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Hosting provider, responsabilità del c.d. caching

13 della direttiva 2000/31/CE, si occupa della prestazione del servizio della società dell’informazione consistente nel cd. Siffatta attività è di ordine meramente tecnico, automatico e passivo, il che implica che il prestatore di servizi della società dell’informazione non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate.

L’art. 15 del d.lgs. n. 70 del 2003, che ricalca l’art. 13 della direttiva 2000/31/CE, si occupa della prestazione del servizio della società dell’informazione consistente nel cd. caching, ovvero trasmette, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, mediante la memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta.

Il cacher è esonerato dalla responsabilità per i contenuti immessi da altri, qualora: a) non modifichi le informazioni, divenendo allora concorrente attivo; b) si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni, quindi ad esempio ometta di rendere disponibili al pubblico nella memoria cache delle informazioni che invece non sono tali nel sito di provenienza; c) si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni, secondo le regole del settore; d) non interferisca con l’uso lecito di tecnologia riconosciuta ed utilizzata nel settore per ottenere dati sull’impiego delle informazioni; e) agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare l’accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che l’accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione, provvedendo, dunque, a cancellare i documenti dal medesimo archiviati in memoria, qualora essi siano stati rimossi dal sito di provenienza, l’accesso sia stato disabilitato ad opera del titolare, o sia intervenuto un provvedimento giurisdizionale o amministrativo ad ordinare tale rimozione o disabilitazione.

Il secondo comma dell’art. 15 attiene all’ordine dell’autorità, rivolto direttamente al prestatore, con il quale gli venga imposto di impedire o far cessare le violazioni commesse: L’autorità giudiziaria o quella amministrativa aventi funzioni di vigilanza può esigere, anche in via d’urgenza, che il prestatore, nell’esercizio delle attività di cui al comma 1, impedisca o ponga fine alle violazioni commesse.

Il regime di favore, così attuato, conduce ad una indubbia minore responsabilità del prestatore rispetto alla figura del c.d. hosting provider.

Al riguardo, giova ricordare che il considerando 42 della direttiva, secondo cui le deroghe alla responsabilità stabilita dalla stessa riguardano proprio l’ipotesi in cui l’attività di prestatore di servizi della società dell’informazione si limiti al processo tecnico di attivare e fornire accesso ad una rete di comunicazione sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi al solo scopo di rendere più efficiente la trasmissione.

Siffatta attività è di ordine meramente tecnico, automatico e passivo, il che implica che il prestatore di servizi della società dell’informazione non conosce né controlla le informazioni trasmesse o memorizzate.

All’attività di memorizzazione temporanea detta caching sono dedicati, altresì, i considerando 43 e 44, secondo i quali il prestatore del servizio beneficia delle deroghe di responsabilità quando non è in alcun modo coinvolto nell’informazione trasmessa e non modifichi l’informazione che trasmette (sebbene comunque tale requisito non pregiudica le manipolazioni di carattere tecnico effettuate nel corso della trasmissione in quanto esse non alterano l’integrità dell’informazione contenuta nella trasmissione) ed altresì non deliberatamente collabori con un destinatario del suo servizio al fine di commettere atti illeciti, vale a dire non ponga in essere un concorso attivo nell’illecito.

In sostanza, una netta distinzione tra i profili di responsabilità dell’hosting provider, da un lato, e del mero caching, dall’altro lato, permea l’intera disciplina eurounitaria, e, di conseguenza, quella nazionale.

Occorre, dunque, al riguardo, enunciare il seguente principio di diritto:
Nell’ambito dei servizi della società dell’informazione, la responsabilità del cd. caching, prevista dall’art. 15 del d.lgs. n. 70 del 2003, sussiste in capo al prestatore dei servizi che non abbia provveduto alla immediata rimozione dei contenuti illeciti, pur essendogli ciò stato intimato dall’ordine proveniente da un’autorità amministrativa o giurisdizionale.

Cassazione Civile, Sezione Prima, Sentenza n. 7709 del 19/03/2019

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