Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18388 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 18388 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21295-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
– intimato –
avverso la sentenza n. 2522/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/06/2021 R.G.N. 2055/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/05/2024 dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Oggetto
Prova comunicazione
sentenza a mezzo PEC
–
ricevuta accettazione
consegna
–
non atti equipollenti
R.G.N.21295/2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 15/05/2024
CC
Rilevato che:
La Corte d’appello di Roma ha dichiarato inammissibile, perché tardivo, il reclamo principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e inefficaci i reclami incidentali tardivi di RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, confermando la sentenza del tribunale che, in parziale modifica dell’ordinanza pronunciata all’esito della fase sommaria, aveva accertato lo svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato, a tempo pieno e indeterminato, tra il sig. COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, aveva dichiarato risolto il rapporto medesimo per effetto del licenziamento intimato l’11.5.2017 e condannato la società al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
La Corte territoriale ha accertato, in base alla attestazione rilasciata dalla cancelleria della sezione lavoro del Tribunale di Velletri, che la sentenza di primo grado era stata comunicata all’AVV_NOTAIO, difensore della RAGIONE_SOCIALE, mediante PEC ricevuta il 31.1.2010 alle ore 13.17. Ha rilevato che tale atto, proveniente da pubblico ufficiale, non era stato oggetto di contestazione da parte della reclamante principale; che l’accertamento di avvenuta comunicazione della sentenza al difensore, come attestato dal competente funzionario, rendeva non necessaria la comunicazione della sentenza mediante deposito in cancelleria ai sensi dell’articolo 16, sesto comma, del decreto legge n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012; che eventuali problemi di funzionamento della casella di posta elettronica certificata dell’AVV_NOTAIO erano irrilevanti, essendo onere del difensore garantire il corretto funzionamento della casella; che nel caso di parte rappresentata da più difensori, come nella specie, era sufficiente la
comunicazione della sentenza ad uno solo di essi ai fini della decorrenza del termine per la proposizione del reclamo.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE, quale incorporante per fusione della RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. NOME COGNOME non ha svolto difese. La società ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato di depositare l’ordinanza nei successivi sessanta giorni, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c., come modificato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione o falsa applicazione degli artt. 115, 116, 136 c.p.c. e 45 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c. Premesso che la tempestività o meno del reclamo ex art. 1, comma 58, legge n. 92 del 2012 si determina alla luce del biglietto di cancelleria avente ad oggetto la pubblicazione della sentenza del giudizio di opposizione e delle ricevute relative alla sua comunicazione alle parti, la società assume che la Corte di appello ha errato nella parte in cui non ha considerato dirimente l’efficacia probatoria del biglietto di cancelleria e delle relative ricevute ed ha invece attribuito portata decisiva a una dichiarazione, irrituale e successiva, della stessa cancelleria avente contenuto opposto a quanto attestato dal biglietto di cancelleria e dalle sue ricevute.
Con il secondo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 23 d.lgs. n. 82 del 2005, 2699 e 2700 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c. Si censura la sentenza d’appello là dove ha ritenuto che l”att o attestazione notifica sentenza primo grado da parte del Tribunale di Velletri’, posto a base della decisione, presenti i caratteri dell’atto pubblico di cui all’art. 2699 cod. civ. e
possieda l’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 cod. civ., trascurando di considerare che la copia analogica del suddetto ‘atto attestazione notifica sentenza primo grado da parte del Tribunale di Velletri’ conservata nel fascicolo (cartaceo) del giudizio di reclamo non è assistita da alcuna dichiarazione di conformità al suo originale informatico ex art. 23 d.lgs. n. 82 del 2005 e che la sua copia cartacea in atti è sprovvista della sottoscrizione autografa da parte del pubblico ufficiale che ha formato detto originale informatico.
Con il terzo motivo è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 101, 115 e 116 c.p.c., 16-bis, decretolegge n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012, come novellato dal decreto-legge n. 90 del 2014, convertito dal la legge n. 114 del 2014, e 2700 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 e n. 5 c.p.c., per avere la Corte di Appello errato nel considerare applicabile il principio di non contestazione, poiché il documento assunto come non contestato non era stato posto nella disponibilità delle parti ed era inopponibile alla parte l’efficacia probatoria dell’atto pubblico non rinvenibile nel fascicolo telematico della causa, né altrimenti comunicato.
Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 115, 116 c.p.c. e 2700 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., per erronea valutazione delle prove e omessa motivazione. La Corte di appello ha errato nella parte in cui ha attribuito efficacia probatoria di atto pubblico a un documento attestante circostanze opposte a quelle comprovate da altro documento facente pubblica fede, quali sono il biglietto di cancelleria comunicato via PEC e le sue ricevute in atti; la Corte ha pure omesso di motivare la decisione di ritenere prevalente l’efficacia probatoria di un documento irritualmente formatosi e mai reso
disponibile alle parti rispetto a quella di un documento previsto dal codice di rito e ritualmente formatosi, mai contestato dalle parti in causa e attestante circostanze concordemente allegate da tutte le parti.
Il primo motivo di ricorso è fondato e ciò determina l’assorbimento dei restanti motivi.
Nel rito cd. COGNOME, in base alla norma speciale di cui all’articolo 1, comma 58, legge n. 92 del 2012 (derogatoria rispetto all’art. 133, comma 2, ultimo periodo), il termine breve per proporre reclamo contro la sentenza che decide il ricorso in opposizione decorre dalla comunicazione della sentenza (v. Cass. n. 28751 del 2019; n. 856 del 2017), comunicazione che deve avvenire all’indirizzo PEC del difensore risultante da pubblici elenchi o da registri accessibili alla pubblica amministrazione, restando irrilevante l’eventuale indicazione nell’atto di un diverso indirizzo PEC (Cass. n. 83 del 2019). Lo scopo della comunicazione della sentenza ai sensi dell’articolo 1, comma 58, legge n. 92 del 2012 è quello di far pervenire alle parti il testo integrale del provvedimento giudiziario e di porle in grado di conoscere, sin dal momento della comunicazione, le ragioni sulle quali la pronuncia è fondata e di valutarne la correttezza, in modo da poter predisporre eventualmente l’impugnazione (v. Cass. n. 13745 del 2018; n. 134 del 2019). Tale scopo è raggiunto quando la comunicazione di cancelleria che contiene il testo integrale della sentenza giunge all’indirizzo PEC del difensore (v. Cass n. 83 del 2019 cit.; più recentemente v. Cass. n. 25136 del 2017; n. 5596 del 2024).
Ai sensi dell’art. 45, ultimo comma, disp. att. c.p.c., ‘quando viene trasmesso a mezzo posta elettronica certificata il biglietto di cancelleria è costituito dal messaggio di posta elettronica certificata, formato ed inviato nel rispetto della normativa,
anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici’.
Come precisato da questa Corte, nel sistema di notifica a mezzo di posta elettronica certificata, una volta che sia stata generata la ricevuta di accettazione della PEC e di consegna della stessa nella casella del destinatario, la notificazione deve ritenersi regolarmente perfezionata. La ricevuta di accettazione e di consegna è idonea a certificare l’avvenuto recapito del messaggio e degli allegati e determina una presunzione di conoscenza della comunicazione da parte del destinatario analoga a quella prevista, in tema di dichiarazioni negoziali, dall’articolo 1335 c.c., salvo prova contraria, di cui è onerata la parte che solleva la relativa eccezione, circa l’esistenza di errori tecnici riferibili al sistema informatizzato (v. Cass. v. Cass. 25819 del 2017; n. 21560 del 2019; n. 20039 del 2020; n. 15001 del 2021; n. 17968 del 2021; n. 6912 del 2022).
Riguardo alle ipotesi di mancata consegna, l’art. 16, comma 6, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012, ha stabilito che: ‘Le notificazioni e comunicazioni ai soggetti (diversi dall’imputato) per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario’.
Questa Corte ha chiarito che ‘In caso di comunicazione a mezzo EMAIL di un provvedimento giurisdizionale dalla cancelleria al difensore, l’impossibilità per il gestore della posta elettronica di completare la consegna per essere la casella inibita alla ricezione, costituisce un evento imputabile al destinatario,
difettando una ragione tecnica ascrivibile a terzi tale da scriminare la negligenza del titolare, con conseguente legittimità dell’effettuazione della comunicazione mediante deposito dell’atto in cancelleria’ (Cass. n. 25426 del 2021; v. anche Cass. n. 135 32 del 2019 con riferimento al ‘mancato buon esito della comunicazione telematica di un provvedimento giurisdizionale dovuto alla saturazione della capienza della casella PEC del destinatario’ in cui si esclude che ‘nell’ipotesi in cui il destinatario della comunicazione sia costituito nel giudizio con due procuratori, la cancelleria abbia l’onere, una volta non andato a buon fine il primo tentativo di comunicazione, di tentare l’invio del provvedimento all’altro procuratore’; v. Cass. n. 7510 del 2023 concernente il caso in cui la comunicazione a mezzo PEC di un provvedimento giurisdizionale dalla cancelleria al difensore era finita nella cartella della posta indesiderata “spam”- della casella PEC del destinatario).
15. Nel caso in esame, in cui la comunicazione della sentenza pronunciata all’esito della fase di opposizione è stata eseguita a mezzo EMAIL, occorre stabilire se la prova dell’avvenuto recapito del messaggio di posta elettronica certificata e, quindi, del perfezionamento della comunicazione (rilevante ai fini del decorso del termine per il reclamo), possa essere validamente fornita dalla attestazione di cancelleria del 23 marzo 2021, di avvenuta comunicazione della sentenza all’AVV_NOTAIO mediante EMAIL ricevuta il 31.1.2020 alle ore 13.17, sebbene tale attestazione sia contraddetta dal biglietto di cancelleria, o meglio dalla ricevuta generata dal sistema di posta elettronica certificata, da cui risulta la ‘mancata consegna’ del messaggio, rifiutato dal sis tema per ‘errore 5.1.1 Namirial spa -indirizzo non valido’.
La risposta non può che essere negativa, atteso che la comunicazione, al pari della notificazione, della sentenza ai fini del decorso del termine per l’impugnazione deve essere effettuata in aderenza al sistema generale delle notificazioni, come formulato dal codice di rito con normativa inderogabile al fine di assicurare effettività del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. (v. Cass. n. 16917 del 2003 e n. 8516 del 2001, sulla notifica della sentenza alla parte autorizzata a stare in giudizio pers onalmente). Le formalità introdotte dall’art. 133 c.p.c., dall’art. 45 disp. att. c.p.c. e dalla norma speciale di cui all’art. 1, comma 58, legge n. 92 del 2012 costituiscono il necessario strumento, previsto da norme inderogabili del codice di rito, per portare a conoscenza del difensore della parte il contenuto integrale della sentenza, al fine del decorso del termine per l’impugnazione, e tale strumento non è suscettibile di equipollenti, di interventi integrativi o sostitutivi e neppure è configurabile alcun tipo di sanatoria in relazione ad attività inidonee a determinare la fattispecie legale della comunicazione della sentenza (v. Cass. n. 9069 del 2005 sul deposito del ricorso in cancelleria; Cass. n. 1813 del 2003 sul deposito del ricorso in opposizione a ordinanza ingiunzione).
La sola prova idonea della rituale esecuzione della comunicazione a mezzo EMAIL del testo integrale della sentenza, rilevante ai fini del decorso del termine per il reclamo, ai sensi dell’art. 1, comma 58, della legge n. 92 del 2012, non può che essere fornita dalla ricevuta di accettazione e consegna generata dal relativo sistema, senza che possano ammettersi atti equipollenti.
Nella fattispecie per cui è causa, la ricevuta generata dal sistema reca un messaggio negativo, di mancata consegna, e posto che la stessa società ricorrente non mette in discussione
l’imputabilità al destinatario della mancata consegna, sarebbe stato necessario, secondo il disposto dall’art. 16, comma 6 cit., il successivo deposito in cancelleria della sentenza nel suo testo integrale. La citata disposizione individua il deposito in c ancelleria quale formalità da seguire ‘nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario’. Tale adempimento risulta del tutto omesso, con la conseguenza che la comunicazione della sentenza deve considerarsi inesistente e come tale inidonea a far decorrere il termine per l’impugnativa.
19. La fondatezza del primo motivo, risultando assorbiti gli altri, conduce all’accoglimento del ricorso e alla cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa alla medesima Corte d’appello, in diversa composizione, affinché proceda ad un nuovo esame attenendosi ai principi di diritto richiamati, e provveda altresì alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa