un condominio, la Corte ha annullato una decisione di inammissibilità dell'appello, poiché la notifica della sentenza di primo grado, che faceva decorrere il termine breve per impugnare, era stata effettuata a un indirizzo PEC errato. Questa notifica PEC invalida ha impedito la decorrenza del termine, rendendo tempestivo l'appello. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per un nuovo esame.
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