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Codice Civile
Codice Penale

Opposizione esecuzione promossa su titolo esecutivo

Opposizione all’esecuzione, contestazione del diritto di procedere ad esecuzione forzata fondata su vizi di formazione del provvedimento.

Pubblicato il 01 August 2021 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TERNI
SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, in persona del Giudice dott., ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 610/2021 pubblicata il 22/07/2021

nella causa civile di primo grado iscritta al n. R.G.A.C. dell’anno 2018 promossa

DA

 XXX S.R.L. (C.F.), con il patrocinio dell’avv.

PARTE OPPONENTE CONTRO

YYY

PARTE OPPOSTA

OGGETTO: Opposizione all’esecuzione ex art. 615, comma 1 c.p.c.

CONCLUSIONI

All’udienza del 02/02/2021 le parti hanno concluso come risulta dal verbale d’udienza qui richiamato e trascritto.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di opposizione ex art. 615, comma 1 c.p.c. la XXX S.R.L. citava YYY innanzi al Tribunale di Terni, rassegnando le conclusioni ivi indicate, qui richiamate e trascritte.

Con comparsa di risposta si costituiva YYY rassegnando le conclusioni ivi indicate, qui richiamate e trascritte.

Con ordinanza del 27/11/2018 veniva rigettata l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo opposto avanzata da parte opponente.

Il giudizio veniva istruito mediante la documentazione prodotta ritualmente dalle parti e, all’udienza del 2 febbraio 2021, la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione alle parti dei termini ex art. 190 c.p.c..

*****

L’opposizione è in parte inammissibile ed in parte infondata.

 Invero, nel proprio atto introduttivo la XXX S.R.L. si è limitata a contestare, nel merito, il titolo esecutivo portato dal precetto opposto, costituito dal decreto di liquidazione del compenso del *** adottato ex art. 168 e ss. del DPR n. 115/2002 da questo Tribunale all’esito dell’accertamento tecnico preventivo iscritto al R.G. n. 1292/2017 (cfr. censure attinenti al quantum liquidato rispetto all’attività prestata, al contenuto stesso della C.T.U. – che non avrebbe tenuto conto delle osservazioni del proprio consulente di parte – e, infine, attinenti alla necessità di porre a carico del *** – amministratore della società opponente – solo la metà dei costi della CTU, in quanto chiesta da entrambe le parti, con due ricorso diversi, poi riuniti in quello iscritto al RG 1292/17).

 Al riguardo deve infatti osservarsi che tali doglianze sono inammissibili atteso che, se il titolo esecutivo è giudiziale ma non ancora definitivo, le questioni di merito sono comunque precluse in quanto dovevano essere necessariamente proposte mediante lo strumento dell’impugnazione (cfr. Cass. 12911/2012 secondo cui “Nel giudizio di opposizione all’esecuzione, iniziata in base ad un titolo esecutivo giudiziale, non possono essere sollevate eccezioni anteriori alla formazione del titolo stesso, le quali si sarebbero dovute far valere unicamente nel procedimento conclusosi con il titolo posto in esecuzione” e Cass. 21293/2011 secondo cui “Mentre con l’opposizione all’esecuzione forzata fondata su un titolo esecutivo giurisdizionale possono farsi valere soltanto i fatti posteriori alla formazione del provvedimento costituente titolo esecutivo, non essendo ammissibile un controllo a ritroso della legittimità e della fondatezza del provvedimento stesso fuori dell’impugnazione tipica e del procedimento che ad essa consegue, la medesima esigenza, invece, non si riscontra allorché l’esecuzione forzata sia basata su un titolo di natura contrattuale: in tal caso, pertanto, il debitore può contrastare la pretesa esecutiva del creditore con la stessa pienezza dei mezzi di difesa consentita nei confronti di una domanda di condanna o di accertamento del debito, e il giudice dell’opposizione può rilevare d’ufficio non solo l’inesistenza, ma anche la nullità del titolo esecutivo nel suo complesso o in singole sue parti, non vigendo in materia il principio processuale della conversione dei vizi della sentenza in mezzi di impugnazione”).

 Con maggior grado di specificazione, la Suprema Corte ha affermato che “Nel giudizio di opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo esecutivo di formazione giudiziale, la contestazione del diritto di procedere ad esecuzione forzata può essere fondata su vizi di formazione del provvedimento solo quando questi ne determinino l’inesistenza giuridica, atteso che gli altri vizi e le ragioni di ingiustizia della decisione possono essere fatti valere, ove ancora possibile, solo nel corso del processo in cui il titolo è stato emesso, spettando la cognizione di ogni questione di merito al giudice naturale della causa in cui la controversia tra le parti ha avuto (o sta avendo) pieno sviluppo ed è stata (od è tuttora) in esame.” (cfr. Cass. ord. n. 3277/2015).

Nel caso di specie, come correttamente riportato dalla parte opposta nella propria comparsa di risposta e nei successivi scritti:

– il titolo esecutivo non risulta essere stato mai impugnato dalla società opponente per cui deve ritenersi non più contestabile nel merito e ciò in base al combinato disposto di cui agli artt. 702-quater c.p.c., 168 del DPR n. 115/2002 e 15 del d.lgs. n. 150/2011 (cfr. Cass n. 30750/2018 secondo cui “La disciplina del termine per proporre opposizione avverso il decreto di liquidazione delle spettanze agli ausiliari del Giudice, va individuata in quella di cui all’art. 702-quater c.p.c., norma dettata in tema di procedimento sommario di cognizione, che prevede che il provvedimento adottato in prima istanza dal giudice monocratico si consolida in giudicato se non è appellato “entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione”);

– nessun fatto posteriore alla formazione del provvedimento costituente titolo esecutivo veniva fatto valere dalla parte opponente che, nel proprio atto introduttivo, si limita ad eccepire motivi di merito.

Per quanto riguarda poi la censura attinente alla legittimazione passiva della parte opponente si osserva che nel titolo esecutivo il compenso dell’ausiliario viene posto a carico della sola “parte ricorrente” – odierna opponente – e, quindi, anche su tale aspetto deve ritenersi consolidato il giudicato; ad ogni modo, per giurisprudenza costante, le parti sono comunque solidamente responsabili del pagamento delle competenze maturate dal consulente tecnico d’ufficio (cfr., fra le tante, Cass. n. 25179/2013, 25047/2018).

Deve quindi concludersi per il rigetto dell’opposizione.

Le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo secondo i valori medi previsti dal DM n. 55/2014, ridotti non oltre il 50% attesa la semplicità delle questioni trattate.

Sussistono le condizioni per disporre la condanna dell’opponente per lite temeraria atteso che l’azione è stata avviata senza la dovuta diligenza, come dimostrato dalla palese inammissibilità ed infondatezza dei motivi proposti e dal comportamento processuale tenuto, essendosi limitato a depositare unicamente il proprio atto introduttivo senza dare seguito alla propria azione processuale (cfr. Cass. 16482/2017 “In tema di ricorso per cassazione, proporre un ricorso malgrado la conoscenza o l’ignoranza gravemente colposa della sua insostenibilità, è fonte di responsabilità dell’impugnante ex art. 96, comma 3 c.p.c. , per avere questi agito (e, per lui, il suo legale, del cui operato il primo risponde verso la controparte processuale ex art. 2049 c.c.), sapendo di perorare una tesi infondata, oppure per non essersi adoperato con la “exacta diligentia” esigibile in relazione ad una prestazione professionale altamente qualificata come è quella dell’avvocato…”).

In merito al quantum deve provvedersi in via meramente equitativa, non essendovi alcun parametro di riferimento, per cui appare ragionevole condannare la parte opponente al pagamento di una somma pari ad euro 1.000 da versarsi sempre in favore della parte opposta.

Tutte le altre questioni prospettate dalle parti devono ritenersi assorbite.

P.Q.M.

Il Tribunale di Terni, definitivamente pronunciando nella causa distinta al n. 1866/2018, ogni ulteriore domanda ed eccezione disattesa:

1) rigetta l’opposizione;

2) condanna la XXX S.R.L. al rimborso delle spese di lite in favore di YYY che liquida in euro 2.400,00 (euro 800,00 per la fase cautelare ed euro 1.620,00 per la fase di merito) per compenso di avvocato, oltre spese generali pari al 15 % del compenso, Iva e Cap come per legge;

3) condanna la XXX S.R.L. ai sensi dell’art. 96, comma 3 c.p.c. al pagamento in favore di YYY della somma di euro 1.000,00.

Così deciso in Terni il 22 luglio 2021

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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