Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11262 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11262 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 7052-2023 r.g. proposto da:
AVV_NOTAIO (c.f. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, in virtù di procura speciale in calce al ricorso dal l’ AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE –RAGIONE_SOCIALE esecutori in RAGIONE_SOCIALE, in persona dei Commissari Liquidatori AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, AVV_NOTAIO NOME COGNOME e AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dal l’ AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO , ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO.
contro
ricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Roma emesso in data 20 febbraio 2023, pubblicato in data 22 febbraio 2023, comunicato alle parti in data 22 febbraio 2023; udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 27/02/2024
dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
1. Con ricorso ex artt. 208 e 98 l. fall., depositato in data 19 maggio 2010, il AVV_NOTAIO proponeva opposizione avverso lo stato passivo RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE (‘RAGIONE_SOCIALE‘), chiedendone la modifica nella parte in cui non era stato amm esso il suo credito professionale, derivante dall’attività stragiudiziale e giudiziale resa in favore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE nel procedimento relativo alla dichiarazione di estinzione RAGIONE_SOCIALE‘Ente da parte RAGIONE_SOCIALEa Prefettura di Roma, RAGIONE_SOCIALE, per u n importo complessivo pari a € 1.593.339,45, oltre interessi, CPA e IVA.
2. Il ricorrente deduceva in particolare che: (i) aveva ricevuto incarico di RAGIONE_SOCIALEre l’RAGIONE_SOCIALE, in virtù di mandato RAGIONE_SOCIALE’11 marzo 2009 , sottoscritto dal Presidente e legale rappresentante, il maestro NOME COGNOME, nel procedimento per la dichiarazione di estinzione RAGIONE_SOCIALE‘Ente promosso dalla Prefettura di Roma; (ii) con decreto del 30 aprile 2009, il Prefetto di Roma dichiarava l’estinzione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE per l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi legali e statutari RAGIONE_SOCIALE‘Ente; (iii) era stato incaricato dal maestro COGNOME, nella qualità di Presidente e legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, giusta apposita procura alle liti, di impugnare il provvedimento prefettizio con ricorso innanzi al TAR del Lazio, chiedendo in via cautelare la sospensione RAGIONE_SOCIALEo stesso; (iv) il TAR del Lazio aveva accolto l’istanza cautelare con ordinanza n. 2296/2009; (v) l’RAGIONE_SOCIALE tornava dunque provvisoriamente in vita e, con verbale del 28 maggio 2009, il consiglio di amministrazione ratificava tutti gli incarichi affidati all’AVV_NOTAIO e svolti dal medesimo nell’interesse RAGIONE_SOCIALE‘Ente; (vi) il Prefetto di Roma riesaminava il suo precedente provvedimento del 30 aprile 2009, confermando, con decreto del 28 maggio 2009, l’estinzione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE; (vii) il maestro COGNOME, quale legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, chiedeva al TAR del Lazio, sempre con il suo patrocinio, l’annullamento, previa
sospensione, anche del provvedimento prefettizio del 28 maggio 2009; (viii) con decreto inaudita altera parte n. 2479/2009, poi confermato con ordinanza n. 2476/2009, il TAR del Lazio accoglieva l’istanza cautelare, sospendendo il provvedimento prefettizio; (ix) avverso l’ordinanza cautelare n. 2476/2009 il RAGIONE_SOCIALE, la Prefettura di Roma e il RAGIONE_SOCIALE proponevano appello dinanzi al Consiglio di Stato; (x) in data 6 luglio 2009, il Consiglio di amministrazione de ll’RAGIONE_SOCIALE, a fronte del risultato conseguito dinanzi al TAR, deliberava di conferirgli l’incarico anche per il giudizio di impugnazione dinanzi al Consiglio di Stato ; (xi) con ordinanza n. 3530/2009, il Consiglio di Stato accoglieva l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE, la Prefettura di Roma e il RAGIONE_SOCIALE, riformava l’ordinanza impugnata e respingeva l’istanza cautelare proposta in primo grado; (xii) proseguiva dunque il giudizio di merito dinanzi al TAR Lazio per l’a nnullamento del provvedimento del Prefetto di Roma del 28 maggio 2009 e dopo varie udienze il TAR dichiarava il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse a persistere nella coltivazione del ricorso originariamente intentato, attesa la pubblicazione nella G.U. n.180 del 30.4.2010, del d.l. n.64/2010, che all’art.7 prevedeva l’istituzione del Nuovo RAGIONE_SOCIALE, quale ente già dotato di personalità giuridica; (xiii) per l’intera attività stragiudiziale e giudiziale svolta, avendo percepito esclusivamente un acconto di € 5.000,00, provvedeva a calcolare le sue spettanze secondo le voci RAGIONE_SOCIALEa tariffa forense e a richiedere ai Commissari liquidatori RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE la corresponsione RAGIONE_SOCIALEe stesse e comunque l’ammissione al passivo dei relativi crediti; (xiv) tuttavia, i Commissari liquidatori non gli liquidavano le somme richieste, costringendolo ad opporsi allo stato passivo RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE con impugnazione ex artt. 208 e 98 l. fall. dinanzi al Tribunale di Roma.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘opposizione allo stato passivo RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO sulla base RAGIONE_SOCIALEa assunta carenza RAGIONE_SOCIALEo ius postulandi in capo al ricorrente e contestando comunque nel merito la proposta impugnazione.
Il Tribunale di Roma, con decreto del 4 maggio 2011, rigettava l’opposizione allo stato passivo , accogliendo l ‘ eccezione pregiudiziale sollevata dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in l.c.a. in ordine alla carenza RAGIONE_SOCIALEo ius postulandi in capo al ricorrente e ritenendo che l’AVV_NOTAIO non avesse diritto al
compenso professionale né per l ‘ assistenza giudiziale svolta in favore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE dinanzi al TAR (in quanto il mandato alle liti conferitogli dal maestro COGNOME proveniva da un soggetto carente di legittimazione, non sussistendo più il rapporto organico con l’Ente dichiarato estinto ), né per l’assistenza giudiziale resa dinanzi al Consiglio di Stato (non avendo il ricorrente provato di avere svolto l’incarico in nome e per conto RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE).
Avverso tale decreto interponeva ricorso per cassazione l’AVV_NOTAIO, censurando il provvedimento con due motivi: (a) il primo per violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 29 c.c., 18 l. fall., 195 l. fall., 2909 c.c. e 24 Cost., e (b) il secondo per violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 112 e 115 c.p.c., del principio del ne bis in idem, RAGIONE_SOCIALE‘art. 19 c.c. in combinato disposto con l’art. 75, comma 3, c.p.c., del principio del legittimo affidamento del terzo in buonafede, nonché RAGIONE_SOCIALE artt. 2697 e 2724 n. 1 c.c..
Con ordinanza n. 599/2017, la Corte di cassazione accoglieva entrambi i motivi di ricorso proposti dall’AVV_NOTAIO, cassava il decreto impugnato, rinviando la controversia al Tribunale di Roma.
Con ricorso ex artt. 392 e 394 c.p.c., depositato in data 27 dicembre 2017, l’AVV_NOTAIO riassumeva il giudizio dinanzi al Tribunale Civile di Roma, Sezione fallimentare, deducendo che l’accoglimento di entrambi i motivi di ricorso per cassazione avesse sancito definitivamente la piena validità dei mandati conferiti per la difesa RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE nei procedimenti dinanzi al TAR Lazio e al Consiglio di Stato, avendo reso incontrovertibile il riconoscimento del suo diritto alla corresponsione dei compensi professionali per l’assistenza giudiziale resa in favore RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE. L ‘AVV_NOTAIO chiedeva pertanto l’ammissione del proprio credito , in privilegio generale, ex art. 2751 bis n. 2 c.c., per l’attività professionale svolta nell’interesse RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE nella misura omnicomprensiva di € 1.593.339,45, oltre interessi e oneri accessori, come da preavvisi di parcella inviati da ultimo in data 17 maggio 2010; in via meramente gradata e tuzioristica, aderendo alla richiesta del Tribunale volta al tentativo di un bonario componimento RAGIONE_SOCIALEa vicenda, chiedeva che le sue spettanze fossero comunque computate in base alle tariffe forensi vigenti al momento RAGIONE_SOCIALEo svolgimento RAGIONE_SOCIALEe prestazioni professionali (tariffe 2004), tenendo conto del valore RAGIONE_SOCIALEa causa e RAGIONE_SOCIALEe maggiorazioni per il numero RAGIONE_SOCIALEe
parti e per l’urgenza, per un importo complessivo pari ad almeno € 1.318.515,79, oltre interessi.
7 . Si costituiva in giudizio l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, assumendo che sarebbe stata sufficiente la contestazione generica ma assoluta RAGIONE_SOCIALE‘ an per ritenere contestato anche il quantum e che il valore RAGIONE_SOCIALEa causa – che doveva prendersi a riferimento per il calcolo RAGIONE_SOCIALEe tariffe applicabili – fosse indeterminabile e non dovesse essere parametrato -come richiesto dal ricorrente -sull’intero patrimonio RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE. Chiedeva quindi che venissero liquidati all’AVV_NOTAIO COGNOME onorari per circa € 20.078,84.
8 . All’esito del giudizio di rinvio, il Tribunale di Roma ha accolto parzialmente il ricorso RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, riconoscendo il diritto di quest’ultimo alla insinuazione al passivo per euro 26.506,50, in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 2 c.c., rilevando che: (i) rispetto alla non contestazione del quantum , l’Ente resistente aveva ‘ negato in radice ed ab origine l’an debeatur ovvero l’esistenza del credito ‘ , con la conseguenza RAGIONE_SOCIALEa ‘ non necessarietà di una specifica contestazione anche sul quantum RAGIONE_SOCIALEa pretesa avanzata ‘ (pag. 9 decreto impugnato); (ii) rispetto all ‘ individuazione del valore RAGIONE_SOCIALEa domanda « la somma spettante al professionista ‘ doveva essere calcolata con riguardo ai parametri stabiliti al D.M. n. 127 RAGIONE_SOCIALE‘8 aprile 2004, vigente al tempo RAGIONE_SOCIALE‘esaurimento RAGIONE_SOCIALE‘incarico e, relativamente a tali parametri, tenendo in considerazione il disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 6 del citato D.M. nonché il disposto codicistico riferibile al valore RAGIONE_SOCIALEa causa – determinato in base al valore RAGIONE_SOCIALEa domanda », con l ‘ ulteriore conseguenza che il valore RAGIONE_SOCIALEa domanda doveva essere individuato non già sulla base RAGIONE_SOCIALE‘intero patrimonio RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE – come originariamente indicato dal ricorrente -, bensì tenendo in considerazione il contenuto RAGIONE_SOCIALE ‘attività professionale prestata dall’ AVV_NOTAIO, che si era sostanziata, per quanto qui interessa, nell ‘ instaurazione di due giudizi innanzi al giudice amministrativo volti all’ottenimento di provvedimenti inibitori/sospensivi avverso il provvedimento adottato dal Prefetto di Roma, avente ad oggetto la dichiarata estinzione RAGIONE_SOCIALE‘Ente ; (iii) trattandosi di giudizi cautelari di impugnativa di provvedimenti prefettizi di cui si contestava la legittimità, non risultava dunque corretto prendere quale riferimento, ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione del valore RAGIONE_SOCIALEa causa e, a ricaduta, del calcolo dei compensi professionali, l’intero patrimonio RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE , posto che, nei predetti
giudizi amministrativi, non era venuta in rilievo, né aveva costituito res controversa, qualsivoglia questione involgente aspetti patrimoniali RAGIONE_SOCIALE‘Ente, dovendosi conseguentemente ritenere più corretto attribuire ai contenziosi in oggetto un ‘valore indeterminabile’, salva la possibilità di valutare eventuali maggiorazioni da applicare sul compenso del professionista sulla base RAGIONE_SOCIALEa complessità RAGIONE_SOCIALE‘attività dallo stesso svolta ; (iv) dovevano essere applicati i minimi di tariffa, come da delibera del c.d.a. di RAGIONE_SOCIALE del 28 maggio 2009, per il compenso professionale relativo all’attività svolta dall’AVV_NOTAIO dinanzi al TAR, e i massimi di tariffa, come da delibera del cda di RAGIONE_SOCIALE del 6 luglio 2009, per l’attività dinanzi al Consiglio di Stato, con appli cazione « RAGIONE_SOCIALEa maggiorazione RAGIONE_SOCIALEa metà, dovendo valorizzarsi l’attività espletata siccome connotata da indubbia complessità » e senza le maggiorazioni richieste per l’urgenza che era insita in ogni giudizio cautelare – e per il rilevante numero RAGIONE_SOCIALEe parti coinvolte, in quanto gli associati non erano litisconsorti necessari e le posizioni dei singoli non avevano assunto rilevanza nel giudizio e soprattutto perché dalla delibera del c.d.a. risultava che l’incarico al ricorrente era stato conferito dall’RAGIONE_SOCIALE soltanto in sua rappresentanza e interesse ; (v) l’AVV_NOTAIO aveva diritto a un compenso complessivo di € 26.506,50 , oltre interessi, e all’ammissione allo stato passivo RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE coatta amministrativo di RAGIONE_SOCIALE, con privilegio ex art. 2751 bis n. 2, c.c., per la predetta somma.
Il decreto, pubblicato il 22.2.2023, è stato impugnato da ll’ AVV_NOTAIO con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui l’RAGIONE_SOCIALE in l.c.a. ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta ‘ violazione e falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.c., RAGIONE_SOCIALE art. 115, nonché 384 e 394, comma II, c.p.c.’ . Si censura, in particolare, il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha illegittimamente ritenuto che l’RAGIONE_SOCIALE a vesse negato in radice e ab origine l’esistenza del suo credito professionale, con ciò rendendo non necessaria una specifica contestazione anche sul quantum RAGIONE_SOCIALEa sua pretesa creditoria.
1.1 Con tale statuizione, il Tribunale avrebbe, dunque, violato l’art. 115 c.p.c. sotto due profili: ( a) sia nel ritenere contestato l’ an debeatur , mentre viceversa la contestazione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, in sede di opposizione allo stato passivo, avrebbe riguardato solo il presupposto processuale RAGIONE_SOCIALEo ius postulandi e semmai i soli fatti costitutivi posti a fondamento di tale presupposto processuale, e non invece i fatti posti a fondamento RAGIONE_SOCIALE‘an debeatur ; (b) sia perché, se anche vi fosse stata contestazione RAGIONE_SOCIALEa complessiva situazione giuridica corrispondente all’ an debeatur , essa non avrebbe potuto considerarsi estesa specificamente anche ai fatti relativi al quantum debeatur .
1.2 Aggiunge ancora il ricorrente che nella precedente ordinanza di questa Corte n. 599/2017, dalla quale era scaturito il giudizio di rinvio dinanzi al Tribunale di Roma c on l’ esito avuto nel decreto qui oggi impugnato, il giudice di legittimità aveva espressamente con statato che l’unico profilo di difesa RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE sulla sua pretesa creditoria nel giudizio di opposizione allo stato passivo sarebbe stato rappresentato dall’eccezione processuale su lla quale era chiamata ad intervenire ( ius postulandi ) , senza che l’RAGIONE_SOCIALE avesse contestato in altro modo l’ an debeatur . Il giudice del rinvio – precisa, pertanto, il ricorrente – avrebbe dovuto vincolativamente tener conto di tale statuizione contenuta nell’ordinanza RAGIONE_SOCIALEa Cassazione, mentre non l’ avrebbe affatto considerata, ritenendo c ontestato anche l’ an debeatur , così violando anche il disposto RAGIONE_SOCIALE‘art. 384, c. 2 , c.p.c., e correlativamente violando anche l’art. 394, c. 1, c.p.c., perché avrebbe consentito all’RAGIONE_SOCIALE di introdurre questioni nuove nel giudizio di rinvio.
1.3 Conclude pertanto il ricorrente nel senso che il giudice di rinvio avrebbe dovuto confermare il suo diritto all’ammissione del proprio credito professionale nella misura originariamente richiesta – che asserisce, pertanto, non contestata dall’RAGIONE_SOCIALE -di € 1.593.339,45, da adeguarsi ex lege con riguardo sia agli interessi sia agli oneri accessori, elevandosi così sino a un importo complessivo di € 1.763.284,20 .
1.4 Le doglianze così proposte sono infondate.
1.2. Risulta, in primo luogo, non condivisibile il tentativo di scindere – come se si trattasse di oggetti diversi -la questione RAGIONE_SOCIALEa ‘carenza di ius postulandi’ (che il ricorrente riconduce alla «regolarità del presupposto processuale onde
chiedere il compenso derivante dalle prestazioni di assistenza giudiziale svolte in favore RAGIONE_SOCIALEa stessa RAGIONE_SOCIALE»; cfr. pag. 13, ricorso introduttivo) dalla ‘contestazione RAGIONE_SOCIALE‘an debeatur’ (che lo stesso ricorrente vorrebbe invece ricondurre ai soli elementi di fatto RAGIONE_SOCIALEo «svolgimento RAGIONE_SOCIALEe prestazioni, utilità RAGIONE_SOCIALEe medesime, correttezza e diligenza nella loro esecuzione, etc.»; cfr. ricorso, ibidem ).
Sul punto va infatti osservato che l’esistenza ovvero la validità RAGIONE_SOCIALE‘incarico costituisce il principale fatto costitutivo del diritto al compenso RAGIONE_SOCIALE‘avvocato e che la sua negazione, da parte del presunto cliente, implica – con tutta evidenza – la radicale contestazione (in radice e ab origine, come ha anche correttamente rilevato il Tribunale) RAGIONE_SOCIALE‘esistenza del diritto al compenso, integrando, cioè, nel senso più ampio del termine, la contestazione RAGIONE_SOCIALE‘an debeatur .
1.4 A ciò va aggiunto che -per insegnamento di questa Corte di legittimità -la contestazione sull’ an è di per sé tale da assorbire e rendere superflua qualsiasi contestazione sul quantum , tutte le volte in cui le operazioni di quantificazione del credito siano affidate all’allegazione di fatti incompatibili con quelli investiti negativamente dalle difese circa la sussistenza del credito stesso (v., ex multis , Cass. n. 761/2002). Ove dunque il convenuto neghi ab origine l’esistenza del credito, l’omessa contestazione RAGIONE_SOCIALE‘ammontare richiesto non avrà alcuna rilevanza. Così come, una volta negata l’esistenza del credito, non sarà onere del giudice motivare sulla sua esatta quantificazione.
Del resto, è stato anche affermato sempre dalla giurisprudenza di questa Corte che l’impugnazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di condanna al pagamento del corrispettivo di prestazioni contrattuali per ragioni attinenti l’ “an debeatur” impedisce il formarsi del giudicato anche in merito al “quantum”, ed all’ammontare RAGIONE_SOCIALEe singole voci che lo compongono, senza necessità di una specifica impugnazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza anche nella parte in cui ha proceduto alla RAGIONE_SOCIALE di queste ultime (Sez. 2, Sentenza n. 19870 del 15/09/2009; v. anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 2894 del 07/02/2013).
1.5 Ebbene, nel caso di specie nella pregressa fase processuale era stato in radice contestato dalla l.c.a. l’ an RAGIONE_SOCIALEa pretesa creditoria avversaria sotto il profilo RAGIONE_SOCIALEa nullità e/o inesistenza RAGIONE_SOCIALE atti compiuti dal legale
rappresentante p.t. NOME COGNOME successivamente all’estinzione RAGIONE_SOCIALE‘Ente e il conseguente difetto ab origine di jus postulandi in capo al nominato AVV_NOTAIO. A fronte di una eccezione di tal fatta, la mancata contestazione del quantum e, vieppiù, RAGIONE_SOCIALEa disciplina legale applicabile e, ancora, RAGIONE_SOCIALEe concrete modalità di determinazione del credito deve ritenersi del tutto irrilevante.
1.4 Sotto altro profilo di riflessione, occorre altresì evidenziare che il ricorrente cerca di confondere i fatti sottesi alla domanda («svolgimento RAGIONE_SOCIALEe prestazioni, utilità RAGIONE_SOCIALEe medesime, correttezza e diligenza nella loro esecuzione, etc.», a suo dire mai contestati dall’RAGIONE_SOCIALE) e le regole giuridiche sottese alla quantificazione del compenso, che involgono invece valutazioni rimesse al potere-dovere di cognizione del giudice, il cui esame -secondo il principio iura novit curia -non può risultare condizionato dalle prospettazioni difensive e dai comportamenti processuali RAGIONE_SOCIALEe parti.
Sul punto giova ricordare che il principio di non contestazione, secondo il paradigma elaborato dalla nota sentenza RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite n. 761/2002 sulla cui scia è poi intervenuta la ‘codificazione’ di cui all’art. 115 c.p.c. ad opera RAGIONE_SOCIALEa legge n. 69/2009 – riguarda espressamente i fatti posti a fondamento RAGIONE_SOCIALEa domanda e non certo l’applicazione RAGIONE_SOCIALEe regole di diritto . Con la conseguenza che, per avere rilevanza, la non contestazione deve, fondamentalmente, riguardare i fatti da accertare nel processo e non già la determinazione RAGIONE_SOCIALEa loro dimensione giuridica (così, sempre Cass., SS.UU., n. 761/2002, cit. supra ).
Senza contare che il richiamo alla violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c. risulta viepiù improprio se solo si considera che la detta norma prevede un meccanismo che determina la relevatio ab onere probandi rispetto a fatti e non a RAGIONE_SOCIALE: qui il ‘ fatto ‘ riguardava lo svolgimento RAGIONE_SOCIALEa prestazione professionale ed era anche incontestato, mentre il ‘ diritto ‘ era l’entità del compenso spettante al creditore ed esso doveva essere determinato secondo le regole tariffarie a prescindere dalla contestazione. A ciò va aggiunto che i commissari liquidatori non avevano neanche la disponibilità RAGIONE_SOCIALE‘attivo concorsuale e dunque non potevano assumere un contegno ricognitivo del quantum .
1.5 Risulta, poi, condivisibile l’osservazione svolta, sul punto qui in discussione, dalla difesa RAGIONE_SOCIALEa l.c.a. nel controricorso, laddove evidenzia
efficacemente che alla questione decisa dal Collegio (valido jus postulandi ) occorreva riconoscersi lo stesso trattamento processuale RAGIONE_SOCIALEe questioni preliminari litis ingressum impedientes , con la conseguenza che la questione RAGIONE_SOCIALEa corretta attribuzione del mandato era tale da definire il giudizio, senza necessità di indagine sul quantum , questione rimasta tecnicamente assorbita: una volta decisa con efficacia di giudicato la questione circa la corretta attribuzione del mandato professionale, la questione già assorbita doveva ritenersi ‘ riemersa ‘ nel dibattito processuale , dovendo essere per la prima volta affrontata in sede di rinvio. Come del resto è dimostrato anche dal l’ulteriore circostanza che già l ‘ ordinanza di rinvio non avesse deciso il merito RAGIONE_SOCIALEa causa -evidentemente giudicando irrilevante la non contestazione dei conteggi -e avesse del pari rimesso la decisione in sede di rinvio proprio al Tribunale.
1.6 A ciò va ulteriormente aggiunto, in termini conclusivi, che l’allegata circostanza RAGIONE_SOCIALEa non contestazione del quantum nella comparsa del 23.9.2010 risulta essere contraria a verità processuale, posto che la detta comparsa non contiene comunque alcuna affermazione di tal fatta da parte RAGIONE_SOCIALEa l.c.a., che anzi aveva contestato integralmente l’avversa pretesa creditoria, secondo quanto risulta chiaramente dalla lettura del controricorso. Né risulta condivisibile l’ulteriore affermazione RAGIONE_SOCIALEa formazione del giud icato sulla questione del quantum debeatur in seguito all’ordinanza sopra ricordata n. 599/2017, emessa da questa Corte di legittimità, in quanto la lettura di tale provvedimento evidenzia che l ‘ irretrattabilità RAGIONE_SOCIALEe statuizioni riguardava solo il profilo RAGIONE_SOCIALE‘ an debeatur , essendo rimasto, invece, impregiudicato l’ulteriore profilo RAGIONE_SOCIALEa determinazione RAGIONE_SOCIALEa quantificazione del compenso maturato per la prestazione professionale del difensore.
Ne consegue il rigetto integrale del primo motivo di ricorso.
Con il secondo mezzo si deduce ‘ violazione e falsa applicazione ex art. 360, nn. 3 e 4 c.p.c., RAGIONE_SOCIALE artt. 384 e 394, c. II, c.p.c.; in via gradata violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3 c.p.c. in ordine alla determinazione del valore RAGIONE_SOCIALEa controversia, RAGIONE_SOCIALE‘art. 10 c.p.c., nonché RAGIONE_SOCIALE‘art. 7. co. II, d.l. 64/2010, e RAGIONE_SOCIALE‘art. 185, co. 3 e 4, d.l. 34/2020’ .
2.1 Si censura, in particolare, il decreto impugnato laddove il Tribunale avrebbe illegittimamente ritenuto che il valore RAGIONE_SOCIALEe cause patrocinate dinanzi
ai Giudici amministrativi fosse indeterminabile, in quanto il valore RAGIONE_SOCIALEa domanda doveva essere individuato non già sulla base RAGIONE_SOCIALE‘intero patrimonio RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE , bensì tenendo in considerazione il contenuto RAGIONE_SOCIALEa attività professionale prestata, che si era sostanziata nell ‘ instaurazione di due giudizi innanzi al giudice amministrativo volti all’ottenimento di provvedimenti inibitori/sospensivi.
2.2 Anche in questo caso il Giudice del rinvio – precisa il ricorrente – avrebbe superato i limiti tratteggiati nell’ordinanza RAGIONE_SOCIALEa Cassazione, nella quale invece si era qualificato il mandato alle liti conferito come diretto a conservare il patrimonio RAGIONE_SOCIALE‘Ente, violando in tal modo l’art. 384 c.p.c., non essendosi uniformato il Tribunale, in sede di giudizio di rinvio, a quanto stabilito dalla Corte.
2.3 A sostegno RAGIONE_SOCIALEe sopra esposte censure, il ricorrente deduce: (i) che la sua attività difensiva in sede amministrativa avrebbe riguardato risvolti patrimoniali RAGIONE_SOCIALE‘Ente, essendo diretta a preservarne il patrimonio; (ii) che la Corte di cassazione avrebbe affermato nell’ordinanza di rinvio che il giudizio amministrativo era volto a preservare l’integrità patrimoniale RAGIONE_SOCIALE‘Ente, desumendone dunque l’intangibilità del ‘carattere determinabile’ del valore del giudizio ai fini RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALEa tariffa; (iii) che il valore RAGIONE_SOCIALEa causa non potrebbe ritenersi indeterminabile anche in considerazione del fatto che in sede amministrativa ci si era opposti allo scioglimento RAGIONE_SOCIALE‘Ente RAGIONE_SOCIALE inteso come trasferimento di tutto il patrimonio al nuovo ente subentrante nei compiti e nelle funzioni (denominato Nuovo RAGIONE_SOCIALE), posto che lo scopo del provvedimento prefettizio sarebbe stato proprio quello di trasferire il citato patrimonio all’ente subentrante; (iv) che conseguentemente il Tribunale avrebbe dovuto identificare il valore RAGIONE_SOCIALEa controversia sul quale parametrare il suo compenso profess ionale nell’intero patrimonio RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, pari a € 131.657.200,00.
2.4 Le doglianze così proposte sono infondate.
2.4.1 Va ritenuta corretta la determinazione del valore RAGIONE_SOCIALEa causa, cui parametrare il compenso professionale insinuato, in quello cd. indeterminabile.
Occorre, invero, fare applicazione del principio di cui all ‘art. 10 c.p.c., richiamato dall’art. 6, comma 3, D.M. n. 127/2004, secondo il quale il valore
RAGIONE_SOCIALEa causa si determina dalla domanda, con l ‘ inevitabile conseguenza che si deve ritenere indeterminato il valore da attribuire all’attività prestata dall’AVV_NOTAIO nei confronti RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE . Invero, avuto riguardo anche «al valore dei diversi interessi perseguiti dalle parti» (art. 6, comma 4, D.M. n. 127/2004), è innegabile che i ricorsi patrocinati dal professionista hanno avuto una sola specifica e peculiare funzione: quella di accertare la legittimità dei provvedimenti che hanno disposto e conferma to l’estinzione RAGIONE_SOCIALE‘Ente , non essendo mai venuta in discussione la delimitazione quantitativa del patrimonio RAGIONE_SOCIALE‘Ente o la sua salvaguardia.
2.4.2 Sul punto anche la giurisprudenza espressa da questa Corte è chiara nel ritenere che ‘ ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione RAGIONE_SOCIALE onorari di avvocato (…), va considerata di valore indeterminabile la controversia introdotta innanzi al giudice amministrativo per l’annullamento di un atto, qualora la causa petendi RAGIONE_SOCIALEa domanda sia la illegittimità del l’atto ed il petitum la sua eliminazione, senza che rilevino gli eventuali risvolti patrimoniali RAGIONE_SOCIALEa vicenda » (v. Cass. 20727/2017; tra le altre, v. anche Cass. n. 21304/2016; Cass. n. 1754/2013; Cass. n. 12178/2003; Cass. n. 932/1997).
Deve dunque ritenersi senz’altro condivisibile la statuizione del Tribunale, laddove ha rilevato che, « trattandosi di giudizi cautelari di impugnativa di provvedimenti prefettizi di cui si contestava la legittimità/validità, non appare corretto prendere quale riferimento, ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione del valore RAGIONE_SOCIALEa causa e, a ricaduta, del calcolo dei compensi professionali, l’intero patrimonio RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE dal momento che nei predetti giudizi non è venuta in rilievo, né ha costituito res controversa, qualsivoglia questione involgente aspetti patrimoniali RAGIONE_SOCIALE‘Ente, dovendosi conseguentemente ritenere più corretto attribuire ai contenziosi in oggetto un “valore indeterminabile “» (cfr. pag. 9, decreto impugnato).
2.4.3 Né può affermarsi -come opina invece il ricorrente che l’ordinanza rimettente contenesse, sul punto qui da ultimo in discussione, una statuizione vincolante per il giudice di rinvio in merito al ‘valore RAGIONE_SOCIALEa controversia’.
Occorre ancora una volta precisare che, in sede del primo giudizio di legittimità, era stata invero affrontata la sola questione RAGIONE_SOCIALEa validità del mandato difensivo conferito dai legali rappresentanti RAGIONE_SOCIALE‘Ente soppresso, che questa Corte aveva, poi, risolto affermando la non riconducibilità RAGIONE_SOCIALEa
fattispecie – in cui era stata « messa in discussione la sussistenza dei presupposti che possano legittimare la stessa ‘soppressione’ RAGIONE_SOCIALEa persona giuridica » -all’ambito applicativo del divieto di cui alla norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 29 c.c., sul rilievo che, in applicazione analogica RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza formatasi « con riferimento alla vicina fattispecie RAGIONE_SOCIALEo scioglimento RAGIONE_SOCIALEe società commerciali », non potevano farsi rientrare nel novero RAGIONE_SOCIALEe ‘nuove operazioni’ di cui alla citata norma le « attività volte alla mera gestione e conservazione del relativo patrimonio » (cfr. Ord. n. 599/2017, cit supra , pag. 5).
Ne consegue che il riferimento – a soli fini argomentativi – alla «conservazione del patrimonio» (per escludere il carattere di novità RAGIONE_SOCIALEe operazioni gestorie dei legali rappresentanti RAGIONE_SOCIALE‘Ente soppresso , che avessero inteso RAGIONE_SOCIALEre il diritto a esistere RAGIONE_SOCIALE‘ente illegittimamente soppresso) non p oteva, con tutta evidenza, comportare alcun vincolo per il giudice del rinvio cui era stata demandata la sola valutazione RAGIONE_SOCIALEa consistenza del compenso spettante al professionista, rimasta assorbita – per quanto già sopra osservato – nel giudizio di legittimità. Restavano, infatti, intatti i poteri valutativi del giudice di merito in ordine alla disciplina legale applicabile per la determinazione del quantum e alle concrete modalità di determinazione del credito, le quali involgevano, in primis , l’identificazione del valore RAGIONE_SOCIALEa controversia ai fini RAGIONE_SOCIALEa corretta applicazione RAGIONE_SOCIALEa tariffa.
Non vi è dubbio che l’affermazione – resa nella ricordata ordinanza n. 599/2017, solo incidenter tantum -secondo cui l’impugnazione del provvedimento di soppressione di una persona giuridica risulta equiparabile a un atto gestorio di «conservazione del patrimonio» non poteva certo significare, di per sé, che il valore RAGIONE_SOCIALEa controversia fosse equiparabile all’intero patrimonio RAGIONE_SOCIALE‘Ente, dovendosi invece ritenere che il concreto oggetto del giudizio cautelare promosso aveva, quale causa petendi , la sola illegittimità del provvedimento prefettizio e quale petitum la sua sospensione, senza assumere alcun rilievo gli eventuali risvolti patrimoniali RAGIONE_SOCIALEa vicenda.
2.4.4 Ciò posto, diventa del tutto irrilevante anche l’ulteriore assunto difensivo del ricorrente se condo cui lo scioglimento RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE avrebbe comportato il trasferimento del suo intero patrimonio al subentrante Nuovo RAGIONE_SOCIALE, traendone il corollario per cui il valore del giudizio amministrativo di
impugnazione del provvedimento soppressivo andrebbe ragguagliato, appunto, all’intero patrimonio RAGIONE_SOCIALE‘Ente , essendo chiaro, per quanto sopra detto, quale fosse il petitum e la causa petendi RAGIONE_SOCIALEe domande cautelari rappresentate in giudizio dall’AVV_NOTAIO.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato per ‘ violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 132 c.p.c. per mera apparenza RAGIONE_SOCIALEa motivazione ex art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. e violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 115 e 116 c.p.c. per travisamento dei fatti di causa ex art. 360 n. 4 c.p.c. ‘ .
3.1 Si censura, in particolare, il decreto impugnato nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto che il ricorrente avesse prodotto nuovi ed alternativi conteggi del credito preteso, aventi quale riferimento il valore indeterminabile RAGIONE_SOCIALEa causa, con ciò mutando prospettiva sulla quantificazione del valore RAGIONE_SOCIALEa domanda proposta. Tale ratio decidendi sarebbe frutto, secondo il ricorrente, di un errore palese, essendo riportato nella stessa narrativa del decreto che era stato il Tribunale ad esperire il tentativo di conciliazione e a richiedere al ricorrente anche lo sviluppo di conteggi alternativi sulla quantificazione del credito, senza che il suo approccio collaborativo potesse essere frainteso come rinuncia alla quantificazione RAGIONE_SOCIALE onorari richiesti con la domanda principale.
3.2 Il motivo così articolato è inammissibile.
3.2.1 Costituisce, invero, principio pacifico anche nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui le argomentazioni ad abundantiam non sono suscettibili di impugnazione in sede di legittimità – indipendentemente dalla loro esattezza o meno se il dispositivo sia fondato su corretta argomentazione avente carattere principale e assorbente
Infatti, risulta inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata svolta “ad abundantiam”, in quanto la stessa, non costituendo una “ratio decidendi” RAGIONE_SOCIALEa decisione, non spiegherebbe alcuna influenza sul dispositivo RAGIONE_SOCIALEa stessa e, pertanto, essendo improduttiva di effetti giuridici, la sua impugnazione è priva di interesse (v., ex multis , Cass. n. 18429/2022).
Non è dubitabile che il segmento argomentativo impugnato -per come sopra ricordato -costituisca nulla più che un elemento rafforzativo RAGIONE_SOCIALEa motivazione, inidoneo a sorreggere di per sé la decisione, per l ‘evidente
ragione che l’interpretazione relativa alla disciplina legale o contrattuale RAGIONE_SOCIALEa quantificazione del compenso professionale appartiene al potere-dovere cognitivo del giudice e non può essere condizionata dalle prospettazioni difensive e dai comportamenti processuali RAGIONE_SOCIALEe parti.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del fallimento controricorrente, RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 228 del 2012, dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALEo stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 27.02.2024