Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11264 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11264 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7803-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE ASSOCIATI, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO N. 8147/2019 del TRIBUNALE DI ALESSANDRIA, depositato in data 24/1/2019;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘adunanza in camera di consiglio del 27/2/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha chiesto di essere ammesso al passivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dichiarato con sentenza del 15/12/2017, per la somma di €. 269.872,23, in
collocazione privilegiata a norma dell ‘ art. 2751 bis c.c., e per la somma di €. 25.000,00, in collocazione chirografaria, oltre accessori di legge, in ragione RAGIONE_SOCIALE prestazioni professionali svolte, in sede precontenziosa ed in sede giudiziale, su incarico della società fallita.
1.2. Il giudice delegato ha ammesso l ‘ istante al passivo del fallimento per la somma di €. 36.750,00, in collocazione chirografaria.
1.3. Lo RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione allo stato passivo deducendo, tra l ‘ altro, che l ‘ attività professionale non era cessata alla data della rendicontazione del 24/3/2015, essendo in realtà proseguita fino alla data della sentenza della commissione tributaria dell ‘ 11/1-2/5/2016, che ha recepito l ‘ accordo intercorso tra le parti, e che, trattandosi di prestazioni concluse nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento, intervenuta in data 15/12/2017, doveva essere riconosciuto il privilegio previsto dall ‘ art. 2751 bis c.c..
1.4. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato l ‘ opposizione.
1.5. Il tribunale, in particolare, dopo aver evidenziato che, tanto ‘ ai fini della quantificazione del compenso ‘ , quanto ‘ ai fini del riconoscimento del privilegio vantato ‘, ‘ il punto nodale della controversia riguarda il momento in cui l ‘ attività professionale si sarebbe conclusa ‘, ha ritenuto, in fatto, che: -in data 18/3/2015, la società fallita ha conferito l ‘ incarico ad alcuni avvocati per essere rappresentata e difesa nel giudizio promosso per l ‘ annullamento di un avviso di accertamento emesso dall ‘ RAGIONE_SOCIALE e pendente presso la commissione tributaria provinciale di Alessandria; -successivamente a tale momento, lo RAGIONE_SOCIALE, pur in mancanza di una formale revoca dell ‘ incarico allo stesso
precedentemente conferito, ‘ non ha più svolto alcuna attività ‘, tant ‘ è che ‘ da quel momento in nessun atto viene più menzionato … ‘ ; – la missiva inviata dallo RAGIONE_SOCIALE in data 24/3/2015, pertanto, ‘ assume il significato di una vera e propria rendicontazione dell ‘ attività svolta (come tra l ‘ altro espressamente indicato nell ‘ oggetto) in occasione della cessazione del mandato’ ; – dopo il conferimento del nuovo incarico in data 18/3/2015, del resto, alla commissione tributaria sono stati richiesti plurimi rinvii, e ‘ ciò esclude che il percorso conciliativo fosse già giunto alla fase conclusiva perché altrimenti non sarebbero stati necessari e giustificati ulteriori differimenti ‘; – del resto, ‘ nel ricorso per l ‘ autorizzazione alla conciliazione … si dà atto che <> ‘ .
1.6. Il tribunale, quindi, ha escluso che la conciliazione sia stata ‘ il frutto dell ‘ attività ‘ svolta dallo RAGIONE_SOCIALE ed ha, pertanto, ritenuto che l ‘ opponente non avesse il diritto né al compenso così come previsto nell ‘accordo del 20/9/2012 ‘ in caso di definizione della controversia o di buon esito del contenzioso ‘ , né, a fronte della cessazione dell ‘ incarico in data ‘ … 24 marzo 2015 e quindi oltre il biennio dalla dichiarazione di fallimento … ‘, al privilegio previsto dall ‘ art. 2751 bis n. 2 c.c..
1.7. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato lunedì 25/2/2019, ha chiesto, per sei motivi, la cassazione del decreto.
1.8. Il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 2233 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale, dopo aver ritenuto che ‘ l ‘ incarico dello studio acta fosse terminato ‘ ‘nel marzo 2015 ‘ e che ‘ della fase dell ‘ accettazione della proposta conciliativa si era occupato altro studio ‘, ha escluso che l ‘ opponente potesse richiedere il compenso relativo a una fase cui non aveva partecipato, omettendo, tuttavia, di considerare che il mandato professionale conferito dalla società poi fallita allo RAGIONE_SOCIALE, così come regolato dagli accordi contrattuali intervenuti tra le parti, prevedeva espressamente, ai fini di cui all ‘ art. 2233 c.c., ‘ l ‘ estensione del rapporto fino all ‘ espletamento degli incarichi ivi previsti, vale a dire fino al completamento dei giudizi tributari di primo e secondo grado ‘ , e che il compenso aggiuntivo previsto dalla clausola di RAGIONE_SOCIALE Fee , espressamente condizionato alla definizione amichevole della controversia ovvero alla conclusione anche parzialmente positiva del contenzioso, remunerava l ‘ attività prestata fino all ‘ esito del contenzioso e, quindi, non solo quella eventualmente svolta per ottenere una conciliazione giudiziale.
2.2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, il ricorrente, lamentando l ‘ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha escluso che la conciliazione era stata il frutto dell ‘ attività svolta dallo RAGIONE_SOCIALE opponente e che lo stesso avesse il diritto al compenso così come previsto nell ‘ accordo del 20/9/2012 per il caso di definizione della controversia o di buon esito della stessa, senza, tuttavia, considerare che ‘ il risultato della conciliazione era stato massimamente influenzato dal precedente andamento del
contenzioso tributario in corso ‘ e che ‘ la success fee era necessariamente collegata alla specifica attività prestata in sede contenziosa, e poi riversatasi nella conciliazione quale accordo conclusivo della fase contenziosa ‘ . La conciliazione giudiziale, infatti, ha osservato la ricorrente, non è attività autonoma rispetto al ricorso per cui, se non vi sono motivi per negare che ci sia stato un dialogo tra i nuovi difensori della COGNOME e l ‘ RAGIONE_SOCIALE in merito alla conciliazione, non ve ne sono neppure per negare, come ha invece fatto il tribunale, che al risultato in questione abbia contribuito in maniera determinante, con gli atti causa, l ‘ attività svolta dallo RAGIONE_SOCIALE opponente.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 48 proc.trib., nella versione vigente ratione temporis , in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha escluso che lo RAGIONE_SOCIALE opponente avesse partecipato alla conciliazione giudiziale trascurando, però, di considerare che lo stesso aveva espressamente sollecitato l ‘ ufficio, come previsto dall ‘ art. 48 cit., alla formulazione di una proposta di conciliazione cui l ‘ impugnante avesse previamente aderito.
2.4. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati, nei limiti che seguono.
2.5. Il tribunale, infatti, ha rigettato la domanda con la quale lo RAGIONE_SOCIALE opponente aveva chiesto l ‘ ammissione al passivo del fallimento della società committente per il compenso ulteriore così come previsto nel contratto di prestazione d ‘ opera professionale stipulato dalle parti il 20/9/2012 (tra l ‘ altro) per il ‘ caso di definizione (amichevole) della controversia ‘ ‘mediante … conciliazione giudiziale … ‘ , sul rilievo, in fatto, che, dopo la cessazione del rapporto in data 18/3/2015 (conseguente al
recesso, ancorché non formalizzato, operato dalla committente con l ‘ affidamento ad altri professionisti dell ‘ incarico di essere difesa nel giudizio tributario già affidato allo RAGIONE_SOCIALE), la conciliazione che aveva definito tale giudizio non era stata, in realtà, il frutto dell ‘ attività professionale di quest ‘ ultimo.
2.6. Così giudicando, tuttavia, il tribunale non ha considerato il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui ‘ l ‘ art. 2237 cod. civ., il quale pone a carico del cliente che receda dal contratto d ‘ opera il compenso per l ‘ opera svolta (indipendentemente dall ‘ utilità che ne sia derivata), può essere derogato dai contraenti, i quali possono subordinare il diritto del professionista alla realizzazione di un determinato risultato, con la conseguenza che il fatto oggettivo del mancato verificarsi dell ‘ evento dedotto come oggetto della condizione sospensiva comporta l ‘ esclusione del compenso stesso, salvo che il recesso ante tempus da parte del cliente sia stato causa del venir meno del risultato oggetto di tale condizione ‘ (Cass. n. 14510 del 2012; Cass. n. 11497 del 1992).
2.7. In effetti, come osservato dalla sentenza da ultimo richiamata: -‘… in linea di principio, il recesso del cliente, giustificato o meno, non incide sulla determinazione della misura del compenso, se non nel senso che il compenso è dovuto non per l ‘ opera commessa, ma solo per l ‘ opera svolta in quanto la legge (art. 2237 cod. civ., comma 1) pone a suo carico, una obbligazione indennitaria, indipendentemente dalla utilità che al committente sia derivata dall ‘ opera del professionista ‘; -‘t uttavia, ciò non esclude che il diritto di recesso e gli effetti che da esso scaturiscono, data la loro inerenza al tipo negoziale pattuito, in quanto diretti alla tutela di interessi che non trascendono quelli RAGIONE_SOCIALE parti, sono derogabili esplicitamente o implicitamente dai contraenti ‘; -‘n e consegue che se vi è stata
tra le parti una valida convenzione nel senso di ancorare non la misura del compenso, ma il diritto stesso al compenso, alla realizzazione di un determinato risultato – ed è nota la piena ammissibilità per i contratti d ‘ opera della previsione di condizioni per l ‘ erogazione dei compensi, sì da determinare per tali contratti la configurazione di contratti aleatori – il fatto oggettivo del mancato verificarsi del risultato utile previsto, secondo le modalità pattuite, comporta necessariamente che nessun diritto al compenso può dirsi mai sorto a favore del professionista, neppure in caso di revoca dell ‘ incarico, nella misura più limitata dell ‘ opera effettivamente prestata …’ : è fatto salvo, tuttavia, il caso, come quello in esame, in cui ‘ il recesso ante tempus del cliente sia stato causa del venir meno del risultato’.
2.8. Il recesso anticipato della società committente (che il tribunale ha, in fatto, accertato, non essendo, del resto, a tal fine necessaria una specifica manifestazione di volontà: cfr. in tal senso Cass. n. 4459 del 2016; Cass. n. 4181 del 1976), invero, ha, evidentemente, impedito che lo RAGIONE_SOCIALE opponente completasse l ‘ opera professionale intrapresa e non può, dunque, escludere, in ragione del principio esposto, che, ai fini dell ‘ insorgenza del suo diritto al compenso (ulteriore) pattuito per il caso di ‘ definizione amichevole della controversia ‘ ‘mediante … conciliazione giudiziale … ‘ , si tenga, appunto, doverosamente conto del fatto a tal fine dedotto in contratto d ‘ opera professionale, e cioè dell ‘ esito finale, così come in fatto si è poi verificato, del contenzioso tributario allo stesso (inizialmente) affidato: ferma restando, naturalmente, la necessità di verificare se ed in quale misura la prestazione professionale in precedenza svolta dallo RAGIONE_SOCIALE opponente abbia, in fatto, contribuito (come lo stesso ha dedotto) alla realizzazione effettiva di quell ‘ esito.
2.9. Si è già detto, invero, che nel contratto di prestazione d ‘ opera professionale, compreso quello intercorso tra cliente e difensore in materia giudiziale, il cliente può sempre recedere dal contratto, pagando al prestatore d ‘ opera le spese sostenute e il compenso per l ‘ opera svolta (art. 2237, comma 1°, c.c.), e che il recesso del cliente, giustificato o meno, non incide sulla determinazione della misura del compenso se non nel senso che il compenso è dovuto non per tutta l ‘ opera commessa ma, sulla base dei criteri previsti dall ‘ art. 2233 c.c., solo per l ‘ opera svolta (Cass. n. 29745 del 2020; Cass. n. 6465 del 2022, in motiv.).
2.10. Ciò comporta che, nel caso in cui vi sia stata tra il cliente e il difensore una valida ed efficace determinazione convenzionale del compenso, la stessa, salvo che le parti contraenti abbiano manifestato una volontà contraria, rimane pur sempre applicabile anche nel caso di recesso del cliente, sicché il compenso pattuito per l ‘ intera opera (compreso, evidentemente, quello aggiuntivo previsto, come nella vicenda in esame, per il caso di ‘ definizione amichevole della controversia ‘ ‘mediante … conciliazione g iudiziale … ‘: v. il testo della clausola così come incontestatamente riprodotto in ricorso a p. 3) dovrà essere proporzionalmente ridotto in relazione all ‘ opera prestata (cfr. Cass. n. 29745 del 2020; Cass. n. 6465 del 2022, in motiv.; in precedenza, Cass. n. 10444 del 1998).
2.11. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 2751 bis c.c., in relazione agli artt. 1334 e 2237 c.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che lo RAGIONE_SOCIALE opponente non aveva diritto al privilegio previsto dall ‘ art. 2751 bis n. 2 c.c. sul rilievo che l ‘incarico era cessato in data 24/3/2015, vale a dire oltre il biennio dalla dichiarazione di fallimento , senza, tuttavia,
considerare che: -la società committente non ha mai formalmente receduto, con atto comunicato allo RAGIONE_SOCIALE istante, dal mandato professionale conferito a quest ‘ ultimo; -in mancanza di recesso RAGIONE_SOCIALE parti, pertanto, lo stesso è rimasto efficace fino alla sua scadenza contrattuale, ravvisabile nella cessazione del contenzioso, e cioè quando, in data 2/5/2016, è stata depositata la sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere; – il credito al compenso maturato dallo RAGIONE_SOCIALE ricorrente, sia quello fisso per il contenzioso, sia quello condizionato per la RAGIONE_SOCIALE F ee, essendo per intero compreso nei due anni anteriori alla cessazione dell ‘ incarico, è, dunque, munito del privilegio previsto dall ‘ art. 2751 bis n. 2 c.c..
2.12. Il motivo è fondato, nei termini che seguono, con assorbimento del quinto e del sesto.
2.13. In tema di privilegio generale sui beni mobili dovuto sui compensi per le prestazioni professionali, infatti, il limite temporale degli ‘ ultimi due anni di prestazione ‘ previsto dall ‘ art. 2751 bis n. 2 c.c. ‘… decorre non dal momento della dichiarazione di fallimento del debitore, bensì dal momento in cui l ‘ incarico professionale è stato portato a termine o è comunque cessato, allorché il credito dell ‘ onorario è divenuto liquido ed esigibile, e, dato il carattere unitario dell ‘ esecuzione dell ‘ incarico e dei relativi onorari, il privilegio copre anche il corrispettivo dell ‘ attività svolta prima del biennio anteriore alla cessazione ‘ (Cass. n. 20755 del 2015, in motiv.).
Il ricorso dev’essere, quindi, accolto: e il decreto impugnato, per l’effetto, cassato con rinvio al tribunale di Alessandria che, in differente composizione, provvederà ad accertare se ed eventualmente in quale misura le prestazioni professionali già svolte dallo RAGIONE_SOCIALE opponente abbiano effettivamente contribuito alla definizione del giudizio tributario
a mezzo della conciliazione e se e in quale misura i compensi professionali dallo stesso maturati, compresi quelli già ammessi al passivo, godevano, o meno, alla luce del principio esposto, del privilegio previsto dall’art. 2751 bis n. 2 c.c., nonché , all’esito, a regolare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il primo, il secondo, il terzo ed il quarto motivo di ricorso, nei limiti esposti in motivazione, e dichiara assorbiti gli altri; cassa, per l’effetto, il decreto impugnato con rinvio per un nuovo esame al tribunale di Alessandria che, in differente composizione, provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima