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Codice Civile
Codice Penale

Responsabilità del giornalista, altrui reputazione

Responsabilità del giornalista, risarcimento del danno da diffamazione, per andare esente da responsabilità basta dimostrare la verosimiglianza dei fatti narrati.

Pubblicato il 17 December 2019 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
Seconda Sezione Civile
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Reggio Calabria, Seconda Sezione Civile, nella persona del Giudice, dott.ssa, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1652/2019 pubblicata il 13/12/2019

nella causa civile iscritta al n. /2014 R.G.A.C., riservata in decisione all’udienza del 19 giugno 2019, senza termini, vertente

TRA

• XXX, cod. fisc., elettivamente domiciliato in, presso lo studio legale dell’avv.to, dalla quale è rappresentato e difeso in forza di procura stesa a margine dell’atto di citazione;

-Attore-

CONTRO
• YYY, nella qualità di direttore del “ZZZ”, KKK, JJJ, QQQ; S.R.L. HHH, in persona del suo amministratore, avente sede in;

-Convenuti-

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con atto di citazione datato 27 Febbraio 2014, il signor XXX citava al giudizio di questo Tribunale, YYY, quale direttore del “ZZZ”, KKK, JJJ e QQQ, nonché la società S.R.L. HHH, in persona del suo amministratore, per sentire

“accertare e dichiarare non corrispondenti al vero le affermazioni in epigrafe riportate dai convenuti KKK, JJJ e QQQ, negli articoli citati; accertare e dichiarare la responsabilità del Direttore YYY, dei giornalisti KKK, JJJ e QQQ per aver pubblicato, negli articoli in questione, notizie integranti il reato di diffamazione a mezzo stampa; dichiarare e condannare in solido l’editore, il direttore responsabile del giornale il “ZZZ” e i giornalisti a risarcire il sig. XXX i danni subiti e subendi in dipendenza e per l’effetto dei fatti per cui è causa, nella misura di € 35.000,00 o, in quella, maggiore o minore, che sarà accertata in corso di giudizio ovvero verrà ritenuta di giustizia liquidata dal Giudice in via equitativa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla pubblicazione; nonché a corrispondere all’attore, a titolo di riparazione, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 12 della legge 47/1948, la somma di € 13.000,00 o quella maggiore o minore che sarà ritenuta più equa; il tutto con gli interessi dalla data del fatto fino all’effettivo soddisfo”, con vittoria di spese e competenze di lite da distrarsi in favore del procuratore antistatario ai sensi dell’art. 93 c.p.c. A sostegno della pretesa risarcitoria esponeva che: aveva partecipato alla competizione elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale della Regione Calabria, svoltasi nel marzo, ed era risultato eletto nella lista “***”; aveva ricoperto la funzione di capogruppo di tale formazione politica all’interno del predetto Consiglio sino a maggio dello stesso anno; si era successivamente dovuto dimettere da consigliere regionale, per incompatibilità determinata dalla sua elezione a Senatore della Repubblica in seguito alla elezione del febbraio; in data, il giornale “ZZZ” pubblicava un articolo, a firma di KKK, con titolo a tutta pagina “***”, dal quale risultava l’evidente intento di additare al disprezzo cittadino esso attore; nel sottotitolo “***”; la notizia che emergeva dal pezzo giornalistico era alquanto diffamante e restava una pura insinuazione, tenuto conto che quanto affermato in ordine a rimborsi e spese era assolutamente infondato; nell’articolo veniva scritto <<… >> e << >>; al contrario di quanto sostenuto dal giornalista, esso attore non aveva mai proceduto a richiedere rimborsi per spese di nessun tipo ovvero per somme versate per il pagamento di tasse personali; l’articolo non diffondeva false e infamanti notizie ma si addentrava in più pesanti insinuazioni affermando che “…”; il giornalista aveva, dunque, utilizzato le informazioni per puro pettegolezzo, formulando ipotesi offensive assolutamente infondate; non si era cioè limitato a dare la notizia dell’inchiesta in atto, ma, attraverso insinuazioni a carico di esso attore, aveva prospettato i fatti in modo da ingenerare nel lettore riserve circa la moralità, la dignità ed il decorso dello stesso, con ciò ponendo in essere una vera e propria diffamazione a mezzo stampa; ad ulteriore dimostrazione dell’estrema superficialità e dell’intenzione di volere screditare e diffamare l’attore, veniva evidenziato nel successivo articolo del ZZZ, a firma del giornalista JJJ, in data, sotto un titolo a tutta pagina “”, dal quale risultava l’evidente intento di additare al disprezzo cittadino esso attore; nel testo dell’articolo si affermava “…”, in modo del tutto erroneo in ordine sia all’incarico che al compenso ricevuto; l’articolo prendeva spunto da una circostanza reale, cioè l’assegnazione di un’ora settimanale di lavoro quale medico specialista ad esso istante da parte dell’ di per costruire un evento scandalistico denigratorio; era infatti da decenni medico specialista dipendente dell’ di per avere superato un apposito concorso oltre venti anni fa; era la legge che determinava l’orario lavorativo del medico e, con l’attribuzione dell’ora settimanale null’altro aveva fatto l’ che completare le 40 ore settimanali stabilite dalla normativa vigente; ciò non faceva scaturire il vantaggio economico riportato nell’articolo; del resto, dall’anno era in aspettativa per esser stato eletto consigliere regionale e da allora nulla aveva mai percepito in relazione all’ora lavorativa ed alle restanti 39; erano dichiarazioni connotate all’intento di aggredire la reputazione dell’attore; l’intento diffamatorio traspariva anche da un altro articolo pubblicato sul medesimo giornale, in data, a firma di QQQ con titolo “” e testo: “…” “”; da tutti gli articoli sopra menzionati e riportati era chiaro e lampante l’intento denigratorio e diffamatorio posto in essere dai convenuti, mirante a screditare, con allusioni e sottintesi ed accuse dirette la dignità, il decoro e la reputazione dell’individuo XXX, facendolo apparire, di fronte all’opinione pubblica, come un soggetto meschino ed immorale; il contenuto informativo degli articoli e la loro esposizione erano tali da produrre nel lettore medio un atteggiarsi della mente favorevole a ritenere l’effettiva rispondenza a verità dei fatti narrati e, quindi, essi venivano espressi non per fini di cronaca ma per gettare discredito sull’attore, erano facilmente deducibili le ripercussioni sull’identità personale e nel contesto delle relazioni sociali, tenuto viepiù conto che la divulgazione della notizia lesiva era avvenuta su un quotidiano a diffusione locale ovvero in tutta la regione Calabria; della diffamazione posta in essere a mezzo stampa erano responsabili i giornalisti e il direttore del giornale per violazione dell’obbligo di controllo; aveva diritto a conseguire il danno non patrimoniale per l’illecito subito per come sopra richiesto.

Verificata la regolare instaurazione del contraddittorio, anche a seguito di rinnovo della notificazione dell’atto di citazione nei confronti di alcuni convenuti, veniva dichiarata la contumacia di tutti i convenuti.

Concessi i termini di cui all’art. 183, comma 6, nn. 1, 2 e 3, c.p.c. non venivano offerti mezzi di prova al di là delle prove precostituite documentali e, in conseguenza, con ordinanza del 13 novembre 2015, la causa veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni, la discussione orale ella lite e la lettura del dispositivo ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c.

La causa veniva assegnata a sentenza, a seguito delle conclusioni precisate dalla sola parte attrice costituita e della richiesta di decidere la controversia, all’udienza del 20 marzo 2019.

2. – La domanda va respinta per quanto dappresso si espone.

3. – In premessa, si reputa opportuno ricordare, richiamando la sintesi fatta dalla sentenza recentemente pronunciata dalla Corte di Cassazione n. 27592 del 29.10.2019, quali siano le regole, e quali le eccezioni ad esse, in tema di responsabilità civile per lesione dell’altrui reputazione.

Il diritto all’onore ed alla reputazione è un diritto fondamentale della persona, così come la libertà di manifestazione del pensiero è una libertà fondamentale dell’individuo. Quando quel diritto venga a confliggere con questa libertà, la prevalenza andrà assegnata all’uno od all’altra a seconda che sussistano o meno: l’interesse pubblico alla diffusione della notizia o dell’opinione; la verità dei fatti narrati, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui provengono o per altre circostanze oggettive; la continenza delle espressioni adottate. Rispettate queste tre condizioni, il diritto all’onore sarà sempre recessivo rispetto alla libertà di manifestazione del pensiero.

Il rispetto della verità putativa, tuttavia, non può dirsi sussistente sol perché l’autore dello scritto che si assume offensivo abbia riferito una opinione altrui né il rispetto della continenza verbale può dirsi sussistente sol perché il testo non contenga sconcezze. Sia il giudizio sul rispetto della verità putativa; sia quello sul rispetto della continenza verbale, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, vanno compiuti senza limitarsi al mero dato formale ed estrinseco. Così come non rispetterebbe il limite della verità putativa il giornalista che si limitasse a giustificarsi d’una notizia calunniosa riferendo “me l’hanno detto, ed io ci ho creduto”, allo stesso modo anche un testo privo di contumelie può, a certe condizioni, violare il limite della continenza verbale. L’una e l’altra di tali evenienze, in particolare, possono verificarsi alle condizioni che seguono.

3.1 – Iniziando dal limite della verità putativa, va ricordato che il giornalista o lo scrittore, il quale riferisca fatti lesivi della reputazione di terzi, non va incontro a responsabilità civile quando quei fatti, al momento in cui vennero appresi dall’autore, gli apparivano verosimili. Perché operi questa scriminante sono necessari due elementi, uno oggettivo e l’altro soggettivo. Dal punto di vista oggettivo, è necessario che i fatti (poi rivelatisi) falsi fossero non manifestamente implausibili. Dal punto di vista soggettivo, è necessario che l’autore dello scritto abbia compiuto “ogni sforzo diligente”, alla stregua della diligenza esigibile dal giornalista medio, secondo la previsione dell’art. 1176, comma 2, c.c., per accertare la verità di essi. Se dovesse ritenersi che, all’esito di tali sforzi, quei fatti sarebbero apparsi verosimili a qualsiasi giornalista mediamente diligente, l’autore dello scritto sarà scriminato. Se dovesse ritenersi che, all’esito dei suddetti sforzi, quei fatti sarebbero apparsi inverosimili od anche solo dubbi a qualsiasi giornalista mediamente diligente, l’autore dello scritto non sarà scriminato (così da ultimo, Cass. Civ. ord. n. 9799 del 09/04/2019; il principio, nondimeno, è risalente e consolidato: nello stesso senso, si vedano Cass. Civ, sent. n. 22042 del 31/10/2016, sent. n. 18174 del 25/08/2014; sent. n. 23366 del 15/12/2004; sent. n. 2066 13/02/2002; sent. n. 9391 del 24/09/1997; sent. n. 8284 del 16/09/1996; sent. n. 982 del 07/02/1996; sent. n. 90 del 11/01/1978; sent. n. 1499 del 17/05/1972; sent. n. 2117 del 13/06/1969).

Per stabilire se l’autore abbia diligentemente saggiato l’attendibilità della sua fonte di informazioni occorre avere riguardo a tutte le circostanze del caso, ed in particolare:

(a) la qualità della fonte di informazione del giornalista, giacché il dovere di verifica da parte di quest’ultimo sarà tanto meno accurato, quanto più autorevole sia la fonte dell’informazione;

(b) la diffusività del mezzo col quale viene veicolata l’informazione da parte del giornalista, giacché il suo dovere di controllo dovrà essere tanto più zelante, quanto maggiore sia la potenziale diffusività del mezzo d’informazione che intende adoperare.

3.1.1 – Quando la fonte delle informazioni riferite dal giornalista sia un provvedimento giudiziario, un atto di indagine, un provvedimento amministrativo, il rigore nella valutazione della diligenza del giornalista si attenua, non essendo da questi esigibile un controllo sul merito dell’atto. Ciò, però, non vuol dire che colui il quale riferisca fatti oggettivamente calunniosi, estratti da uno dei suddetti provvedimenti, possa ritenersi sempre e comunque esente da responsabilità. In particolare, colui il quale riferisca fatti appresi da una fonte del suddetto tipo, ha sempre e comunque il dovere:

(a)di dare conto chiaramente che si tratta di fatti riferiti da terzi, e non di fatti direttamente noti al giornalista (così Cass. Civ, sent. n. 2751 del 08/02/2007); (b) di non tacere altri fatti, di cui egli sia a conoscenza, tanto strettamente collegabili ai primi da mutarne completamente il significato (Cass. Civ. sent. n. 14822 del 04/09/2012), come ad esempio nel caso l’articolista taccia sul fatto che le indagini di cui si dà conto risalivano a molti anni addietro (Cass. Civ., sent. n. 11259 del 16/05/2007); (c) di non accompagnare i fatti riferiti con sollecitazioni emotive, sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore false rappresentazioni della realtà (Cass. Civ. sent. n. 14822 del 04/09/2012; sent. n. 16917 del 20/07/2010).

I suddetti precetti vanno osservati dal giornalista in quanto costituiscono presidio della presunzione di non colpevolezza, la quale impedisce al giornalista di suscitare ad arte nel lettore la ferma opinione che una persona non condannata debba reputarsi colpevole (così Cass. Civ. sent. n. 22190 del 20/10/2009).

3.1.2 – La valutazione della diligenza con cui il giornalista ha accertato la verità putativa dei fatti, in secondo luogo, deve avvenire tenendo conto anche della potenziale diffusività del mezzo di comunicazione utilizzato. Mezzi di comunicazione a diffusione potenzialmente universale ed incontrollabile, come la televisione e, a maggior ragione, il web, richiedono una diligenza di grado massimo nell’accertamento della verità putativa da parte del giornalista, in considerazione della maggiore potenzialità offensiva della diffusione di notizie non vere (Cass. Civ. sent. n. 7154 del 11/06/1992; sent. n. 1147 del 04/02/1992).

3.1.3 – In conclusione, per la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità il rispetto della verità putativa non può dirsi sussistente sol perché l’autore abbia riferito di fatti appresi da una fonte giudiziaria, poliziesca od amministrativa. Sussiste solo se l’autore riferisca donde abbia appreso quei fatti; non taccia fatti connessi o collaterali di cui sia a conoscenza; non ricorra ad insinuazioni allusive con riferimento ai fatti riferiti; si attivi con zelo e prudenza nel vagliare la verosimiglianza dei fatti riferiti.

3.2 – Venendo al requisito della continenza verbale. La “continenza verbale” dello scritto che si assume offensivo, per la giurisprudenza della Suprema Corte, non consiste soltanto nella forbitezza del linguaggio. Dovrà infatti dirsi non rispettoso della continenza verbale anche lo scritto che ricorra al sottinteso sapiente, agli accostamenti suggestionanti, al tono sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato, all’artificiosa drammatizzazione con cui si riferiscono notizie neutre, alle vere e proprie insinuazioni (principio pacifico da trent’anni: in tal senso si veda già Cass. Civ. sent. n. 5259 del 18/10/1984; nello stesso senso, ex multis, sent. n. 14822 del 04/09/2012; sent. n. 16917 del 20/07/2010; sent. n. 11259 del 16/05/2007). Ed infatti uno scritto allusivo od insinuante, anche quando fondato su fatti veri, può riuscire in concreto molto più pernicioso per l’onore altrui rispetto ad uno scritto vituperoso, giacché mentre questo sollecita il riso, quello suscita il dubbio, che molto più del primo corrode a reputazione di chi ne sia investito.

4. – Passando al caso di specie, il primo articolo oggetto del contendere e di cui dappresso, quello comparso sul ZZZ, in data 11.07.2013, a firma del giornalista KKK, non dà luogo a responsabilità del suo autore perché rispettoso sia della verità putativa che della continenza verbale.

L’articolo presenta il seguente titolo “” e sottotitolo “”, mentre il testo dell’articolo, per quanto di interesse per l’attore, è del seguente tenore: <>.

4.1 – In prima battuta, non è seriamente revocabile in dubbio l’interesse pubblico dei fatti e delle notizie apparsi sul pezzo giornalistico in questione, sia per la rilevanza sociale e pubblica dell’attore, al tempo dei fatti oggetto della narrazione membro del Consiglio della Regione Calabria, carica elettiva poi rinunciata per la elezione a senatore della Repubblica – motivo già di per sé sufficiente ad affermare la sussistenza di un innegabile interesse della generalità dei cittadini calabresi alla conoscenza dei fatti de quibus -, sia perché fatti afferenti alla gestione dei soldi pubblici, ovverosia quelli pagati dai cittadini della Regione, nella fattispecie, per il funzionamento della stessa nel suo apparato rappresentativo. Soldi quindi che, in quanto tali, dovrebbero essere spesi per ciò che attiene all’esercizio della funzione consiliare ovvero allo svolgimento dell’attività pubblica da espletare nell’interesse dell’ente territoriale che si rappresenta, giammai per spese private o nell’interesse privato di colui che è stato eletto e che fa parte di un consesso investito della funzione legislativa ed istituito per risolvere, indirizzare, progettare, attraverso questa, gli affari, le inefficienze, i problemi, per altro notoriamente endemici e gravi, della comunità calabrese rappresentata. E’ evidente dunque la pertinenza dell’argomento trattato, per altro neppure contestata in relazione allo scritto de quo.

4.2 – Non è neppure seriamente in discussione la forma delle espressioni usate. Non si ravvisano, e del resto non sono state neppure allegate, siccome manifestamente insussistenti (è sufficiente leggere l’articolo), espressioni scadenti nella contumeliosità ad hominem; non si ravvisano affermazioni ingiuriose e denigratorie o attacchi puramente offensivi della persona dell’attore.

Il limite della continenza, quindi, risulta osservato, sia sotto l’aspetto della correttezza formale, “civile” dell’esposizione e della valutazione dei fatti, sia sotto quello sostanziale della non eccedenza dei limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse.

4.3 – Ad essere in discussione è invece la verità/veridicità delle notizia, sotto il profilo del suo trattamento da parte dell’autore.

Invero, l’attore, pur ammettendo che il giornalista del ZZZ, ha fornito informazioni (si veda pag. 3 dell’atto di citazione “non vi è dubbio che il giornalista del “ZZZ” ha utilizzato le informazioni…”) ed ha dato la notizia dell’inchiesta in atto (si veda sempre pag. 3: “Non può negarsi che il giornalista non si è limitato a dare la notizia dell’inchiesta in atto…”), ha allegato che lo stesso avrebbe usato le informazioni “per puro pettegolezzo, formulando autonomamente ipotesi offensive ed assolutamente infondate” ovvero che, oltre la notizia dell’inchiesta in atto, avrebbe “mediante insinuazioni a carico del XXX, artatamente e con allusioni a eventuali rimborsi non dovuti e, invece, ottenuti, … prospettato i fatti in modo da generare nel lettore riserve circa la moralità, la dignità ed il decoro dello stesso, riferendo e richiamando circostanze completamente infondate che nulla hanno a che vedere con la notizia stessa”.

Sennonchè, da un lato, l’attore non ha dedotto quali sono le “ipotesi offensive” “formulate autonomamente” dal giornalista ovvero le sollecitazioni emotive, i sottintesi, gli accostamenti, le insinuazioni, le allusioni o i sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore false rappresentazioni della realtà, sicchè risulta davvero incomprensibile come ed in che termini dovrebbe ravvisarsi nel pezzo oggetto di discussione la fattispecie della diffamazione a mezzo stampa. Dall’altro, l’autore KKK ha dato conto con chiarezza e trasparenza della fonte da cui ha tratto la notizia dei rimborsi per le spese e l’acquisto dei beni riportati nell’articolo (all’evidenza poco attinenti con l’esercizio della funzione svolta di conigliere regionale), e del contesto in cui quella fonte era inserita. In particolare, l’articolo ha evidenziato che le notizie sono tratte da “una relazione dettagliata” e ponderosa “di 146 pagine” con la quale “il nucleo operativo delle fiamme gialle” ha svelato l’agire dei consiglieri regionali in merito alle richieste di rimborsi di spese. Ha chiarito in maniera nitida e manifesta che la relazione della Guardia di finanza si inserisce nell’ambito dell’inchiesta “” c.d. inchiesta “”, soggetta alle valutazioni della magistratura inquirente di Reggio Calabria e di quella contabile della Corte dei Conti di, e che quanto più precisamente esposto nello scritto si ricava “dalla lettura degli atti acquisiti a nel corso della perquisizione alla sede della massima assise regionale”.

I fatti narrati, quindi, corrispondono a verità, almeno a quella ragionevolmente putativa, secondo i principi giuridici sopra enucleati, atteso che il giornalista ha attinto (e la circostanza non è stata contestata) ad una fonte autorevole di provenienza ovverosia “la nota della Guardia di finanza che la Procura della Repubblica di Reggio ha trasmesso alla Corte dei Conti di in merito all’inchiesta”.

4.3.1 – Per altro, la Suprema Corte insegna che “La responsabilità del giornalista per lesione dell’altrui onore o reputazione è esclusa dal legittimo esercizio del diritto di cronaca e tale esercizio è legittimo sia quando il giornalista riferisce fatti veri, sia quando riferisce fatti che apparivano veri al momento in cui furono riferiti (in virtù del principio della c.d. verità putativa). Ne consegue che al giornalista, convenuto nel giudizio di risarcimento del danno da diffamazione, per andare esente da responsabilità basta dimostrare non la verità storica dei fatti narrati, ma anche soltanto la loro verosimiglianza; fornita tale prova, è onere di chi afferma di essere stato diffamato dimostrare che la fonte da cui il giornalista ha tratto la notizia, al momento in cui questa venne diffusa, non poteva ritenersi attendibile” (così Cass. Civ. sent. 18 aprile 2013, n. 9458).

Nella fattispecie, l’attore non ha fornito detta prova. Anzi. Ha ammesso la verità della notizia dell’inchiesta e delle informazioni da questa desunte, ma non ha né precisamente allegato né dimostrato che le predette informazioni non hanno riscontro nella relazione della guardia di finanza ovvero che non corrispondono ai dati dell’inchiesta “”.

5. – Va esente da responsabilità anche il giornalista JJJ, autore del pezzo giornalistico comparso sul ZZZ del, del seguente titolo “”, sottotitolo “” e dal seguente tenore: “”.

5.1 – Rispetto al predetto articolo, o meglio alle sole parti denunciate dall’attore quali denigratorie della propria persona, non è oggetto di contestazione né la pertinenza né la continenza verbale, limite quest’ultimo per il quale, comunque, valgono le considerazioni sopra effettuate in merito al primo scritto giornalistico. Invero, l’attore asserisce che “la notizia che emerge è alquanto diffamante in quanto resta una pura insinuazione, considerando che quanto affermato nel testo … risulta del tutto erroneo in ordine sia all’incarico che al compenso ricevuto dal XXX”.

Tuttavia, nel prosieguo dell’atto di citazione lo stesso attore afferma “L’articolo, infatti, prende spunto da una circostanza reale, cioè l’assegnazione di un’ora settimanale di lavoro quale al XXX da parte dell’, per costruire un mero evento scandalistico denigratorio. Ciò in quanto il XXX è da decenni dipendente dall’ per aver superato apposito concorso oltre venti anni fa. E’ la legge, pertanto, che determina l’orario lavorativo del medico specialista e, con l’attribuzione dell’ora settimanale di cui parla l’articolo, null’altro ha fatto l’ che completare le 40 ore settimanali stabilite dalla normativa vigente. Ovviamente ciò non fa scaturire un vantaggio economico di 500 euro, anche perché il XXX, sin dall’anno 2010 è in aspettativa per essere stato eletto Consigliere regionale e da allora nulla ha mai percepito, non solo in ordine all’ora lavorativa di completamento del contratto, anche in relazione alle restati 39 ore lavorative settimanali a lui già precedentemente attribuite”. L’attore ammette manifestamente che costituisce “circostanza reale” “l’assegnazione di un’ora settimanale di lavoro quale … da parte dell’”. La notizia, dunque, è effettivamente vera. E che corrisponda alla verità oggettiva si evince dallo stesso articolo, nel quale, in formato ridotto, vi è la riproduzione della delibera del, con la quale, premessa la disponibilità e l’accettazione del conferimento dell’incarico medico da parte del dott. XXX, si conferiva allo stesso “l’incarico a tempo indeterminato quale … convenzionato per n. 1 ora settimanale nella branca di Fisiatria presso il pol. di” con “decorrenza giuridica (…) dalla stipula del contratto allegato (…) quella economica dalla presa in servizio”. Stante la verità del conferimento dell’incarico a tempo indeterminato come, la verità del fatto che l’assegnazione di un’ora settimanale di lavoro comunque sarebbe stata retribuita, giusta previsione della decorrenza economica dalla presa in servizio nonché quella di fare rientrare l’incarico “nel bilancio di previsione del personale convenzionato” (così delibera), la verità della notizia dei rimborsi chilometrici previsti per i convenzionati che usano il proprio mezzo per raggiugere i (circostanza che non è stata contestata in alcuno modo dall’attore nel libello introduttivo), nessun “mero evento scandalistico denigratorio” pare delineato o rappresentato dal giornalista JJJ. Né può ricavarsi “l’evidente intento di additare al disprezzo cittadino l’odierno attore” dalla circostanza riportata che “il nuovo incarico permetterà a XXX di portare a casa circa 500 euro in più al mese , inclusi i rimborsi chilometrici”, in quanto, acclarate le superiori verità, l’attore non ha provato la non corrispondenza al vero di quanto asserito dal giornalista sulla somma mensile ricavabile dall’incarico né ha provato quanto dedotto e cioè che il nuovo conferimento “non fa scaturire un vantaggio economico di 500 euro, anche perché il XXX, sin dall’anno 2010 è in aspettativa per essere stato eletto Consigliere regionale e da allora nulla ha mai percepito, non solo in ordine all’ora lavorativa di completamento del contratto” (che è, quindi, retribuita per stessa ammissione attorea), “ma anche in relazione alle restanti 39 ore lavorative settimanali a lui già precedentemente attribuite”.

Il tutto senza considerare che l’eventualità che l’incarico possa permettere un guadagno, tra retribuzione e rimborsi per carburante, inferiore alla cifra indicata può considerarsi, alla luce delle stesse difese attoree che non resistono o contrastano l’asserzione, inesattezza secondaria o marginale e, come tale, irrilevante sul piano del valore informativo, ai fini della lesione dell’altrui reputazione.

6. – Infine del tutto generico è l’atto di citazione in merito al terzo articolo, quello a firma di QQQ, pubblicato, in data 21 marzo 2013, sul ZZZ. In ordine allo stesso, nel libello introduttivo l’attore si è limitato ad allegare quanto segue “invero, nell’esposizione dei fatti dominano sottintesi, allusioni, mezze frasi e toni scandalizzati e/o sdegnati e, soprattutto, insinuazioni e accostamenti suggestionanti, nonché apprezzamenti puramente soggettivi. Il suddetto articolo, infatti, alle “” fa seguire in neretto “”.

Premessa la pacificità della pertinenza e della continenza, chiaramente non allegate né contestate, l’attore non nega la verità sostanziale ovvero quella putativa dei fatti riportati nel pezzo giornalistico, ovverosia i contatti avuti la famiglia sotto forma di telefonate e di cena. Notizie, per altro, che il giornalista ha tratto dall’informativa dei Ros. In forza di ciò, appare fuor di dubbio che non si contesta l’esercizio del diritto di cronaca giornalistica, che trova, come è noto il suo fondamento nell’articolo 21 della Costituzione e che svolge la funzione di offrire informazioni e notizie su fatti e vicende che interesse personaggi della vita pubblica della Regione Calabria. Né si contesta, si ribadisce, la verità della notizia mutuata dall’informativa dei Ros, tenuto conto del fatto che, alla luce di quanto allegato dall’attore, non se ne denunciano alterazioni o travisamenti di sorta ovvero infedeltà rispetto a contenuto dell’informativa stessa. Quanto scritto, quindi, dal giornalista sui contatti tra il XXX ed i *** non esorbita da quanto necessario a fini informativi.

Per quanto concerne, invece, le considerazioni fatte dal giornalista, sulla base della verità non contestata dei predetti contatti, trattasi di valutazioni personali in ordine manifestate con l’uso di un linguaggio “civile”, che rientrano nell’esercizio del diritto costituzionalmente garantito alla manifestazione del pensiero e che costituiscono legittima espressione del diritto di critica esercitata, nella fattispecie, senza usare espressioni lesive della reputazione altrui ovvero aggressive dell’onore e della reputazione dell’attore. Sul punto vale la pena rammentare che, secondo il Giudice di legittimità, “In tema di responsabilità civile per diffamazione, il diritto di critica non si concreta nella mera narrazione di fatti, ma si esprime in un giudizio avente carattere necessariamente soggettivo rispetto ai fatti stessi; per riconoscere efficacia esimente all’esercizio di tale diritto, occorre tuttavia che il fatto presupposto ed oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze soggettive” (così cass. Civ. ord. 26 ottobre 2017 n. 25420).

7. – Nulla sulle spese di lite stante la soccombenza di parte attrice e la contumacia di tutti i convenuti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Reggio Calabria, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa, definitivamente pronunciando nella causa portante il n. \2014 R.G.A.C. promossa da XXX nei confronti di YYY, nella qualità di direttore del “ZZZ”, di KKK, JJJ, QQQ e della S.R.L. HHH, in persona del suo amministratore legale rappresentante pro tempore, convenuti contumaci, disattesa ogni contraria domanda, eccezione e deduzione, così provvede:

– rigetta la domanda proposta dall’attore per le ragioni esposte in parte motiva; – nulla da provvedere sulle spese di lite stante la contumacia dei convenuti.

Reggio Calabria, 7 Dicembre 2019

Il Giudice Istruttore

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Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

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