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Comunicazione sentenza PEC: la ricevuta fa fede

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in tema di comunicazione di una sentenza tramite PEC, l’unica prova idonea a dimostrare l’avvenuta notifica è la ricevuta di accettazione e consegna generata dal sistema. Un’attestazione della cancelleria che affermi il contrario non ha valore legale se contraddetta da una ricevuta di mancata consegna. Di conseguenza, se la comunicazione sentenza PEC fallisce e non viene effettuato il successivo deposito in cancelleria, il termine per impugnare non inizia a decorrere.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Comunicazione Sentenza PEC: La Ricevuta di Sistema Vince sull’Attestazione della Cancelleria

Nel processo civile telematico, la Posta Elettronica Certificata (PEC) è lo strumento principe per le comunicazioni tra cancellerie e avvocati. Ma cosa succede quando la tecnologia sembra contraddirsi? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 18388 del 2024, affronta un caso emblematico: il conflitto tra un’attestazione di avvenuta consegna rilasciata dalla cancelleria e le ricevute del sistema PEC che indicano una mancata consegna. La Corte ha chiarito un principio fondamentale: per la comunicazione sentenza PEC, l’unica prova che conta è quella informatica.

I Fatti del Caso

Una società si vedeva dichiarare inammissibile il proprio reclamo dalla Corte d’Appello perché ritenuto tardivo. Secondo i giudici di secondo grado, la sentenza di primo grado era stata regolarmente comunicata all’avvocato della società tramite PEC in una certa data, facendo così decorrere il termine per l’impugnazione. A sostegno di questa tesi, vi era un’attestazione rilasciata dalla cancelleria del Tribunale che confermava l’avvenuta ricezione del messaggio.

Tuttavia, la società ricorrente ha contestato questa ricostruzione, producendo in giudizio la ricevuta generata dal sistema di posta elettronica certificata. Tale ricevuta attestava inequivocabilmente la “mancata consegna” del messaggio, dovuta a un errore tecnico che indicava l’indirizzo del destinatario come “non valido”. Si è creato, quindi, un insanabile contrasto tra la prova documentale cartacea (l’attestazione del cancelliere) e la prova digitale (la ricevuta del sistema PEC).

La Decisione della Corte di Cassazione sulla comunicazione sentenza PEC

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società, ribaltando la decisione della Corte d’Appello. Il principio affermato è netto e di fondamentale importanza pratica: la sola prova idonea a dimostrare la rituale esecuzione della comunicazione a mezzo PEC del testo integrale della sentenza è costituita dalla ricevuta di accettazione e di consegna generate dal sistema.

Secondo gli Ermellini, non possono essere ammessi “atti equipollenti”, ovvero documenti alternativi che pretendano di certificare un esito diverso da quello registrato dal sistema informatico. L’attestazione della cancelleria, pur provenendo da un pubblico ufficiale, non può prevalere sulla evidenza digitale che attesta la mancata consegna del messaggio. Di conseguenza, la comunicazione della sentenza doveva considerarsi come mai avvenuta.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su principi cardine del diritto processuale, volti a garantire l’effettività del diritto di difesa (art. 24 Cost.). Le norme che regolano le notificazioni e le comunicazioni degli atti giudiziari sono inderogabili, in quanto servono a garantire che la parte venga effettivamente a conoscenza del provvedimento per poter esercitare il proprio diritto di impugnazione.

Nel sistema della PEC, la ricevuta di avvenuta consegna genera una presunzione legale di conoscenza analoga a quella dell’art. 1335 c.c. per le dichiarazioni negoziali. Specularmente, una ricevuta di mancata consegna prova l’esatto contrario: il messaggio non è mai giunto nella sfera di conoscibilità del destinatario.

La Corte ha inoltre precisato quale sia la procedura corretta da seguire in questi casi. L’art. 16, comma 6, del D.L. n. 179/2012 stabilisce che, nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio PEC per cause imputabili al destinatario (come un indirizzo errato o una casella piena), la cancelleria deve procedere con il deposito telematico dell’atto in cancelleria. È solo da questo momento che la comunicazione si considera perfezionata e iniziano a decorrere i termini per l’impugnazione. Nel caso di specie, questo adempimento era stato omesso, rendendo la comunicazione della sentenza del tutto inesistente e, pertanto, inidonea a far decorrere alcun termine.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la certezza del diritto nell’ambito del processo telematico. Stabilisce che le risultanze dei sistemi informatici certificati prevalgono su attestazioni umane, anche se provenienti da pubblici ufficiali. Per gli avvocati, questo significa che l’unica vera prova di una comunicazione è la coppia di ricevute di accettazione e consegna. In assenza di quest’ultima, o in presenza di una ricevuta di mancata consegna, è fondamentale verificare che la cancelleria abbia provveduto al deposito dell’atto. Questa pronuncia è un monito sull’affidabilità delle prove digitali e sulla necessità di seguire scrupolosamente le procedure previste dalla legge per superare eventuali fallimenti del sistema di notifica telematica, a garanzia del diritto di difesa di ogni cittadino.

Cosa costituisce prova legale di una comunicazione sentenza PEC?
L’unica prova idonea è costituita dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna generate dal sistema di Posta Elettronica Certificata. Non sono ammessi atti equipollenti, come le attestazioni della cancelleria.

Cosa prevale in caso di conflitto tra un’attestazione della cancelleria e la ricevuta di mancata consegna della PEC?
Prevale sempre la ricevuta generata dal sistema informatico. Se questa attesta una “mancata consegna”, la comunicazione si considera come mai avvenuta, a prescindere da quanto dichiarato in un’attestazione cartacea della cancelleria.

Qual è la procedura corretta se una comunicazione sentenza PEC fallisce per causa imputabile al destinatario?
La cancelleria deve procedere al deposito dell’atto in cancelleria. La legge stabilisce che questa è la formalità da seguire per perfezionare la comunicazione in caso di mancata consegna. Senza questo deposito, la comunicazione è inesistente e i termini per l’impugnazione non decorrono.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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