Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 20728 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 20728 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 32828/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di MACERATA n. 193/2018 depositato il 12/10/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Emerge dalla ricostruzione del ricorso della curatela, non contestata nella sua cronologia dalla società controricorrente, che NOME COGNOME, in data 18 febbraio 2011, ha promesso di vendere a RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE), poi fallita, una villa al prezzo di € 1.500.000, di cui € 1.495.000 gli sono stati versati immediatamente a titolo di caparra confirmatoria, con pattuizione che il contratto definitivo avrebbe dovuto essere stipulato entro il 31 dicembre 2014.
NOME, solo quattro giorni dopo (22 febbraio 2011), ha concesso ipoteca volontaria, quale terzo datore di ipoteca, per due milioni di euro sulla predetta villa, a garanzia di un’apertura di conto corrente concessa da Banca delle Marche a RAGIONE_SOCIALE il 18 febbraio 2011.
COGNOME, in data 17 ottobre 2012, ha concesso nuovamente, sempre quale terzo datore, ipoteca per € 540.000 a garanzia di un’apertura di credito in conto corrente concessa da Banca delle Marche a RAGIONE_SOCIALE il 16 ottobre 2012.
Il tribunale ha dichiarato il fallimento della RAGIONE_SOCIALE in data 11 giugno 2014.
In data 23 dicembre 2014, il curatore, previa autorizzazione del G.D. a dare esecuzione al contratto preliminare, ha acquistato l’immobile (pagando i residui € 5.000), con rogito del AVV_NOTAIO, su cui gravano le due ipoteche.
RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi REV), cessionaria del credito di Banca delle Marche, ha chiesto di insinuarsi al passivo in privilegio ipotecario (anche) per € 1.497.264, con domanda del 31 dicembre 2015, e tale domanda è stata rigettata dal GD, che ha accolto l’eccezione sollevata in via breve ex artt. 95, 66 l.f. e 2901
c.c. osservando che le somme erogate erano state utilizzate per munire di garanzia preesistenti crediti chirografari.
Adito con l’opposizione ex art. 98 L.F., il Tribunale di Macerata ha accolto l’opposizione di REV, attribuendo rilievo dirimente, con conseguente assorbimento di qualsiasi altra ulteriore questione, alla circostanza che l’ipoteca, in virtù della quale l’opponente aveva chiesto l’insinuazione al passivo in privilegio, non era stata concessa dalla società dichiarata fallita, ma da un terzo, il COGNOME, allora proprietario degli immobili, i quali sono pervenuti al fallimento in virtù del successivo atto di vendita.
Il giudice di primo grado ha precisato che proprio perché l’ipoteca è stata concessa da un terzo rispetto al fallito, non si pone la problematica dell’ammissione al passivo con prelazione , atteso che l’atto di costituzione della garanzia, non riferendosi al patrimonio del debitore, non ha alterato la par condicio creditorum.
In conclusione, l’eccezione di revocatoria è stata rigettata sul rilievo che è stata inammissibilmente richiesta la revoca di un atto del terzo, e non del debitore.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la curatela ha dedotto l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c..
Lamenta la ricorrente che il Tribunale ha omesso di considerare la sequenza cronologica dei fatti come sopra riportati in narrativa, riportati nel dettaglio nel rogito di compravendita del AVV_NOTAIO
del 23.12.2014, e non ha colto che, sin dall’inizio della complessa operazione iniziata con la sottoscrizione da parte della RAGIONE_SOCIALE del contratto preliminare e con il versamento da parte della stessa della quasi totalità del prezzo di compravendita, era evidente come le due ipoteche fossero state iscritte su immobile che già al momento della concessione dei due finanziamenti era destinato ad entrare nel patrimonio della società poi fallita e che il COGNOME, con il contratto di definitivo di compravendita, non avrebbe dovuto rispondere di alcunché nei confronti del creditore ipotecario.
Proprio tale circostanza rendeva, altresì, evidente che la creditrice ipotecaria avrebbe potuto agire nei confronti di NOME una volta perfezionata la vendita.
Il tribunale avrebbe dovuto valutare che, in adempimento degli obblighi assunti, vi era stato ricongiungimento in capo alla fallita RAGIONE_SOCIALE dei debiti con le garanzie ipotecarie.
2. Il motivo è inammissibile.
La curatela ricorrente ha lamentato l’omessa considerazione, ex art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c., da parte del giudice di primo grado, di alcuni elementi di fatto evincibili dal rogito del AVV_NOTAIO del 23.12.2014, Rep. N. 141473, la cui valutazione, a suo dire, avrebbe dato senz’altro luogo ad una decisione diversa.
Tra questi elementi segnala, oltre alla stipula del contratto preliminare con relativa pattuizione del prezzo, la costituzione delle garanzie da parte del COGNOME e la concessione dei finanziamenti da parte della Banca, anche la circostanza che la promissaria acquirente RAGIONE_SOCIALE aveva pagato un mese circa dopo la stipula del preliminare, a titolo di caparra confirmatoria, la somma di € 1.495.000,00, corrispondente al 99,67% circa del prezzo convenuto di € 1.500.000,00.
L’omesso esame di tali elementi soprattutto il pagamento nell’immediatezza della stipula del preliminare della quasi totalità del corrispettivo della compravendita -non aveva consentito al giudice di primo grado di percepire che l’immobile con le due ipoteche sullo stesso gravanti sarebbe entrato nel patrimonio della RAGIONE_SOCIALE e quindi le due ipoteche avrebbero fatto solo ed esclusivamente capo alla stessa società poi fallita.
Ritiene questo Collegio che, inammissibilmente, la curatela ricorrente ha invocato la fattispecie di cui all’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c..
Va preliminarmente osservato che è orientamento consolidato di questa Corte (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., 23 marzo 2017, n. 7472; Cass., 2 luglio 2020, n. 13578) quello secondo cui il mancato esame di un documento costituisce un vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. solo se il documento non esaminato offra la prova di fatti, primari o secondari, che siano stati oggetto della controversia, su cui si è pronunciato il giudice, e che si rivelino decisivi, in quanto il loro esame è in grado di determinare un diverso esito della vertenza; per questo motivo, la denuncia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo a una decisione diversa.
Inoltre, in applicazione dell’art. 366, co mma 1, n. 4), c.p.c., la parte che propone ricorso per cassazione facendo valere l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, è tenuta ad allegare in modo non generico il ‘fatto storico’ non valutato, il ‘dato’ testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua ‘decisività’ per la definizione della vertenza (vedi ancora S.U. Cass. n. 8053/2014).
Orbene, nel caso di specie, la curatela, che nella narrativa del proprio ricorso ha avuto cura di riportare alcuni passaggi della propria comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione ex art. 98 L.F. (pagg. 1015), non ha dimostrato il ‘come’ e il ‘quando’ alcuni dei fatti che ritiene decisivi, veicolati dal documento asseritamente non esaminato (rogito notarile del 23.12.2014), fossero stati oggetto di discussione tra le parti, per averli la stessa curatela sottoposti specificamente all’esame del giudice di merito. In particolare, nei passaggi della sua comparsa di costituzione nel giudizio ex art. 98 L.F. trascritti in ricorso non vi è traccia dell’elemento che viene indicato nel ricorso come decisivo , costituito del pagamento, da parte della RAGIONE_SOCIALE, nell’immediatezza del preliminare, a titolo di caparra confirmatoria, del pressochè integrale pagamento del prezzo della compravendita (per la precisione, il 99,67% del corrispettivo convenuto), circostanza esemplificativa dell’esistenza di una ‘complessa operazione negoziale’ che consentiva di imputare, nella sostanza, l’atto, formalmente del terzo, alla società debitrice poi fallita.
Alla luce di quanto sopra illustrato, è condivisibile l’affermazione con cui la controricorrente deduce che alcuni fatti che vengono a comporre l’articolato ragionamento presuntivo svolto dalla difesa della curatela nel ricorso non sono stati oggetto di discussione tra le parti nel giudizio di merito, introducendo una questione nuova non sottoposta all’esame del giudice di primo grado.
Anche la prospettazione giuridica della curatela (la causa petendi consiste, a norma dell’art. 163 comma 2° n. 4 c.p.c., nell’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda) era stata diversa nel giudizio ex art. 98 L.F., essendo stato solo evidenziato (pag. 13 e 14 ricorso) che le operazioni di finanziamento avevano avuto quale unica finalità quella di trasformare preesistenti crediti chirografari in altri garantiti dal privilegio ipotecario, essendo le somme erogate a
titolo di finanziamento della banca state utilizzate per soddisfare in maniera preferenziale debiti preesistenti non scaduti di natura chirografaria.
La curatela ricorrente non si era minimamente posta la questione che gli atti di costituzione di ipoteca -quelli di cui viene chiesta la revoca ex art. 66 L.F. -erano stati posti in essere dal terzo, né si era espressa in ordine a l ruolo svolto da quest’ultimo nell’operazione di cui è causa.
Se è pur vero che il giudice può dare ad una fattispecie una diversa qualificazione giuridica rispetto a quella prospettata dalla parte, tuttavia, tale diversa qualificazione deve essere ancorata agli stessi fatti allegati dalla parte e, nel caso di specie, è stato già evidenziato che la curatela non aveva neppure sottoposto alcuni fatti ritenuti decisivi all’esame del giudice di merito, essendo questi ultimi stati dedotti per la prima volta solo nel ricorso per cassazione.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 51, 52, 54, 93, 111, 95 e 66 l. f., 112 e 113 c.p.c., 2901 c.c..
Premette la ricorrente che il tribunale ha riconosciuto la possibilità di attribuire alla Banca la prelazione ipotecaria in ragione della intervenuta riunione fra il debito contratto dalla fallita con le due garanzie ipotecarie concesse dal terzo a causa dell’acquisto dell’immobile.
Avendo quindi il giudice di primo grado ritenuto riconoscibile il privilegio ipotecario in virtù della predetta riunione, nonostante che le ipoteche fossero state costituite originariamente da un terzo, con la stessa prospettiva, il giudice di merito avrebbe dovuto ritenere ammissibile e proponibile l’eccezione revocatoria sollevata dalla curatela ex 66 L.F., dovendosi, per effetto della riunione del debito
con le ipoteche, valutare, anche a tali fini, la valenza degli atti di costituzione delle garanzie nell’ambito del concorso.
In conclusione, se la predetta riunione valeva a riconoscere la prelazione ipotecaria alla banca, allora avrebbe dovuto valere anche a consentire l’eccezione revocatoria al curatore.
Il motivo presenta concomitanti profili di inammissibilità e infondatezza.
In primo luogo, la curatela, come dalla stessa evidenziato a pag. 40 del ricorso (‘ l’errore in cui è incorso il Tribunale di Macerata è stato quello di non considerare come illustrato nel 1° motivo …..’), fonda il secondo motivo sulle stesse circostanze fattuali inammissibilmente prospettate nel primo motivo, secondo quanto sopra illustrato.
La censura è comunque infondata.
A norma dell’art. 66 L.F., ‘il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile’.
Posto, dunque, che l’azione revocatoria ordinaria ex art. 66 l.fall. ha natura derivata rispetto all’azione ex art. 2901 c.c., soggiacendo a presupposti identici (cfr. Cass. n. 28286/2023), è evidente che, ai fini dell’accoglimento di tale azione, il creditore deve fornire la prova che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto (posteriore, come nel caso di specie, al sorgere del credito) arrecava alle ragioni del creditore e, in caso di atto a titolo oneroso, che anche il terzo fosse consapevole di tale pregiudizio.
Le valutazioni che deve compiere il giudice per accertare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c. devono essere quindi focalizzate sul momento in cui è stato compiuto l’atto del patrimonio del debitore pregiudizievole ai creditori.
Effettuata questa doverosa premessa, la prospettazione della curatela, secondo cui la fondatezza dell’eccezione revocatoria deriverebbe all’intervenuta, medio tempore (per effetto dell’acquisto da parte della curatela del bene su cui erano state iscritte le ipoteche), riunione in capo allo stesso soggetto del debito con le garanzie, determina uno stravolgimento dei presupposti richiesti per l’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria, richiedendo, erroneamente, la curatela di valutare, ex post, requisiti che devono essere, invece, necessariamente esaminati con riferimento alla data del compimento dell’atto pregiudizievole.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la curatela ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 5.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma in data 23 aprile 2024 e, a seguito di