Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12847 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12847 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
R.G.N. 4328/2019
C.C. 24/04/2024
VENDITA
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE -CO.VA.R. 14, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e con indicazione del domicilio digitale all’indirizzo PEC: EMAIL;
–
ricorrente principale – contro
RAGIONE_SOCIALE di NOME e NOME, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
e
COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME PIO NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME E RAGIONE_SOCIALE
-intimati – avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 2050/2018 (pubblicata il 3 dicembre 2018);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
A seguito di una procedura ad evidenza pubblica indetta dal RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) e disciplinata da apposito bando del 26 novembre 2009, la RAGIONE_SOCIALE si era resa aggiudicataria dell’Impianto sito in Piossasco ed aveva sottoscritto, in un primo momento, con lo stesso RAGIONE_SOCIALE un contratto preliminare in data 3 febbraio 2010 (con consegna contestuale dell’immobile) e, di seguito, in qualità di utilizzatrice, un contratto di compravendita con atto pubblico del 15 luglio 2010, al quale aveva preso parte, quale acquirente e concedente in leasing, RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE -alla quale, come detto, era già stato consegnato l’immobile contestualmente alla stipula del suddetto contratto preliminare -aveva, con istanza del 10 marzo 2010, chiesto alla Provincia di Torino l’autorizzazione all’esercizio del suddetto impianto, che, tuttavia, veniva negata, poiché un determinato canale di scarico indicato in atti era risultato un fosso irriguo, verosimilmente di proprietà privata per lungo tratto, che apparentemente non sfociava in nessun corpo ricettore, ma si perdeva negli attigui campi.
Pertanto iniziavano delle trattative tra la stessa società RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, che -essendo rimaste senza esito -avevano indotto il RAGIONE_SOCIALE a notificare alla società RAGIONE_SOCIALE un atto di intimazione e costituzione in mora della parte creditrice ai sensi dell’art. 1217 c.c., in conseguenza del quale le parti avevano successivamente sottoscritto una scrittura privata in data 13 gennaio 2011, mediante la quale ciascuna delle parti -dichiarando previamente di non pregiudicare in ogni caso per il futuro le proprie ragioni -avevano convenuto che si procedesse ad un intervento di realizzazione di una condotta di scarico sino alla ‘Bealera Rittana’ delle acque piovane, concordato che la realizzazione del
relativo impianto, ancorché di competenza del RAGIONE_SOCIALE, sarebbe stato eseguito dalla RAGIONE_SOCIALE con un contributo economico di euro 255.000,00, erogato dallo stesso COGNOME.
Con susseguente atto di citazione nel marzo 2012, il RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Torino, la RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che venisse accertata la corretta esecuzione delle obbligazioni derivanti dal citato atto di compravendita o che, comunque, tra le inerenti obbligazioni assunte dalla venditrice, non rientravano le prestazioni oggetto della richiamata intimazione ex art. 1217 c.c., invocando la conseguente condanna della convenuta alla restituzione, ai sensi dell’art. 2033 c.c., del predetto importo di euro 255.00,00.
Si costituiva in giudizio la convenuta che instava per il rigetto della domanda; il RAGIONE_SOCIALE chiamava -previa autorizzazione giudiziale – in giudizio anche gli ingg. NOME COGNOMECOGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, oltre all’arch. NOME COGNOME, chiedendo all’adito Tribunale che, nell’eventualità di rigetto dell’avversa domanda, venisse accertata la loro responsabilità (contrattuale o extracontrattuale) in ordine agli inadempimenti contestati da essa RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE, con condanna degli stessi al risarcimento dei danni patiti da quest’ultima nella misura di euro 255.000,00, dal medesimo già corrisposta in favore di essa NOME o nella diversa misura che sarebbe stata accertata.
All’esito dell’espletata istruzione probatoria, nel corso della quale veniva esperita anche c.t.u., il Tribunale di Torino, con sentenza n. 3419/2016, accoglieva la domanda del RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, condannava la convenuta società RAGIONE_SOCIALE alla restituzione, in favore dell’attore, della menzionata somma di euro 255.000,00, oltre interessi e spese, con la coeva condanna del RAGIONE_SOCIALE attore al pagamento delle spese del giudizio in favore dei costituiti terzi chiamati in causa COGNOME, COGNOME, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
Decidendo sull’appello formulato dalla RAGIONE_SOCIALE e nella costituzione del RAGIONE_SOCIALE, nonché del COGNOME e COGNOME (mentre gli altri appellati rimanevano contumaci), la Corte di appello di Torino, in
parziale riforma della pronuncia impugnata, rigettava la domanda di condanna alla restituzione della somma di euro 255.000,00 avanzata ai sensi dell’art. 2033 c.c. dal RAGIONE_SOCIALE (che condannava al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio), confermando nel resto la gravata decisione.
A sostegno dell’adottata pronuncia, la Corte piemontese ravvisava l’infondatezza della pretesa del RAGIONE_SOCIALE, essendo emers a documentalmente l’esistenza dei denunciati vizi del sistema di scarico delle acque piovane che avevano determinato il mancato avvio dell’attività di smaltimento rifiuti cui l’impianto in questione, oggetto di compravendita tra le parti, era destinato. Osservava la Corte territoriale che, con la conclusione della citata scrittura privata del 13 gennaio 2011 (a mezzo della quale la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si era assunta l’obbligo di procedure all’esecuzione delle opere che avrebbe dovuto realizzare il RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva, in proposito, erogato il più volte indicato contributo di euro 255.000,00), il RAGIONE_SOCIALE, con espressa clausola inserita al n. 4) di detta scrittura, si era riservato la ripetizione di detta somma ove risultante non dovuta all’esito dell’accertamento negativo dell’esistenza dei vizi dell’impianto trasferito alla società RAGIONE_SOCIALE e come da quest’ultima denunciata, vizi che, invece, erano rimasti accertati a seguito dell’istruzione probatoria espletata in primo grado. Aggiungeva, inoltre, il giudice di appello che tale riserva di ripetizione della somma si sarebbe dovuta considerare valida ed efficace indipendentemente dall’accettazione espressa della controparte, trattandosi di atto unilaterale recettizio relativo ad un diritto riconosciuto dalla legge come l’eventuale ripetizione di un pagamento non dovuto (e, quindi, indebito).
Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il RAGIONE_SOCIALE.
Ha resistito con controricorso l’intimata società RAGIONE_SOCIALE con controricorso contenente anche ricorso incidentale condizionato, anch’esso riferito a due motivi.
Il ricorrente principale ha anche depositato controricorso al ricorso incidentale ai sensi dell’art. 371, comma 4, c.p.c.
Nessun’altra parte intimata ha svolto attività difensiva in questa sede.
CONSIDERATO IN DIRITTO
RICORSO PRINCIPALE
Con il primo motivo, il RAGIONE_SOCIALE ha denunciato -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. -la nullità della sentenza impugnata per non essersi, con essa, la Corte di appello pronunciata sull’eccezione di intervenuta decadenza, in capo alla società RAGIONE_SOCIALE, del diritto alla garanzia per vizi di cui all’art. 1495 c.c., sollevata da essa ricorrente nei gradi di merito e, in particolare, specificamente riproposta nel giudizio di appello con la relativa comparsa di costituzione.
Con il secondo motivo, il RAGIONE_SOCIALE ha dedotto -in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. -l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione, avuto riguardo all’insufficiente e/o irragionevole valutazione da parte della Corte territoriale dei documenti prodotti e della relazione del c.t.u., nella parte in cui, in particolare, la stessa aveva mancato di valutare nonché travisato: a) i progetti e relativi atti di approvazione comunale; b) gli accertamenti della c.t.u. che comprovavano l’esistenza di un impianto originario e le successive modifiche apportate dalla RAGIONE_SOCIALE; c) gli accertamenti della c.t.u. sull’assenza di vizi dell’impianto originario compravenduto.
Con lo stesso motivo, la ricorrente principale ha prospettato -con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione dell’art. 116, comma 1, c.p.c. per errata, contraddittoria e/o omessa valutazione degli elementi di prova (progetti, elaborati, approvazioni delle Amministrazioni preposte) e della c.t.u.
RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO
1. Con il primo motivo del suo ricorso incidentale condizionato, la controricorrente RAGIONE_SOCIALE ha -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.
5, c.p.c. -lamentato l’omessa considerazione di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione tra le parti, avuto riguardo alla mancata considerazione dell’intimazione di cui all’art. 1217 c.c. su cui le parti avevano dibattuto e che essa NOME aveva preliminarmente fatto valere quale riconoscimento di responsabilità da parte del RAGIONE_SOCIALE.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale condizionato, la citata controricorrente ha -in ordine all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c. denunciato la violazione dell’art. 1217 c.c. e dell’art. 116 c.p.c., per il caso in cui si fosse ritenuto che la Corte di appello si era espressa anche solo implicitamente sulla suddetta intimazione, dovendosi pervenire alla conclusione che la confessione di COGNOME dell’effettiva esistenza dell’obbligazione oggetto di causa nei confronti di essa RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto considerarsi munita di portata assorbente, conducendo, perciò, alla reiezione delle domande formulate dal medesimo COGNOME.
Esame motivo del ricorso principale
Il primo motivo non è fondato.
Avendo riguardo allo svolgimento della vicenda processuale, sono da ritenersi incontestate (e, in ogni caso, documentalmente riscontrate) due circostanze: – la prima, per come anche riprodotta in ricorso, relativa alla formulata deduzione, da parte del RAGIONE_SOCIALE, contenuta nell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, dell’intervenuta decadenza di RAGIONE_SOCIALE del diritto alla garanzia per vizi della cosa compravenduta di cui all’art. 1495 c.c.; – la seconda che tale questione (sulla quale il Tribunale si era pronunciata rigettandola) è stata solo riproposta dal RAGIONE_SOCIALE in secondo grado ai sensi dell’art. 346 c.p.c., senza che sia stata fatta oggetto di apposito motivo di appello incidentale.
Orbene, il collegio ritiene che -a fronte dell’espressa reiezione pronunciata dal giudice di primo grado sulla supposta decadenza della società RAGIONE_SOCIALE di avvalersi della garanzia per i vizi ai sensi degli artt. 1495-1497 c.c., sul presupposto che la parte attrice vi avesse rinunciato per effetto della successiva stipula del 13 gennaio 2011 -il
RAGIONE_SOCIALE, costituendo e resistendo all’appello formulato dalla società RAGIONE_SOCIALE, non potesse limitarsi ad una mera riproposizione della questione, ma occorreva che proponesse al riguardo gravame incidentale, mediate il quale avrebbe dovuto confutare la pronuncia del primo giudice laddove aveva ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE non fosse decaduta dalla relativa garanzia per vizi e non limitarsi ad eccepire la tardività di quest’ultima società nel denunciare gli asseriti vizi dell’impianto (per quanto emergente dal contenuto delle pagg. 8-9 della comparsa di costituzione in appello, esaminabile anche in questa sede in presenza della deduzione di un vizio processuale).
A tal proposito deve trovare applicazione il principio recepito dalla giurisprudenza di questa Corte (cristallizzato nella sentenza delle Sezioni unite n. 11799/2017), in base al quale, in tema di impugnazioni, qualora un’eccezione (o, comunque, una questione, anche se preliminare) di merito sia stata respinta in primo grado, in modo espresso o attraverso un’enunciazione indiretta che ne sottenda, chiaramente ed inequivocamente, la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, ad opera della parte rimasta vittoriosa quanto all’esito finale del giudizio di prime cure, esige la proposizione del gravame incidentale, non essendone, altrimenti, possibile il rilievo officioso ex art. 345, comma 2, c.p.c. (per il giudicato interno formatosi ai sensi dell’art. 329, comma 2, c.p.c.), né è sufficiente la mera riproposizione, utilizzabile, invece, e da effettuarsi in modo espresso, ove quella eccezione non sia stata oggetto di alcun esame, diretto o indiretto, ad opera del giudice di primo grado, chiarendosi, altresì, che, in tal caso, la mancanza di detta riproposizione rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di sua rilevazione è riservato solo alla parte, mentre, se competa anche al giudice, non ne impedisce a quest’ultimo l’esercizio ex art. 345, comma 2, c.p.c. (v., anche, Cass, n. 21264/2918).
Questo principio trova applicazione nel caso di specie, poiché -in presenza di una pronuncia esplicita, da parte del giudice di primo
grado, circa la non intervenuta decadenza della società RAGIONE_SOCIALE dalla garanzia per vizi -il RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto proporre in proposito appello incidentale (pur essendo rimasto vittorioso al termine del giudizio dinanzi al Tribunale) con cui confutare la pronuncia sul punto del giudice di prime cure, e non, invece, limitarsi soltanto a riproporre la questione (senza, oltretutto, nemmeno contestare la ragione del rigetto della questione in oggetto).
6. Il secondo motivo è inammissibile, facendosi con esso valere -mediante la deduzione di un vizio ricondotto nella sua globalità al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (poiché il riferimento alla violazione dell’art. 116 c.p.c. è, in effetti, reiterativo della medesima doglianza sul piano della contestazione dell’apprezzamento delle prove come compiuto dal giudice di appello) -l’insufficiente e/o irragionevole valutazione da parte del giudice di merito di documenti prodotti e della c.t.u., così intendendosi denunciare un vizio di insufficiente motivazione, non più ammissibile alla stregua del novellato testo del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (‘ratione temporis’ applicabile nella fattispecie).
Costituiscono principi ormai pacifici nella giurisprudenza di questa Corte quelli secondo cui:
-in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali
(cfr., tra le tante, Cass. SU n. 8053/2014, Cass. n. 22598/2018 e Cass. n. 7090/2022);
-in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. n. 1229/2019 e Cass. n. 6774/2022).
In ogni caso, con la formulata censura, il ricorrente ha inteso sollecitare questa Corte a rivalutare il merito delle risultanze probatorie, possibilità anch’essa inammissibile in sede di legittimità, senza trascurare l’adeguatezza del ragionamento logico -argomentativo adottato nella sentenza impugnata, in cui sono stati valorizzati tutti gli elementi istruttori ritenuti maggiormente attendibili per giungere al convincimento della infondatezza della domanda di restituzione del RAGIONE_SOCIALE. Il giudice di appello ha, in proposito, considerato congruamente tutte le acquisizioni -di natura contrattuale e di carattere tecnico, unitamente a quelle scaturenti dagli esiti dell’espletata prova orale per giungere alla corretta soluzione circa l’esclusione di un inadempimento a carico della società RAGIONE_SOCIALE (tra le quali l’inidoneità ‘ab initio’ dell’impianto di scarico al momento della consegna da parte del RAGIONE_SOCIALE che si era venuta a manifestare -anche in relazione alla non conformità dei luoghi rispetto a quelli oggetto di progettazione e collaudo e all’impossibilità di attuare un regolare smaltimento delle acque -solo al momento della sua entrata in funzione, mai avvenuta prima, e la formulazione della tempestiva richiesta del nulla osta in linea idraulica da parte della RAGIONE_SOCIALE, che il competente Comune aveva respinto proprio a causa di tale difetto di
idoneità, requisito sulla cui sussistenza invece il RAGIONE_SOCIALE aveva fornito la sua assicurazione in sede contrattuale).
Alla reiezione dei motivi del ricorso principale consegue l’assorbimento dei motivi del ricorso incidentale, siccome condizionato.
In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE deve essere rigettato, con derivante assorbimento del ricorso incidentale condizionato formulato dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE.
Per effetto della sua soccombenza, il COGNOME va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P .R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dello stesso ricorrente COGNOME, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale condizionato.
Condanna il ricorrente principale COGNOME al pagamento, in favore della società RAGIONE_SOCIALE, delle spese del presente giudizio, che si liquidano, in complessi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltra contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P .R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale RAGIONE_SOCIALE, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della