Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11325 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11325 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17124/2020 R.G. proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), indirizzo PEC: EMAIL
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE), indirizzo PEC: EMAIL
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA n. 481/2019 depositata il 13/03/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Nel 2008 NOME COGNOME, agendo sia in proprio, sia quale socio al 50% della RAGIONE_SOCIALE, sia quale socio e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Lanciano AVV_NOTAIO e la RAGIONE_SOCIALE liquidazione con azione di responsabilità per i danni causati dal primo nella gestione della società di cui, oltre che socio al 50%, era stato amministratore fino al momento della messa in liquidazione, mediante una serie di atti lesivi sia per la società che per l ‘ attore.
1.1 -Il COGNOME sollevò una serie di eccezioni preliminari e chiese dichiararsi il proprio difetto di legittimazione passiva con riguardo alle somme richieste da RAGIONE_SOCIALE e dal COGNOME in proprio, adducendo che le stesse «risultavano saldate dalle scritture contabili della società».
1.2. -Nelle more del giudizio la RAGIONE_SOCIALE venne dichiarata fallita e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (di seguito RAGIONE_SOCIALE) si costituì in giudizio per proseguire l’azione di responsabilità promossa nel socio, facendone proprie le domande.
1.3. -Il tribunale, espletate prove orali e disposta CTU tecnico contabile -dalla quale era emerso che il COGNOME aveva tenuto una condotta distrattiva delle risorse della RAGIONE_SOCIALE, avuto riguardo ad alcuni pagamenti effettuati in favore della società RAGIONE_SOCIALE (riconducibile alla famiglia del COGNOME), alla mancata riscossione del credito vantato nei confronti del figlio NOME COGNOME, alla vendita sottocosto di un bene a favore della società RAGIONE_SOCIALE (parimenti riconducibile alla famiglia COGNOME) nonché alla imputazione di un’uscita di cassa senza giustificati motivi verso il COGNOME e per l’imputazione di ulteriori uscite di banca senza giustificati motivi -condannò COGNOME a pagare al RAGIONE_SOCIALE la somma di circa 150 mila euro e al COGNOME la somma di circa 21 mila euro, in ragione della falsa iscrizione in bilancio dell’avvenuto pagamento in suo favore del credito maturato come agente di commercio, respingendo invece le domande proposte per la RAGIONE_SOCIALE
1.4. -Il COGNOME propose appello e il COGNOME spiegò appello incidentale contro il rigetto della domanda proposta per conto di RAGIONE_SOCIALE e l ‘ integrale compensazione delle spese di lite, deducendo che la costituzione in giudizio del RAGIONE_SOCIALE (che aveva fatto proprie le conclusioni rassegnate dall’originario attore) «avrebbe imposto che la decisione riguardo alle spese venisse assunta solo nei confronti della stessa curatela». Il RAGIONE_SOCIALE chiese invece l’integrale conferma della sentenza.
1.5. -Nel 2018 si costituì in giudizio la RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), quale assuntore del concordato fallimentare di RAGIONE_SOCIALE, che, stante l’intervenuta transazione con il COGNOME, invocava la declaratoria di cessazione della materia del contendere tra Fem e COGNOME e l’estromissione dal giudizio del RAGIONE_SOCIALE.
1.6. -Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte d’appello di L’Aquila : a) ha dichiarato cessata la materia del contendere tra il AVV_NOTAIO, il RAGIONE_SOCIALE e Fem, compensando le spese (come in primo grado); b) ha rigettato l’appello principale del COGNOME nei confronti del COGNOME in proprio, osservando: i ) che, come accertato dal CTU , l’ annotazione in bilancio del pagamento in contanti -su anticipazione del COGNOME – del debito societario di € 21.176,02 verso il socio COGNOME, quale agente di commercio, era priva di riscontro documentale; ii ) che quella registrazione contabile si era rivelata inveritiera ed inesistente sotto il duplice profilo del pagamento in contanti e dell’anticipazione delle somme da parte del COGNOME; iii ) che ne era scaturito un danno economico per il COGNOME « poiché la RAGIONE_SOCIALE è fallita e il COGNOME, che ha presentato istanza di ammissione al passivo anche per questa voce di credito, si è visto respingere la relativa domanda »; iv ) che l’aver sostenuto il pagamento, inscrivendolo falsamente in contabilità, costituiva « semmai un riconoscimento dell’originaria esistenza di quel credito che non può più essere contestato »; c) ha confermato il rigetto della domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, saldata per datio in solutum mediante un terzo debitore della fallita; d) ha accolto parzialmente l’appello incidentale del COGNOME, limitatamente al capo sulle spese, poiché le domande avanzate dall’attore avevano trovato
accoglimento, anche se solo in parte, con conseguente loro compensazione per due terzi e condanna del COGNOME a rifondere all’attore il restante terzo delle spese di primo grado, liquidate in euro 4.476,00 oltre accessori; e) ha compensato le spese del grado d’appello tra COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME, stante la cessazione della materia del contendere; f) ha infine compensato per due terzi le spese tra COGNOME e COGNOME, stante il rigetto dell’appello principale e il parziale accoglimento di quello incidentale.
-Avverso detta decisione il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione in undici motivi, illustrato da memoria. Il COGNOME ha resistito con controricorso, mentre i restanti intimati, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, non hanno svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c .p.c. (ex art. 360 n. 4 c.p.c.) per omessa pronuncia sul motivo di appello relativo alla improcedibilità della domanda del COGNOME, il quale si basava sul fatto che, a seguito del fallimento di RAGIONE_SOCIALE, tutte le azioni da questi promosse -anche quella come creditore sociale, per la quale vi era stata condanna -potevano essere proseguite solo dalla curatela, stante il subentro del curatore nella legittimazione all’esercizio dell’azione di responsabilità promossa dai creditori sociali, ai sensi dell’art. 146 l.fall., anche nelle RAGIONE_SOCIALE
2.2. -Il secondo mezzo assume che, quand’anche si ritenesse implicitamente rigettato il suddetto motivo di appello, vi sarebbe violazione degli artt. 43 e 146 l.fall. nonché 2393, 2394 e 2476 c.c. (ex art. 360 n. 3 c.p.c.), poiché, anche dopo la riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, e pure in mancanza di un espresso richiamo nell’art. 146 l.fall. (come all’art. 2394 c.c. per le sole società per azioni), il curatore fallimentare è legittimato ad esperire l’azione dei creditori sociali, in quanto, accedendo ad una diversa interpretazione, si creerebbe una disparità di trattamento ingiustificata tra creditori di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, tenuto conto che il comma sesto dell’art. 2476 c.c., come novellato nel 2019, prevede espressamente l’azione dei creditori sociali anche nelle seconde (Cass. 23452/2019).
2.3. -Entrambi i motivi sono inammissibili.
In primo luogo, il vizio di omessa pronunzia è configurabile in caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di questioni processuali (Cass. 1876/2018, 25154/2018, 10422/2019).
In secondo luogo, è vero che, in caso di fallimento di una RAGIONE_SOCIALE, il curatore, ai sensi dell’art. 146, comma 2, lett. a), l.fall., è l’unico soggetto legittimato a proseguire l’azione di responsabilità sociale promossa dal socio, quale sostituto processuale della società, ex art. 2476, comma 3, c.c., sicché, ove, in pendenza del giudizio, il curatore non manifesti l’intento di proseguire l’azione originariamente promossa, la domanda deve essere dichiarata improcedibile per il sopravvenuto difetto di legittimazione attiva del socio (Cass. 20180/2022).
Tuttavia, nel caso in esame il COGNOME, che aveva legittimamente proposto anche l’azione sociale di responsabilità , ex art. 2476, comma 3 c.c., dopo il subentro del curatore fallimentare in detta azione ha -altrettanto legittimamente -proseguito (solo) la diversa azione individuale di responsabilità, già contestualmente proposta quale socio e creditore direttamente danneggiato, ai sensi dell’ art. 2476, comma 6 (ora comma 7) c.c. (« Le disposizioni dei precedenti commi non pregiudicano il diritto al risarcimento dei danni spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente danneggiati da atti dolosi o colposi degli amministratori »).
-Il terzo mezzo lamenta la violazione degli artt. 2393, 2394, 2476 c.c. (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) per avere la Corte d’appello erroneamente riconosciuto il credito risarcitorio di circa 21 mila euro maturato dal COGNOME come agente di commercio, in quanto, ai sensi degli artt. 2394 e 2476 c.c., gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale solo quando ne derivi l’insufficienza del patrimonio a soddisfare le ragioni del ceto creditorio inteso nella sua generalità, e il relativo pregiudizio non può essere integrato dalla semplice erroneità o falsità di una annotazione contabile.
3.1. -La censura è inammissibile per difetto di conducenza, poiché nel caso di specie si tratta non già di azione dei creditori sociali, bensì, come visto, di azione personale del socio.
-Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2395 e 2476 c.c. (ex art. 360 n. 3 c.p.c.), poiché, pur riconoscendo qui che l’azione proposta riguarda un credito personale, ritiene che non sia stato dimostrato un danno che sia conseguenza di un fatto illecito imputabile a comportamento colposo o doloso dell’amministratore, non potendo questo derivare da una mera irregolarità contabile; deduce inoltre che la mancata ammissione del credito al passivo fallimentare, individuata dalla corte d’appello quale evento dannoso, non sarebbe una condotta ascrivibile al AVV_NOTAIO, avendo il giudice delegato semplicemente disposto « non si ammettono i crediti indicati ai punti 1-2-5-6 dell’istanza per difetto di titolo o comunque di adeguata documentazione giustificativa », sicché non vi sarebbe un diretto collegamento causale tra l ‘irregolarità commessa e il danno.
4.1. -La censura, pur astrattamente fondata sul consolidato assunto che l’azione individuale di responsabilità, avente natura extracontrattuale, postula che il comportamento doloso o colposo dell’amministratore abbia determinato ‘ direttamente ‘ un danno al patrimonio del socio o del terzo, e quindi esige la prova di un nesso causale tra la condotta e il danno patito (Cass. 17794/2015, 21517/2016, 15822/2019, 9206/2020, 11223/2021, 7272/2023), risulta però inammissibile, in concreto, per difetto di specificità e autosufficienza circa le ragioni della mancata ammissione del credito al passivo e le attività difensive svolte nel giudizio di opposizione allo stato passivo, finendo per risolversi in una contestazione di merito.
-Il quinto mezzo denuncia violazione dell’art. 112 c .p.c. (ex art. 360 n. 4 c.p.c.) per omessa pronuncia sul motivo di appello relativo alla disposta compensazione delle spese processuali nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, la cui domanda era stata rigettata.
-Il sesto lamenta, per il caso in cui detta pronuncia non si ritenesse omessa, il difetto assoluto di motivazione, in relazione agli artt. 132 c.p.c. e 111 Cost. (ex art. 360 n. 5 c.p.c.
6.1. -I due motivi, di matrice comune, sono manifestamente infondati, in quanto la pronuncia sul predetto motivo di appello v’è stata, e risulta congruamente motivata, sicuramente nel rispetto del cd. minimo costituzionale (Cass. Sez. U, 8053/2014), poiché la corte territoriale ha operato una valutazione complessiva della relazione interessi-domande-soccombenze sotto il profilo delle spese processuali, tenendo conto che il COGNOME aveva agito simultaneamente in tre vesti (in proprio, quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE e quale socio di RAGIONE_SOCIALE).
-Il settimo mezzo lamenta violazione degli artt. 100 c.p.c. e 2476 c.c. (ex art. 360 n. 3 c.p.c.), deducendo che l’appello incidentale sulla compensazione delle spese proposto da COGNOME con la comparsa di costituzione andava dichiarato inammissibile per difetto di interesse, in quanto: i) dopo il fallimento di RAGIONE_SOCIALE e la costituzione della curatela fallimentare, tutti i rapporti erano stati trasferiti a quest’ultim a; ii) l’art. 2476 comma 4 c.c. prescrive che, in caso di accoglimento della domanda, la società, salvo il suo diritto di regresso nei confronti degli amministratori, rimborsa ai soci attori le spese di giudizio e quelle sostenute per l’accertamento dei fatti, sicché le spese di giudizio potevano essere richieste alla società, e non all’amministratore.
7.1. -La censura è inammissibile poiché del tutto decentrata rispetto alla ratio decidendi , posto che, si ribadisce, si verte in tema di azione personale del socio danneggiato, e non di azione di responsabilità sociale.
-L’ottavo motivo lamenta la violazione degli artt. 334, 325 e 327 c.p.c. (ex art. 360 n. 3 c.p.c.) poiché, a fronte della notifica della sentenza d’appello da parte del curatore fallimentare in data 21/03/2013, il COGNOME aveva depositato appello incidentale solo il 09/07/2013, con la costituzione per l ‘u dienza del 30/07/2013, nonostante il suo interesse a impugnare il capo sulle spese fosse sorto dalla stessa sentenza d’appello, con conseguente tardività dell’appello incidentale medesimo.
8.1. -La censura è manifestamente infondata.
Va richiamato al riguardo l’indirizzo nomofilattico in base al quale l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, dovendosi consentire alla parte -che avrebbe altrimenti accettato la decisione, prestandovi acquiescenza -di contrastare l’iniziativa della controparte, volta a rimettere in discussione l’assetto di interessi derivante dalla pronuncia impugnata, in coerenza con il principio della cd. parità delle armi tra le parti ed anche al fine di evitare una proliferazione dei processi di impugnazione (Cass. 12837/2023, 26139/2022, 5824/2022, 25285/2020, 14596/2020).
D el resto, l’insegnamento per cui l’interesse a proporre l’impugnazione tardiva non coincide con quello che sorge dalla mera soccombenza, ma è un interesse diverso, che sorge dall’impugnazione altrui diretta a «modificare l’assetto di interessi che l’impugnato, in mancanza dell’altrui impugnazione principale, avrebbe accettato» è risalente (Cass. Sez. U, 4640/1989).
Inoltre, l’interpretazione qui condivisa risulta conforme anche al principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., poiché una diversa interpretazione, pi ù̀ restrittiva, imporrebbe in modo inefficiente a ciascuna parte di cautelarsi, effettuando un’autonoma impugnazione tempestiva della statuizione rispetto alla quale è rimasta soccombente (Cass. 13651/2018).
-Il nono mezzo deduce la violazione dell’ art. 112 c.p.c. (ex art. 360 n. 4 c.p.c.) per l’ omesso esame dei motivi di appello contro il COGNOME, in vista di una statuizione sulle spese secondo il criterio della soccombenza virtuale, in quanto era corretto non esaminare i motivi di gravame contro COGNOME, stante l’ intervenuto accordo transattivo con compensazione delle spese, ma non anche nei confronti del primo.
9.1. -Il motivo è manifestamente infondato, poiché la corte d’appello ha esaminato e rigettato i motivi d ell’ appello proposto contro il COGNOME (v. pag. 7-10 della sentenza impugnata).
10. -Il decimo motivo prospetta, nel caso in cui si ritenga, appunto, che i suddetti motivi siano stati esaminati, la violazione dell’ art. 360 n. 5 c.p.c. per difetto di motivazione in relazione agli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c., sotto il profilo della sua inesistenza o contraddittorietà, poiché si affermerebbe, da un lato, che i motivi di appello verso il RAGIONE_SOCIALE sono superati dalla sopravvenuta transazione, e, all’altr o, che le domande dell’attore, sia pure solo in parte, hanno trovato accoglimento.
10.1. -La censura è inammissibile. Essa infatti, oltre a risultare generica e non congruente con i canoni del novellato art. 360, n. 5, c.p.c., non coglie l ‘ effettiva ratio dedicendi sottesa alla motivazione, parametrata sulle distinte posizioni fatte valere dal COGNOME.
11. -L’undicesimo mezzo assume la violazione degli artt. 91, 92 e 336 c.p.c., 5 e 41 d.m. 140/2012, nonché 5 e 28 d.m. 55/2014 (ex art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la corte territoriale accolto l’ appello incidentale del COGNOME sulla compensazione delle spese di primo grado, compensandole per due terzi, considerando complessivamente la condanna nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e del COGNOME, quando invece per la domanda proposta dal COGNOME quale socio nulla spettava, stante la sua pretesa improcedibilità, mentre si era parlato erroneamente di transazione e cessazione della materia del contendere, quando in realtà si era trattato di una rinuncia all’azione . Le doglianze si estendono poi lungamente alla mancata specificazione delle fasi, all’applicazione del d.m. 55/2014 (che ha abrogato il d.m. 140/2012, tariffa vigente al momento della liquidazione delle spese in primo grado) e all’individuazione dello scaglione di riferimento, per giungere alla conclusione che, a tutto voler concedere, le spese avrebbero dovuto liquidarsi nella somma di euro 4.066,00 in luogo di 4.476,00 ; con l’aggiunta che la corte d’appello avrebbe dovuto disporre la compensazione integrale e non parziale delle spese, ex art. 92 c.p.c., tenuto conto che il COGNOME era stato prevalentemente soccombente in primo grado e che il suo appello era stato solo parzialmente accolto.
11.1. -Le censure sono inammissibili.
Innanzitutto, il presupposto della improcedibilità della domanda è stato disatteso con il rigetto del secondo motivo. In secondo luogo, è lo stesso ricorrente ad allegare il documento intitolato specificamente ‘atto di transazione’ . In ogni caso, il motivo difetta di chiarezza e specificità, a causa dello sviluppo confuso di una serie di ipotesi subordinate che, peraltro, giungono infine ad una quantificazione solo lievemente difforme da quella adottata dal giudice a quo , in applicazione delle tariffe ratione temporis vigenti al momento della liquidazione delle spese.
-Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.
-Sussistono i presupposti di cui all’ art. 13, comma 1quater, d.P.R. 115/02 (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12/03/2024.