Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9282 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9282 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9872/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 2572/2021 depositata il 18/10/2021.
Lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME NOME COGNOME conveniva in giudizio il Comune di Venezia, contestando la revoca dei contributi erogatile, ai sensi della L. n. 798/1984, per l’acquisto della prima casa da destinare ad abitazione, in base a un bando approvato con delibera n. 133/1999, e per il restauro dello stesso immobile, sito in INDIRIZZO, Venezia, sulla base di bandi approvati con delibere n.73/2002 e 183/2003, cui si riferivano atti unilaterali d’obbligo del 26.3.2004 e 12.4.2006. La revoca è stata argomentata per avere avviato un’attività di RAGIONE_SOCIALE non consentita, essendosi la COGNOME impegnata a destinare l’immobile ad uso abitativo proprio, del coniuge o parenti stretti.
Il Tribunale di Venezia ha rigettato la domanda, rilevando la legittimità del provvedimento di revoca del contributo.
La sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Venezia con sentenza del 18.10.2021, avverso la quale la COGNOME ha proposto ricorso, resistito dal Comune di Venezia con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.
Il Procuratore Generale ha presentato requisitoria scritta concludendo per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente ha formulato sei motivi: il primo, deducente la violazione dell’art. 11 L. n. 798/1984, per avere la sentenza
impugnata interpretato in senso estensivo gli obblighi dei beneficiari di contributi pubblici per l’acquisto e la ristrutturazione di immobili nella città di Venezia, facendovi rientrare anche l’obbligo di non utilizzare l’immobile per l’attività economica di RAGIONE_SOCIALE, nonostante un simile divieto non fosse previsto nel bando del 1999; il secondo, deducente la violazione della L. n. 798/1984, in collegamento con l’art. 27 L.R. n. 11/2013, e degli artt. 41 Cost. e 2659, comma 1, n. 2, e 2665 c.c., per avere la Corte di merito avallato l’interpretazione della citata legge del 1984 nel senso che la realizzazione di un BRAGIONE_SOCIALE esclude la permanenza del requisito della residenza del beneficiario nell’immobile, in assenza di una esplicita previsione legale; il terzo, deducente violazione di legge, per avere il giudice di merito operato una interpretazione della L. n. 798/1984 contrastante con i diritti costituzionalmente tutelati, riferibili agli artt. 13, 16, 35, 41 e 42 Costituzione, ed estensiva degli obblighi del beneficiario; il quarto, deducente violazione degli artt. 2 e 21 -quinquies e nonies L. n. 241/1990, 1 L. n. 689/1981, 25 co. 2, 97, 117, comma 1, Costituzione, 6 e 7 Cedu, e dei principi in tema di tassatività e determinatezza della fattispecie sanzionatoria, per non avere considerato che il Comune di Venezia aveva adottato un provvedimento di revoca sanzionatoria mediante una rivalutazione del portato precettivo della norma che non subordina l’erogazione e il permanere del beneficio all’obbligo di non realizzare un RAGIONE_SOCIALE e per non avere indagato sull’elemento soggettivo del dolo o della colpa del beneficiario; il quinto, deducente violazione degli artt. 1418 c.c., 21 -septies L. n. 241/1990 e 31, co. 4, c.p.a., per non avere la sentenza impugnata rilevato la nullità del bando e degli atti negoziali attuativi per violazione di norma imperativa, ai sensi dell’art. 11, comma 7, L. n. 798/1984 (‘ogni patto contrario ai precedenti obblighi è nullo’) e per avere applicato una penale contrattuale (del 30%) illegittima e sproporzionata; il sesto, denunciante omesso esame di fatto
decisivo e violazione dell’art. 1384 c.c., essendo illegittimo il lucro ottenuto dal Comune mediante l’applicazione della sanzione risarcitoria contrattuale del 30%.
I suddetti motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.
La Corte veneziana ha argomentato la decisione impugnata evidenziando il contenuto degli atti unilaterali d’obbligo – che obbligavano il contraente «a destinare l’immobile ad uso abitativo proprio, del coniuge o di parenti in linea retta e/o collaterale entro il secondo grado» – e, con riferimento al contributo per il restauro, anche il loro collegamento con i bandi approvati nel 2003 e 2004 che escludevano dal contributo gli immobili utilizzati «come alberghi – pensioni – affittacamere – foresteria – ecc.» e, quindi, anche come RAGIONE_SOCIALE, per l’assegnazione dei fondi stanziati per gli interventi di restauro e risanamento del patrimonio immobiliare privato ubicato nel centro storico e nelle isole del Comune di Venezia, ai sensi della L. n. 698/1984 (artt. 6 e 11). Il bando costituisce lex specialis informativa della interpretazione dell’atto d’obbligo (o della convenzione), entrambi attuativi della L. n. 798/1984 cui può farsi risalire la previsione di incompatibilità dell’esercizio dell’attività di RAGIONE_SOCIALE con la tipologia di contributo erogato, con l’effetto di renderne giustificata la revoca in base a un principio generale immanente al sistema delle erogazioni pubbliche. La Corte d’appello ha efficacemente replicato all’argomento difensivo, di tipo sistematico, secondo cui la destinazione ad uso abitativo proprio del titolare sarebbe compatibile, secondo la L.R. n. 11/2013, con l’esercizio dell’attività di RAGIONE_SOCIALE, non comportando la necessità di mutare la destinazione d’uso dell’immobile, evidenziando (la Corte) l’incompatibilità dello scopo dell’attribuzione del beneficio con lo svolgimento dell’attività turistica, cioè per «l’alloggio di turisti del tutto estranei al nucleo familiare».
Non è invero rilevante che il percettore risieda nell’immobile (in una o più stanze) o che l’attività di RAGIONE_SOCIALE possa essere astrattamente compatibile con la residenza o abitazione nell’immobile da parte del percettore del contributo (cfr. anche l’art. 25, comma 4, L.R. Veneto n. 33/2002). Tale compatibilità deve essere valutata con riferimento alla legge attributiva del beneficio ed è da escludere quando l’attività di RAGIONE_SOCIALE sia vietata dalla legge del bando o comunque contraria all’impegno assunto di destinare l’immobile ad uso abitativo proprio o di parenti stretti, coerentemente con lo scopo legale del beneficio di favorire l’acquisto della prima casa e la residenzialità nella città di Venezia.
Deve pertanto escludersi un contrasto tra gli atti d’obbligo e i bandi -di cui si paventa la nullità -e la L. n. 798/1984 attributiva del beneficio. Il Comune di Venezia ha esercitato legittimamente il potere di fissare le condizioni previste dalla stessa legge per l’erogazione del contributo a sostegno della residenzialità in quella città. Le doglianze riguardanti l’esercizio asseritamente illegittimo del potere sanzionatorio del Comune sono fuori bersaglio, essendo le obbligazioni che ne sono scaturite a carico della percettrice una conseguenza del difetto funzionale della causa della erogazione che la obbliga a «restituire al comune (…) il contributo ricevuto (…)», com’è previsto nel caso in cui «non rispetti gli obblighi assunti o intenda liberarsene» (art. 11, comma 7, L. del 1984).
La questione della entità o eccessività della penale applicata dal Comune di Venezia rientra nel potere valutativo del giudice di merito, il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità, tranne che negli aspetti relativi alla motivazione ( ex plurimis , Cass. n. 23750/2018) non specificamente attinti nei motivi di ricorso, ove le doglianze proposte riguardano profili di insufficienza motivazionale estranei all’ambito applicativo del mezzo proposto.
In conclusione, condividendosi le conclusioni del Procuratore Generale, il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in € 4000,00, di cui € 200,00 per esborsi.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del dPR n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 07/03/2024.