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Acconti e transazione in appalto di servizi

La Corte ha stabilito che il pagamento di acconti in un contratto di appalto di servizi, anche in assenza di conclusione dell’affare, non costituisce indebito se le parti hanno concordato tale prassi e se l’attività è stata effettivamente svolta. Inoltre, una successiva transazione che risolva una controversia tra le parti, implicando rinunce reciproche, estingue ogni ulteriore pretesa relativa all’oggetto della transazione stessa, comprese eventuali domande di restituzione di somme già pagate.

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Pubblicato il 7 giugno 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. 65/2024 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

COGNOME D’APPELLO DI TRIESTE SECONDA

SEZIONE CIVILE

La Corte d’Appello di Trieste, in persona dei seguenti Magistrati:

Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere rel. Dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._140_2025_- N._R.G._00000065_2024 DEL_06_05_2025 PUBBLICATA_IL_06_05_2025

nella causa civile di II grado iscritta al n. 65/2024 RG promossa con atto di citazione in appello notificato il 26.02.2024 P.IVA con il proc. e dom. Avv. NOME COGNOME del Foro di Udine, giusta procura a margine dell’atto di citazione del 15.02.2022;

– APPELLANTE – CONTRO (c.f. e p. IVA ) con i proc. Avv. NOME COGNOME del Foro di Udine, Avv. NOME COGNOME COGNOME del Foro di Venezia e con il proc. e dom. Avv. NOME COGNOME del Foro di Udine, giusta procura in calce all’atto di comparsa di costituzione e risposta in appello;

OGGETTO: della sentenza n. 727/2023 dd. 16.08.2023 – Rep. n. 1412/2023 resa dal Tribunale di Udine, Giudice Dr.ssa NOME COGNOME nell’ambito del procedimento iscritto sub R.G. n. 555/2022.

Causa iscritta a ruolo il 29.02.2024 e decisa nella camera di consiglio del 2.04.2025 sulle seguenti

CONCLUSIONI

Per l’appellante:

“In via principale e nel merito:

accogliere, per i motivi tutti dedotti in atto di citazione dd. 26.02.2024, il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 727/2023 dd. 16.08.2023 emessa dal Tribunale di Udine –

dott.ssa NOME COGNOME nell’ambito del giudizio sub R.G. n. 555/2022, depositata in cancelleria in data 18.08.2023, accogliere tutte le conclusioni avanzate in prime cure, che qui si riportano:

– accertarsi che gli importi di cui alle fatture n. 4/2018 e n. 5/2018 emesse da si riferiscono ad operazioni immobiliari mai concluse;

– dichiararsi, per l’effetto, che il versamento eseguito da per complessivi € 109.800,00 in favore di (a seguito dell’emissione delle fatture n. 4/2018 e n. 5/2018) costituisce un indebito oggettivo;

– condannarsi, pertanto, alla restituzione, in favore di della somma di € 109.800,00, maggiorata degli interessi di cui all’art. 1284 co. 4 c.c. decorrenti dalla data della domanda di messa in mora o, comunque, dal dì del dovuto, al saldo;

spese e compenso procuratorio interamente rifusi;

In via istruttoria:

Si chiede l’ammissione delle istanze istruttorie di parte appellante non ammesse e/o rigettate in primo “A prova contraria, chiede di essere autorizzata a dimostrare – con i testi Te. Ca. RAGIONE_SOCIALE di Verona (VR), di RAGIONE_SOCIALE di Verona (VR)] – le seguenti circostanze:

1) v.c. (di RAGIONE_SOCIALE

RAGIONE_SOCIALE venne contattato da per conto di per lo sviluppo immobiliare di un garage/ex ricovero per autocorriere sito in Trieste, INDIRIZZO affinché lo sottoponesse ad COGNOME per l’eventuale acquisto (teste:

2) v.c.

COGNOME manifestava, inizialmente, la volontà di acquisto del “progettando” punto vendita, sito in Trieste, INDIRIZZO salvo poi cambiare idea e dimostrarsi interessata ad una mera locazione, tant’è che si attivò per individuare un possibile investitore per l’acquisto del negozio da locare, poi, ad COGNOME (teste:

3) v.c.

le trattative intercorse tra e COGNOME aventi ad oggetto la compravendita di un nuovo negozio in Trieste, INDIRIZZO si sono interrotte prima (e senza) il perfezionamento di alcun contratto di vendita;

(testi:

Per parte appellata:

“ In via preliminare, nel merito:

Previa adozione dei provvedimenti previsti dall’art. 348 bis c.p.c., dichiarare l’inammissibilità dell’appello proposto per carenza dei requisiti previsti di cui all’art. 342 c.p.c. Con vittoria di spese e onorari, anche per il giudizio di gravame.

In via principale, nel merito:

Rigettare l’appello proposto in quanto infondato e, per l’effetto, confermare la sentenza n. 727/2023 dd. 16.08.2023 pubbl.

18.08.2023 – Rep. n. 1412/2023 del 18.08.2023 Tribunale di Udine – dott.ssa NOMECOGNOME, anche con diversa motivazione, e per l’effetto respingere ogni domanda, istanza – anche istruttoria – ed eccezione avversaria in quanto inammissibile ed infondata, sia in fatto che in diritto.

rifusione di spese e onorari, anche per il giudizio di gravame.

In via istruttoria:

Con riserva di ogni più ampio mezzo istruttorio, per mero tuziorismo difensivo si intendono in questa sede riproposte anche per il presente grado di giudizio le istanze istruttorie già formulate negli scritti difensivi di primo grado e, in particolare, nelle memorie ex art. 183 co. 6 n. 2 e n. 3 c.p.c. depositate nel relativo fascicolo, con conseguente richiesta di respingere ogni istanza istruttoria riproposta in sede di gravame da parte dell’odierna appellante.

” FATTO E

MOTIVI DELLA DECISIONE

aveva convenuto in giudizio avanti al Tribunale di Udine chiedendone la condanna alla restituzione in suo favore dell’importo di euro 109.800,00, a suo dire, indebitamente percepito dalla società convenuta.

La società attrice aveva dedotto che in data 28.12.2017 le parti avevano sottoscritto un contratto con il quale dichiarava di volersi avvalere dell’attività professionale della società convenuta quale “Responsabile commerciale in outsourcing”, allo scopo di intraprendere e portare a termine una serie di operazioni commerciali aventi ad oggetto “:

…contattare soggetti interessati a vendere e/o comprare immobili;

individuare aree ed immobili posti in vendita;

redigere le Due effettuare i business plan commerciali per lo sviluppo delle Operazioni;

redigere le proposte di acquisto e raccogliere quelle di vendita;

redigere i testi dei contratti preliminari di compravendita;

effettuare le pratiche burocratiche per l’ottenimento delle licenze commerciali per le attività di vendita al dettaglio, di vendita all’ingrosso, nonché per l’esercizio di bar, ristoranti e alberghi;

effettuare le pratiche per le autorizzazioni pubblicitarie;

proporre e realizzare i progetti di marketing;

effettuare tutte le attività commerciali propedeutiche alla firma del rogito definitivo di vendita.

… ”;

il contratto prevedeva che “Alla firma dei contratti definitivi di vendita di ogni singola Operazione, riconosce a , dietro regolare fattura, un compenso corrispondente al trenta per cento prezzo di vendita dell’operazione di tutti i costi sostenuti per lo sviluppo e la chiusura della stessa;

il compenso era dovuto anche per le operazioni chiuse da dopo la scadenza del contratto.

L’attrice aveva dedotto di avere curato, nel corso del 2018, una serie di operazioni commerciali relative alla compravendita di un’unità immobiliare sita in Trieste, nonché relative all’affitto di alcuni locali commerciali siti in Treviso.

Senza attendere la sottoscrizione dei contratti definitivi di vendita e di locazione relativi a tali operazioni commerciali (come previsto dall’art. 5 del contratto del 28 dicembre 2017), in deroga/difformità alle previsioni contrattuali aveva versato, su richiesta di e a titolo di acconto, la complessiva somma di euro 109.800,00;

tale somma era portata dalla fattura n. 4 del 2018, dell’importo di euro 48.800,00 (avente oggetto il presunto compenso professionale spettante a per l’attività di intermediazione prestata in ordine alla compravendita dell’unità immobiliare sita in Trieste, INDIRIZZO e dalla fattura n. 5 del 2018 dell’importo di euro 61.000,00 (avente ad oggetto il presunto compenso professionale prestato dalla convenuta in ordine alle trattative relative all’affitto di locali commerciali siti in Verona, allo INDIRIZZO INDIRIZZO, n.INDIRIZZO). aveva tuttavia rappresentato che tali operazioni commerciali non erano andate a buon fine, ovvero erano rimaste incompiute, e pertanto erano da ritenersi improduttive di utili;

con lettera di messa in mora del 01.09.2021 aveva pertanto intimato alla società convenuta la restituzione delle somme di cui alle fatture n 4 e n.5 del 2018, ma tale richiesta era rimasta priva di riscontro.

La società convenuta si era costituita in giudizio eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità della domanda attorea per carenza di interesse, essendo intervenuto accordo tra le parti relativo all’oggetto dei fatti di causa;

nel merito si era opposta all’accoglimento delle domande della società attrice, deducendo che il contratto concluso con prevedeva che quest’ultima avesse diritto a un compenso per le operazioni “avviate” con la sua collaborazione;

reperiva una possibile gestione della pratica, intervenendo di tanto in tanto e incassando eventuali somme versate dalla controparte.

La convenuta aveva sostenuto che il contratto sottoscritto dalle parti non vietava di concordare acconti sul compenso finale, né vietava alle parti di accordarsi su pagamenti parziali, né tantomeno vietava a di riconoscere delle somme a per prestazioni già svolte in operazioni avviate, ma non concluse;

il contratto regolava esclusivamente come doveva essere quantificato il compenso ed entro quale termine doveva essere corrisposto.

aveva poi dedotto che soltanto verso la fine del 2019 i rapporti di collaborazione professionale tra le due società si erano incrinati, e che unicamente dopo la rottura del rapporto professionale l’attrice aveva chiesto la restituzione delle somme corrisposte a maggio e a dicembre 2018 che, al contrario, in costanza di rapporti, non erano mai state contestate, né oggetto di richieste di restituzione, sebbene tali operazioni fossero naufragate prima della rottura tra le due società.

La convenuta aveva in ogni caso sostenuto che le fatture n. 4/2018 e n. 5/2018 emesse da pagate da discendevano da precisi accordi tra le parti caldeggiati dalla stessa attrice, e riguardavano attività effettivamente svolte dalla convenuta.

Con riguardo all’eccezione preliminare di inammissibilità delle domande attoree per carenza di interesse, la convenuta aveva evidenziato che era intervenuto in precedenza un accordo transattivo tra le stesse parti riguardante anche la pretesa monetaria azionata dall’attrice nel presente procedimento;

in data 25.02.2021 le parti avevano infatti sottoscritto atto di transazione con il quale era stata composta bonariamente altra controversia tra loro pendente innanzi al Tribunale di Udine ed avente ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 887/2020 Tribunale di Udine;

in sede transattiva aveva rinunciato a quasi due terzi del proprio credito vantato e già accertato in via monitoria mentre aveva rinunciato a coltivare le pretese di annullamento del decreto ingiuntivo, nonché di restituzione/compensazione delle somme già versate in favore di giudice riteneva che la questione controversa del pagamento delle fatture n.4 e n.5 del 2018 fosse ricompresa nell’accordo, posto che l’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo n.887/2020 faceva espresso richiamo a tali due fatture; in esso infatti aveva chiesto:

“in via subordinata, sempre nel merito:

previo accertamento del compenso effettivamente dovuto a sulla scorta dei parametri contrattuali (ex art. 5 del contratto dd.

28.12.2017), e previo accertamento dell’avvenuto pagamento – da parte di – dell’importo di € 62.000,00 (oltre IVA) a titolo di acconto per l’operazione RAGIONE_SOCIALE e dell’importo di € 168.032,79 (oltre IVA) per operazioni commerciali mai perfezionatesi (fatture n. 1, 4 e 5/2018 e 1/2019), dichiararsi che nulla è dovuto a atteso che l’importo corrisposto a è superiore a quanto effettivamente dovuto (se dovuto) sulla scorta dei parametri contrattuali”.

Anche nel merito la pretesa veniva ritenuta infondata, in quanto sin dalla comparsa di costituzione e risposta la convenuta aveva allegato la prassi esistente tra le parti di conoscere a a fronte dell’attività già prestata, degli acconti che sarebbero stati poi scomputati sul maggior dovuto, a prescindere dalle modalità di pagamento concordate nel contratto sottoscritto tra le parti in data 28.12.2017;

per tale motivo aveva prontamente pagato le fatture, inclusa la fattura 5/2018 seppure riferita ad attività estranee al contratto.

Sintomatico era ritenuto anche che per le fatture n. 4 e 5/2018 la prima contestazione di restituzione indebito era dd. 01.09.2021, quindi successiva al DI 887/2020 e al giudizio di opposizione che ne era seguito n. 3154/2020 RG, estinto per rinuncia con scrittura sottoscritta in data 25.02.2021.

Osservava il giudice che detta rinuncia indicava espressamente:

“*** rinuncia al procedimento di opposizione iscritto a ruolo sub. 3154/2020 R.G. Tribunale di Udine, nonché alle pretese ivi azionate”:

tra queste doveva ritenersi ricompresa la domanda di restituzione e/o di compensazione delle somme portate dalle fatture 4 e 5 del 2018 proposta dall’opponente diversamente ben avrebbe potuto l’accordo precisare l’interesse attuale alla lite in relazione alla sola domanda di giudice riteneva infondata l’eccezione proposta dall’attrice di genericità dell’atto transattivo del 25.02.2021;

osservava poi che la dedotta diversa consistenza del valore economico delle due pretese non incideva, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, sul carattere commutativo del contratto, non essendo richiesto un rapporto di equivalenza tra datum e retentum.

Avverso la sentenza proponeva appello con due motivi.

Anzitutto l’appellante ribadiva che a termini di contratto i pagamenti dovevano avvenire solo dopo la conclusione della vendita e che la fattura n.5 aveva ad oggetto operazioni escluse dal contratto (contratto di affitto commerciale).

Con il primo motivo la società appellante deduceva l’erronea interpretazione dell’accordo transattivo, che sarebbe stato espressamente limitato all’Operazione Aldi, alla quale ripetutamente il testo si riferiva.

Osservava che mancava nella transazione qualsiasi riferimento compensazioni/imputazioni/rinunce relativamente a somme pagate a per le operazioni di “Trieste, INDIRIZZO” e di “VeronaINDIRIZZO INDIRIZZO”.

Rilevava inoltre l’appellante che nelle ricevute dei 3 assegni circolari (per complessivi euro 132.000,00) ricevuti da in adempimento della transazione non vi era alcun riferimento a una compensazione di somme o fatture.

Sosteneva l’appellante che in ogni caso la rinuncia alle pretese di cui alla convenzione da parte di doveva ritenersi riferita alle sole fatture 2 e 3 del 2018, che effettivamente riguardavano il cantiere Aldi, operazione andata a buon fine.

Osservava che non sarebbe comunque plausibile che solo una delle due parti avesse preventivamente rinunciato ad ogni pretesa e l’altra restasse invece libera di agire anche in seguito nell’ambito dei pregressi rapporti.

Con il secondo motivo, l’appellante rilevava che la controparte non aveva mai contestato di avere le parti prevedeva inoltre una proposta e accettazione scritta dell’operazione, che per tali due operazioni non vi erano.

Costituendosi in giudizio l’appellata esponeva che il contratto tra le parti sostituiva un precedente contratto tra e il sig. ;

sosteneva che era il soggetto forte del rapporto, la quale si riservava di coinvolgere o meno nelle operazioni.

Rilevava l’appellata che il contratto prevedeva la potestà di di esprimere interesse per una operazione, e per tale motivo quest’ultima società era solita riconoscere – di propria iniziativa – delle somme a prima della conclusione dell’operazione a fronte dell’attività già prestata, che spesso risultava ingente fin dalle prime battute;

nel caso di positiva conclusione dell’operazione, tali somme sarebbero state scomputate dal maggior dovuto;

per questo motivo le fatture richiamavano lo specifico affare e contenevano la dicitura “acconto”.

Osservava parte appellata che dalla lettura del contratto non emergeva alcun divieto di concordare acconti sul compenso finale o di effettuare pagamenti parziali, né per di riconoscere somme a per prestazioni già svolte in operazioni avviate ma non concluse.

Evidenziava l’appellata che le somme oggetto di causa erano state corrisposte a per volontà nelle modalità e nelle quantità decise da quest’ultima;

inoltre aveva fornito puntualmente le proprie prestazioni affinché le operazioni indicate nelle fatture andassero a buon fine.

aveva prontamente provveduto al pagamento delle somme dovute e mai prima dell’interruzione dei rapporti con – intervenuta a fine 2019 – e dell’inizio delle controversie legali tra le parti – risalenti agli anni 2020/2021 – aveva richiesto la restituzione delle predette somme;

solo con l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo n. 887/2020 Tribunale di Udine del 15.09.2020 e con la lettera di messa in mora del 01.09.2021 aveva richiesto la restituzione di tali importi.

L’appellata richiamava documentazione dimessa in primo grado a comprova dell’attività in concreto che l’accordo transattivo del 25.2.2021 comprendeva anche le due fatture che erano state opposte in compensazione nell’opposizione a decreto ingiuntivo da con l’accordo rinunciava a oltre due terzi del credito azionato mentre rinunciava alle proprie pretese coltivate in causa, ivi compresa la domanda di restituzione degli acconti versati in favore di con il pagamento delle fatture n. 4/2018 e n. 5/2018;

quanto al testo dell’accordo deduceva che da esso era chiaro che entrambe le parti avevano rinunciato alle proprie domande di causa, e che non vi era assenza di reciprocità.

L’appellata eccepiva altresì l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art.342 c.p.c..

*** 1.

L’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art.342 c.p.c. deve essere disattesa, posto che l’atto di citazione in appello risulta redatto secondo quanto disposto dalla predetta norma, contenendo una sufficiente individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata.

2.

Nel merito l’appello deve essere rigettato.

2.1

Quanto al primo motivo di gravame e all’interpretazione dell’accordo transattivo stragiudiziale, si deve rilevare che tale accordo definiva un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ove costituendosi in giudizio, aveva in via riconvenzionale chiesto la restituzione o in subordine portato in compensazione anche il proprio credito per indebito pagamento delle due fatture ora oggetto di questa causa.

Ciò si desume letteralmente dalle conclusioni dell’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo n.887/2020, con il quale aveva chiesto:

“- in via riconvenzionale:

accertato che è soggetto giuridico costituito dopo la sottoscrizione dei contratti preliminari e di compravendita dell’immobile relativo all’operazione ”***” (cantiere di della materia tributaria), dichiararsi che nulla doveva essere corrisposto a e, per l’effetto, condannarsi la medesima a restituire ad l’importo di € 230.032,79 o la maggiore o minore somma che risulterà di Giustizia, oltre interessi legali, dal dì della domanda al saldo;

in subordine, accertato e dichiarato che l’importo corrisposto a maggiore rispetto a quanto dovuto sulla scorta dei parametri contrattuali, condannarsi – previa compensazione con quanto già ricevuto – a restituire ad l’importo complessivo di € 18.313,44, o la maggiore o minore somma che risulterà di Giustizia, oltre interessi legali, dal dì della domanda al saldo”.

Poiché con l’atto transattivo rinuncia al procedimento di opposizione iscritto a ruolo sub. 3154/2020 R.G. Tribunale di Udine, nonché alle pretese ivi azionate”, come correttamente ritenuto dal primo giudice, tra queste doveva ritenersi ricompresa la domanda di restituzione e/o di compensazione delle somme portate dalle fatture 4 e 5 del 2018 proposta dall’opponente Anche aveva infatti azionato in tale giudizio delle pretese e ad esse in sede transattiva ha rinunciato.

3.

La pretesa dell’appellante deve ritenersi in ogni modo infondata anche nel merito.

Dalle deduzioni delle parti e dalla documentazione dimessa emerge come i rapporti tra le due società fossero più ampi di come regolamentato dal contratto del 2017.

Si deve dare atto che tra le parti vi è stata altra controversia avanti al Tribunale di Udine definita con sentenza poi confermata da questa Corte;

la questione oggetto di tale causa, comunque diversa, era stata risolta con applicazione letterale del contratto, negando il diritto di al compenso.

Il diritto al compenso reclamato in tale causa da (ulteriore rispetto a quello già corrisposto) era stato in tale controversia negato per la preliminare osservazione secondo cui pacificamente l’affare era stato avviato ben prima della conclusione dell’accordo tra le due società, ed addirittura prima che tali pronunce si evince tuttavia che anche in tale circostanza, ed a fronte di attività prestata, aveva riconosciuto anticipi per complessivi € 83.000,00, non richiesti in restituzione, il che conferma la tesi di parte appellata (non specificamente contestata da secondo la quale era prassi per compensare comunque l’attività in concreto svolta (all’epoca da come persona fisica); nella sentenza di primo grado n.400/2022 il giudice dava atto che costituendosi in giudizio aveva dedotto che doveva ritenersi compensata per l’attività marginale da essa prestata con la corresponsione degli 83.000,00 euro già versati.

Nel caso di specie si controverte non sul riconoscimento di un compenso sulla base del contratto per operazioni concluse, ma della possibilità per di trattenere delle somme liberamente corrispostole da come acconto per attività pacificamente svolte da (ma non dovute a termini di contratto perché le operazioni immobiliari non si sono poi perfezionate).

Alla luce delle circostanze sopra evidenziate il pagamento non pare possa essere qualificato come indebito.

4.

Per i motivi esposti l’appello deve essere respinto, e l’appellante va condannata al pagamento delle spese del grado in favore dell’appellata, liquidate secondo i parametri medi (fase introduttiva, di studio e decisoria) delle cause ricomprese nel valore tra € 52.001,00 ed € 260.000,00, in considerazione della soccombenza.

Sussistono in capo all’appellante dei presupposti di cui all’art.13, comma 1 quater, del D.P.R. 115/2002 introdotto dall’art.1, c.17, L. 228/12.

La Corte d’Appello di Trieste, definitivamente pronunziando nella causa promossa da nei confronti di così provvede:

– rigetta l’appello;

– – condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore dell’appellata che liquida in complessivi € 9.991,00 per compensi, oltre al 15% per il rimborso delle spese generali nonchè ad IVA e CPA come per legge;

– dà atto della sussistenza, in capo all’appellante, dei presupposti di cui all’art.13, comma 1 quater, del D.P.R. 115/2002 introdotto dall’art.1, c.17, L. 228/12.

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del 2/04/2025 Il Consigliere est. Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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