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Codice Civile
Codice Penale

Danno dei congiunti della vittima di lesioni personali

Il danno dei congiunti della vittima di lesioni personali, va liquidato tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e senza alcun automatismo.

Pubblicato il 29 October 2021 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI
Sezione civile

in persona del giudice dott.ssa ha emesso la seguente

SENTENZA n. 555/2021 pubblicata il 26/10/2021

Nella causa civile iscritta al n. 869 del ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2017 vertente

TRA

XXX (c.f. ) e YYY (c.f.), in proprio e quali genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore ZZZ, elettivamente domiciliati in

attori

E

AZIENDA KKK (c.f. e p.i.) in persona del Commissario Straordinario

convenuta

OGGETTO: risarcimento danni da responsabilità professionale medica

Conclusioni: come da verbale dell’8-4-2021

Parte attrice: come da memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c.

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, respinta ogni diversa domanda, eccezione e deduzione:

in linea principale

1. Accertare e dichiarare, la responsabilità dell’Azienda Unità Sanitaria Locale – KKK ai sensi degli arti. 1176 comma 2 c.c., 1218 c.c. e art. 1228 c.c;

2. Per l’effetto condannare l’Azienda Unità Sanitaria Locale – KKK, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento, in favore dei sig.ri XXX e YYY, quali esercenti la responsabilità genitoriale sul minore XXX ZZZ, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale subito dal minore predetto, della somma di €285.981,00, di cui €261.981,00 per invalidità permanente al 32% ed € 24.000,00 per invalidità temporanea totale per giorni 250, oltre al rimborso delle spese mediche, o nella diversa somma maggiore e/o minore che il Giudice riterrà di giustizia, il tutto oltre ad una congrua rivalutazione delle indennità medesime in base all’intercorsa svalutazione dell’euro e sul tutto gli interessi legali sino all’effettivo soddisfo e risarcimento del maggior danno da lucro cessante;

3. Condannare altresì l’Azienda Unità Sanitaria Locale – A.KKK () – Presidio Ospedaliero, in persona del legale rappresentante protempore, in favore dei sig.ri XXX e YYY, al risarcimento dei danni non patrimoniali dagli stessi subiti, da calcolarsi equitativamente o in percentuale rispetto all’invalidità riconosciuta al minore ZZZ, il tutto oltre interessi;

4. Condannare altresì l’Azienda Unità Sanitaria Locale – A.KKK () –, in persona del legale rappresentante protempore, in favore dei sig.ri XXX e YYY, al risarcimento dei danni patrimoniali dagli stessi subiti, costituiti per la YYY dalla riduzione della retribuzione a cui poi è conseguita l’assenza di retribuzione e per entrambi i coniugi dalle spese di viaggio, vitto e tutte quelle da intendersi strettamente connesse alle stesse, nella misura che sarà provata in corso di causa o nella diversa misura maggiore o minore che il Giudice riterrà di giustizia, anche sulla base del criterio equitativo, il tutto oltre interessi.

Parte convenuta: come da comparsa di costituzione e risposta:

“Piaccia all’Ill.mo Giudice adito, ogni contraria eccezione e deduzione disattesa, per tutto quanto esposto in premessa, rigettare ogni domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata.

Vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio”.

Ragioni di fatto e di diritto della decisione
1. Domande e difese delle parti

Con atto di citazione regolarmente notificato, XXX e YYY, in proprio e quali genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore ZZZ (nato a), convenivano in giudizio l’Azienda Unità Sanitaria Locale – KKK, esponendo che:

-in data 05.01.2015 accompagnavano il figlio minore, ZZZ, dal pediatra di base dello stesso, il quale, visto lo stato di salute del bambino, li invitava a recarsi presso l’Ospedale, formulando richiesta di ricovero urgente;

– al momento dell’accesso al pronto soccorso da parte degli attori i sanitari non ritenevano di dover procedere al ricovero del minore che, senza alcun esame diagnostico, veniva dimesso con prescrizione di terapia a domicilio rispettata dai genitori;

-in data 11.01.2015, gli attori si recavano nuovamente presso il predetto pronto soccorso, dove al minore, ZZZ, veniva assegnato un triage verde malgrado fosse in atto una crisi di broncospasmo;

-ZZZ veniva ricoverato presso il reparto di pediatria dello stesso nosocomio alle ore 16:24, a distanza, cioè di ben cinque ore dal secondo accesso presso il Pronto Soccorso;

-nel corso del ricovero ZZZ peggiorava progressivamente, accusando una pressoché totale perdita dell’appetito e non riposava né di giorno né di notte, presentava una respirazione difficoltosa, per cui veniva applicato un saturimetro, che veniva tolto dopo sole due notti;

– preoccupati per la salute del figlio, che non vedevano migliorare, gli attori più volte chiedevano notizie e spiegazioni ai medici di turno ed in particolar modo al primario del reparto di Pediatria i quali continuavano a ripetere che la situazione era sotto controllo e che non bisognava preoccuparsi aggiungendo che avrebbero provveduto quanto prima alla dimissione del bambino;

– in data 15 gennaio 2015, interveniva un’ulteriore crisi respiratoria notturna per il minore che veniva affrontata reinserendo in terapia il cortisone e l’aerosol ma senza che venissero eseguite ulteriori indagini, anzi veniva preannunciato ai genitori che il giorno seguente il paziente sarebbe stato dimesso con terapia domiciliare;

– le condizioni del minore, però, peggioravano, per cui veniva rimandata la dimissione;

– il 19 gennaio 2015, a seguito di un’altra crisi respiratoria e con saturazione di O2 all’80%, il pediatra di turno decideva di far eseguire una Rx polmonare che evidenziava una broncopolmonite bilaterale per cui veniva consultato l’infettivologo che, telefonicamente, prescriveva terapia antibiotica oltre ad altri imprecisati farmaci;

– a quel punto l’incannulamento della vena si rivelava di fatto impossibile e a fronte dell’aggravamento ulteriore delle condizioni del piccolo, si decideva il trasferimento a;

– soltanto presso il *** veniva finalmente eseguito un tampone faringeo che permetteva di eseguire la corretta terapia ed il minore, stanti le gravi condizioni, veniva intubato e ricoverato presso la terapia intensiva pediatrica e veniva iniziata altresì terapia parenterale totale in quanto le condizioni generali, anche relative allo stato di denutrizione, apparivano gravissime;

-il minore riportava comunque lesioni permanenti attribuibili alla condotta colposa dei sanitari della KKK.

Gli attori, ravvisando una ipotesi di responsabilità medica in capo alla convenuta, concludevano come in epigrafe.

Si costituiva la convenuta contestando la domanda attorea in fatto e in diritto, deducendo: – -che i danni subiti dal minore ZZZ non erano stati causati dal rifiuto dei sanitari reatini di procedere al ricovero durante il primo accesso al pronto soccorso in data 5.1.2015;

-che le scelte effettuate sulla base dell’esito obiettivo del paziente erano conformi e corrette secondo la scienza medica e coerente alla diagnosi emergente di “faringite acuta”;

 -che durante l’accesso al pronto soccorso dell’11-1-2015 non c’era stato alcun ritardo nel sottoporre il bambino a visite ed indagini strumentali compromettendone lo stato di salute; la convenuta deduceva altresì la mancanza del nesso di causa tra l’operato dei sanitari della KKK e i danni riferiti in atto di citazione, danni da ritenersi in ogni caso non provati ed eccessivi. La convenuta concludeva per il rigetto delle domande come in epigrafe.

2. Sviluppo processuale.

Assegnati i richiesti termini ex art. 183 co 6 c.p.c., espletata c.t.u. medico legale, subentrata la scrivente nel ruolo in data 23 dicembre 2020, la causa veniva rimessa in decisione alla udienza dell’8-4-2021 sulle conclusioni sopra epigrafate previa concessione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di repliche.

3. Rilievi in fatto

Gli attori hanno proposto una domanda risarcitoria nei confronti della struttura sanitaria convenuta ove il minore ZZZ era giunto per un broncospasmo in terapia antibiotica senza soluzione da circa una settimana deducendo di aver subito danni di natura patrimoniale e non patrimoniale anche iure proprio in conseguenza dell’inidonea assistenza sanitaria prestata al figlio durante i due accessi presso la struttura convenuta, una prima volta in data 5.11.2025 e poi una seconda volta in data 11-1-2015.

Gli attori lamentano sostanzialmente:

– il ritardo con cui si è proceduto al ricovero del figlio ZZZ in data 5.1.2015, nonostante una richiesta urgente della pediatra di famiglia, che non ha consentito di monitorare adeguatamente la situazione del minore e di iniziare una terapia diversa e più efficace con omissione delle cautele idonee a scongiurare una complicanza recidiva che si presentò a distanza di pochi giorni;

-il ritardo con cui i sanitari, anche in occasione del secondo accesso al pronto soccorso in data 11-1-2015, hanno eseguito le indagini diagnostiche del caso (radiografia del torace) che causò un peggioramento delle condizioni del minore che determinarono la necessità di terapie dolorose ed invalidanti, la tracheostomia, una lunga degenza nonché la necessità di un intervento ulteriore per la ricostruzione della trachea che non era steneotica per condizione anatomica congenita.

All’esito della CTU espletata e alla luce della documentazione prodotta può ritenersi accertato quanto segue:

-ZZZ XXX, nato il 1-12-2013, il giorno 5 gennaio 2015 alle ore 13.03, su richiesta della pediatra di famiglia, veniva ricoverato presso il P.S. dell’Ospedale di *** con diagnosi di Broncospasmo in terapia con cortisone e veniva dimesso alle ore 14.20 dello stesso giorno; la consulenza pediatrica all’ingresso evidenzia: “Condizioni generali buone. Faringe intensamente iperemico. All’ascoltazione del torace sibili sparsi e rantoli a medie bolle diffusi. Addome trattabile, organi ipocondriaci nei limiti. A domicilio: Clenil A ½ fl -Atem ½ fl – + sol. Fisiologica ogni 6 h fino a controllo Bentelan cpr 0,5 2 cpr al mattino (dopo colazione) 1 cpr dopo pranzo 2 cpr dopo cena fino a controllo Augmentin ogni 12 ore per 7 gg Controllo tra 48 h c/o il curante o in pronto soccorso in caso di peggioramento dei sintomi. Dott. sa ***” (cfr Cartella Clinica n. 2015000467 doc. 1 allegato atto di citazione);

-il giorno 11 gennaio 2015 il minore ZZZ veniva accompagnato di nuovo dai genitori al P.S. dell’Ospedale di ***, ricoverato alle ore 11,38 con diagnosi di Broncospasmo e sottoposto a prelievi ematici di routine e a Rx del Torace alle ore 14,21 dalla quale si evidenzia: “Non addensamenti parenchimali in presenza di lieve accentuazione bronco – interstiziale in sede lobare superiore destra. Seni costo – frenici liberi da versamento. Ombra cardio – mediastinica nei limiti” e alle ore 16,24 veniva trasferito al reparto di pediatria (cfr Cartella Clinica n doc. 2 allegato atto di citazione);

– in data 18.01.2015 veniva eseguita la radiografia del torace in cui veniva refertato che “Al controllo odierno si apprezza la comparsa di tenui e sfumati addensamenti parenchimali nel campi polmonari superiori bilateralmente, con associato bilaterale marcato e diffuso rinforzo del disegno peribronchiale. Ipoespansione dei seni costo frenici laterali. Necessaria correlazione clinica e controlli strumentali”;

– dopo questa radiografia la terapia antibiotica veniva modificata, come riportato nella Cartella Clinica: “Ore 17,00 Presa visione Rx Torace. Si contatta telefonicamente l’infettivologo reperibile che consiglia di modificare terapia antibiotica in atto con Ceftriaxone 80 – 100 mg/kg ev e Azitromicina per os”;

– il 19.01.2015, le condizioni generali di ZZZ peggioravano, tanto da richiedere con urgenza il trasferimento presso una struttura più idonea. All’ingresso al *** veniva finalmente eseguito un tampone faringeo che evidenziava la presenza di Virus dell’Influenza A e positività dell’emocultura per Candida Albicans.

– successivamente al ricovero presso la Terapia Intensiva del *** dal 19.01.2015 al 11.05.2015 ZZZ in un primo momento vevniva intubato con tubo oro – tracheale, per permettere la ventilazione polmonare, per 34 giorni e quindi in data 24.02.2015 veniva sottoposto a Tracheotomia con cambio della cannula tracheostomica il 17.03.2105; – in data 07.04.2015 veniva effettuato un primo tentativo di rimozione della cannula, che evidenziava una stenosi sottoglottica che richiedeva il riposizionamento della stessa, che è rimasta in sede sino al 07.05.2015, giorno in cui veniva rimossa,

– sottoposto pertanto a dilatazioni strumentali della stenosi, ZZZ veniva dimesso in data 11.05.2015;

– al controllo eseguito nel settembre 2015 veniva nuovamente evidenziata una stenosi tracheale e pertanto nuovo ricovero questa volta al *** con riposizionamento della cannula tracheostomica e programmazione di intervento di plastica tracheale avvenuto il 09.03.2016.

Il Ctu, dopo avere eseguito un’attenta e approfondita disamina del minore ed eseguito l’anamnesi familiare fisiologica patologica remota e prossima dello stesso e dopo aver esaminato la documentazione in atti e letto il diario clinico (per la lettura degli approfondimenti in merito alle note di rilievo evidenziate dal CTU dalla lettura del diario clinico si rinvia alla relazione peritale in atti pagg. 2-3 non riportata nella sua interezza per non appesantire il presente scritto), ha riscontrato profili di negligenza negli interventi dei sanitari al momento dei due accessi al pronto soccorso presso la struttura convenuta.

In particolare, il consulente ha rilevato che, per quel che concerne il primo accesso al pronto soccorso del 5-1-2015, “nonostante il reperto auscultatorio del torace, caratterizzato da sibili sparsi e rantoli a medie bolle diffusi, i Sanitari presenti non hanno ritenuto necessaria l’esecuzione di una Radiografia del Torace, esame imprescindibile, viste le condizioni del piccolo ZZZ. Si sono limitati a prescrivere terapia cortisonica sia per via orale che inalatoria e a consigliare di continuare la terapia antibiotica già prescritta dalla Pediatra Curante, con inoltre consiglio di controllo presso la Stessa Dottoressa o al Pronto Soccorso dell’Ospedale dopo 48 ore” e ha evidenziato altresì che “Il piccolo ZZZ pertanto è stato dimesso dopo 1,17 h dal suo ingresso al PS. Giova qui ricordare, prosegue il ctu, che l’abitazione dei Sig. XXX si trova a 50 km di distanza da ***, ma tuttavia anche che la Temperatura Atmosferica di quel giorno era tra i 6° ed i 9°”.

Per quel che concerne, poi, il secondo accesso dell’11.01.2015 avvenuto alle ore 11,38 in Codice Verde con diagnosi di Faringite Acuta il ctu ha rilevato che alle ore 14,21 finalmente veniva eseguita una radiografia del torace da cui emergeva “Non addensamenti parenchimali in presenza di lieve accentuazione bronco – interstiziale in sede lobare superiore desta. Seni costo frenici liberi da versamento. Ombra cardio – mediastinica nei limiti”. Referto firmato elettronicamente da *** (Medico refertatore) e che “in base alla risposta della Radiografia comunque ZZZ è stato ricoverato alle ore 16,24 nel reparto di Pediatria. Gli Esami di Laboratorio eseguiti alle ore 13,40 avevano dato come risultato per la conta dei Leucociti di 10.8 X1000/ul (valori normali compresi tra 6 e 17). L’Esame Obiettivo Generale della Cartella Clinica sopracitata riporta alla voce Cavo Faringeo: faringe iperemico” e che “nonostante la diagnosi di Faringite Acuta, posta all’ingresso al PS, i Sanitari presenti non hanno ritenuto necessaria l’esecuzione di un Tampone Faringeo, che avrebbe quanto meno potuto indirizzare meglio la terapia antibiotica.

Il ctu, all’esito delle verifiche degli esami e interventi eseguiti durante i due accessi al pronto soccorso, ha riscontrato profili di responsabilità dei sanitari intervenuti ritenendo che la negligenza nell’esecuzione di un esame tanto semplice quanto dirimente per la terapia da intraprendere, ha fatto probabilmente procedere nel suo excursus il processo infettivo che successivamente si è esacerbato con la comparsa del processo lobare polmonare evidenziato Si considera, conclude il ctu, che per le carenze diagnostiche e terapeutiche dei sanitari della azienda sanitaria convenuta e in particolare il non avere effettuato sin dal primo accesso del 5.1.2015 un tampone faringeo, dirimente per la terapia da intraprendere, è conseguito un peggioramento delle condizioni di salute di ZZZ XXX e, quindi, è configurabile un danno iatrogeno dello stesso imputabile alla convenuta.

4. Rilievi in diritto

4.1 Sulla responsabilità della struttura sanitaria.

La responsabilità dell’ente ospedaliero, in ossequio alla pronunzia delle Sezioni Unite della Cassazione dell’11.01.2008, n. 577, ha natura lato sensu “contrattuale” (rectius da inadempimento di obbligazioni), in quanto l’accettazione del paziente comporta la conclusione di un contratto atipico (c.d. contratto di spedalità o di assistenza sanitaria), da cui sorgono a carico della struttura sanitaria, accanto a quelli di tipo lato sensu alberghieri, obblighi di messa a disposizione del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie a garantire il buon esito degli interventi e la ottimale gestione di eventuali complicazioni od emergenze. Sancita quindi l’autonomia del contratto di spedalità o di assistenza sanitaria, intercorrente tra struttura sanitaria e paziente, dal contratto intercorrente tra il paziente ed il medico, le Sezioni Unite hanno ritenuto che la responsabilità della struttura sanitaria nei confronti dal paziente può conseguire sia, ai sensi dell’art. 1218 c.c., all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico, sia, ai sensi dell’art. 1228 c.c., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando la circostanza che il sanitario risulti essere “di fiducia” dello stesso paziente o comunque dal medesimo scelto (Cass. n. 13066/2004).

Quanto poi alla ripartizione dell’onere della prova, l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare il contratto – o il contatto sociale – , l’aggravamento di una patologia o l’insorgenza di una affezione, nonché il relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, allegando l’inadempimento (c.d. qualificato) del debitore astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato; la struttura sanitaria, quale debitore convenuto, è invece gravato dell’onere di dimostrare il fatto estintivo, costituito dall’avvenuto esatto adempimento ovvero che, pur sussistendo inadempimento, esso non sia stato eziologicamente rilevante in ordine al verificarsi del dedotto evento dannoso, ovvero che gli esiti peggiorativi siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile a lui non imputabile (cfr. Cass., Sez. III, 26/02/2020, n. 5128; Cass. S.U. n. 13533/01; n. 20806/09; S.U. n. 577/2008).

Analogo principio è stato affermato con riguardo all’inesatto adempimento, mediante il rilievo che al creditore istante è sufficiente la mera allegazione dell’inesattezza dell’adempimento (per violazione di doveri accessori, come quello di informazione, ovvero per mancata osservanza dell’obbligo di diligenza), gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento.

Quanto al nesso di causalità tra inadempimento e danno, nella sua duplice dimensione di danno-evento e di danno-conseguenza, la premessa dell’argomentazione logica recepita dalla consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto (cfr. Cass. civ., III, sent. n. 15453 del 14.07.2011, SU, sent. n. 576 dell’11.01.2008), fonda sul rilievo del differente oggetto dell’imputazione ai fini dell’affermazione della responsabilità penale e civile: ai fini della sanzione penale si imputa – ex artt. 40- 42 c.p. – il fatto reato, il cui elemento naturalistico è costituito da condotta, nesso causale ed evento naturalistico o giuridico, mentre ai fini della responsabilità civile ciò che si imputa – ex art. 1223 e 2056 c.c. – è il danno che consegue al fatto lesivo, e che costituisce l’oggetto dell’obbligazione risarcitoria, di guisa che quest’ultima non si costituisce se, accertato il fatto lesivo ( lesione del bene giuridico protetto dalla norma) non si accerta anche il danno ( apprezzabile conseguenza pregiudizievole).

Ne consegue che, dal punto di vista delle serie causali che occorre verificare, mentre ai fini dell’affermazione della responsabilità penale il giudizio è unico ed è disciplinato dalle norme ex art. 40- 42 c.p.c., ai fini dell’affermazione della responsabilità civile il giudizio è duplice, così come si evince dalla duplice previsione dell’art. 1227 comma 1 e 2 c.c., investendo il primo l’attribuibilità di un fatto lesivo ad un determinato soggetto, con evidente analogia alla problematica della causalità penalisticamente rilevante (c.d. causalità materiale), ed investendo il secondo la selezione dei danni – conseguenze pregiudizievoli, meritevoli, secondo l’ordinamento, di essere ristorati (c.d. causalità giuridica).

Inoltre, la regola probatoria civilistica è quella della preponderanza dell’evidenza ovvero “del più probabile che non”.

Sotto il profilo del nesso causale, “grava sul creditore l’onere di provare il nesso di causalità fra l’azione o l’omissione del sanitario ed il danno di cui domanda il risarcimento. Non solo il danno ma anche la sua eziologia è parte del fatto costitutivo che incombe all’attore di provare. Ed invero se si ascrive un danno ad una condotta non può non essere provata da colui che allega tale ascrizione la riconducibilità in via causale del danno a quella condotta. Se, al termine dell’istruttoria, resti incerti la reale causa del danno, le conseguenze sfavorevoli in termini di onere della prova gravano quindi sull’attore” (cfr. Cass.26.7.2017, n. 18392, Cass. 26824/17 del 4.11.2017, Cass. ord. n. 3693/2018 del 15.2.2018, sul riparto degli oneri processuali cfr. anche Cass. Civ. n. 28989 dell’11.11.2019.

4.2 Sul c.d. danno morale riflesso dei congiunti.

Per danno riflesso ai congiunti s’intende tanto il pregiudizio morale patito dai congiunti della vittima primaria di lesioni quanto il pregiudizio c.d. dinamico-relazionale recato dalla condotta illecita altrui costituente reato o comunque lesiva di interessi inerenti alla persona umana costituzionalmente garantiti, laddove superi la c.d. soglia di gravità (cfr. Cass., SS.UU., 11/11/2008, n. 26972).

In tema di attività medico-sanitaria, un medesimo fatto può costituire al contempo inadempimento delle obbligazioni nascenti dal contatto sociale con il paziente e fatto illecito rilevante ex art. 2043 c.c. da cui possono derivare danni patrimoniali e non patrimoniali nei confronti dei congiunti del paziente. Ne consegue l’applicazione del regime giuridico proprio della responsabilità aquiliana, soprattutto in termini di onere probatorio.

Per consolidata interpretazione giurisprudenziale, ai prossimi congiunti di una persona che abbia subito, a causa di fatto illecito costituente reato, lesioni personali, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima.

A tale riguardo, non è di ostacolo il disposto dell’art. 1223 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso, con conseguente legittimazione del congiunto ad agire iure proprio contro il responsabile. Ai fini dell’individuazione dei danni risarcibili e dell’inquadramento del danno morale sofferto dai prossimi congiunti, il danno deve presentarsi come un effetto normale del fatto illecito, secondo il principio della “regolarità causale” (cfr. Cass., SS.UU., 01/07/2002, n. 9556; Cass. 20667/2010; Cass. 13179/2011; Cass. 22909/2012 e, da ultimo, Cass. 758/2016).

Si ritiene, inoltre, di aderire all’orientamento giurisprudenziale espresso dalle S.U. nella citata decisione del 2002, nonché da Cass. 19/01/2007 n.1203 , da Cass. 14/06/2016 n.12146, in forza del quale si afferma che la convivenza è un elemento estrinseco, transitorio e del tutto casuale, poco significativo per connotare veramente una lesione del rapporto parentale, potendo fondarsi non tanto su vincoli affettivi quanto piuttosto essere determinata da motivi di convenienza e di opportunità mentre, viceversa, possono sussistere rapporti che, indipendentemente dalla coabitazione, sono caratterizzati da vincoli affettivi particolarmente intensi e di vera vicinanza psicologica ( nella giurisprudenza di merito, aderiscono a detto indirizzo, ad esempio, Tribunale di Milano 12/02/2008 n. 1799, Tribunale Campobasso 02/08/2013 n. 366, Tribunale Rimini 17/06/2014 n. 4618). Pertanto, il danno dei congiunti della vittima di lesioni personali, va liquidato tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e senza alcun automatismo. La convivenza va considerata come elemento probatorio utile, nel concorso con altri elementi, a dimostrare l’ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti ed a determinare anche il quantum debeatur.

A tal fine è necessario, di volta in volta, verificare in che cosa il legame affettivo sia consistito ed in che misura la lesione, subita dalla vittima primaria, abbia inciso sulla relazione fino a comprometterne lo svolgimento.

Infine, sotto il profilo probatorio, tale tipologia di danno può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva, che deve essere cercata anche d’ufficio, se la parte abbia dedotto e provato i fatti noti dai quali il giudice, sulla base di un ragionamento logico-deduttivo, può trarre le conseguenze per risalire al fatto ignorato (cfr. Cass. civ., sez. III, 11/07/2017, n.17058). I pregiudizi subiti dai congiunti di una vittima vengono definiti danni riflessi o di rimbalzo, perché il danno, pur traendo origine da un illecito che ha colpito la vittima principale, può produrre dei nocumenti anche a terzi, le cosiddette vittime secondarie, le quali acquisiscono un diritto al risarcimento iure proprio.

Una recente sentenza della Cassazione, la n. 7748 del 2020, ha precisato tuttavia che il pregiudizio sofferto dai familiari non è un danno riflesso, ma bensì diretto.

Secondo i giudici di legittimità, il danno subito dai prossimi congiunti è infatti una conseguenza diretta delle lesioni inferte al parente, che producono quindi vittime diverse, ma ugualmente dirette. Secondo la Corte quindi, è improprio parlare di vittima principale e vittime secondarie o di rimbalzo.

Il danno subito dai parenti del danneggiato può essere sia di natura non patrimoniale, sia di natura patrimoniale. Il danno biologico è una lesione all’integrità psicofisica di una persona, quindi una vera e propria perdita di salute, come può essere ad esempio una malattia.

Si considera invece danno morale la sofferenza d’animo interiore e la perturbazione soggettiva patita dai familiari a causa delle lesioni subite dal proprio caro, mentre per danno esistenziale si intende il peggioramento e lo stravolgimento della qualità della propria vita.

Secondo la sentenza Cass. n. 7748 del 2020 in oggetto, il danno subito dai parenti del macroleso è risarcibile anche quando i pregiudizi non consistono in un totale sconvolgimento delle abitudini di vita, in quanto tale conseguenza è estranea sia al danno morale, sia al danno biologico.

Tali pregiudizi possono essere dimostrati anche tramite prove presuntive, tra le quali il rapporto di parentela stretta intercorrente tra la vittima principale e quelle secondarie, in quanto si presume che i genitori e i fratelli soffrano per le gravi lesioni invalidanti riportate dal proprio parente.

5. Conclusioni

Procedendo gradatamente nell’esame delle questioni oggetto di giudizio – arg. ex art. 276 c.p.c. – e con il contemperamento, ove possibile e rilevante, della ‘ragione più liquida’ (cfr. Cass. civ., SU, sent. n. 9936 dell’8.05.2014; S.C., VI-L, sent. n. 12002 del 28.05.2014), si osserva che, in base alla ricostruzione dei fatti di causa sopra indicata e alla luce dei principi di diritto richiamati, le domande formulata dagli attori meritano accoglimento soltanto parziale nei limiti di seguito indicati.

Anzitutto, è fondata e va accolta la domanda risarcitoria proposta nei confronti della convenuta per la sussistenza di un inadempimento imputabile alla struttura.

Sul punto, si condividono pienamente le considerazioni svolte dal CTU, in ragione della coerenza, concordanza e precisione delle circostanze fattuali e scientifiche addotte. La tesi avanzata dagli attori e dai CCTP non trova per ciò validi riscontri probatori. In particolare, ha evidenziato il ctu, che la valutazione effettuata dal CTP di parte Attrice che ha riconosciuto postumi permanenti pari al 32% è da considerarsi, eccessiva in quanto formulata anche con criteri di carattere prognostico che al momento non supportato da adeguate evidenze cliniche e/o strumentali. Deve altresì sottolinearsi che dall’istruttoria espletata non sono emersi fattori alternativi che avrebbero potuto condurre agli esiti sopra descritti.

Ebbene, alla luce delle chiare ed esaustive considerazioni medico legali contenute nella relazione di CTU, anche in risposta alle osservazioni del consulente di parte, che si condividono e fanno proprie in questa sede, si ritiene dimostrata sia la condotta colposa dei sanitari, come appena enucleata, sia il nesso di derivazione causale tra essa ed il pregiudizio alla salute cagionato al paziente.

Tanto premesso, occorre procedere alla liquidazione del danno.

Per ciò che attiene in particolare al danno biologico, il CTU ha accertato che in conseguenza dei fatti sopra descritti il minore ha riportato i danni descritti alle pagg. 7-8 della relazione (“ALOPECIA: si considera il danno ascritto alla Classe 1° di pregiudizio estetico perché il danno è lieve e non muta l’espressività del Soggetto; tra l’altro la zona potrebbe essere coperta da una maggior lunghezza dei capelli; CICATRICI AL GIUGULO E IN REGIONE SOTTOMAMMARIA DX: aggiunte al danno estetico di cui sopra, ci si può attestare su un range di valutazione previsto dalla Classe 2° di pregiudizio estetico. In totale si può considerare un danno del 6%;TORACE: considerando gli esiti fibrotici evidenziati con l’ultima Radiografia del Torace eseguita presso l’Ospedale *** in data 11.03.2016 (“Accentuazione del disegno polmonare di tipo bronchitico con maggiore evidenza in sede ilo – parailare destra”) ci si deve attenere, per analogia a quanto previsto dalla Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni per i versamenti pleurici, in misura intermedia tra ipomobilità monolaterale e ipomobilità bilaterale attestandosi a un danno del 5%; TRACHEA: danno anatomico al momento emendato dall’intervento di plastica tracheale, può essere valutato come danno del 5%; TROMBOFLEBITE: si considera come riferimento strumentale il Doppler degli arti inferiori eseguito il Marzo 2015, presso il Pol. A. Gemelli, (“Si documenta risoluzione della trombosi parziale delle vene femorali superficiale e profonda distali e della vena iliaca prossimale omolaterale”) e pertanto come riferito alla Classe 1° dell’Insufficienza Flebolinfatica della Tabella della SIMLeA appare corretto esprimere una valutazione percentuale di danno del 5%. La valutazione è pertanto del 15% applicando il calcolo riduzionistico della Formula di Balthazard prevista per i danni che interessano diversi organi ed apparati”) a loro volta all’origine di un’invalidità temporanea da intendersi totale di complessivi 444 giorni, nonché di postumi permanenti riscontrati dal consulente nella misura del 15%.

La valutazione del danno biologico è stata formulata dal ctu tenendo conto del fatto che qualora fossero stati messi in atto opportuni ed adatti mezzi diagnostici e terapeutici, la patologia iniziale si sarebbe risolta con completa “restitutio ad integrum” in breve tempo. Il consulente ha valutato la durata di invalidità temporanea pari alla durata del periodo di malattia calcolato dall’ingresso della prima degenza del 05.01.2015 fino alla dimissione del 24.03.2016 per un totale di 444 giorni. Tale invalidità temporanea, ad avviso del giudicante, deve essere intesa in senso totale trattandosi di un soggetto minore non idoneo a produrre reddito e che per gran parte del tempo è stato in ospedale.

Ai fini della liquidazione equitativa del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dell’integrità psico-fisica ex artt. 1226 e 2056 c.c., questo giudice ritiene di avvalersi dei criteri di elaborazione giurisprudenziale adottati dal Tribunale di Milano le cui tabelle, aggiornate al 2021, prevedono una liquidazione congiunta del danno non patrimoniale conseguente alla lesione permanente dell’integrità psicofisica della persona sia nei suoi risvolti anatomofunzionali che relazionali, nonché del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di sofferenza soggettiva, ossia dunque il danno biologico e il danno morale, unitariamente considerati, secondo un valore medio personalizzabile in ragione delle peculiarità del caso concreto.

Non può tacersi sul punto che, la Suprema Corte, al fine di garantire la parità di trattamento tra gli utenti della giustizia e limitare le macroscopiche divergenze nella liquidazione del danno non patrimoniale soprattutto per le percentuali di invalidità superiori al 9%, ha affermato che i criteri per la liquidazione del danno alla persona adottati dal Tribunale di Milano devono considerarsi “il valore da ritenersi “equo”, e cioè quello in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad alimentarne o ridurne l’entità.” (cfr. Cass. n. 12408/2011; n. 17018/2018).

Alla luce delle coordinate ermeneutiche sopra richiamate, in favore degli attori si liquidano in via equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c., a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dell’integrità psico-fisica del figlio minore, all’attualità:

1) quale risarcimento del danno derivante da invalidità permanente, € 54.296,00, tenuto conto dell’età del minore al momento del fatto e della natura plurima delle lesioni riportate;

2) quale risarcimento del danno derivante da invalidità temporanea totale, € 43.956,00 per giorni 444.

Il danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dell’integrità psico-fisica ammonta, pertanto, a complessivi € 98.252,00 (€ 54.296,00 + € 43.956,00), all’attualità, in tale importo dovendo ritenersi, altresì, nella previsione tabellare anche il danno cd. “morale” secondo l’impostazione seguita dal Tribunale di Milano.

In conclusione, in favore degli attori deve essere riconosciuto un risarcimento complessivo per i danni subiti dal figlio pari alla somma di Euro 98.252,00 all’attualità.

Nulla deve riconoscersi, infine, a titolo di “personalizzazione del danno”.

Al riguardo, basti richiamare la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale le tabelle già contengono la quantificazione delle conseguenze “ordinarie”, previste e compensate dalla forfetizzazione del danno non patrimoniale. Di modo che, ai fini della invocata personalizzazione, non basta allegare all’apprezzamento del giudice circostanze solo asseritamente personalizzate e genericamente individuate (come “sofferenze”, “dolori”, “iter clinico”, “rinunce”), essendo al contrario necessario procedere ad una articolazione analitica di dette voci, attraverso l’inerenza di esse alla persona ed alla sua esperienza di vita – altrimenti versandosi in una ipotesi di inammissibile duplicazione risarcitoria (cfr. da ultimo, Cassazione civile, sez. III, sentenza 21/09/2017 n. 21939; in senso conforme, cfr. Cass. n.339/2016). Ebbene, tale articolazione analitica delle voci di personalizzazione del danno non è stata svolta dalla difesa attorea. Peraltro, tali considerazioni – in ordine alla genericità degli effetti lamentati e della non apprezzabilità degli stessi ai fini del vaglio della serietà e gravità imposto dalla Suprema Corte – sono tanto più pregnanti ove si consideri la percentuale di danno riconosciuto e nella liquidazione si è tenuto conto dell’incremento per sofferenza soggettiva.

Infine, venendo all’esame della domanda risarcitoria spiegata dagli attori iure proprio in quanto padre e madre del minore vittima di lesione, si osserva che, vertendosi in tema di responsabilità aquiliana ex artt. 2043, 2049 e 2059 c.c., l’onere della prova di tutti gli elementi essenziali della fattispecie grava sugli attori e all’atipicità dell’illecito si contrappone la tipicità del danno non patrimoniale nella lettura costituzionalizzata fornita dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Nel caso di specie, è stata raggiunta la prova del fatto illecito posto in essere dai sanitari operanti presso la clinica convenuta nei termini sopra indicati.

Con riferimento al presente caso, ferma, dunque, l’utilizzabilità anche di criteri presuntivi in base alla comune esperienza, rileva questo giudice che a fronte del tipo e grado di lesione riportata dal figlio minore pari al 15% e non risultando provata la necessità di terapie riabilitative, ricoveri ulteriori per le medesime problematiche e tenuto conto che il pregiudizio del piccolo ZZZ non ha intaccato la sfera intellettiva e cognitiva che sono invece rimaste inalterate, può dirsi totalmente conservata la relazione umana ed affettiva dei genitori col bambino, e pertanto non si ritiene di dover riconoscere un danno riflesso ai genitori conseguente ai postumi permanenti riconosciuti pari al 15%.

Al contrario, ad avviso del giudicante, può senz’altro essere riconosciuto un danno riflesso collegato al lungo e complicato decorso clinico chirurgico del bambino, oltretutto piccolissimo, il quale, se ha messo a dura prova il bambino, ha senza dubbio inciso negativamente sui rapporti endo ed eso-familiari determinando per tutti sicure sofferenze d’animo; nel caso di specie, gli attori hanno allegato e provato l’esistenza del rapporto di parentela e lo stato di convivenza.

In conclusione, la valutazione del quadro complessivo degli elementi dedotti in giudizio conduce a ritenere provata l’affectio familiaris tra la vittima primaria di lesioni e la madre e il padre del bambino la cui alterazione in senso negativo ha determinato in capo ai familiari un pregiudizio di natura morale-interiore, che merita di essere risarcito.

Per la quantificazione dell’equivalente monetario idoneo ad assicurare ai danneggiati un’adeguata riparazione del pregiudizio sofferto, come utilità sostitutiva, da effettuarsi necessariamente in via equitativa, ritiene chi giudica che possa farsi ricorso ai parametri utilizzati per la liquidazione del danno non patrimoniale riconosciuto al minore a titolo di invalidità temporanea assoluta subito in quanto, come detto, viene riconosciuto il danno riflesso ai genitori limitatamente al lungo periodo di degenza del minore; infatti, trattandosi di un bambino piccolissimo, si può presumere che i genitori, e in particolare la madre, come dalle stesse parti allegato, sia stata molto più presente per assisterlo.

Pertanto, venendo al quantum si stima equo quantificare in via meramente equitativa il danno in esame in misura pari a € 13.186,80 per la madre YYY ed in misura pari a € 8.791,20 per il padre XXX (ossia rispettivamente il 30% e il 20% della somma liquidata a titolo di invalidità temporanea assoluta pari ad Euro 43.956,00).

Deve essere riconosciuto il danno derivante dal mancato tempestivo godimento dell’equivalente pecuniario che, in difetto di diversi elementi probatori, si ritiene di compensare adottando quale parametro quello degli interessi legali da calcolarsi, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte (n.1712/95), sulla somma via via rivalutata dalla produzione dell’evento di danno (da individuarsi nella data del primo accesso in ospedale in data 5.1.2015) sino a oggi, tempo della liquidazione. Così, tenuto conto di questo criterio – previa devalutazione alla data del fatto della somma espressa in moneta attuale – vanno aggiunti alla somma via via rivalutata annualmente gli interessi compensativi nella misura legale dall’evento fino alla data odierna.

Dal momento della pubblicazione della presente sentenza e fino all’effettiva corresponsione, infine, dovranno essere corrisposti, sulla somma totale sopra liquidata a titolo risarcitorio, gli ulteriori interessi al tasso legale suddetto (art. 1284, comma primo, cod. civ.), ai sensi dell’art. 1282 cod. civ., posto che, al momento della pubblicazione della sentenza, l’obbligazione risarcitoria, che ha natura di debito di valore, si trasforma in debito di valuta, con conseguente applicabilità degli istituti tipici delle obbligazioni pecuniarie in senso stretto, sulla somma globale composta da capitale, rivalutazione e coacervo degli interessi maturati fino alla data predetta (pubblicazione della sentenza: cfr., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 1999, n. 13470; Cass. civ., sez. III, 21 aprile 1998, n. 4030).

In definitiva, l’Azienda sanitaria convenuta deve essere condannata al pagamento in favore degli attori della somma complessiva di Euro 120.230,00 oltre interessi al saggio legale sulla predetta somma svalutata al 5.1.2015 (trattandosi di importo già rivalutato e liquidato ai valori attuali, mediante l’utilizzo della tabella di Milano vigente al momento della presente decisione:

v. Cass. 7272/2012 e Cass. 5503/03) e progressivamente rivalutata, mediante applicazione degli indici annuali ISTAT, sino alla data di pubblicazione della presente sentenza (sul cumulo tra interessi e rivalutazione nella quantificazione del risarcimento del danno da fatto illecito, anche contrattuale, v. ex multis Cass. 4184/06 e Cass. 9517/02), a titolo risarcimento del danno non patrimoniale, in favore degli attori secondo la causali sopra indicate.

Le altre “voci” di danno patrimoniale di cui gli attori hanno chiesto il risarcimento e ulteriori profili dedotti dalle parti ed incidenti sul quantum da risarcire sono invece rimasti sforniti di adeguata prova.

6. Spese di lite

Le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate secondo i valori medi previsti dal D.M. n. 55 del 2014 e succ, mod. calcolate sulla base della somma effettivamente liquidata a titolo di risarcimento (da Euro 52.000,01 a Euro 260.000,00 in relazione alla somma attribuita alla parte vincitrice ex art. 5, comma 1 del DM cit. ); anche le spese di c.t.u. sono definitivamente poste a carico della parte soccombente in base al principio di causalità.

P.Q.M.

Il Tribunale Civile di Rieti, definitivamente pronunciando sulla domanda in epigrafe, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così decide:

-dichiara tenuta e condanna l’Azienda convenuta al pagamento in favore degli attori dei seguenti importi complessivi ed omnicomprensivi:

in favore di XXX e YYY quali genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore ZZZ: € 98.252,00; in favore di XXX iure proprio € 8.791,20; in favore di YYY iure proprio: € 13.186,80;

su tutti gli importi sono dovuti gli interessi per ritardato pagamento nella misura legale sulla somma via via rivalutata annualmente dal 5-1-2015 alla data della sentenza e agli interessi legali dalla presente sentenza al saldo;

– condanna la convenuta AZIENDA KKK al rimborso delle spese di lite in favore degli attori, liquidate in € 13.430,00 a titolo di compenso professionale, oltre spese forfettarie in ragione del 15%, ed oneri previdenziali e fiscali come per legge;

– pone le spese di c.t.u., come separatamente liquidate, definitivamente a carico della parte convenuta.

Così deciso in Rieti, il 24 ottobre 2021

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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