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Cartella esattoriale, contestazione della notifica

Nell’ipotesi in cui il destinatario della cartella esattoriale ne contesti la notifica, l’agente della riscossione può dimostrarla producendo copia della stessa

Pubblicato il 30 April 2021 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI SASSARI SEZIONE LAVORO

Il Giudice del lavoro, dott. alla pubblica udienza del 30 marzo 2021 ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 196/2021 pubblicata il 23/04/2021

Nella causa tra XXX (CF), rappresentata e difesa, in virtù di procura a margine del ricorso, dall’ avv.to giusta procura in atti.

CONTRO

AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONI, con sede in, in persona del legale rappresentante in carica e per esso rappresentata e difesa dall’Avv.to giusta procura agli atti.

CONTRO

I.N.P.S. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.to giusta procura agli atti.

mediante deposito in forma telematica a seguito di discussione dalle parti intervenute

PREMESSO IN FATTO

Con ricorso, depositato in data 4.12.2018 e debitamente notificato alla controparte, XXX chiedeva a questo Tribunale di disporre l’annullamento della cartella nr, per nullità ed inefficacia della stessa, ovvero accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione del credito azionato.

Deduceva di aver ricevuto, in data 14.11.2018, la cartella esattoriale n. e le sottese cartelle di pagamento n., asseritamente notificata in data 15.4.2009 e relativa a crediti di natura previdenziale per l’importo complessivo di € 3.829,93 e nr, asseritamente notificata in data 15.4.2009 e relativa ad omessi versamenti previdenziali per l’importo di € 1.279,86.

Con detta cartella esattoriale veniva intimato il pagamento di € 5.396,22 (comprendente una terza cartella estranea alla competenza del Tribunale del Lavoro).

Riteneva che i crediti sottesi a dette cartelle non fossero riscuotibili in quanto prescritti; ciò in quanto relativi alle due annualità 2008 -2009 ed essendo trascorso un periodo superiore al quinquennio dalla data dell’ultima notifica senza che si fosse verificato alcun atto interruttivo.

Nel merito faceva presente come all’epoca di riferimento delle due cartelle ella fosse solo formalmente titolare di una ditta operante nel settore dell’edilizia.

Si costituiva in giudizio l’Inps il quale eccepiva che le doglianze dell’odierna ricorrente erano, oltre che infondate, tardive in quanto eccezioni da proporsi nel termine di 40 giorni dalla notifica delle cartelle esattoriali impugnate, termine abbondantemente decorso nelle more tra la data di notifica della intimazione di pagamento e la data di deposito del ricorso giudiziario introduttivo del presente giudizio.

Faceva presente che il nuovo sistema di riscossione, di natura pubblicistica, rappresentato dall’iscrizione a ruolo, è fondato sul principio della separazione tra titolarità del credito e titolarità dell’azione esecutiva, quest’ultima attribuita in via esclusiva al concessionario del servizio di riscossione, unico soggetto legittimato in via esclusiva al compimento di ogni successivo atto finalizzato al recupero dei crediti contributivi ed, in generale, allo svolgimento di tutta l’attività inerente la notifica delle cartelle esattoriali e quella successiva alla notifica della cartella esattoriali.

Da ciò conseguiva che l’unico contraddittore nel giudizio de quo sul punto poteva essere soltanto il concessionario della riscossione per quanto attiene a tutte le censure mosse alla procedura di riscossione esattoriale ivi compresa la notifica delle cartelle di pagamento nonché la prescrizione eventualmente maturata in data successiva alla predetta notificazione (c.d. prescrizione intermedia).

Osservava altresì che, a seguito della notifica, la contribuente aveva provveduto ad eseguire presso l’Agente della Riscossione due pagamenti, uno per ciascuna delle cartelle esattoriali interessate.

Sosteneva comunque che l’ente previdenziale era sul punto carente di legittimazione passiva e chiedeva pertanto l’estromissione dal giudizio.

Chiedeva che l’opposizione fosse dichiarata inammissibile in quanto tardiva relativamente alle censure di merito (in quanto proposte oltre il termine di 40 giorni dalla notifica) nonché a quelle riguardanti vizi formali (in quanto da proporsi nel termine di 20 giorni dalla notifica).

Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate, la quale in via preliminare eccepiva il difetto di competenza per materia del Giudice adito con riferimento ad una delle cartelle sottese all’intimazione di pagamento, la n., concernente sanzioni amministrative per violazione di norme del codice della strada elevate a carico della XXX dalla Prefettura di Sassari.

Pertanto, in relazione a detta cartella, ai sensi del combinato disposto degli artt. 205 del CdS e 6 e seguenti del d.lgs n 150 del 2011, così come chiarito dalla Corte di Cassazione (ord. n. 3156/2017), la competenza spettava al Giudice di Pace di Sassari, senza alcun limite di competenza per valore. Sosteneva che l’eccezione di prescrizione, riguardando la sussistenza delle pretese portate nelle cartelle impugnate, e quindi il merito di dette pretese, poteva essere fatta valere esclusivamente nei confronti dell’ente titolare del credito, nel caso di specie l’Inps, ma non anche nei confronti dell’Agente della Riscossione che, occupandosi esclusivamente dell’attività di riscossione, poteva vedersi opporre solo quelle eccezioni riguardanti detta attività e gli atti dal medesimo compiuti in tale ambito.

Sosteneva dunque il proprio difetto di legittimazione nella presente causa.

Precisava che, per effetto dello stralcio disposto dall’art. 4 del D.L. 119/2018, convertito nella legge 136/2018, alcune delle partite portate nella cartella n. erano state annullate e pertanto il debito derivante da detta cartella si era ridotto ed alla data del 14 aprile 2019 risultava ammontare all’importo di € 1.009,27.

Riguardo al merito della presente causa faceva presente che, contrariamente a quanto asserito dalla odierna ricorrente, entrambe le cartelle impugnate erano state regolarmente notificate alla XXX in data 15 aprile 2009.

Dalla documentazione prodotta in atti risultava, infatti, che, in data 14 aprile 2009, il messo notificatore si era recato presso la residenza della ricorrente per procedere alla notifica di entrambe le cartelle e, non avendola trovata, né rivenendo altre persone che potessero ricevere gli atti, aveva provveduto a depositarle in comune, ad affiggere all’albo l’avviso di deposito ed a dare comunicazione alla destinataria del deposito e della affissione tramite raccomandate AR che erano state consegnate a mani della stessa XXX in data 20 aprile 2009.

L’intervenuta regolare notifica delle suddette cartelle e la conoscenza delle stesse da parte della ricorrente era peraltro ulteriormente confermata dal fatto, comprovato dalla documentazione prodotta, che la stessa, in data 7 maggio 2009 aveva eseguito, direttamente allo sportello, due pagamenti in acconto (uno di € 186,58 ed uno di € 746,32) sulla cartella n. e, in data 7 aprile 2009 un pagamento (di € 367,28), sulla cartella n., riducendo il proprio debito.

Le suddette cartelle non erano state tempestivamente opposte dalla ricorrente e pertanto erano entrambe divenute definite ed insuscettibili di contestazione, con la conseguenza che alla XXX non poteva più essere consentito invocarne la prescrizione.

Menzionava la pronuncia della Suprema Corte secondo la quale, una volta divenuta intangibile la pretesa contributiva per effetto della mancata proposizione dell’opposizione alla cartella esattoriale (come avvenuto nel caso di specie), non è più soggetto ad estinzione per prescrizione il diritto alla contribuzione previdenziale e ciò che può prescriversi è soltanto l’azione diretta all’esecuzione del titolo così definitivamente formatosi; riguardo alla quale, in difetto di diverse disposizioni (e in sostanziale conformità a quanto previsto per l’actio iudicati ai sensi dell’art. 2953 c.c.), trova applicazione il termine prescrizionale decennale ordinario di cui all’art. 2946 c.c.,

Sosteneva altresì che con la formazione del ruolo e della conseguente cartella di pagamento, in cui lo stesso si trasfonde, si determina un effetto novativo delle singole obbligazioni originariamente dovute a separate ragioni di credito e, a seguito della creazione del ruolo, inglobate in un unico credito.

 A decorrere dalla notifica della cartella, pertanto, non può più farsi riferimento ai singoli termini di prescrizione previsti per ciascuno dei crediti portati nel ruolo, con la decorrenza originariamente fissata dalla legge per tali crediti, bensì alla ordinaria prescrizione per l’unico credito pecuniario nel quale sono confluite le singole voci, che non è più possibile scorporare, e con la unitaria decorrenza a far tempo dalla notifica della cartella. nell’ambito del quale non è più possibile scorporare le singole voci originarie.

Da detto momento, anche per la prescrizione non debba più aversi riguardo ai singoli termini di prescrizione previsti per ciascuno dei crediti contributivi portati nel ruolo ma che, per quell’unico credito pecuniario cumulativo nel quale sono confluite le singole voci, debba – in ogni caso, stante l’ assenza di una qualsiasi previsione normativa specifica che deroghi all’art. 2946 c.c. – trovare applicazione la prescrizione ordinaria, con la comune decorrenza a far tempo dalla notifica della cartella.

Eccepiva comunque che a seguito della notifica delle suddette cartelle (avvenuta in data 15 aprile 2009) l’ente della riscossione aveva notificato, alla odierna ricorrente, il sollecito di pagamento n. , notificato tramite raccomandata a.r. consegnata in data 7 novembre 2009, con il quale l’aveva  sollecitata al pagamento della somma di € 2.735,04, derivante dalla cartella di pagamento n. , e l’intimazione di pagamento n. , notificata alla ricorrente tramite raccomandata a.r. restituita al mittente per compiuta giacenza in data 22 dicembre 2016 – e quindi da intendersi regolarmente consegnata – con la quale le era stato intimato il pagamento dell’importo complessivo di € 57.740,63, derivante da una serie di cartelle fra le quali quelle contrassegnate al n. e al  n. ed anche dalla cartella n.), atti tramite i quali i termini di prescrizione del diritto di procedere al recupero del credito portato in dette cartelle erano stati interrotti.

Faceva infine presente che vi erano stati alcuni provvedimenti sospensivi dell’attività di riscossione i quali andavano conteggiati nel calcolo della prescrizione.

Chiedeva il rigetto del ricorso.

La presente causa, documentalmente istruita, concessa dal Giudice la richiesta sospensione delle cartelle opposte, è stata decisa a seguito di breve discussione delle parti.

RITENUTO IN DIRITTO

Il ricorso merita accoglimento.

Il sistema di tutela giurisdizionale per le entrate previdenziali (ed in genere per quelle non tributarie) prevede le seguenti possibilità di tutela per il contribuente: a) proposizione di opposizione al ruolo esattoriale per motivi attinenti al merito della pretesa contributiva ai sensi dell’art. 24, comma 6°, del d. lgs. n. 46 del 1999, ovverosia nel termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, davanti al giudice del lavoro; b) proposizione di opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. per questioni attinenti a fatti estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo (quali ad esempio la prescrizione del credito, la morte del contribuente, l’intervenuto pagamento della somma precettata) sempre davanti al giudice del lavoro nel caso in cui l’esecuzione non sia ancora iniziata (art. 615, comma 1°, c.p.c.) ovvero davanti al giudice dell’esecuzione se la stessa sia invece già iniziata (art. 615, comma 2°, e art. 618 bis c.p.c.); c) proposizione di una opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., ovverosia “nel termine perentorio di venti giorni dalla notifica del titolo esecutivo o del precetto” per i vizi formali del titolo (quali ad esempio quelli attinenti la notifica e la motivazione) ovvero della cartella di pagamento, anche in questo caso davanti al giudice dell’esecuzione o a quello del lavoro a seconda che l’esecuzione stessa sia già iniziata (art. 617, comma 2° c.p.c.) o meno (art. 617, comma 1° c.p.c.).

Nel caso di specie, dall’esame della data del deposito del presente ricorso, nonché dai documenti in atti, attestanti alcune notifiche delle cartelle per cui è causa, si ricava che l’unica opposizione ammessa è quella tendente a far valere fatti estintivi del credito sopravvenuti alla formazione del titolo, ai sensi dell’art 615 cpc.

E’ vero che, come sottolineato dall’ente previdenziale, la mancata opposizione alla cartella esattoriale nei termini di 40 giorni previsti dall’art. 24 Dlgs 46/99 comporta la cristallizzazione del credito contributivo; è tuttavia consentito al debitore far valere in giudizio, nella forma dell’art. 615 cpc, fatti estintivi del diritto che siano maturati successivamente all’intervenuta immodificabilità della pretesa creditoria, come la prescrizione o l’adempimento.

Nel caso di specie, i crediti di cui alle cartelle opposte, contrassegnate ai numeri e sottese alla cartella esattoriale n., debbono ritenersi estinti per prescrizione, non essendo stata fornita, da parte dell’agente di riscossione, una compiuta prova della sussistenza di atti interruttivi per il periodo compreso tra il 7 novembre 2009, data notifica del sollecito di pagamento nr, e la notifica della cartella esattoriale oggetto della presente causa.

E’ pur vero che, come ritenuto dalla Suprema Corte, “nell’ipotesi in cui il destinatario della cartella esattoriale ne contesti la notifica, l’agente della riscossione può dimostrarla producendo copia della stessa, senza che abbia l’onere di depositarne né l’originale (e ciò anche in caso di disconoscimento, in quanto lo stesso non produce gli effetti di cui all’art. 215, comma 2, c.p.c. e potendo quindi il giudice avvalersi di altri mezzi di prova, comprese le presunzioni), né la copia integrale, non essendovi alcuna norma che lo imponga o che ne sanzioni l’omissione con la nullità della stessa o della sua notifica” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25292 del 11/10/2018 (Rv. 650980 – 01)).

E’ altrettanto vero che, riguardo all’intimazione di pagamento n. , asseritamente notificata alla ricorrente tramite raccomandata a.r. restituita al mittente per compiuta giacenza in data 22 dicembre 2016 (con il quale venne intimato il pagamento di un importo di oltre 57mila euro, derivante da una serie di cartelle tra le quali quelle oggetto d’impugnazione nel presente giudizio), l’agente della riscossione ha prodotto unicamente una fotocopia del frontespizio della busta attestante la compiuta giacenza. Non è stata prodotto alcun documento attestante il perfezionamento del procedimento prescritto dall’art 140 cpc (la relazione di notifica della raccomandata inviata alla XXX o la cartolina attestante l’avvenuta ricezione da parte della stessa).

Occorre pertanto concludere che dal novembre 2009 fino al deposito del presente ricorso sono abbondantemente decorsi i cinque anni stabiliti dalla legge n. 335/1995 per la prescrizione delle obbligazioni aventi natura previdenziale, anche a voler considerare le sospensioni stabilite da provvedimenti ministeriali (la riscossione delle cartelle in argomento, dopo la loro notifica, , è stata sospesa per 92 giorni, dal 18 novembre 2013 al 17 febbraio 2014, in forza del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanza, in data 30 novembre 2013 che, ai sensi ai sensi dell’articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, 2013, ha sospeso i termini di pagamento e l’esecutività delle cartelle a favore dei contribuenti di alcuni comuni del nord Sardegna colpiti dall’alluvione del novembre del 2013).

Non può darsi seguito a quanto ritenuto dall’Agenzia delle Entrate secondo la quale, con la formazione del ruolo e della conseguente cartella di pagamento, in cui lo stesso si trasfonde, si determinerebbe un effetto novativo delle singole obbligazioni originariamente dovute a separate ragioni di credito e, a seguito della creazione del ruolo, inglobate in un unico credito.

Secondo tale assunto, dunque, a decorrere dalla notifica della cartella, non può più farsi riferimento ai singoli termini di prescrizione previsti per ciascuno dei crediti portati nel ruolo, con la decorrenza originariamente fissata dalla legge per tali crediti, bensì alla ordinaria prescrizione per l’unico credito pecuniario – nell’ambito del quale non è più possibile scorporare le singole voci originarie – la quale, stante l’assenza di una qualsiasi previsione normativa specifica che deroghi all’ art. 2946 c.c. – dovrebbe identificarsi con quella ordinaria decennale.

Investita sul tema, la Suprema Corte ha tuttavia confutato tale teoria ritenendo che “in tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c. (Cass. n. 31352 del 04/12/2018), e ciò in conformità alla natura di atto interno all’amministrazione attribuita al ruolo (Cass. n. 14301 del 19/06/2009)”. Da ciò deriva che per i crediti di cui alle due cartelle n. e restano assoggettati al termine di prescrizione quinquennale, ragion per cui essi  devono ritenersi estinti per intervenuta prescrizione.

La causa deve essere, quindi, decisa come da dispositivo, con condanna delle resistenti, nella misura del 50 % ciascuna, al pagamento delle spese processuali ivi liquidate.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, respinta ogni diversa domanda, eccezione e deduzione:

–   Accoglie il ricorso e dichiara non dovuti i crediti di cui alle cartelle e;

–   Condanna le parti resistenti al pagamento, nella misura del 50% ciascuna, le spese di giudizio che si liquidano complessivamente in euro 1955, da liquidarsi in favore dello Stato.

–    Motivi a 60 gg.

Sassari, 30 marzo 2021

Il Giudice

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