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Diritto Fallimentare

Misure protettive: la conferma nel concordato
Il Tribunale di Sondrio ha confermato le misure protettive richieste da una società nell'ambito di una procedura di concordato semplificato. Il decreto chiarisce che le misure sono efficaci dalla data di pubblicazione della domanda nel Registro delle Imprese e che il giudice deve confermarle o revocarle entro 30 giorni. La durata è stata fissata in 125 giorni, calcolando il periodo residuo rispetto ai 12 mesi massimi, avendo la società già usufruito di 240 giorni di protezione in una precedente procedura.
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Colpa grave: No all’esdebitazione per debiti
La richiesta di cancellazione dei debiti (esdebitazione) di un consumatore è stata respinta per colpa grave. La Corte d'Appello ha confermato la decisione, ritenendo che il debitore avesse agito con negligenza grave accumulando sistematicamente debiti sproporzionati rispetto al proprio reddito e, soprattutto, utilizzando parte dei fondi per ristrutturare un immobile di proprietà del padre. Questa condotta è stata considerata un ostacolo al beneficio della cancellazione del debito.
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Omologa concordato minore: quando va revocata?
La Corte d'Appello ha revocato l'omologa di un concordato minore perché il piano di rientro del debito era stato modificato in modo sostanziale senza essere sottoposto a una nuova votazione da parte dei creditori. La decisione sottolinea che qualsiasi modifica significativa, come l'aumento del debito totale e l'allungamento dei tempi di pagamento, richiede un nuovo consenso, a tutela del principio del contraddittorio e dei diritti del ceto creditorio.
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Eccessiva durata del processo: risarcimento di 2.400€
La Corte di Appello di Cagliari ha condannato il Ministero a risarcire due creditori per l'eccessiva durata del processo fallimentare in cui erano coinvolti. La procedura, durata oltre 12 anni, ha superato di 6 anni il termine ragionevole. La Corte ha liquidato un indennizzo di €2.400 per ciascun ricorrente, basato su un importo di €400 per ogni anno di ritardo, oltre agli interessi e alle spese legali.
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Liquidazione giudiziale: impegno del socio insufficiente
Il Tribunale di Trento dichiara la liquidazione giudiziale di una società in stato di insolvenza, accertata da un C.T.U. per oltre 1,4 milioni di euro. La corte ha ritenuto irrilevante sia il trasferimento della sede legale avvenuto dopo la domanda, sia l'impegno del socio a finanziare la società, poiché non elimina lo stato di insolvenza e non rientra negli strumenti alternativi di soluzione della crisi previsti dalla legge.
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Liquidazione giudiziale: quando si apre la procedura?
Il Tribunale di Trento ha disposto l'apertura della liquidazione giudiziale nei confronti di una società, respingendo le sue eccezioni. La società debitrice sosteneva di non essere soggetta alla procedura in quanto 'impresa minore' e contestava la legittimità del credito. Il Tribunale ha affermato che la legittimazione del creditore era incontestabile, poiché basata su un decreto ingiuntivo definitivo. Inoltre, la società debitrice non ha fornito la prova di possedere congiuntamente tutti i requisiti per essere considerata 'impresa minore'. Infine, lo stato di insolvenza è stato confermato da numerosi debiti non pagati verso il ricorrente, l'erario e altri fornitori, superando ampiamente la soglia di legge.
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Liquidazione giudiziale: quando la crisi è insolvenza
Una società in liquidazione giudiziale ha impugnato la sentenza, sostenendo di trovarsi in una crisi temporanea e non in uno stato di insolvenza, a causa di ritardi nell'incasso di crediti fiscali. La Corte d'Appello ha respinto il reclamo, confermando l'insolvenza irreversibile sulla base di prove schiaccianti: debiti ingenti, patrimonio netto negativo, paralisi operativa e l'impossibilità di liquidare gli asset vantati. La Corte ha sottolineato che l'insolvenza consiste nell'incapacità di adempiere regolarmente alle obbligazioni, un dato che va oltre il semplice confronto contabile tra attivi e passivi.
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Equa riparazione: indennizzo ridotto sotto il minimo
Una società si opponeva a un decreto che liquidava un'equa riparazione per la durata irragionevole di una procedura fallimentare in misura inferiore ai minimi di legge. La Corte d'Appello di Firenze ha respinto l'opposizione, stabilendo che il giudice può ridurre l'indennizzo al di sotto delle soglie standard previste dalla Legge Pinto. La decisione si basa su una valutazione equitativa che considera la natura del credito, il suo valore modesto e, soprattutto, la scarsissima aspettativa di recupero, ritenendo che tali fattori riducano il danno non patrimoniale (patema d'animo) subito dal creditore.
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Equa riparazione: risarcimento per ritardi nel fallimento
Un creditore in una procedura fallimentare durata oltre 10 anni ha ottenuto un'equa riparazione dalla Corte d'Appello di Firenze. La corte ha riconosciuto un indennizzo di 1.680 euro per un ritardo irragionevole di 4 anni, stabilendo che il calcolo del ritardo decorre dalla data di presentazione della domanda di insinuazione al passivo.
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Onere della prova liquidazione giudiziale: chi deve?
Una società ha impugnato la sentenza di apertura della sua liquidazione giudiziale, sostenendo di essere al di sotto delle soglie di legge e di vantare un credito significativo. La Corte d'Appello ha respinto il reclamo, affermando che l'onere della prova nella liquidazione giudiziale spetta all'imprenditore, specialmente in assenza di bilanci depositati. I documenti alternativi prodotti dalla stessa società, uniti all'ammissione di non poter pagare un debito esecutivo, hanno confermato uno stato di insolvenza conclamato, rendendo inevitabile la conferma della liquidazione.
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Equa riparazione: risarcimento per processo troppo lungo
Una società creditrice ha ottenuto un'equa riparazione per l'eccessiva durata di una procedura fallimentare. La Corte d'Appello ha riconosciuto che una durata di oltre 8 anni superava il limite ragionevole di 6 anni, liquidando un risarcimento di 800 euro per il ritardo di 2 anni. La Corte ha calcolato il danno sulla base di 400 euro per ogni anno di ritardo irragionevole, condannando il Ministero competente al pagamento.
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Sovraindebitamento: l’obbligo di trasparenza bancaria
In una procedura di sovraindebitamento, il Tribunale di Torino ha ordinato a un debitore di fornire la documentazione completa di tutti i rapporti bancari degli ultimi 5 anni, specialmente quello di accredito dello stipendio. La mancata trasparenza iniziale aveva impedito la corretta valutazione della condizione di crisi. Il giudice ha fissato termini per l'integrazione documentale sia per il debitore che per l'Organismo di Composizione della Crisi (OCC).
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Liquidazione controllata: la quota per il sostentamento
Il Tribunale di Torino, su ricorso di un creditore, ha aperto la procedura di liquidazione controllata del patrimonio di un debitore in stato di sovraindebitamento. La sentenza stabilisce la quota di reddito mensile, pari a 1.233 euro, che il debitore può trattenere per il sostentamento del proprio nucleo familiare, escludendola dalla massa da liquidare. Questa decisione si basa su un'attenta valutazione dei redditi e delle necessità della famiglia, bilanciando i diritti dei creditori con il diritto a una vita dignitosa del debitore.
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Liquidazione giudiziale: quando si apre la procedura?
Un creditore ha richiesto la liquidazione giudiziale di una società debitrice per un credito non saldato. Il Tribunale, constatata l'assenza della società in giudizio e analizzando una serie di indizi come l'omesso deposito dei bilanci, l'esistenza di debiti fiscali e previdenziali e la chiusura della sede operativa, ha accolto il ricorso. La sentenza ha dichiarato lo stato di insolvenza e aperto la procedura di liquidazione giudiziale, nominando gli organi preposti.
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Liquidazione giudiziale: requisiti e apertura procedura
Il Tribunale di Torino ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale per una società, su ricorso di un creditore. La decisione è basata sulla sussistenza di un conclamato stato di insolvenza, dimostrato da un ingente debito scaduto verso il ricorrente, debiti tributari e previdenziali significativi, e l'incapacità dell'impresa di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni. La sentenza nomina gli organi della procedura e stabilisce le scadenze per i creditori.
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Omologa concordato preventivo: il no del Tribunale
Una società ha richiesto l'omologa di un concordato preventivo in continuità aziendale nonostante il voto contrario di diverse classi di creditori. Il Tribunale di Torino ha respinto l'istanza, evidenziando due criticità insuperabili: la manifesta irrealizzabilità del piano economico-finanziario, basato su proiezioni smentite dai dati reali, e la violazione della regola della priorità assoluta (Absolute Priority Rule). La proposta, infatti, prevedeva la soddisfazione di creditori di rango inferiore prima di quelli privilegiati, contravvenendo a un principio cardine della procedura.
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Relazione del debitore: i requisiti del Tribunale
Il Tribunale di Torino, in un'ordinanza relativa a una procedura di sovraindebitamento, ha concesso a un ricorrente un termine di 20 giorni per integrare la documentazione. Il giudice ha ritenuto la relazione del debitore carente su punti fondamentali: mancata indicazione di tutti i rapporti bancari e degli estratti conto, assenza di un'analisi sulle cause originarie del debito e sulla diligenza del debitore, e un'attestazione immotivata riguardo le spese di mantenimento e la valutazione di un immobile in comproprietà. Il provvedimento sottolinea la necessità di una relazione completa e trasparente per poter accedere ai benefici di legge.
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Cessione del credito: nullo se l’oggetto è incerto
Un'acquirente si oppone a un decreto ingiuntivo sostenendo di aver estinto il debito con una cessione del credito. Il Tribunale rigetta l'opposizione, dichiarando nulla la cessione del credito per indeterminatezza dell'oggetto, poiché il contratto non specificava il credito ceduto, confermando l'obbligo di pagamento.
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Obblighi informativi: la revoca per grave violazione
Il Tribunale di Torino ha concesso a un'impresa un termine per presentare una proposta di soluzione alla crisi, imponendo precisi obblighi informativi mensili. A seguito del mancato rispetto di tali obblighi per due scadenze consecutive, il Tribunale ha assegnato un termine perentorio all'impresa per fornire giustificazioni, riservandosi di revocare il provvedimento originario a causa della grave violazione riscontrata.
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Liquidazione giudiziale: i presupposti per l’apertura
Il Tribunale di Torino ha dichiarato l'apertura della liquidazione giudiziale per un'impresa individuale. La decisione si basa sulla presenza di un debito scaduto superiore a €30.000, sull'incapacità dell'imprenditore di dimostrare il possesso dei requisiti per essere considerato 'impresa minore' e sulla conclamata situazione di insolvenza, manifestata dall'impossibilità di far fronte regolarmente ai propri pagamenti. Questa sentenza chiarisce i presupposti fondamentali per l'avvio della procedura di liquidazione giudiziale.
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