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Diritto Fallimentare

Sovraindebitamento: l’obbligo di trasparenza bancaria
In una procedura di sovraindebitamento, il Tribunale di Torino ha ordinato a un debitore di fornire la documentazione completa di tutti i rapporti bancari degli ultimi 5 anni, specialmente quello di accredito dello stipendio. La mancata trasparenza iniziale aveva impedito la corretta valutazione della condizione di crisi. Il giudice ha fissato termini per l'integrazione documentale sia per il debitore che per l'Organismo di Composizione della Crisi (OCC).
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Liquidazione controllata: la quota per il sostentamento
Il Tribunale di Torino, su ricorso di un creditore, ha aperto la procedura di liquidazione controllata del patrimonio di un debitore in stato di sovraindebitamento. La sentenza stabilisce la quota di reddito mensile, pari a 1.233 euro, che il debitore può trattenere per il sostentamento del proprio nucleo familiare, escludendola dalla massa da liquidare. Questa decisione si basa su un'attenta valutazione dei redditi e delle necessità della famiglia, bilanciando i diritti dei creditori con il diritto a una vita dignitosa del debitore.
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Liquidazione giudiziale: quando si apre la procedura?
Un creditore ha richiesto la liquidazione giudiziale di una società debitrice per un credito non saldato. Il Tribunale, constatata l'assenza della società in giudizio e analizzando una serie di indizi come l'omesso deposito dei bilanci, l'esistenza di debiti fiscali e previdenziali e la chiusura della sede operativa, ha accolto il ricorso. La sentenza ha dichiarato lo stato di insolvenza e aperto la procedura di liquidazione giudiziale, nominando gli organi preposti.
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Liquidazione giudiziale: requisiti e apertura procedura
Il Tribunale di Torino ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale per una società, su ricorso di un creditore. La decisione è basata sulla sussistenza di un conclamato stato di insolvenza, dimostrato da un ingente debito scaduto verso il ricorrente, debiti tributari e previdenziali significativi, e l'incapacità dell'impresa di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni. La sentenza nomina gli organi della procedura e stabilisce le scadenze per i creditori.
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Omologa concordato preventivo: il no del Tribunale
Una società ha richiesto l'omologa di un concordato preventivo in continuità aziendale nonostante il voto contrario di diverse classi di creditori. Il Tribunale di Torino ha respinto l'istanza, evidenziando due criticità insuperabili: la manifesta irrealizzabilità del piano economico-finanziario, basato su proiezioni smentite dai dati reali, e la violazione della regola della priorità assoluta (Absolute Priority Rule). La proposta, infatti, prevedeva la soddisfazione di creditori di rango inferiore prima di quelli privilegiati, contravvenendo a un principio cardine della procedura.
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Relazione del debitore: i requisiti del Tribunale
Il Tribunale di Torino, in un'ordinanza relativa a una procedura di sovraindebitamento, ha concesso a un ricorrente un termine di 20 giorni per integrare la documentazione. Il giudice ha ritenuto la relazione del debitore carente su punti fondamentali: mancata indicazione di tutti i rapporti bancari e degli estratti conto, assenza di un'analisi sulle cause originarie del debito e sulla diligenza del debitore, e un'attestazione immotivata riguardo le spese di mantenimento e la valutazione di un immobile in comproprietà. Il provvedimento sottolinea la necessità di una relazione completa e trasparente per poter accedere ai benefici di legge.
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Cessione del credito: nullo se l’oggetto è incerto
Un'acquirente si oppone a un decreto ingiuntivo sostenendo di aver estinto il debito con una cessione del credito. Il Tribunale rigetta l'opposizione, dichiarando nulla la cessione del credito per indeterminatezza dell'oggetto, poiché il contratto non specificava il credito ceduto, confermando l'obbligo di pagamento.
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Obblighi informativi: la revoca per grave violazione
Il Tribunale di Torino ha concesso a un'impresa un termine per presentare una proposta di soluzione alla crisi, imponendo precisi obblighi informativi mensili. A seguito del mancato rispetto di tali obblighi per due scadenze consecutive, il Tribunale ha assegnato un termine perentorio all'impresa per fornire giustificazioni, riservandosi di revocare il provvedimento originario a causa della grave violazione riscontrata.
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Liquidazione giudiziale: i presupposti per l’apertura
Il Tribunale di Torino ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale per un'impresa individuale. La decisione si basa sulla presenza di un debito scaduto superiore a €30.000, sull'incapacità dell'imprenditore di dimostrare il possesso dei requisiti per essere considerato 'impresa minore' e sulla conclamata situazione di insolvenza, manifestata dall'impossibilità di far fronte regolarmente ai propri pagamenti. Questa sentenza chiarisce i presupposti fondamentali per l'avvio della procedura di liquidazione giudiziale.
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Impugnazione lodo arbitrale e ordine pubblico: i limiti
Una sentenza della Corte d'Appello di Roma stabilisce i limiti dell'impugnazione lodo arbitrale per contrarietà all'ordine pubblico. Il caso riguardava un appello contro un lodo che aveva dichiarato un credito prescritto. La Corte ha ritenuto l'appello inammissibile, specificando che le norme sulla prescrizione attengono all'ordine pubblico 'interno' e la loro violazione non giustifica l'annullamento del lodo, riservato a violazioni di principi fondamentali ('ordine pubblico internazionale').
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Responsabilità amministratore: se l’assemblea approva
Un socio e una curatela fallimentare citano in giudizio un ex amministratore per presunta mala gestio, ma la Corte d'Appello respinge le accuse. La sentenza chiarisce che la responsabilità amministratore è esclusa quando le sue azioni, anche se potenzialmente discutibili, sono state preventivamente autorizzate da specifiche delibere dell'assemblea dei soci. Il provvedimento è stato riformato solo sulla ripartizione delle spese legali, confermando nel merito la correttezza dell'operato dell'amministratore.
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Inammissibilità appello: motivi e conseguenze
La Corte d'Appello dichiara l'inammissibilità dell'appello proposto da un promittente venditore contro la sentenza che lo condannava a restituire una somma a una curatela fallimentare. La decisione si fonda su vizi procedurali, come la riproposizione di eccezioni già respinte in sede cautelare e la genericità dei motivi di gravame. La Corte ha inoltre condannato l'appellante per lite temeraria, evidenziando la manifesta infondatezza delle sue censure.
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Bilancio inattendibile: onere della prova del debitore
Una società impugna la sentenza di liquidazione giudiziale presentando bilanci approvati tardivamente. La Corte d'Appello rigetta il reclamo, giudicando il bilancio inattendibile e inidoneo a provare la non fallibilità. La sentenza riafferma che l'onere della prova spetta al debitore, il quale deve fornire documentazione credibile e tempestiva per dimostrare di essere al di sotto delle soglie dimensionali previste dalla legge.
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Contributi editoria: bilancio certificato è tassativo
La Corte d'Appello di Roma ha negato i contributi editoria alla curatela fallimentare di una società editrice, stabilendo che il requisito della certificazione dell'intero bilancio d'esercizio da parte di una società di revisione è tassativo e non ammette deroghe. L'impossibilità di adempiere a tale obbligo, causata dalla dichiarazione di fallimento, non costituisce una valida esimente per accedere ai fondi pubblici.
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Fallimento società incorporata: è possibile? Analisi
Una società è stata posta in liquidazione giudiziale nonostante fosse stata precedentemente cancellata dal registro delle imprese a seguito di una fusione per incorporazione in un'altra società. La Corte d'Appello ha respinto il reclamo del suo ex legale rappresentante, stabilendo un principio chiave: in tema di fallimento, la norma speciale che consente di dichiarare fallita un'impresa entro un anno dalla sua cancellazione (art. 10 L.Fall.) prevale sulla regola generale del diritto societario che decreta l'estinzione della società incorporata. Pertanto, la procedura è stata correttamente instaurata nei confronti della società originaria, anche se legalmente estinta, per tutelare i creditori.
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Cessazione materia del contendere: la rinuncia del creditore
Una curatela fallimentare agiva contro un istituto di credito per recuperare una somma che la banca aveva incassato prima del fallimento, ma che poi, per errore, non aveva detratto dalla propria richiesta di insinuazione al passivo. La banca e la società cessionaria del credito, pur eccependo l'inammissibilità della domanda, hanno dichiarato in giudizio di accettare la riduzione del credito ammesso. Il Tribunale ha quindi dichiarato la cessazione della materia del contendere, ritenendo che la rinuncia della banca a far valere il maggior credito avesse eliminato l'oggetto della disputa.
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Liquidazione giudiziale: quando si apre la procedura?
Una società di ristorazione, impossibilitata a pagare canoni di locazione per oltre 78.000 € e con debiti fiscali superiori a 90.000 €, è stata sottoposta a liquidazione giudiziale dal Tribunale di Pescara. Il giudice ha riscontrato un palese stato di insolvenza, poiché la società debitrice non ha adempiuto alle proprie obbligazioni né ha fornito prove della propria stabilità finanziaria, accogliendo il ricorso della società creditrice.
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Clausola risolutiva espressa: Guida alla sentenza
Una sentenza del Tribunale di Pescara ha dichiarato la risoluzione di un contratto di locazione a causa dell'attivazione di una clausola risolutiva espressa. Il conduttore, che si era impegnato a partecipare all'asta per l'acquisto dell'immobile locato, non ha presentato l'offerta. Il giudice ha accolto la domanda della parte locatrice (una curatela fallimentare), condannando il conduttore al pagamento di una penale di 260.000 euro, pari alla differenza tra il prezzo d'asta minimo pattuito e quello di successiva aggiudicazione, oltre a un ulteriore risarcimento per la ritardata riconsegna dell'immobile.
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Scioglimento contratto preliminare fallimento: guida
La sentenza analizza il caso dello scioglimento di un contratto preliminare di compravendita immobiliare a seguito del fallimento del promissario acquirente. Il Tribunale ha confermato il diritto del curatore fallimentare, ai sensi dell'art. 72 della Legge Fallimentare, di recedere dal contratto. Di conseguenza, ha ordinato alla società promittente venditrice, rimasta contumace, la restituzione integrale della caparra confirmatoria di 160.000 euro, in quanto il recesso del curatore fa venir meno la causa del contratto e, quindi, il diritto a trattenere la somma.
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Titolo esecutivo fallimento: quando è valido?
Una società si opponeva a un'esecuzione forzata, sostenendo che la sentenza di condanna a suo carico fosse stata annullata da una successiva decisione d'appello che aveva dichiarato l'improcedibilità a causa del suo fallimento. Il Tribunale ha respinto l'opposizione, chiarendo che il titolo esecutivo fallimento rimane valido. La declaratoria di improcedibilità dell'appello, limitata alla fase concorsuale, non sostituisce né annulla la condanna di primo grado, che torna a essere pienamente efficace e azionabile una volta che il debitore è tornato 'in bonis'.
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