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Diritto Immobiliare

Azione revocatoria: ricorso inammissibile in Cassazione
Un creditore ha agito con un'azione revocatoria contro la vendita di un immobile da un padre debitore alla figlia, sostenendo che l'atto fosse lesivo del suo credito. Dopo che sia il Tribunale che la Corte d'Appello hanno respinto la domanda, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del creditore inammissibile. La decisione si fonda su diversi vizi procedurali del ricorso, tra cui l'applicazione del principio della "doppia sentenza conforme" che limita il riesame dei fatti, e la carenza di specificità dei motivi di impugnazione.
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Interesse ad agire: quando si può chiedere la nullità
Una socia di un'immobiliare impugnava per nullità un atto di assegnazione di immobili a cui lei stessa aveva partecipato. La Corte d'Appello negava il suo interesse ad agire, non avendo provato un danno concreto. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo un principio fondamentale: chi è parte di un contratto ha sempre l'interesse ad agire per chiederne la nullità, a differenza dei terzi che devono invece dimostrare un pregiudizio specifico. La causa è stata rinviata alla Corte d'Appello per un nuovo esame.
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Azione Revocatoria: quando sorge il credito?
Un imprenditore, dopo aver personalmente garantito un finanziamento aziendale con una fideiussione, vende i suoi principali beni immobili alla madre e alla compagna. Quando la società assicuratrice che ha concesso la garanzia è chiamata a pagare, agisce in revocatoria contro le vendite. La Corte di Cassazione conferma l'azione revocatoria, stabilendo che il credito del garante sorge al momento della concessione della fideiussione, non quando il pagamento viene richiesto. Le vendite, successive a tale momento, sono state quindi correttamente revocate data la consapevolezza del debitore e dei suoi familiari del potenziale danno al creditore.
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Specificità motivi ricorso: inammissibilità e oneri
Una società edile ha visto il suo ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile a causa della mancata specificità dei motivi. L'ordinanza sottolinea come, ai sensi dell'art. 366 c.p.c., il ricorrente abbia l'onere di indicare puntualmente le norme violate e le parti della sentenza impugnata, senza poter delegare tale compito alla Corte. Il caso di specie riguardava un'azione revocatoria prescritta nei gradi di merito.
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Azione revocatoria: ricorso inammissibile in Cassazione
La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza che aveva accolto un'azione revocatoria. La vendita di un immobile tra familiari era stata resa inefficace nei confronti di un creditore (un fallimento). Il ricorso è stato respinto per difetto di specificità, non avendo il ricorrente trascritto gli atti e i documenti essenziali a sostegno delle proprie tesi.
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Improcedibilità del ricorso: l’onere del deposito
Un ex amministratore di condominio ha presentato ricorso in Cassazione per ottenere il pagamento di compensi e anticipazioni. La Corte Suprema ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso perché il ricorrente, pur avendo dichiarato che la sentenza d'appello gli era stata notificata, ha omesso di depositare la relativa prova di notificazione. Questa omissione ha impedito al giudice di verificare la tempestività dell'impugnazione secondo il termine breve, rendendo il ricorso inammissibile.
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Azione pauliana: il credito deve essere valido
Un professionista ha intentato un'azione pauliana per revocare la vendita di un immobile, sostenendo che l'atto ledeva il suo diritto a una provvigione e al risarcimento dei danni. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che, non essendo il professionista iscritto all'albo dei mediatori, non aveva diritto ad alcuna provvigione. Di conseguenza, mancava il presupposto fondamentale per l'azione pauliana: un credito certo ed esigibile da tutelare. Anche la pretesa risarcitoria è stata ritenuta infondata, in quanto derivante dalla perdita di una provvigione mai sorta.
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Improcedibilità del ricorso: errore fatale in Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato l'improcedibilità del ricorso in una causa condominiale a causa di un vizio formale. I ricorrenti, condannati in appello per abusi edilizi, non hanno depositato la relazione di notificazione della sentenza impugnata entro i termini di legge. La Suprema Corte ha ribadito la perentorietà di tale adempimento, respingendo il ricorso senza esaminarne il merito e condannando i ricorrenti al pagamento delle spese.
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Credito in prededuzione: l’utilità per la massa
Un Comune ha richiesto l'ammissione in prededuzione di un credito verso una società immobiliare fallita, relativo a opere di urbanizzazione non completate. La Corte di Cassazione, annullando la decisione del tribunale, ha stabilito che per riconoscere un credito in prededuzione non rileva la prevedibilità del fallimento al momento in cui l'obbligo è sorto. Il criterio decisivo è la funzionalità dell'obbligazione a conservare o incrementare il valore del patrimonio aziendale a beneficio della massa dei creditori, valutazione che spetta al giudice di merito.
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Azione revocatoria: notifica e onere della prova
Una creditrice ha intentato un'azione revocatoria contro l'ex-coniuge e una società acquirente per rendere inefficace una vendita immobiliare. Le questioni principali hanno riguardato la validità della notifica alla società e la sua qualifica giuridica. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I motivi di ricorso sono stati ritenuti inammissibili in quanto miravano a un riesame dei fatti, ribadendo i principi del litisconsorzio necessario nell'azione pauliana.
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Muro di cinta: quando non rispetta le distanze legali
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un proprietario che lamentava la violazione delle distanze legali da parte del vicino per la sopraelevazione di un muro. La Corte ha confermato che, se il manufatto ha la funzione di recinzione (muro di cinta) e un'altezza inferiore a tre metri, non è soggetto alle norme sulle distanze tra costruzioni, anche se non è completamente isolato. La decisione si basa sulla valutazione funzionale del muro, privilegiando lo scopo di demarcazione della proprietà rispetto ad altri criteri formali.
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Estinzione del giudizio: la rinuncia chiude il caso
Una società ha promosso un ricorso in Cassazione dopo aver perso in primo e secondo grado in una causa immobiliare relativa a una servitù di veduta. Prima della decisione finale, le parti hanno raggiunto un accordo, con la ricorrente che ha rinunciato al ricorso e la controparte che ha accettato la rinuncia. La Corte di Cassazione, applicando gli articoli 390 e 391 del codice di procedura civile, ha dichiarato l'estinzione del giudizio, senza pronunciarsi sulle spese, ponendo fine alla controversia.
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Azione Revocatoria Fondo Patrimoniale: la decisione
La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un'azione revocatoria su un fondo patrimoniale costituito da un debitore durante un contenzioso. Secondo l'ordinanza, per agire in revocatoria è sufficiente una semplice "ragione o aspettativa di credito", non essendo necessario un credito già accertato, liquido ed esigibile. La consapevolezza del potenziale pregiudizio per il creditore (scientia damni) è sufficiente a giustificare l'inefficacia dell'atto dispositivo, anche se il debitore è convinto delle proprie ragioni nel merito della causa.
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Giudicato esterno: quando sollevare l’eccezione
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso basato sull'eccezione di giudicato esterno, poiché sollevata per la prima volta in sede di legittimità. Il caso riguardava un'azione revocatoria su compravendite immobiliari. La Corte ha stabilito che se il giudicato si forma durante il giudizio di merito, l'eccezione deve essere proposta in quella sede e non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione, in quanto costituirebbe un'inammissibile questione nuova.
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Risoluzione del contratto: il giudice non può agire d’ufficio
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di risoluzione del contratto preliminare di compravendita immobiliare. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: a seguito della risoluzione del contratto, il giudice non può ordinare d'ufficio la restituzione delle prestazioni già eseguite, come l'acconto versato. Tale provvedimento richiede una specifica domanda della parte interessata. La vicenda vedeva un promissario acquirente rifiutarsi di stipulare il definitivo per vizi dell'immobile, e la società venditrice chiedere la risoluzione. La Cassazione ha confermato la risoluzione per inadempimento del compratore, giudicando i vizi non abbastanza gravi da giustificare il suo rifiuto, ma ha cassato la sentenza d'appello nella parte in cui aveva disposto d'ufficio la restituzione dell'acconto e la compensazione tra i debiti delle parti.
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Spese accessorie vendita: chi paga le maggiori imposte?
In un caso di compravendita immobiliare, la Corte di Cassazione ha stabilito che le maggiori imposte e sanzioni derivanti da un accertamento fiscale successivo alla vendita costituiscono spese accessorie che, per legge, sono a carico dell'acquirente. Di conseguenza, il venditore che ha saldato il debito con il Fisco ha pieno diritto di regresso per l'intera somma nei confronti del compratore, confermando un principio consolidato in materia di ripartizione degli oneri fiscali.
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Litisconsorzio necessario: moglie parte del fondo
Una creditrice agisce in revocatoria contro un padre per un immobile trasferito al figlio. L'immobile proveniva da un fondo patrimoniale costituito con la moglie. La Cassazione annulla tutto: la moglie è litisconsorzio necessario e doveva essere inclusa nel processo sin dall'inizio, poiché la sua volontà è stata determinante per l'atto di disposizione.
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Azione revocatoria: prova della scientia damni
La Corte di Cassazione si pronuncia su un'azione revocatoria, confermando che la consapevolezza del terzo di arrecare pregiudizio al creditore (scientia damni) può essere provata tramite presunzioni, come i rapporti di parentela. Viene inoltre ribadito che il cessionario di un credito subentra negli effetti dell'azione revocatoria già intrapresa dal creditore originario. La Corte rigetta sia il ricorso principale della società beneficiaria dell'atto dispositivo, sia quello incidentale dei debitori, che contestavano l'esistenza del credito e la legittimazione del nuovo creditore.
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Partecipatio fraudis: prova e vincoli di parentela
La Corte di Cassazione conferma la revoca di una vendita immobiliare tra un debitore e una società amministrata da un suo parente. Si stabilisce che la prova della 'partecipatio fraudis', cioè la consapevolezza dell'acquirente di danneggiare i creditori, può essere raggiunta attraverso un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti, tra cui il legame di parentela. La Corte chiarisce anche che il nuovo creditore, a seguito di una cessione, acquisisce automaticamente il diritto di proseguire l'azione revocatoria iniziata dal cedente. L'ordinanza rigetta sia il ricorso principale dell'acquirente che quello incidentale del debitore.
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Azione revocatoria: donazione con ipoteca si può?
Una debitrice dona un immobile ipotecato alla figlia. Un suo creditore agisce con un'azione revocatoria per rendere inefficace la donazione. Mentre i giudici di merito respingono la richiesta, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso. La Suprema Corte stabilisce che la presenza di un'ipoteca non esclude il pregiudizio per il creditore (eventus damni), essendo sufficiente che l'atto renda più incerta o difficile la riscossione del credito. Per la consapevolezza del danno (scientia damni), basta che il debitore sia a conoscenza del proprio debito al momento della donazione.
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