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Diritto Immobiliare

Rivendicazione: la prova diabolica della proprietà
In una causa di vicinato per l'occupazione di un terreno, la Corte di Cassazione cassa la decisione di merito. Si riafferma il principio della "probatio diabolica": chi agisce in azione di rivendicazione deve fornire la prova rigorosa della proprietà, risalendo a un acquisto a titolo originario, non essendo sufficiente il solo atto di compravendita se il titolo è contestato. La Corte sottolinea anche la necessità di valutare l'accessione del possesso ai fini dell'usucapione e di pronunciarsi su tutte le eccezioni procedurali sollevate.
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Servitù di passaggio: quando ottenerla per la casa
La Corte di Cassazione ha confermato la possibilità di costituire una servitù di passaggio coattiva a favore di un'abitazione che, pur avendo un accesso pedonale, necessita di un accesso carrabile. La decisione si basa sul principio che creare un accesso alternativo comporterebbe un costo sproporzionato rispetto al valore dell'immobile. La Corte ha esteso l'applicazione dell'art. 1052 c.c. per tutelare le moderne esigenze abitative, superando la vecchia visione legata solo a necessità agricole o industriali.
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Diritto di abitazione e IMU: quando il coniuge non paga
La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto di abitazione del coniuge superstite non si costituisce se l'immobile adibito a residenza familiare era in comproprietà tra il defunto e terzi (in questo caso, i figli di primo letto). Di conseguenza, il coniuge superstite non è soggetto passivo IMU. L'imposta grava interamente sui comproprietari, che si erano rivolti al giudice per ottenerne un rimborso parziale, vedendo però la loro richiesta definitivamente respinta.
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Servitù coattiva: quando si estingue il passaggio?
Una recente ordinanza della Cassazione chiarisce la distinzione tra servitù volontaria e servitù coattiva. Il caso riguardava un diritto di passaggio costituito per contratto su un fondo, a seguito di un frazionamento che aveva reso intercluso un'altra porzione. La Corte ha stabilito che, anche se pattuita contrattualmente, la servitù ha natura coattiva se sussistono i presupposti di legge (interclusione) e si estingue quando questi vengono meno, ad esempio con la creazione di un nuovo accesso alla via pubblica.
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Inadempimento contratto preliminare: quando è grave?
La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di inadempimento di un contratto preliminare per la vendita di quote di una società immobiliare. La promissaria acquirente si era rifiutata di stipulare il definitivo, lamentando vari inadempimenti della controparte, tra cui la mancata cancellazione di un'ipoteca. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei giudici di merito. È stato stabilito che l'inadempimento più grave, tale da giustificare il recesso della parte venditrice e la ritenzione della caparra, era quello della parte acquirente, che si era rifiutata di pagare la quasi totalità del prezzo a fronte di presunte mancanze della controparte ritenute di scarsa rilevanza.
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Azione revocatoria: quando la vendita è inefficace
Una banca agisce in giudizio con un'azione revocatoria contro una coppia che aveva venduto la propria casa familiare, per tutelare un credito vantato nei confronti della moglie. La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, respingendo il ricorso del marito. L'ordinanza ribadisce che la valutazione delle prove presuntive rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità, se non in caso di illogicità manifesta.
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Dicatio ad patriam: quando una strada privata è pubblica
Una società immobiliare ha citato in giudizio un Comune per l'utilizzo di una strada privata, chiedendo un risarcimento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che sulla strada si era costituita una servitù di uso pubblico tramite 'dicatio ad patriam'. Questo istituto si configura quando il proprietario, con un comportamento volontario e in modo continuativo, mette un'area a disposizione della collettività, destinandola a uso pubblico, come avvenuto nel caso di specie durante una lottizzazione.
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IMU casa coniugale: chi paga per l’area edificabile?
La Corte di Cassazione ha stabilito che l'assegnazione giudiziale della casa coniugale a un ex coniuge non esonera automaticamente l'altro dal pagamento dell'IMU su un'area edificabile adiacente, se non viene fornita una prova specifica che anche tale area fosse inclusa nell'assegnazione. In questo caso, relativo a una richiesta di pagamento IMU, il ricorso del contribuente è stato respinto perché la sentenza di separazione menzionava l'assegnazione della villa "nella sua interezza" in modo generico, senza riferimenti catastali idonei a includere con certezza l'area tassata. La Corte ha ribadito che l'onere di fornire tale prova spetta al contribuente.
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Detenzione immobile: quando non scatta l’usucapione
La Corte di Cassazione ha chiarito che la consegna di un bene a seguito di un contratto preliminare di compravendita configura una mera detenzione immobile e non un possesso utile ai fini dell'usucapione. Nel caso specifico, un promissario acquirente, immesso nel godimento dell'immobile prima del rogito (poi non stipulato), non ha potuto usucapire il bene, poiché la sua relazione con la cosa era qualificata come detenzione in nome altrui. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che, in assenza di un atto di 'interversione', il detentore non può trasformare la sua condizione in possesso e, di conseguenza, non può acquisire la proprietà per usucapione.
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Opere su suolo altrui: la Cassazione sulla demolizione
Una società edile costruiva su un terreno basandosi su un contratto preliminare, pur essendo a conoscenza di una disputa sulla proprietà dello stesso. Una volta accertati giudizialmente i legittimi proprietari, questi hanno chiesto la demolizione. La Corte di Cassazione ha confermato l'ordine di rimozione delle opere su suolo altrui, negando la buona fede della società costruttrice in quanto consapevole del contenzioso esistente.
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Distanze legali: il giudice deve applicare le norme locali
In una controversia edilizia sulle distanze legali, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale: il giudice ha il dovere di acquisire e applicare d'ufficio i regolamenti edilizi locali. La Corte ha cassato la sentenza d'appello che aveva erroneamente qualificato un intervento come 'nuova costruzione' senza un'adeguata verifica della normativa comunale, che avrebbe potuto consentire deroghe. La causa è stata rinviata per un nuovo esame che tenga conto delle specifiche norme tecniche locali.
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Servitù di veduta: Cassazione su distanze e spese
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso di violazione della servitù di veduta a causa di una nuova costruzione. La Corte ha confermato che il diritto di veduta può essere acquisito per usucapione e che la sua esistenza è una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità. Il punto cruciale della decisione, però, riguarda le spese legali: la Cassazione ha annullato la sentenza d'appello perché, pur avendo parzialmente riformato la decisione di primo grado, non aveva ricalcolato le spese processuali. Viene ribadito il principio secondo cui il giudice d'appello deve sempre procedere a una nuova regolamentazione delle spese dell'intero giudizio in caso di modifica, anche parziale, della sentenza impugnata.
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Confine tra fondi: il frazionamento più antico vince
In una disputa sul confine tra fondi, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale: per determinare la linea esatta tra due proprietà originariamente unite, si deve fare riferimento al tipo di frazionamento allegato al primo atto di acquisto che le ha separate. La Corte ha cassato la sentenza d'appello che aveva erroneamente basato la sua decisione su un frazionamento più recente, senza verificare quale fosse il titolo originario. Inoltre, ha censurato la motivazione della corte territoriale sulla distanza degli alberi, ritenendola 'apparente' e quindi nulla.
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Nuova costruzione e distanze: la Cassazione decide
La Corte di Cassazione ha stabilito che una ristrutturazione che modifica la sagoma e l'altezza di un edificio deve essere considerata a tutti gli effetti una nuova costruzione. Di conseguenza, deve rispettare le distanze minime legali dai confini e dagli altri fabbricati. La controversia nasceva dalla modifica di un garage, il cui tetto era stato trasformato da piano a spiovente con un conseguente aumento di altezza. La Corte d'Appello aveva escluso che si trattasse di nuova costruzione, ma la Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che qualsiasi alterazione della conformazione planivolumetrica e del profilo estetico-architettonico qualifica l'opera come nuova, imponendo l'applicazione delle norme sulle distanze.
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Distanze legali vedute: veranda e diritto di affaccio
La Corte di Cassazione ha chiarito che la costruzione di una veranda, pur interessando parti comuni dell'edificio, non può violare il diritto di veduta in appiombo del proprietario dell'appartamento superiore. La Corte ha cassato la sentenza d'appello che aveva erroneamente applicato le norme sull'uso della cosa comune (art. 1102 c.c.) invece di quelle specifiche a tutela delle distanze legali vedute (art. 907 c.c.), affermando la prevalenza della protezione del diritto di affaccio.
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Azione Revocatoria: prova della conoscenza del danno
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una moglie contro la sentenza che aveva dichiarato inefficace l'acquisto della quota immobiliare del marito-debitore. La decisione conferma che la conoscenza del pregiudizio ai creditori (scientia damni), elemento chiave dell'azione revocatoria, può essere provata tramite un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti, quali la rapidità dell'operazione, la mancata prova del pagamento e la contestuale costituzione di un fondo patrimoniale.
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Inammissibilità ricorso cassazione: requisiti e limiti
La Corte di Cassazione dichiara l'inammissibilità del ricorso di un debitore contro una sentenza di revocatoria. La decisione si fonda su vizi formali del ricorso e sull'applicazione del principio della "doppia conforme", che preclude l'esame nel merito quando le sentenze di primo e secondo grado sono concordi. Il caso verteva sulla vendita della nuda proprietà di un immobile a un familiare, ritenuta lesiva delle ragioni del creditore, l'Agenzia delle Entrate Riscossione.
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Usucapione distanza illegale: quando inizia il termine?
Una proprietaria viene citata in giudizio per una costruzione realizzata a distanza inferiore a quella legale. La Corte di Cassazione, accogliendo il suo ricorso, chiarisce un principio fondamentale sull'usucapione distanza illegale: il termine ventennale per acquisire il diritto non inizia con i lavori, ma solo quando l'opera, nei suoi elementi strutturali essenziali, rende palese e inequivocabile la violazione a danno del vicino. La sentenza di merito è stata cassata per non aver verificato se la realizzazione di alcuni pilastri fosse già sufficiente a tal fine.
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Scientia damni: un indizio non basta per la revocatoria
Un creditore agisce in revocatoria contro una compravendita immobiliare. La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 10925/2025, stabilisce che per dimostrare la 'scientia damni' (consapevolezza del danno) dell'acquirente non è sufficiente basarsi su un singolo indizio, come la mera conoscibilità di iscrizioni pregiudizievoli tramite i registri pubblici. La prova presuntiva richiede elementi gravi, precisi e concordanti, non un'unica inferenza non univoca.
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Provvigione mediatore: no se l’affare è diverso
Una società di mediazione mette in contatto due aziende per la locazione di un immobile. La trattativa fallisce. Mesi dopo, le stesse aziende concludono un affare diverso (affitto di ramo d'azienda) con l'aiuto di un secondo mediatore. La Corte d'Appello di Firenze nega la provvigione mediatore al primo agente, ritenendo interrotto il nesso causale tra la sua attività e la conclusione dell'accordo finale, data la sostanziale diversità dell'operazione.
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