Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9987 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9987 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/04/2024
La Corte di Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla Regione RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, che aveva accolto la domanda di NOME COGNOME, volta ad ottenere gli aumenti della retribuzione individua le di anzianità (RIA) maturati ai sensi dell’art. 30 della L.R. n. 27/1984, dell’art. 33 della L.R. n. 23/1989 e dell’art. 42 della L.R. n. 12/1991.
COGNOME, dipendente della Regione RAGIONE_SOCIALE, aveva dedotto che a decorrere dal 10.8.1987, per effetto della legge n. 219/1981, aveva svolto attività tecnico professionale ai fini della ricostruzione edilizia conseguente agli eventi sismici del 1980 in favore del Commissario Straordinario di Governo per RAGIONE_SOCIALE, c he ai sensi dell’art. 12 della legge n. 730/1986 era stata immessa nei ruoli speciali istituiti presso la Regione RAGIONE_SOCIALE previo espletamento di concorso, con riconoscimento dell’equiparazione delle qualifiche statali e quelle dell’ordinamento regionale, che era stata immessa nel ruolo speciale ad esaurimento ai sensi della L.R. n. 4/1990 e della L.R. n. 8/1990 con delibera della Regione RAGIONE_SOCIALE n. 25222 del 1992 (che le aveva riconosciuto l’anzianità solo dal 1.3.1992) e che, a seguito della L.R. n. 1 del 2007 e della delibera regionale n. 1363 del 2008, con decreto n. 337 del 2011 aveva ottenuto il riconoscimento dell’anzianità di servizio anche per il periodo dal 10.8.1987 e l’inquadramento nel livello funzionale 4°, con qualifica di esecutore.
La Corte territoriale ha ritenuto la tardività dell’appello, evidenziando che la COGNOME in data 23.9.2019 aveva notificato con esito positivo la sentenza di primo grado, depositata in data 16.5.2019, ai procuratori costituiti della Regione RAGIONE_SOCIALE presso l’indirizzo pec indicato nella memoria di costituzione di primo grado.
Considerato che l’appellata aveva prodotto in giudizio la prova informatica della notifica della sentenza ai procuratori in copia conforme, producendo la pec di avvenuta accettazione e di avventa consegna, sulla scorta dei principi espressi
dalla giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto l’idoneità di tale notifica a far decorrere il termine breve per l’impugnazione.
La Corte territoriale ha inoltre evidenziato che la tardività dell’appello è rilevabile d’ufficio e non è sanata nemmeno dalla costituzione dell’appellato e che alle controversie di cui all’art. 429 cod. proc. civ. non si applica il regime della sospensione dei termini relativi al periodo feriale.
Ha dunque rilevato il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado in data 23.10.2019 e la conseguente inammissibilità del gravame proposto in data 15.11.2019.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria.
La Regione RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
DIRITTO
Con l’unico motivo, il ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92, comma secondo, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Deduce che la sentenza impugnata ha valorizzato il mancato svolgimento di difese ulteriori, da parte della Regione RAGIONE_SOCIALE, lamentando che i motivi posti a fondamento della compensazione delle spese di lite non integrano gli estremi delle gravi ed eccezionali ragioni indicate dall’art. 92, comma secondo, cod. proc. civ.
Richiama la giurisprudenza di legittimità secondo cui l’adozione di una pronuncia di inammissibilità dell’appello non integra, per ciò solo, un grave ed eccezionale motivo di compensazione.
Il ricorso è fondato, in conformità a precedente in termini di questa Corte (Cass. n. 14199/2021), a cui si intende dare continuità e alla cui motivazione si rinvia ex art.118 disp. att. cod. proc. civ.
Dalla sentenza impugnata risulta che il ricorso di primo grado è stato depositato in data 24.4.2018, e dunque in epoca successiva alla pronuncia della sentenza della Corte Costituzionale n. 77 del 19 aprile 2018, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, secondo comma, cod. proc.
civ., come modificato dall’art. 13 del d.l. n. 132/2014, «nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni».
Nella motivazione della pronuncia la Corte ha precisato che le ipotesi illegittimamente non considerate dal legislatore devono rivestire il carattere di gravità ed eccezionalità al pari di quelle tipizzate, ossia l’assoluta novità della questione trattata ed il mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, che «hanno carattere paradigmatico e svolgono una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale» (punto 16 della pronuncia).
Si è inoltre ribadito l’orientamento consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui le gravi ed eccezionali ragioni, al pari di ogni altra clausola generale, devono essere specificate dal giudice di merito in via interpretativa ed il giudizio, in quanto fondato su norme giuridiche, è censurabile in sede di legittimità (Cass. n. 9977/2019; Cass. n. n. 23059/2018) e la Corte di Cassazione ha il potere di rilevare l’erroneità o l’illogicità del parametro utilizzato.
Nel caso di specie la sentenza additiva della Corte Costituzionale ha sottolineato la funzione parametrica ed il carattere paradigmatico delle fattispecie tipizzate, esplicative della causa generale, alle quali, all’evidenza, non può essere equiparata «la natura della vicenda esaminata».
Qualora sia impugnata per cassazione la compensazione delle spese compiuta dal giudice di merito, e non siano necessari accertamenti di fatto, alla luce del principio di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost., che impone di non trasferire una causa dall’uno all’altro giudice quando il giudice rinviante potrebbe da sé svolgere le attività richieste al giudice cui la causa è rinviata, è consentito alla Corte decidere la causa nel merito ex art. 384 c.p.c., liquidando le spese non solo del giudizio di legittimità, ma anche dei gradi di merito, in quanto sarebbe del tutto illogico imporre il giudizio di rinvio, al solo fine di provvedere ad una liquidazione che, in quanto ancorata a parametri di legge, ben può essere direttamente compiuta dal giudice di legittimità (v. Cass. n. 32537/2022 e Cass. n. 14199/2021 cit.).
Il ricorso va dunque accolto; la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito; la Regione RAGIONE_SOCIALE va dunque condannata al pagamento, nei confronti della COGNOME, delle spese del giudizio di appello, liquidate come in dispositivo.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna la Regione RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di appello, che si liquidano in € 4000,00 oltre accessori;
condanna la Regione RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi ed in € 4500,00 per competenze professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 19.3.2024.