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Codice Civile
Codice Penale

Estratto conto non impugnato nei termini

L’estratto conto comunicato dalla banca al debitore principale e dal medesimo non impugnato nei termini assume carattere di incontestabilità.

Pubblicato il 21 February 2020 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SEZIONE XVII CIVILE

Il Giudice, in persona del dr., ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 3743/2020 pubbl. il 20/02/2020

nel procedimento civile di I grado iscritto al n. /2016 del Ruolo Generale degli Affari Civili, posto in deliberazione all’udienza del 27/11/2019 e promosso da: XXX, (C.F), nato a e residente in YYY, (C.F:) nata a, residente in ZZZ (C.F:), nato a, residente in, tutti elettivamente domiciliati in c/o lo studio del difensore avv.; rappresentati e difesi dall’avv. giusta procura alle liti allegata all’atto di citazione e dall’avv. in virtù di procura allegata alla comparsa di costituzione di nuovo avvocato del 31/10/2016

OPPONENTI contro

BANCA KKK S.p.A. con sede in (C.F. e numero di iscrizione al registro delle imprese di), iscritta all’Albo delle banche e capogruppo del Gruppo Bancario KKK S.p.A., iscritto all’Albo dei Gruppi Bancari, codice banca, codice Gruppo in persona di ***, nella qualità di Responsabile del Settore Dipartimentale Recupero Crediti di della suddetta Banca KKK S.p.A. e rappresentante della medesima giusta procura del 12/05/2014, rappresentata e difesa dall’avv., (C.F.) giusta delega allegata alla comparsa di risposta ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in

OPPOSTA CONCLUSIONI:

per la parte opponente: “1) In via preliminare sospendere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, attesa la fondatezza della presente opposizione e considerato che la stessa non è di facile e pronta soluzione e che il credito non è fondato su prova scritta adeguata, stante la contestazione specifica sul punto; 2) Nel merito ammettere nella forma e nel rito la presente opposizione e conseguentemente revocare e/o annullare e/o privare di efficacia con qualunque statuizione il decreto ingiuntivo opposto n. /2016 per i motivi di cui sopra; 3) Ritenere e dichiarare che gli opponenti non sono debitori di alcuna somma nei confronti della Banca KKK spa, in quanto le fidejussioni da essi prestate sono decadute ex art. 1936 c.c.; 4) In subordine ritenere e dichiarare che gli opponenti non sono debitori di alcuna somma nei confronti della Banca KKK spa, in quanto il decreto ingiuntivo opposto è stato reso in totale assenza di idonea prova scritta tale non essendo idonee le sole fatture senza l’allegazione di alcun contratto o mandato, o scrittura contabile depositati in copia autentica; 5) Ritenere e dichiarare che nessuna somma per nessuna ragione o titolo è dovuta alla Banca KKK spa, tantomeno per le ragioni e i titoli azionati, e che comunque non sono dovuti gli interessi di mora; 6) Ritenere e dichiarare la nullità e l’inefficacia delle clausole vessatorie fatte sottoscrivere agli attori in quanto queste non sono state regolarmente sottoscritte come previsto dalla legge in quanto al momento della sottoscrizione non sono state evidenziate in modo chiaro e preciso ma con un semplice riferimento a tutte le clausole presenti nel contratto; 7) In via istruttoria si chiede che il Giudice voglia disporre C.T.U. tecnicocontabile, al fine di accertare a) i tassi, condizioni, modalità di calcolo, costi di commissioni relativi al conto oggetto del rapporto, effettivamente applicati dalla Banca; b) la sussistenza o meno di anatocismo o usura applicati dalla Banca nel rapporto bancario. Con riserva di ulteriormente dedurre in via istruttoria nei termini assegnati. 8) Con vittoria di spese e compensi di giudizio da distrarre a favore del sottoscritto procuratore antistatario che dichiara di avere anticipato le spese e non riscosso i compensi”

per l’opposta: “Voglia il Tribunale, ogni contraria eccezione, deduzione ed istanza disattesa, – in via principale, confermare la validità ed efficacia del Decreto Ingiuntivo n. /16 (R.G. /16), emesso provvisoriamente esecutivo da Codesto Ecc.mo Tribunale in data 10.2.2016 e portante condanna degli odierni opponenti al pagamento in favore della Banca KKK S.p.A. della somma di euro 208.469,32=, oltre interessi e spese come riconosciuti in Decreto stesso;

– in subordine, accertare e dichiarare la minore o maggiore somma dovuta dagli opponenti alla Banca KKK S.p.A., con condanna degli stessi al pagamento di quanto dovuto in favore della Banca.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari”

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato in data 29/3/2016 XXX, YYY e ZZZ convenivano in giudizio avanti all’intestato Tribunale la S.p.A. Banca KKK, in persona del legale rappresentante pro tempore, proponendo opposizione al decreto ingiuntivo n. /2016 emesso dal Tribunale di Roma il 10/2/2016, con cui era stato loro intimato, in qualità di garanti della s.r.l. ***, debitrice principale, il pagamento in favore della controparte della somma di € 208.469,32, di cui € 131.408,10 quale saldo debitore del conto corrente n. 8619/13238,79 acceso in data 9/6/2008 dalla s.r.l. *** con lettera del 20/4/2010 ed estinto per recesso della Banca il 24/7/2013 ed € 77.061,22 quale saldo debitore del conto anticipi su fatture n. 8619/4668009,20 acceso l’1/7/2009 dalla s.r.l. *** presso l’Agenzia n. di con lettera contratto di credito del 22/7/2010 ed estinto per recesso della Banca il 9/5/2013, chiedendone la revoca per effetto dell’estinzione della fideiussione ex art. 1957 c.c. e, in ogni caso, per la mancanza di prova del credito vantato dalla banca verso la debitrice principale.

La parte opponente, premesso che la controparte aveva agito nei propri confronti in sede monitoria in forza della fideiussione prestata dagli ingiunti con lettera del 29/4/2009 fino all’importo di € 84.000,00, elevato fino ad € 804.000,00 con lettera del 21/7/2010 a garanzia delle obbligazioni assunte dalla s.r.l. ***, dichiarata fallita dal Tribunale di Roma con sentenza n. 215 del 21/3/2013, nei confronti dell’istituto di credito, deduceva:

– la decadenza della banca dall’escussione della fideiussione ex art. 1957 c.c., non avendo agito entro sei mesi dalla scadenza delle obbligazioni principali derivanti dai mancati pagamenti dei canoni di leasing, scaduti anteriormente all’emissione della sentenza dichiarativa di fallimento della s.r.l. ***;

– la mancanza di prova del credito azionato in sede monitoria, state la inidoneità probatoria, nel presente giudizio di opposizione, dei documenti allegati al ricorso per decreto ingiuntivo; – la non debenza degli interessi moratori, in mancanza di prova dei relativi presupposti.

La S.p.A. Banca KKK, in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitasi con comparsa del 21/9/2016, chiedeva il rigetto dell’opposizione e, in subordine, accertarsi la maggiore o minore pretesa creditoria della banca, con vittoria delle spese di lite.

L’opposta, premesso che il credito azionato con il ricorso monitorio derivava, quanto ad € 131.408,10, dal saldo debitore del rapporto di conto corrente n.– con previsione della reciprocità nella capitalizzazione trimestrale degli interessi – acceso in data 9/6/2008 dalla s.r.l. *** presso l’Agenzia n. di della S.p.A. Banca KKK con lettera contratto di credito e condizioni generali a data certa del 20/4/2010, estinto per recesso della Banca il 24/7/2013, con valuta 31/3/2013 e, quanto ad € 77.061,22, dal saldo debitore del rapporto anticipi su fatture n., acceso in data 1/7/2009 dalla debitrice principale presso l’Agenzia n. di della S.p.A. Banca KKK con lettera contratto di credito e condizioni a data certa del 22/7/2010 ed estinto per recesso della Banca il 9/5/2013 con valuta 31/3/2013, credito derivante dal residuo saldo dell’anticipo n. 24, notificato al debitore ceduto, di originari € 220.000,00, avente data certa 21/7/2011, contro cessione del credito portato dalle fatture nn. 51/11 – di € 240.000,00= – e 52/11 – di € 78.000,00=, entrambe emesse in data 18/7/2011 nei confronti della *** di per un totale di € 318.000,00, contestava le avverse eccezioni e deduzioni, esponendo che l’art. 6 delle fideiussioni allegate al ricorso monitorio, specificamente approvato ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1341, co. II, c.c., prevedeva l’espressa deroga all’art. 1957 c.c., dando atto peraltro di aver avanzato, in data 11/10/2013, istanza per l’ammissione allo stato passivo del fallimento n. 215/2013 della s.r.l. *** e che il credito azionato era supportato da idonea prova scritta, precisando che la debenza degli interessi moratori era prevista dai contratti stipulati dalla banca con la debitrice principale.

Esperiti gli incombenti preliminari, concessi i termini ex art. 183, co. VI c.p.c., con la memoria ex art. 183, co. VI, n. 1 c.p.c. gli ingiunti eccepivano la nullità e l’inefficacia delle clausole di deroga all’art. 1957 c.c. in quanto vessatorie e non approvate specificamente dai fideiussori a norma di legge, nonché la non debenza di interessi in misura ultra legale, della capitalizzazione trimestrale degli interessi e delle commissioni di massimo scoperto, eccependo la usurarietà degli interessi applicati dalla banca, mentre la convenuta, con la memoria ex art. 183, co. VI, n. 2 c.p.c., produceva gli estratti conto trimestrali dei rapporti di conto corrente e di conto anticipi garantiti dalla controparte, quindi il giudice fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 27/11/2019, al cui esito, sulle conclusioni rassegnate, tratteneva la causa in decisione, concedendo alle parti i termini per le memorie conclusive. ***

Giova premettere che i rapporti controversi traevano origine dai seguenti contratti:

– conto corrente n. acceso in data 9/6/2008 dalla s.r.l. *** presso la S.p.A. Banca KKK, con successiva lettera – contratto di credito con data certa 20/4/2010, con cui la banca ha concesso alla correntista la linea di credito di € 100.000,00 fino al 15/7/2010, estinto per recesso della Banca il 24/7/2013;

– conto anticipi su fatture n. acceso l’1/7/2009 dalla s.r.l. *** presso l’Agenzia n. di con lettera contratto di credito del 22/7/2010 ed estinto per recesso della Banca il 9/5/2013;

– fideiussione prestata da XXX, YYY e ZZZ con lettera del 24/4/2009, con data certa 30/4/2009, fino all’importo di € 84.000,00 a garanzia delle obbligazioni assunte dalla s.r.l. *** nei confronti dell’odierna opposta, garanzia elevata dapprima il 23/6/2009, data certa 24/6/2009, fino all’importo di € 684.000,00 ed infine il 21/7/2010, data certa 22/7/2010, fino alla concorrenza di € 804.000,00.

Ciò posto, il primo motivo di opposizione, con cui XXX, YYY e ZZZ eccepiscono l’estinzione della propria obbligazione di garanzia ex art. 1957 c.c., è infondato.

Premesso che, ai sensi dell’art. 1957 c.c., il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate, nella specie l’art. 6 della fideiussione stipulata dagli ingiunti in data 24/4/2009, con data certa 30/4/2009, prevede l’espressa deroga all’art. 1957 c.c., con la previsione che la garanzia prestata dagli opponenti rimane integra fino alla soddisfazione del credito della banca.

Si rileva al riguardo che la decadenza del creditore dall’obbligazione fideiussoria ai sensi dell’art. 1957 cod. civ. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale non solo può formare oggetto di rinunzia preventiva da parte del fideiussore (cfr. Cass. 6 aprile 1992, n. 4208; Cass. 28 marzo 1990 n. 2545; Cass. 20 aprile 1982, n. 2461), trattandosi di pattuizione affidata alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione da parte del fideiussore del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore (Cass. 11 gennaio 2006, n. 394; Cass. 20 gennaio 2004, n. 776; Cass. 9 dicembre 1997, n. 12456; Cass.22 giugno 1993, n. 6897), ma non rientra tra le clausole particolarmente onerose per le quali l’art. 1341 c.c. esige, nel caso che siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente (cfr. Cass. civ. n. 9245 del 18/04/2007. In questo senso, ad esempio, oltre le risalenti Cass. 16 giugno 1961, n. 1404; Cass. 21 marzo 1963, n. 693; Cass. 10 luglio 1974, n. 2034; Cass. 12 novembre 1988, n. 6142, che evidenzia specie in motivazione come rinunciando all’applicazione dell’art. 1957 c.c., il fideiussore accetta di restare obbligato sino a quando l’obbligazione principale non sia totalmente adempiuta e, del resto, una espressa strutturazione dell’obbligo del fideiussore nel senso che potrà estinguersi solo per effetto dell’estinzione dell’obbligazione principale e altresì costantemente considerata nella giurisprudenza della Corte come tale da sottrarre la fideiussione all’applicazione dall’art.. 1957 e, e, Cass. 13 novembre 1969, n. 3702; Cass. 9 novembre 1973, n. 2945; Cass. 9 marzo 1976, n. 794; Cass. 2 maggio 1980, n. 2901).

Nessuno rilievo assume pertanto l’eccepita inefficacia della clausola in quanto vessatoria. Ad abundantiam, trattasi di clausola specificamente approvata per iscritto dai garanti ai sensi dell’art. 1341 c.c., come emerge dal contratto, in cui le clausole nn. 4, 6, 7, co. I, 8, 9, 10, 11, co. II, 13 e 17, indicate con il numero e la rubrica, sono state sottoscritte in modo specifico dai contraenti, nel rispetto del disposto di cui al citato art. 1341 c.c..

È priva di pregio, invece, la seconda censura della parte opponente relativa alla inidoneità della produzione documentale avversaria ai fini della prova del credito azionato.

Va preliminarmente disattesa l’eccepita improponibilità delle eccezioni sollevate dagli opponenti con riferimento al rapporto garantito, non venendo in rilievo un contratto autonomo di garanzia. Si rileva al riguardo che, nel contratto autonomo di garanzia – ai fini della cui distinzione dalla fideiussione non è decisivo l’impiego o meno di espressioni quali “a prima richiesta” o “a semplice richiesta scritta”, ma la relazione in cui le parti hanno inteso porre l’obbligazione principale e quella di garanzia – il garante, improntandosi il rapporto tra lo stesso ed il creditore beneficiario a piena autonomia, non può opporre al creditore la nullità di un patto relativo al rapporto fondamentale, salvo che dipenda da contrarietà a norme imperative o dall’illiceità della causa e che, attraverso il medesimo contratto autonomo, si intenda assicurare il risultato vietato dall’ordinamento.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha affermato che la clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale (cfr. Cass. civ. sez. u. n. 3947 del 18/02/2010). In tale ipotesi la previsione del carattere incondizionato dell’obbligo di corrispondere l’indennizzo pari all’ammontare dell’obbligazione garantita esclude l’applicabilità della normativa sulla fideiussione alla garanzia, la quale si deve ritenere svolgere una funzione analoga a quella del deposito cauzionale.

Ma nel caso in esame il carattere autonomo della garanzia non si desume dal dato testuale, che si riferisce alla figura della fideiussione, né dalla disciplina dell’escussione della garanzia, secondo cui “il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore…”, che è evidentemente riferita alle modalità dell’escussione ed ai tempi del pagamento da parte del fideiussore, ma non limita in alcun modo le eccezioni da questo opponibili. Si rileva, inoltre, che qualora si ritenesse dubbia l’interpretazione del testo, dovrebbe preferirsi l’opzione per la fideiussione, per le seguenti ulteriori ragioni: perché questa, diversamente dalla garanzia autonoma, configura una fattispecie tipica, alla quale pertanto si deve presumere indirizzata la comune volontà delle parti.

Non è decisiva, infatti, ai fini della qualificazione del contratto di garanzia come autonomo o accessorio all’obbligazione cui accede, la clausola di “pagamento a prima richiesta”, o altra equivalente, che è espressione di un’esigenza di protezione del fideiussore che, prescindendo dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale, può essere considerata meritevole di tutela anche quando tale collegamento sia assente, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia, infine, a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, a una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 c.c. (ad esempio, limitata alla previsione che una semplice richiesta scritta sia sufficiente ad escludere l’estinzione della garanzia), esonerando il creditore dall’onere di proporre l’azione giudiziaria (cfr. Cass. civ. n. 16825 del 09/08/2016).

Ne consegue che, con riferimento ai fideiussori, sono proponibili tutte le eccezioni fondate sulla dedotta nullità del contratto di conto corrente.

Orbene, per costante giurisprudenza, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, teso ad accertare il fondamento della pretesa fatta valere e non se l’ingiunzione sia stata legittimamente emessa in relazione alle condizioni previste dalla legge. Pertanto l’eventuale carenza dei requisiti probatori per la concessione del provvedimento monitorio può rilevare solo ai fini del regolamento delle spese processuali e la sentenza non può essere impugnata solo per accertare la sussistenza o meno delle originarie condizioni di emissione del decreto, se non sia accompagnata da una censura in tema di spese processuali (cfr. Cass. civ. n. 16767 del 23/07/2014). Ne consegue che, ai fini dell’accertamento della pretesa creditoria dell’opposta, deve aversi riguardo all’intero materiale probatorio offerto dalla banca anche nella presente sede di opposizione, non potendosi il giudicante arrestare la propria analisi alle sole prove allegate al ricorso monitorio.

In tema di prova dell’adempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (cfr., ex plurimis, Cass. sez. un. n. 13533 del 30/10/2001).

L’adito giudicante condivide, inoltre, l’orientamento consolidato in giurisprudenza, secondo cui, in tema di conto corrente bancario, l’estratto conto comunicato dalla banca al debitore principale e dal medesimo non impugnato nel termine di cui all’art. 1832 c.c., assume carattere di incontestabilità, sicché è idoneo a fungere da mezzo di prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato nei confronti del fideiussore. Gli “estratti-conto di chiusura”, ai fini di cui all’art. 1832, 2° comma, c.c., sono le comunicazioni al cliente sulla situazione finale del conto, inviate dalla banca non solo allo scioglimento del rapporto, ma anche alle scadenze periodiche contrattualmente previste, quando non si limitino a contenere l’indicazione del saldo, con il calcolo delle spese e degli interessi, ma portino anche un preciso riferimento alle partite di dare ed avere che hanno condotto a quel risultato: inoltre, ai fini indicati, la riproduzione di tutte le partite contabili non è necessaria quando l’estratto conto finale faccia seguito e richiami espressamente precedenti estratti parziali, inviati al cliente con l’indicazione di tutte le operazioni afferenti il relativo periodo (in quanto, in detta situazione, viene ugualmente soddisfatta l’esigenza di porre il cliente medesimo in condizione di riscontrare ogni eventuale vizio incidente sul saldo finale), essendo, in tal caso, sufficiente, affinché decorra il termine semestrale di decadenza di cui all’art. 1832 c.c., che l’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura dia al correntista la comunicazione del saldo definitivo riflettente il periodo considerato, comprensivo delle spese e degli interessi (cfr. Cass. civ. n. 2802 del 5/2/2009).

Infatti può considerarsi provato il saldo finale di ciascun estratto conto quando il destinatario del medesimo non abbia mosso tempestivi rilievi circa l’eventuale omissione del conto precedente, cui l’ultimo estratto faccia anche implicito riferimento per il saldo iniziale (cfr. Cass. civ. n. 817 del 19/01/2016). D’altra parte, per ciò che concerne la mancata contestazione degli estratti conto, l’approvazione dell’estratto-conto rende incontestabili soltanto le registrazioni a debito e credito nella loro realtà contabile, ma non anche l’efficacia e la validità dei rapporti sostanziali (cfr. Cass. civ. n. 23974 del 25/11/2010).

Nei rapporti bancari in conto corrente, inoltre, l’accertata nullità delle clausole che prevedono, relativamente agli interessi dovuti dal correntista, tassi superiori a quelli legali nonché la loro capitalizzazione trimestrale, impone la rideterminazione del saldo finale mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, sulla base degli estratti conto a partire dalla sua apertura, che la banca, quale attore in senso sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ha l’onere di produrre, non potendo ritenersi provato il credito in conseguenza della mera circostanza che il correntista non abbia formulato rilievi in ordine alla documentazione prodotta nel procedimento monitorio (cfr. Cass. civ. n. 15148 del 11/06/2018).

Nella specie, con particolare riferimento al credito derivante dal conto corrente n. acceso in data 9/6/2008, con cui sono stati pattuiti il TAN debitore su scoperto in assenza di fido del 14,650% e la identica periodicità della chiusura dei rapporti di dare/avere tra le parti, la banca ha versato in atti il relativo contratto, la lettera – contratto di credito di € 100.000 del 19/4/2010, con tasso nominale annuo del 12,45% e tasso effettivo – capitalizzazione trimestrale del 13,043%, la lettera – contratto di credito di € 110.000 del 21/7/2010 con la pattuizione del tasso nominale annuo del 12,42% e del tasso effettivo – capitalizzazione trimestrale del 13,0105%, entrambe regolate sul c/c n. , nonché gli estratti conto, mentre, con riferimento al conto anticipi su fatture n. acceso l’1/7/2009 dalla s.r.l. ***, sono in atti il relativo contratto e gli estratti conto.

La banca ha pertanto adempiuto l’onere probatorio a suo carico.

Sono infondati gli ulteriori motivi di opposizione, precisati con la memoria ex art. 183, co. VI, n. 1 c.p.c., con cui gli ingiunti deducono la nullità delle pattuizioni concernenti i tassi d’interesse, l’anatocismo e la commissione di massimo scoperto.

Relativamente all’anatocismo, come sopra rilevato, le società Banca KKK S.p.A. e *** s.r.l., con la stipulazione del contratto di conto corrente, hanno pattuito la identica periodicità della chiusura dei loro rapporti reciproci di dare/avere: trattasi, quindi, di una clausola contrattuale conforme al disposto della delibera del C.I.C.R. del 9/2/2000, che prevede la validità e l’efficacia delle clausole contrattuali che, in materia di interessi, prevedono l’identica periodicità della loro capitalizzazione con riferimento agli interessi attivi e passivi.

Non potrebbe ritenersi inefficace la delibera del C.I.C.R. del 9/2/2000 per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 425/2000 dichiarativa della illegittimità costituzionale dell’art. 25, comma III, D.L.vo 342/1999, che aveva introdotto il terzo comma dell’art. 120 D.Lgs. n. 385/1993, che disponeva: “Le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilirà altresì le modalità e i tempi dell’adeguamento. In difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e l’inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente”, per sostenere che il meccanismo di adeguamento dei contratti di conto corrente alla disciplina dell’anatocismo sia ormai non più valido; al contrario, ritiene il giudicante che la delibera del CICR del 9/2/2000 è comunque valida ai sensi dell’art. 120, comma secondo D.Lgs. n. 385/1993 nel testo vigente quando venne emanata, secondo cui:

“Il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori.”. Ed invero, la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 425/2000 ha dichiarato illegittimo l’art.120, co. III D.Lgs. n. 385/1993 solo nella parte in cui sanava retroattivamente la capitalizzazione degli interessi effettuata prima che entrasse in vigore la deliberazione del CICR del 9/2/2000, quindi non ha effetto invalidante di quest’ultima delibera, che prevede la regolamentazione della capitalizzazione degli interessi per l’avvenire.

Sono del tutto generiche, invece, le contestazioni concernenti la usurarietà dei tassi d’interesse e la commissione di massimo scoperto.

Quanto all’eccepita usurarietà dei tassi di interesse applicati, si osserva che, ai fini della verifica del rispetto della normativa in materia antiusura, deve aversi riguardo al momento della stipulazione, essendo del tutto irrilevante il fenomeno della cosiddetta usura sopravvenuta: osserva a tale riguardo il recente arresto delle sezioni unite della Suprema Corte che, nei contratti di mutuo, con principio tuttavia applicabile anche al caso di specie, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 24675 del 19/10/2017).

Nella specie, a fronte della legittimità dei tassi d’interesse pattuiti con i contratti di conto corrente e di apertura di credito sopra menzionati, gli opponenti non hanno allegato né comprovato la variazione dei tassi da parte della banca in violazione del combinato disposto degli artt. 1815 c.c. e 644 c.p., né hanno tempestivamente versato in atti i D.M. portanti le soglie d’usura previste per il periodo di vigenza dei citati contratti, pertanto la relativa doglianza degli ingiunti circa la usurarietà dei rapporti da loro garantiti non coglie nel segno.

Si rileva, infine, la mancanza di prova che la banca abbia applicato interessi in difformità dalle previsioni contrattuali.

In conclusione, l’opposizione proposta da XXX, YYY e ZZZ deve essere respinta.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

visto l’art. 281-quinquies c.p.c.; il Tribunale di Roma, definitivamente pronunziando sull’opposizione proposta con atto di citazione notificato in data 29/3/2016 da XXX, YYY e ZZZ avverso la S.p.A. Banca KKK, in persona del legale rappresentante pro tempore, contrariis reiectis:

RIGETTA l’opposizione al decreto ingiuntivo n. /2016 emesso dal Tribunale di Roma il 10/2/2016;

CONDANNA XXX, YYY e ZZZ a rifondere alla controparte le spese di lite, che liquida in € 12.000,00 per compenso professionale, oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, li 20/2/2020.

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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