Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21249 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21249 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13649/2021 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME, rappresentati e dife si dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE);
-controricorrenti-
avverso l’ ORDINANZA del TRIBUNALE di SCIACCA n. 528/2020 depositata il 16/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
L’ingegnere NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Sciacca 16 novembre 2020, n. 528, che ha parzialmente accolto l’opposizione da egli proposta e ha liquidato in suo favore la somma di euro 3.881,68 per compensi ex art. 12 d.m. 30 maggio 2002, di euro 4.325,34 per compensi ex art. 13 del medesimo d.m., euro 1.392,03 per compensi a vacazione ed euro 2.675 per rimborso delle spese anticipate. COGNOME era stato nominato consulente tecnico d’ufficio in relazione a un processo, instaurato da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME ed avente ad oggetto la divisione di beni immobili in comproprietà tra le parti.
Resistono con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Memoria è stata depositata dal ricorrente.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo denuncia ‘violazione ed erronea applicazione dell’art. 1 e dell’art. 29 dell’allegato del d.m. 30 maggio 2002, nonché violazione e omessa applicazione dell’art. 4 della legge n. 319/1980, in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c.’: il Tribunale di Sciacca ha ritenuto che l’onorario a vacazione, per le attività analiticamente indicate, rientri nella quantificazione del compenso ex art. 13 del richiamato d.m., in quanto tali attività sarebbero state strumentali all’accertamento tecnico demandato e a sostegno di tale erronea interpretazione della norma richiama il principio onnicomprensivo dell’onorario sancito dall’art. 29 del d.m.; in tal modo il Tribunale non ha colto che il d.m. ha un solo articolo,
mentre è l’allegato a essere composto da una pluralità di articoli e l’invocata onnicomprensività dell’art. 29 dell’allegato è riferita esclusivamente agli onorari delle tabelle; d’altro canto l’art. 29, allegato a un d.m., non può abrogare una disposizione di legge quale l’art. 4 della legge n. 319/1980.
Il motivo è inammissibile perché non coglie la ratio della decisione impugnata (circa l’inammissibilità del motivo che non si confronta con la ratio decidendi del provvedimento impugnato v., tra le varie, Cass. n. 11989/2017 e Cass. n. 8247/2024).
Nel caso di specie il Tribunale non ha affatto esteso il principio di onnicomprensività (di cui all’art. 29 dell’allegato al d.m. 30 maggio 2002) alle vacazioni, ma ha escluso dalle vacazioni quelle attività che ha ritenuto comprese nella attività di estimo disciplinata dall’art. 13 dell’allegato. Il principio di onnicomprensività è stato dunque richiamato con riferimento agli articoli dell’allegato e non rileva certo al riguardo che il Tribunale abbia fatto rinvio a tali articoli omettendo per sinteticità il riferimento all’allegato (v. pag. 3 dell’ordinanza impugnata).
Il secondo motivo contesta ‘violazione ed erronea applicazione dell’art. 13 dell’allegato del d.m. 30 maggio 2002, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.’: il Tribunale ha operato una differenziazione tra gli onorari per la valutazione dei terreni e quelli afferenti alla valutazione dei fabbricati, ma non ha riconosciuto le doglianze sulla eterogeneità di tutti gli immobili, non calcolando così separatamente l’onorario per ogni singolo bene e ciò senza ‘una sola parola di motivazione sul predetto convincimento’, con ‘assoluta mancanza di motivazione’.
Il motivo è inammissibile: anzitutto, pur denunciando formalmente il vizio di violazione di legge e quello di omesso esame di un fatto storico, lamenta in realtà l’insufficienza della motivazione del Tribunale (vizio non più denunciabile dopo la
modifica di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.); in ogni caso, poi – ed il rilievo è decisivo -difetta di specificità (art. 366 n. 4 e 6 cpc), non indicando neppure, come avrebbe dovuto, quali erano le caratteristiche dei singoli immobili che ne imponevano la valutazione separata e non precisando di avere indicato tali caratteristiche al giudice dell’opposizione, non essendo sufficiente il generico richiamo alle ‘ doglianze sulla eterogeneità degli immobili ‘ e il riferimento alla richiesta, da parte del giudice, di valutazione di uno dei fabbricati.
Il terzo motivo lamenta, infine, ‘violazione ed erronea applicazione dell’art. 12 dell’allegato del d.m. 30 maggio 2002, in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c.’: circa il mancato riconoscimento degli onorari di cui al richiamato art. 12, il Tribunale ha erroneamente ritenuto che si trattasse di ulteriori importi rispetto all’atto introduttivo, nonché di onorari non richiesti nel corso del giudizio.
Il motivo non può essere accolto.
Il Tribunale, nel rigettare la censura relativa al mancato riconoscimento di ulteriori importi ai sensi dell’art. 12 del d.m. 30 maggio 2002, ha rilevato come, dall’esame del decreto di liquidazione opposto e dall’istanza di liquidazione, emerga che è stato correttamente riconosciuto un compenso di euro 3.881,68, mentre nessun altro importo poteva essere riconosciuto in assenza di apposita richiesta di liquidazione. A fronte di tale affermazione della Corte, il ricorrente – che ha denunciato la violazione ed erronea applicazione dell’art. 12 dell’allegato del d.m. 30 maggio 2002 – prima sembra dire che il Tribunale non ha considerato una prima parcella e poi che il Tribunale poteva comunque, sia pure a fronte della ‘tardività delle parcelle depositate’, liquidare d’ufficio quanto spettante al ricorrente. A fronte di quanto dichiarato dal ricorrente, che pare riconoscere la mancanza dell’istanza di liquidazione, bene ha fatto il giudice, che non poteva certo
procedere a una liquidazione d’ufficio, a considerare solo quanto richiesto, a prescindere dal fatto che, in ogni caso, il vizio denunciato non può ricondursi alla violazione di legge di cui al n. 3 dell’art. 360 c.p.c.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti, che liquida in euro 2.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della seconda