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Accertamento di un credito vantato dal professionista

Accertamento di un credito, le prove dell’avvenuto conferimento dell’incarico e dell’espletamento dell’attività incombono al professionista.

Pubblicato il 04 December 2020 in Diritto Civile, Diritto di Credito, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Castrovillari – Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1010/2020 pubblicata il 30/11/2020

nella causa civile, in primo grado, iscritta al n. del R.G.A.C. 2015, promossa da:

XXX (C.F.:), rappresentato e difeso dall’avv. ;

– opponente –

contro

Rag. YYY (C.F.:), rappresentato e difeso dall’avv.;

– opposto –

Oggetto: opposizione avverso decreto ingiuntivo n. /2015, emesso dal Tribunale di Castrovillari in data 18.12.2014 e notificato in data 20.01.2015.

Conclusioni: come da verbale d’udienza del 22.05.2020 da intendersi qui integralmente riportate e trascritte.

FATTO E DIRITTO

Si premette che la parte relativa allo svolgimento del processo viene omessa alla luce del nuovo testo dell’art. 132 comma 2, n. 4 c.p.c. (come riformulato dall’art. 45, comma 17 della L. 69 del 2009, peraltro applicabile anche ai processi pendenti in forza della norma transitoria di cui all’art. 58, comma 2 legge cit.) nel quale non è più indicata, fra il contenuto della sentenza, la “esposizione dello svolgimento del processo”, bensì “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”, dovendosi dare, altresì, applicazione al novellato art. 118, 1° comma, disp. attuaz. c.p.c., ai sensi del quale “la motivazione della sentenza di cui all’articolo 132, secondo comma, n. 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi”.

Con atto di citazione ritualmente notificato, parte attrice proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. /2015, emesso dal Tribunale di Castrovillari in data 18.1.2014 e notificato il 20.01.2015, con il quale – su istanza dell’odierno opposto – gli veniva intimato il pagamento della somma di € 44.048,78, oltre interessi e spese della procedura monitoria, in ragione dell’asserito mancato pagamento di compensi professionali maturati dal rag.

YYY per prestazioni espletate in favore dell’opponente a seguito di contratto professionale.

Nel merito, rilevava l’infondatezza della pretesa creditoria azionata in sede monitoria dal YYY, osservando che la somma richiesta non è dovuta giacché aveva versato assegni e contanti per il pagamento dei compensi. Disconosceva il contenuto del contratto stipulato con l’opposto e rilevava che i preavvisi di parcella posti alla base del decreto ingiuntivo non erano attendibili. Contestava, dunque, l’ammontare della parcella spropositata considerato quanto versato.

Proponeva domanda riconvenzionale per il danno economico e patrimoniale subito a seguito dell’illegittimo e anticipato recesso ad nutum del sig. YYY dal contratto di consulenza professionale con la condanna al pagamento della somma di € 2.843,01 o di quella diversa somma di giustizia.

Concludeva, dunque, per la declaratoria di inesistenza del diritto di credito azionato da controparte in quanto la somma richiesta non è dovuta, in attesa del pagamento di tutte le competenze maturate per il periodo gennaio 2011 e dicembre 2013, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto. In subordine ridursi le competenze con riferimento all’attività effettivamente espletata. Il tutto e vittoria di spese e competenze di lite.

Instaurato il contraddittorio, con comparsa di costituzione e risposta depositata in cancelleria il 09.06.2015 si costituiva in giudizio il rag. YYY, il quale ribadiva la fondatezza della propria pretesa creditoria, contestando in fatto ed in diritto la domanda dell’opponente di cui chiedeva l’integrale rigetto, con condanna, altresì, ex art. 96 c.p.c. per lite temeraria di liquidarsi in via equitativa. Il tutto con vittoria di spese e competenze di lite.

La causa veniva istruita a mezzo produzione documentale e prova testimoniale.

All’udienza del 22.05.2020 veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni dei procuratori delle parti, come in atti rassegnate, con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito degli scritti difensivi conclusionali.

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1. È noto come, per unanime giurisprudenza, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo l’onere probatorio resti ripartito secondo le regole generali di cui all’art. 2697 c.c., incombendo in capo al creditore opposto la prova piena del credito azionato, con la conseguenza che il mancato rispetto della regola dell’onere probatorio determina l’accoglimento dell’opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo.

L’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo, infatti, ad un ordinario giudizio di cognizione in cui il giudice non deve limitarsi a stabilire se l’ingiunzione fu emessa legittimamente in relazione alle condizioni previste dalla legge per l’emanazione del provvedimento monitorio, dovendo accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori alla stregua dei quali l’ingiunzione fu emessa. La pronuncia del decreto, infatti, inverte solo l’onere di instaurazione dell’effettivo contraddittorio senza ulteriormente influire sulla posizione delle parti davanti al giudice, ed in particolare senza invertire l’onere della prova gravante sull’opposto ovvero su colui che nel giudizio ordinario sarebbe stato attore.

Il creditore (al quale compete la posizione sostanziale di attore, per aver richiesto l’emissione del decreto) ha, nella presente fase, l’onere di provare tutti i fatti costitutivi del diritto vantato e, in particolare, l’esistenza e la misura del credito azionato nelle forme della tutela monitoria.

2. Costituisce approdo giurisprudenziale pacifico il principio secondo cui in tema di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di prestazioni professionali, la parcella corredata dal parere del competente Consiglio dell’Ordine di appartenenza del professionista, mentre ha valore di prova privilegiata e carattere vincolante per il giudice ai fini della pronuncia dell’ingiunzione, non ha – costituendo semplice dichiarazione unilaterale del professionista – valore probatorio nel successivo giudizio di opposizione, nel quale il creditore opposto assume la veste sostanziale di attore e su di lui incombono i relativi oneri probatori ex art. 2697 c.c., ove vi sia contestazione da parte dell’opponente in ordine all’effettività ed alla consistenza delle prestazioni eseguite o all’applicazione della tariffa pertinente ed alla rispondenza ad essa delle somme richieste (in tal senso, ex multis, Cass. 31 marzo 2014 n. 7510).

Il parere, infatti, attesta la conformità della parcella stessa alla tariffa legalmente approvata ma non prova, in caso di contestazione del debitore, la effettiva esecuzione delle prestazioni in essa indicate, né è vincolante per il giudice della cognizione in ordine alla liquidazione degli onorari.

Detto altrimenti, la presunzione di veridicità da cui è assistita la parcella riconosciuta conforme alla tariffa non esclude né inverte l’onere probatorio che incombe sul professionista creditore (attore in senso sostanziale) sia quanto alle prestazioni effettivamente eseguite che quanto alla misura degli importi richiesti.

È stato, altresì, precisato che al fine di determinare il suddetto onere probatorio a carico del professionista e di investire il giudice del potere-dovere di verificare la fondatezza della contestazione mossa dall’opponente, non è necessario che quest’ultima abbia carattere specifico, essendo sufficiente anche una contestazione di carattere generico.

Nel caso che ci occupa le prenotule sono state poi vistate con parere del Consiglio dell’Ordine di appartenenza in data 09.12.2014.

3. Ebbene, venendo all’esame del merito della controversia per cui pende il presente procedimento, giova da subito precisare come la richiesta di pagamento dell’odierno opposto inerisca ai compensi complessivamente maturati per tenuta di contabilità dal gennaio 2011 a dicembre 2013 a seguito di contratto di prestazione professionale. Risulta agli atti che l’opposto in data 12.12.2013 inviava al XXX missiva di rinuncia al mandato a seguito del venir meno del rapporto fiduciario per quanto indicato in atti; recesso regolarmente consentito dal contratto professionale firmato dalle parti (cfr missiva agli atti del fascicolo di parte opposta).

Nei giudizi avente ad oggetto l’accertamento di un credito vantato dal professionista le prove dell’avvenuto conferimento dell’incarico e dell’espletamento dell’attività dello stesso incombono al professionista (cfr Cass. Civ., sez. II, ord. 29812 del 19.11.2018).

Questo Tribunale pertanto ritiene che il professionista ha pienamente assolto a tale incombenza attraverso il contratto di consulenza professionale, indicante gli importi delle singole prestazioni, che, seppur disconosciuto nel contenuto dall’opponente, è stato dallo stesso regolarmente letto, confermato e sottoscritto in ogni sua pagina sin dal 2011 e ciò, pertanto, è sufficiente a provare l’assunto di parte opposta.

Posto che non risulta in alcun modo contestata la circostanza relativa all’espletamento dell’attività professionale, da parte del professionista ingiungente, in favore dell’opponente, par d’uopo registrare come dinnanzi ai pagamenti effettuati con assegni l’opposto ha pienamente assolto al proprio onere di provare l’imputazione di quelle somme a fatture che non hanno nulla a che vedere con il presente procedimento. Dinnanzi alla contestazione mossa dall’opposto relativamente ad assegni privi di copertura e giammai incassati, per come provato documentalmente, era preciso e doveroso onere di parte opponente la prova dell’avvenuto pagamento.

Prova che non è stata fornita dal XXX.

A tal proposito andrà rilevato che l’espletamento dell’istruzione ha dimostrato che i pagamenti avvenivano solo tramite assegni e non, come diversamente affermato dall’opponente anche in contanti. Tale circostanza trova conferma non solo nelle dichiarazioni dei testi di parte opposta ma anche nelle dichiarazioni rese dall’unico teste del XXX.

Infatti il teste ***, peraltro figlia del XXX, all’udienza del 11.02.2019 riferisce “confermo che mio padre effettuava i pagamenti sempre a mezzo assegni”.

Le predette dichiarazioni trovano poi conferma anche nei testi di parte opposta; il teste ***, all’udienza del 11.02.2019, testualmente riferisce “….io ho visto pagare il XXX solo con assegni…”; nella stessa direzione il teste *** che all’udienza del 15.7.2019 si esprime “…confermo che i pagamenti venivano effettuati tutti tramite assegni” ed, infine, il teste *** “…io personalmente non conosco le cifre di detti assegni ma li ho visti personalmente”.

4. Andrà parimenti rigettata la condanna al risarcimento dei danni avanzata dall’opponente atteso che appare alquanto contraddittorio il comportamento dello stesso che intende disconoscere il contenuto del contratto professionale però tuttavia ne chiede il risarcimento per l’illegittimo e anticipato recesso.

Nessun comportamento dannoso può essere mosso al YYY che si è reso disponibile all’incontro con altro professionista; ha portato a compimento tutti gli adempimenti previsti fino a dicembre 2013, e legittimamente, venuto meno il rapporto fiduciario tra le parti e per le motivazioni di cui in atti, ha provveduto a recedere regolarmente dal contratto per come dallo stesso previsto.

È da ritenersi, pertanto – anche alla luce della puntuale, copiosa ed incontestata produzione documentale versata in atti dal convenuto (concernente la documentazione effettuata della quale si richiede il pagamento dei relativi compensi) – che il YYY abbia dato prova dell’esistenza, dell’ammontare e della congruità della propria pretesa creditoria, dando puntuale riscontro ai propri assunti.

A fronte di tanto, parte opponente, su cui ricadeva il relativo incombente, non ha fornito la prova di aver adempiuto alle proprie obbligazioni, né ha puntualmente allegato e provato la sussistenza di fatti modificativi, impeditivi o estintivi della pretesa fatta valere da controparte.

5. Quanto, poi, alla richiesta di condanna ex art. 96 c.p.c. avanzata da parte opposta, giova evidenziare come costituisca approdo giurisprudenziale condiviso e consolidato il principio secondo cui in tema di responsabilità aggravata per lite temeraria – avente, come noto, natura extracontrattuale – la domanda di cui all’art. 96, comma 1 c.p.c. richieda pur sempre la prova, incombente sulla parte istante, sia dell’an, sia del quantum debeatur, o comunque postuli che, pur essendo la liquidazione effettuabile di ufficio, tali elementi siano in concreto desumibili dagli atti di causa.

Ebbene, non essendo emersa prova del danno in concreto subìto dal richiedente, la domanda di condanna per lite temeraria ex art. 96 comma 1 c.p.c., proposta dal YYY, va rigettata.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Castrovillari – Sezione Civile, definitivamente pronunciando nella causa civile n. /2015 R.G., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa ed assorbita, così provvede:

Rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n° 10/2015 e ne dichiara l’esecutività;

Condanna l’opponente a rifondere, in favore di parte opposta, le spese di lite del presente giudizio che si liquidano in complessivi € 4.000,00, oltre accessori come per legge e se dovuti.

Così deciso in Castrovillari, il 30.11.2020

Il Giudice Onorario

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