Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21508 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21508 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ha pronunciato la seguente
Ordinanza sul ricorso n. 7393/2019 proposto da:
COGNOME NOME, difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliato a Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, difesa da ll’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliata a Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-controricorrente-
NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati- avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 2190/2018 del 13/12/2018.
Udita la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nel giugno 1973 NOME COGNOME, quale rappresentante di NOME COGNOME, vende alla propria madre NOME COGNOME gli immobili oggetto di causa. Nel 1974 COGNOME revoca la procura a NOME COGNOME e promuove
rilevanti – incensura-
bilità
Adunanza
camerale
3/7/2024
un giudizio (anteriore a quello attuale), domandando al Tribunale di Paola la dichiarazione di nullità della vendita, in quanto eseguita ad un prezzo irrisorio, mai corrisposto (700.000 lire di fronte ad un compendio immobiliare del valore di almeno 50 milioni di lire). Inoltre, COGNOME fa valere che nell’atto si è dichiarato falsamente che non vi sono rapporti di parentela, né tra il rappresentante del venditore e la compratrice (che invece sono, appunto, figlio e madre), né tra la compratrice e lui attore (che invece sono cognati, poiché COGNOME ha sposato NOME COGNOME, sorella della compratrice NOME).
Durante lo svolgimento del giudizio, nel febbraio del 1998, il medesimo compendio immobiliare viene tratto ad oggetto, nella cornice di un unico atto complesso, dapprima di una divisione in due parti di identico valore. Di tale atto sono parti, da un lato, NOME COGNOME, quale erede della madre NOME COGNOME, che in premessa è dichiarata essere comproprietaria per la metà; dall’altro lato vi è NOME COGNOME sr. (fratello di NOME), in veste di rappresentante di NOME COGNOME, che a sua volta è dichiarata essere comproprietaria per la restante metà. All’esito della divisione, la prima parte è attribuita in proprietà esclusiva a NOME COGNOME; la seconda parte è attribuita a NOME COGNOME sr. (sempre in veste di rappresentante di NOME COGNOME). In tale atto le due parti appaiono accordarsi per la rinuncia al giudizio in corso e dichiarano di non avere null’altro da pretendere l’una dall’altra. Contestualmente, in questo stesso atto del 1998, NOME COGNOME sr. (in veste di rappresentante di NOME COGNOME) vende al nipote ex filio, NOME COGNOME NOME, i beni attribuiti (in esito alla divisione) a NOME COGNOME. Il prezzo della vendita (lire 89.250.000) si dichiara essere stato già pagato prima dell’atto.
Nonostante la menzionata dichiarazione di rinuncia agli atti, nel 2000 il giudizio di nullità del primo atto di vendita (1973) dei beni a NOME COGNOME, viene proseguito da NOME COGNOME dopo la morte del marito (il COGNOME) e definito in primo grado con l’accoglimento della domanda per
difetto di procura in capo a NOME COGNOME, nonché per conflitto di interessi sempre in capo a lui. La pronuncia di primo grado viene confermata in appello nel 2005 nei confronti degli eredi di NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME.
Questi ultimi avviano poi il giudizio attuale, convenendo dinanzi al Tribunale di Paola NOME COGNOME sr. (quale unico erede di NOME COGNOME) e NOME COGNOME NOME per la dichiarazione di nullità dei due contratti (di divisione e di compravendita) e per la condanna di NOME COGNOME NOME al rilascio degli immobili e al risarcimento dei danni per l’occupazione l’abusiva. Gli attori allegano che NOME COGNOME ha donato loro tali immobili con un rogito del luglio 1999; ricordano che è stata dichiarata la nullità della compravendita del giugno 1973, con reingresso dei beni nel patrimonio di NOME; argomentano che è nullo pertanto anche l’atto di divisione e vendita del febbraio del 1998, poiché NOME non ha mai inteso procedere alla divisione e alla vendita e RAGIONE_SOCIALE era privo di poteri rappresentativi e si trovava altresì in conflitto di interessi. I convenuti chiedono il rigetto e, in riconvenzionale, la dichiarazione di nullità dell’atto del luglio 1999, anche in considerazione del sopravvenuto stato d’incapacità di intendere e di volere di NOME COGNOME, in subordine domandano il rimborso delle spese per i miglioramenti. Il Tribunale di Paola dichiara in primo grado la nullità della divisione. In appello è dichiarata altresì la nullità della compravendita contestuale tra NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME NOME con la condanna di quest’ultimo al rilascio dei beni.
Ricorre in cassazione NOME COGNOME NOME con un motivo, confermato da memoria. Resiste NOME COGNOME con controricorso. Rimangono intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME Il consigliere delegato ha proposto la definizione del ricorso per manifesta infondatezza. Il ricorrente ne ha chiesto la decisione.
Ragioni della decisione
L’unico motivo denuncia la violazione dell’art. 1419 c.c. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, poiché la Corte territoriale ha rilevato un collegamento negoziale funzionale tra l’atto di divisione e l’atto di vendita e perciò ha dichiarato la nullità consequenziale anche di quest’ultimo.
2. – Il ricorso è da rigettare.
Dopo aver rilevato il giudicato interno sulla nullità della divisione, la sentenza d’appello (p. 10 ss.) ha osservato che i beni appartenevano originariamente a COGNOME, per cui non si comprende come nella divisione essi siano stati dichiarati di proprietà per la quota indivisa della metà di NOME, stante la lite in corso. O meglio, ciò si spiega – prosegue la Corte con la dichiarata prospettiva transattiva. Senonché, non vi era alcuna volontà di NOME COGNOME di rinunciare alla lite, che infatti viene da lei proseguita. Il contenuto dell’atto impugnato non consente di intravedere il movente transattivo in NOME COGNOME nell’attribuire i beni del proprio marito, NOME COGNOME, per metà a NOME COGNOME tramite la divisione e, per la restante metà, ad NOME COGNOME NOME, tramite la vendita, per tacere del fatto che di questa non risulta provata neppure la corresponsione del prezzo. Pertanto, la Corte coglie il collegamento negoziale diretto a definire unitariamente l’assetto dei rapporti patrimoniali delle parti, avente ad oggetto il compendio immobiliare.
La Corte ha esposto così in modo effettivo, risoluto e coerente le ragioni a fondamento di tale accertamento e quindi non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità. Infatti, l ‘accertamento del giudice di merito di esistenza di un collegamento negoziale c.d. funzionale deve investire l’esistenza, l’entità, la natura, le modalità e le conseguenze del collegamento realizzato dalle parti mediante l’interpretazione della loro volont à contrattuale. Se svolto nel rispetto dei criteri ermeneutici e con corretto apprezzamento dei fatti, come nel caso attuale, esso si sottrae al sindacato di legittimità (Cfr. tra le altre Cass. 20634/2018 e 7524/2007).
3. – Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, anche ai sensi dell’art. 93 co. 3 e 4 c.p.c.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 4.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge. Inoltre, condanna la parte ricorrente al pagamento ex art. 96 co. 3 c.p.c. di € 3.000 in favore della parte controricorrente, nonché al pagamento ex art. 96 co. 4 c.p.c. di € 2.000 in favore della cassa delle ammende.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso a Roma, il 3/7/2024.