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Azione revocatoria: vendita con compensazione è a rischio

La Corte di Cassazione conferma la revoca di una vendita immobiliare il cui prezzo era stato pagato tramite compensazione con un credito preesistente. Questa modalità, qualificata come ‘datio in solutum’, costituisce un mezzo anomalo di pagamento che, insieme ad altri indizi come la tempistica sospetta della vendita e la consapevolezza della difficoltà economica del venditore, giustifica l’azione revocatoria a tutela dei creditori.

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Azione Revocatoria: La Vendita con Compensazione è Inefficace se Danneggia i Creditori

L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale a tutela dei creditori. Con l’ordinanza n. 13227/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito principi cruciali in materia, analizzando un caso di vendita immobiliare il cui prezzo era stato pagato tramite compensazione. La pronuncia chiarisce quando un atto, apparentemente legittimo, può essere dichiarato inefficace perché lesivo della garanzia patrimoniale dei creditori.

I Fatti del Caso

Una società, successivamente dichiarata fallita, vendeva il suo unico immobile di proprietà a un’altra società. La particolarità dell’operazione risiedeva nella modalità di pagamento: il prezzo di vendita veniva interamente compensato con un credito preesistente che l’acquirente vantava nei confronti della venditrice.

L’aspetto più critico era la tempistica: l’atto di compravendita veniva stipulato il giorno immediatamente successivo alla prima dichiarazione di fallimento della società venditrice (poi revocata e seguita da una nuova dichiarazione di fallimento due anni dopo). Il curatore fallimentare agiva in giudizio con un’azione revocatoria ordinaria per far dichiarare inefficace la vendita, sostenendo che essa avesse danneggiato la massa dei creditori. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda, spingendo la società acquirente a ricorrere in Cassazione.

I Presupposti dell’Azione Revocatoria secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito. L’analisi della Corte si è concentrata sui due pilastri dell’azione revocatoria: il presupposto oggettivo (eventus damni) e quello soggettivo (scientia damni).

L’Eventus Damni: Non Solo Danno Quantitativo

Il ricorrente sosteneva l’assenza di un danno per i creditori, ma la Cassazione ha chiarito che l’eventus damni non si configura solo quando il patrimonio del debitore diminuisce quantitativamente. Esso sussiste anche quando l’atto dispositivo comporta una modifica qualitativa del patrimonio che rende più incerto o difficile il recupero dei crediti.

Nel caso specifico, la Corte ha individuato il pregiudizio in diversi elementi:
1. Sostituzione di un bene stabile: Un immobile, facilmente aggredibile dai creditori, è stato sostituito non con denaro liquido (che avrebbe potuto soddisfare altri creditori), ma con l’estinzione di un singolo debito.
2. Modalità di pagamento anomala: La vendita con pagamento tramite compensazione è stata qualificata come una datio in solutum (dazione in pagamento). Questa non è considerata un atto dovuto, ma un negozio discrezionale che esula dall’adempimento di un debito scaduto e, come tale, è pienamente soggetto all’azione revocatoria.
3. Prezzo non congruo: Sebbene non fosse l’unico elemento, la Corte ha dato peso al fatto che il prezzo pattuito fosse inferiore al valore di stima dell’immobile.

La Scientia Damni: La Consapevolezza del Pregiudizio nell’Azione Revocatoria

Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, la Corte ha confermato che era sufficiente dimostrare la consapevolezza, da parte dell’acquirente, del pregiudizio che l’atto arrecava ai creditori della società venditrice. Questa consapevolezza (scientia damni) è stata desunta da una serie di indizi gravi, precisi e concordanti:
* Stato di decozione noto: L’acquirente non poteva non essere a conoscenza delle difficoltà economiche della venditrice, i cui debiti ammontavano a oltre 700.000 euro e risalivano a diversi anni prima.
* Tempistica sospetta: La stipula del contratto il giorno dopo la registrazione della prima dichiarazione di fallimento è stata ritenuta un indicatore fortissimo della consapevolezza del rischio per gli altri creditori.
* Corrispondenza tra prezzo e credito: Il fatto che il prezzo di vendita fosse stato fissato in misura esattamente pari al credito vantato dall’acquirente è stato visto come un ulteriore elemento a sostegno della tesi che l’operazione fosse finalizzata a garantire una posizione di vantaggio a discapito degli altri creditori.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione ribadendo che, nell’ambito dell’azione revocatoria ordinaria promossa dal curatore, spetta a quest’ultimo dimostrare la consistenza dei crediti del fallimento e la sussistenza di una situazione patrimoniale del debitore che, già al momento dell’atto, mettesse a rischio la garanzia patrimoniale generica. Tale onere probatorio è stato ritenuto ampiamente soddisfatto. La Corte ha sottolineato che la trasformazione di un bene immobile in un’estinzione di un debito, attraverso una modalità anomala come la compensazione, costituisce di per sé una variazione peggiorativa del patrimonio del debitore dal punto di vista dei creditori. Questi ultimi perdono la possibilità di rivalersi su un bene stabile e facilmente liquidabile. Inoltre, i giudici hanno affermato che la consapevolezza del terzo acquirente non deve necessariamente tradursi in una collusione (consilium fraudis), essendo sufficiente la conoscenza del pregiudizio arrecato alla massa creditoria.

le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza rafforza un principio di grande importanza pratica: le operazioni di compravendita immobiliare, specialmente se effettuate con modalità di pagamento diverse dal versamento di denaro e in un contesto di difficoltà economica del venditore, sono ad alto rischio di revoca in caso di successivo fallimento. L’acquirente deve prestare la massima attenzione non solo alla congruità del prezzo, ma anche alla situazione finanziaria del venditore e alla natura della transazione. La scelta di estinguere un proprio credito attraverso l’acquisto di un bene del debitore, anziché attendere il pagamento in denaro, può essere interpretata come un atto volto a garantirsi una posizione privilegiata, esponendo l’operazione all’inefficacia sancita dall’azione revocatoria.

Quando una vendita immobiliare può essere oggetto di azione revocatoria?
Una vendita immobiliare può essere revocata se sussistono due condizioni: un pregiudizio oggettivo per i creditori (eventus damni), che può essere anche solo una modifica qualitativa del patrimonio del venditore che rende più difficile il recupero dei crediti, e la consapevolezza di tale pregiudizio da parte del venditore e dell’acquirente (scientia damni).

Il pagamento del prezzo tramite compensazione con un credito è considerato un atto normale?
No, secondo la Cassazione, la vendita di un bene il cui prezzo viene estinto tramite compensazione con un debito preesistente non è un adempimento dovuto in senso tecnico. È assimilabile a una ‘datio in solutum’, ovvero una modalità anomala di estinzione dell’obbligazione che, in quanto atto discrezionale, è pienamente assoggettabile ad azione revocatoria.

Cosa deve dimostrare il curatore fallimentare per ottenere la revoca di un atto?
Il curatore deve dimostrare l’esistenza dell'(eventus damni), cioè che l’atto ha causato un pregiudizio concreto alla massa dei creditori, e della (scientia damni), ossia che il terzo acquirente era consapevole della situazione debitoria del venditore e del danno che l’atto arrecava agli altri creditori. Questa consapevolezza può essere provata anche tramite presunzioni e indizi, come la tempistica sospetta dell’operazione o la conoscenza dello stato di insolvenza del venditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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