Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9546 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9546 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
R.G.N. 281/19
C.C. 27/3/2024
Vendita -Nullità -Ripetizione indebito oggettivo -Risarcimento danni sul ricorso (iscritto al NNUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, nel cui studio in Salerno, INDIRIZZO, hanno eletto domicilio;
-ricorrenti –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi, giusta procura a margine del controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-controricorrenti – avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 1549/2018, pubblicata l’11 ottobre 2018, notificata il 22 e 30 ottobre 2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse dei controricorrenti, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione notificato il 10 gennaio 1996, COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano, davanti al Tribunale di Salerno, COGNOME NOME al fine di sentire pronunciare la riduzione del prezzo corrisposto per l’acquisto della porzione di fabbricato sito in Montecorvino Pugliano, località INDIRIZZO Tecla, INDIRIZZO, oltre al risarcimento dei danni, per le difformità e i vizi da cui l’immobile era affetto.
Con successivo atto di citazione notificato il 15 settembre 1999, i medesimi coniugi COGNOME convenivano, sempre dinanzi al Tribunale di Salerno, INDIRIZZO, chiedendo che fosse dichiarata la nullità ex art. 40 della legge n. 47/1985 della vendita della già richiamata porzione di fabbricato, di cui all’atto pubblico del 5 maggio 1995, ovvero che fosse pronunciata la sua risoluzione per inadempimento dell’alienante, oltre alla restituzione della somma corrisposta a titolo di prezzo, pari a vecchie lire 180.000.000, e al risarcimento dei danni per gli esborsi sostenuti, pari a lire 4.400.000 a titolo di IVA sull’acquisto, lire 8.500.000 a titolo di opere aggiuntive eseguite dal COGNOME, lire 450.000 per l’installazione dell’autoclave, lire 150.000 per le spese relative ai documenti e certificati catastali richiesti e ottenuti, lire 4.000.000 per le spese notarili, lire
1.500.000 per le spese di accensione del mutuo, lire 45.517.908 per gli interessi passivi maturati sulle rate di mutuo corrisposte, lire 772.000 per le spese di allacciamento RAGIONE_SOCIALE, lire 75.000 per l’allacciamento RAGIONE_SOCIALE all’autoclave e lire 1.903.000 per le spese di pagamento dell’ICI.
Si costituiva in entrambi i giudizi COGNOME NOME, il quale contestava le domande avversarie, eccependo, nel primo giudizio, l’intervenuta decadenza e prescrizione dell’azione di garanzia per i vizi e, nel secondo giudizio, l’inadempimento degli acquirenti all’obbligazione di pagamento del residuo prezzo dovuto nella misura di vecchie lire 20.000.000, che essi si erano impegnati a corrispondere successivamente all’approvazione della domanda di condono, di cui avevano dunque conoscenza, con l’impegno altresì assunto a richiedere il rilascio del certificato di abitabilità.
I procedimenti erano riuniti e, all’esito, erano assunte le prove orali ammesse ed erano espletate una consulenza tecnica d’ufficio in materia grafologica ed una consulenza tecnica d’ufficio volta a verificare le difformità edilizie dell’immobile e a quantificare i danni.
Nel corso del giudizio la causa era interrotta all’esito della dichiarazione di decesso del convenuto e il giudizio era proseguito verso gli eredi COGNOME NOME e COGNOME NOME, che rimaneva contumace.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 2456/2010, depositata il 17 dicembre 2010, dichiarava la nullità dell’atto di vendita dell’immobile e condannava RAGIONE_SOCIALE NOME e RAGIONE_SOCIALE NOME al pagamento, in favore degli attori, della somma di vecchie lire 114.400.000, pari ad euro 59.082,66, oltre interessi dal 5
maggio 1995 al soddisfo, a titolo di restituzione degli importi corrisposti, e di vecchie lire 76.567.908, pari ad euro 39.544,02, oltre rivalutazione ed interessi, a titolo risarcitorio.
2. -Con atto di citazione notificato il 24 e 25 maggio 2011, proponevano appello avverso la sentenza di primo grado COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali lamentavano: 1) l’ingiusta o erronea valutazione del danno subito dagli attori, non parametrato al valore attuale del bene, come determinato dal consulente tecnico d’ufficio, con la conseguente limitazione della riparazione al solo interesse negativo; 2) l’erronea determinazione delle somme dovute a titolo restitutorio, alla luce della documentazione giustificativa prodotta, per un totale di euro 95.234,65, a cui dovevano essere aggiunti gli interessi passivi del mutuo.
Concludevano, dunque: a ) in via principale, per la parziale riforma della sentenza impugnata, con l’attribuzione del risarcimento dei danni nella misura di euro 300.000,00, pari al costo necessario per l’acquisto di un immobile assimilabile a quello compravenduto, secondo la stima compiuta in sede di indagini tecniche, oltre alle spese per il trasferimento immobiliare (notarili e di registro) in misura non inferiore ad euro 20.000,00; b ) o, in subordine, per la condanna degli appellati alla restituzione dell’intero prezzo pagato, pari ad euro 95.234,65, oltre al rimborso delle spese, dei pagamenti e dei miglioramenti effettuati in conseguenza della vendita, degli interessi passivi per il mutuo fondiario contratto e dell’ICI corrisposta, per un totale di euro 52.712,81, oltre rivalutazione e interessi.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione RAGIONE_SOCIALE NOME, il quale chiedeva che l’appello fosse disatteso, considerato, peraltro, che gli appellanti avevano comunque beneficiato dell’immobile senza corrispondere alcunché a titolo di indennizzo per la sua occupazione.
Rimaneva contumace nel giudizio d’appello COGNOME NOME.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Salerno, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento, in favore di COGNOME NOME NOME COGNOME NOME, a titolo restitutorio, dell’ulteriore somma (oltre a quella già disposta con la sentenza di primo grado, pari ad euro 59.082,66) di euro 36.227,45, oltre interessi legali dalla data del rogito dichiarato nullo fino al soddisfo, nonché, a titolo risarcitorio, della complessiva somma di euro 230.957,42, da devalutare sino al 5 maggio 1995 e da rivalutare poi da tale data sino all’attualità, con gli interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che erroneamente la restituzione era stata limitata alle sole somme menzionate nel rogito e fiscalizzate dal cedente, non tenendo conto delle ulteriori somme versate dagli acquirenti e debitamente documentate per un ulteriore complessivo importo di euro 36.227,45; b ) che erroneamente, quanto al risarcimento dei danni, il Tribunale aveva escluso la riparabilità dell’interesse positivo, poiché, trattandosi di illecito contrattuale, il pregiudizio subito dal danneggiato doveva essere integralmente reintegrato in
conseguenza del comportamento antigiuridico dell’alienante; c ) che, pertanto, spettava agli acquirenti, a titolo risarcitorio, la somma individuata dal consulente tecnico d’ufficio quale prezzo occorrente per l’acquisto di immobile avente caratteristiche analoghe a quello rivelatosi incommerciabile, pari ad euro 300.000,00, al netto però degli importi liquidati a titolo restitutorio, pari ad euro 95.312,12, dovendo ritenersi dunque che la somma così individuata di euro 204.608,88 ricomprendesse ogni voce di danno invocata dagli attori, relativa ai miglioramenti e ai pagamenti effettuati per il godimento funzionale dell’immobile; d ) che doveva altresì essere riconosciuta agli attori, sempre a titolo di risarcimento danni, la liquidazione dell’importo di euro 2.065,82, corrispondente al valore delle spese notarili relative alla stipula dell’atto nullo, anch’esse documentate; e ) che, invece, non potevano essere riconosciute le spese occorrenti per il futuro acquisto immobiliare, quelle relative al pagamento dell ‘ICI, quelle inerenti al pagamento degli interessi passivi ulteriori maturati rispetto alle rate di mutuo successive a luglio 1999 per assenza di documentazione giustificativa; f ) che, in conseguenza, poteva essere riconosciuto solo l’importo di vecchie lire 1.500.000 per le spese di accensione del mutuo e l’importo di vecchie lire 45.517.908 per gli interessi passivi sulle rate di mutuo corrisposte fino al pagamento della rata di luglio 1999, il tutto per complessivi euro 24.282,72; g ) che, dunque, il complessivo importo dovuto a titolo di riparazione del danno ammontava ad euro 230.957,42 calcolato all’attualità, che avrebbe dovuto essere devalutato fino al momento del rogito e rivalutato da tale momento sino
all’attualità, applicando gli interessi compensativi sulla somma rivalutata anno per anno.
-Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Hanno resistito, con controricorso, gli intimati COGNOME NOME e COGNOME NOME.
4. -I controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 1338 c.c., per avere la Corte di merito -da un lato -disposto la restituzione alla parte acquirente degli importi relativi al prezzo pagato, integrando sul punto la statuizione già contenuta in parte qua nella sentenza di prime cure, unitamente agli interessi legali, e -dall’altro attribuito, a titolo di risarcimento danni connessi all’illecito contrattuale commesso, l’importo di euro 300.000,00, individuato dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata nel corso del procedimento di prime cure per l’acquisto di un immobile avente caratteristiche analoghe a quello rivelatosi incommerciabile, nonché gli esborsi connessi alle spese notarili e agli interessi passivi sul mutuo stipulato dagli acquirenti.
Attraverso questa operazione contabile, secondo gli istanti, sarebbero stati violati i principi in tema di risarcimento del danno che può discendere dalla conclusione di un negozio giuridico nullo, con la conseguente duplicazione, in sostanza, del
risarcimento liquidato alla parte acquirente e con indubbio vantaggio economico procurato in loro favore.
2. -Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., con il conseguente difetto di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per avere la Corte territoriale, nel liquidare gli importi indicati a titolo restitutorio e risarcitorio, superato i limiti delle richieste avanzate dagli appellanti.
Infatti, obiettano gli istanti che tali appellanti, nel formulare le conclusioni nell’atto di citazione introduttivo del gravame, avevano richiesto -in via principale -la condanna al pagamento del complessivo importo di euro 300.000,00, oltre le spese di trasferimento immobiliare per euro 20.000,00, e -in via subordinata -la condanna alla restituzione del complessivo importo di euro 95.234,65, oltre all’importo di euro 52.712,81 a titolo di risarcimento danni.
Per converso, la sentenza impugnata aveva disposto la condanna degli eredi dell’alienante al pagamento del complessivo importo di euro 95.312,12, a titolo restitutorio, e del complessivo importo di euro 230.957,42, a titolo risarcitorio.
3. -Con il terzo motivo i ricorrenti contestano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226 e 1241 c.c., per avere la Corte distrettuale omesso di considerare che, nelle more, gli acquirenti avevano goduto degli immobili oggetto del negozio nullo e ciò per circa vent’anni.
Sicché osservano gli istanti che il giudice di merito avrebbe dovuto tenere conto di tale disponibilità ai fini della
quantificazione complessiva del danno, da cui avrebbe dovuto essere detratto l’importo monetizzato corrispondente al vantaggio derivato dall’esecuzione del negozio nullo.
4. -É pregiudiziale la disamina del secondo motivo.
La censura è fondata.
Infatti, nelle conclusioni rassegnate nell’atto introduttivo dell’appello, gli appellanti avevano richiesto: a ) in via principale, l’attribuzione del risarcimento dei danni nella misura complessiva di euro 300.000,00, pari al costo necessario per l’acquisto di un immobile analogo a quello compravenduto, secondo la stima compiuta in sede di indagini tecniche, oltre alle spese per il trasferimento immobiliare (notarili e di registro) in misura non inferiore ad euro 20.000,00; b ) o, in subordine, la condanna degli appellati alla restituzione dell’intero prezzo pagato, pari ad euro 95.234,65, oltre al rimborso delle spese, dei pagamenti e dei miglioramenti effettuati in conseguenza della vendita, degli interessi passivi per il mutuo fondiario contratto e dell’ICI corrisposta, per un totale di euro 52.712,81, oltre rivalutazione e interessi.
Tali importi sono stati formulati non già a titolo indicativo, ma all’esito di un conteggio espressamente evocato sulla scorta delle voci debitamente menzionate.
Non è stata, dunque, richiesta una somma a titolo orientativo, ma è stata prospettata una specifica quantificazione del dovuto, senza alcun rinvio alla diversa determinazione giudiziale ovvero a criteri di giustizia ed equità.
Né rileva il fatto che le conclusioni rassegnate nel giudizio di prime cure demandassero al giudice la quantificazione
dell’eventuale diverso (maggiore o minore) importo ritenuto di giustizia, stante che il giudice del gravame doveva confrontarsi con le perentorie conclusioni esposte dagli appellanti nel giudizio di impugnazione, conclusioni nelle quali il rinvio alla maggiore o minore somma reputata di giustizia non è stato esplicitato, essendovi, per contro, una precisa emarginazione quantitativa del dovuto, anche all’esito della svolta consulenza tecnica d’ufficio.
Solo ove fosse stato fatto rinvio alla diversa determinazione giudiziale si sarebbe potuta ingenerare la ragionevole incertezza della parte sull’ammontare del danno effettivamente da liquidarsi, allo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all’ammontare della somma determinata che fosse stata indicata nelle conclusioni specifiche (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 35302 del 30/11/2022; Sez. 3, Sentenza n. 22330 del 26/09/2017; Sez. 3, Sentenza n. 12724 del 21/06/2016; Sez. 3, Sentenza n. 7272 del 11/05/2012; Sez. 2, Sentenza n. 6350 del 16/03/2010; Sez. 3, Sentenza n. 2641 del 08/02/2006; Sez. 3, Sentenza n. 1324 del 24/01/2006; Sez. 3, Sentenza n. 4727 del 30/08/1984).
Per contro, la pronuncia impugnata, nell’accogliere l’appello, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha condannato COGNOME NOME e COGNOME NOME al pagamento, in favore di COGNOME NOME NOME COGNOME NOME, a titolo restitutorio, dell’ulteriore somma (oltre a quella già disposta con la sentenza di primo grado, pari ad euro 59.082,66) di euro 36.227,45 (per un totale di euro 95.310,11), oltre interessi legali dalla data del rogito dichiarato nullo fino al soddisfo, nonché, a titolo risarcitorio,
della complessiva somma di euro 230.957,42, da devalutare sino al 5 maggio 1995 e da rivalutare poi da tale data sino all’attualità, con gli interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno.
Cosicché, nella specie, ha trovato accoglimento la richiesta spiegata in via subordinata, non avendo il giudice del gravame dato seguito alla richiesta principale di limitazione della tutela alla sola riparazione del danno, in base al valore commerciale di un immobile avente le stesse qualità di quello oggetto del negozio dichiarato nullo.
Orbene, la condanna disposta a titolo di risarcimento dei danni -in aggiunta alla disposta ripetizione dell’indebito oggettivo è andata ben oltre (travalicandola) la soglia fissata nell’appello spiegato dagli acquirenti, di euro 52.712,81, oltre rivalutazione e interessi (come da articolazioni esposte in via subordinata).
Ne discende che è stato integrato il denunciato error in procedendo per vizio di extra-petizione.
Ora, nel giudizio di risarcimento del danno costituisce violazione della regola della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c., il prescindere dalla precisa e argomentata quantificazione formulata dalla parte in ordine a ciascuna delle puntuali voci di danno oggetto della domanda (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12159 del 07/05/2021; Sez. L, Sentenza n. 25690 del 11/10/2019; Sez. L, Sentenza n. 16450 del 27/09/2012; Sez. 3, Sentenza n. 2078 del 13/02/2002).
5. -In conseguenza delle considerazioni esposte, il secondo motivo del ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, mentre i rimanenti motivi sono assorbiti.
La sentenza impugnata va dunque cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi all’enunciato principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo motivo del ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda