fbpx
Generic filters
Parola esatta ...
Cerca nei titolo
Search in excerpt
Filtra per categoria
Codice Civile
Codice Penale

Il fatto non contestato non ha bisogno di prova

Il fatto non contestato non ha bisogno di prova perché le parti ne hanno disposto, vincolando il Giudice a tenerne conto senza alcuna necessità di convincersi della sua esistenza.

Pubblicato il 26 February 2019 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

TRIBUNALE ORDINARIO di AVEZZANO
Settore civile
VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. /2017

Oggi 25 febbraio 2019 innanzi al dott. sono comparsi:

– Per XXX l’avv.

– Per COMUNE DI YYY l’avv.

Il Giudice invita le parti alla discussione.

I procuratori delle parti dopo breve discussione si riportano a quelle formulate nei rispettivi atti introduttivi e nelle note conclusive.

In particolare, l’avv. si oppone, in quanto tardiva, alla produzione documentale L’avv. si riporta a quanto dedotto nelle note conclusive.

Dopo breve discussione orale, il Giudice pronuncia sentenza ex art. 429 cpc dandone lettura.

Alle ore 13.50, nessuna delle parti comparse viene data lettura della sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di AVEZZANO
SETTORE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. ha pronunciato ex art. 429 c.p.c. la seguente

SENTENZA 118/2019 pubblicata il 25/02/2019

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. /2017 promossa da:

XXX (cf), rappresentato e difeso dall’avv. ed elettivamente domiciliato in giusta procura in atti;

opponente

E

COMUNE DI YYY (cf), rappresentato e difeso dall’avv. giusta procura in atti;

opposto

Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo in materia locatizia.

Conclusioni: i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni riportandosi a quanto dedotto, chiesto ed eccepito nei propri atti e verbali di causa

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Con ricorso tempestivamente depositato in cancelleria, il XXX proponeva opposizione al decreto n. /17, munito della provvisoria esecuzione ed emesso dal Tribunale di Avezzano, con cui gli veniva ingiunto il pagamento, in favore del Comune di YYY della somma di € 44.034,98 dovuta in forza di un contratto di locazione avente ad oggetto il complesso denominato “stalle collettive autosufficienti”.

L’opponente negava l’insussistenza dei requisiti per l’emissione del provvedimento monitorio in quanto il contratto indicato dalla controparte era cessato alla data del 9 novembre 2012 e non era stata rinnovato o comunque prorogato.

Soltanto, in via subordinata, il XXX, eccepiva in compensazione un controcredito vantato nei confronti dell’ente locale per l’ammontare complessivo di € 41.096,00 (oltre Iva se dovuta) per aver, a partire dal 2012 e sino 2017, ricoverato all’interno dei propri locali cani randagi.

Con memoria, depositata il 16 maggio 2018, si costituiva in giudizio il Comune di YYY deducendo l’infondatezza della domanda ed insistendo per il suo integrale rigetto.

Assumeva, in particolare, che la pretesa creditoria doveva ricondursi all’art. 1591 cod civ in quanto la controparte aveva violato il disposto di cui all’art. 5 del contratto.

Spiegando reconventio reconventionis, e chiedendo ritualmente il differimento dell’udienza di comparizione, il Comune chiedeva la condanna della controparte per la medesima somma ingiunta ai sensi dell’art. 2041 cod civ.

Accolta, giusta ordinanza riservata del 2 maggio 2018, la richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, la causa veniva istruita mediante l’acquisizione delle produzioni documentali offerte dalle parti e l’escussione dei testi.

All’odierna udienza, le parti, a cui era stato assegnato termine sino a dieci giorni prima, venivano invitate alla discussione.

2. Nell’assenza di questioni preliminari, la controversia ben può essere delibata nel merito. L’opposizione è infondata e deve, di conseguenza, essere rigettata per le ragioni di seguito illustrate.

Occorre anzitutto ricostruire la cornice al cui interno si è dipanata la controversia che ci occupa ed a tal fine merita in estrema sintesi osservare quanto segue.

Tra le parti, in data 10 novembre 2003 (cfr doc. 1 del fascicolo monitorio) veniva sottoscritto un contratto di locazione, della durata di anni 9, avente ad oggetto il complesso immobiliare denominato stalle collettive autosufficienti.

Il canone di locazione veniva indicato nell’importo di € 7.500, 00 annui con aggiornamento automatico secondo gli indici istat nella misura del 75% annui.

Risulta incontroverso che alla scadenza naturale, del 9 novembre 2012, il contratto di locazione non è stato rinnovato né vi è stata alcuna proroga sottoscritta.

Dalla disamina degli atti di causa, e diversamente rispetto a quanto riportato nell’ordinanza di accoglimento della sospensione della provvisoria esecuzione, è risultato che la pretesa creditoria posta a fondamento del ricorso monitorio ha riguardato il godimento dell’immobile successivamente alla scadenza del contratto (quindi per una parte dell’anno 2012 per la somma di € 1.203,73) e per le successive annualità sino al 2017 (cfr doc. 10 del fascicolo monitorio).

Nel corpo del ricorso monitorio, in effetti, l’ente locale ha fatto esplicita menzione al contratto senza nulla aggiungere alla sua effettiva vigenza.

Dal quadro fattuale così tratteggiato originano alcune decisive conseguenze in punto di diritto destinate inevitabilmente a riverberare conseguenze sulle sorti della lite.

3. Anzitutto, la causa petendi della pretesa creditoria deve essere individuata nell’art. 1591 cod civ e quindi nell’inadempimento dell’obbligazione di restituzione da parte del conduttore.

Per giurisprudenza costante, in materia di locazione, anche se il rapporto viene risolto, sia contrattualmente, sia giudizialmente, l’obbligo del conduttore di corrispondere il corrispettivo convenuto, ai sensi dell’art. 1591 c.c., non richiede la sua costituzione in mora e permane per tutto il tempo in cui rimanga nella detenzione del bene, fino al momento dell’effettiva riconsegna, che può avvenire mediante formale restituzione al locatore ovvero con il rilascio dello stesso in condizioni tali da essere per quello disponibile (cfr Cass Civ, Sez VI, 7.5.2018 n. 10926).

L’obbligo della riconsegna nasce dalla legge, per cui il conduttore è tenuto ad adempierlo senza particolare intimazione, l’obbligo del ristoro dei danni incombe invece soltanto al conduttore in mora, cioè a seguito di intimazione o richiesta nelle forme stabilite dall’art 1219 c.c.. La responsabilità del conduttore ricorre sia quando la violazione dipenda dal fatto proprio, sia quando dipenda dal fatto delle persone di cui il conduttore debba rispondere verso il locatore.

Ne discende, facendo buon governo dei principi di diritto sin qui enunciati, che non ricorrano le condizioni per un’occupazione illegittima come rappresentato dall’opponente nelle memorie difensive finali e che l’assenza di una esplicita richiesta di pagamento da parte del Comune, a fronte del pacifico (in quanto non contestato) godimento del bene non può rappresentare un elemento idoneo a supportare la prospettazione del XXX.

Tali profili, a voler tutto concedere, avrebbero potuto rilevare nell’ipotesi in cui la domanda avesse riguardato anche l’ipotesi del maggior danno che però non è stata formulata sicchè la questione si appalesa del tutto irrilevante ai fini della decisione.

Analogamente, privo di rilievo si appalesa l’ulteriore profilo relativo alla disponibilità manifestata dal XXX di addivenire, alle medesime condizioni, alla sottoscrizione di un rinnovo del rapporto locatizio.

Nessuna contestazione vi è stata neppure sul quantum e quindi sulla determinazione del credito operata dal Responsabile del Comune di YYY.

Alcun rilievo è stato sollevato sul mancato godimento dell’immobile e sul mancato pagamento delle somme di denaro oggetto del ricorso monitorio e parametrate sull’ammontare del canone di locazione sicchè tali circostanze devono ritenersi pacificamente ammesse.

E’ difatti, noto, sulla scorta dell’orientamento giurisprudenziale (cfr Cass Civ, S.U., 761/2002), recepito dal legislatore con la L. 69/2009, che la non contestazione di un fatto, sottraendolo alla verifica probatoria, assume efficacia vincolante per il giudice e ciò in quanto, essa si traduce, in definitiva, quale “tecnica processuale semplificatrice”, in una sorta di presunzione di verità salvo il caso in cui le emergenze processuali determinino una diversa verità effettuale. facendo applicazione del principio di non contestazione.

E’ stato ritenuto anche in altri arresti recenti (cfr Cass Civ Sez III, 10.11.2010 n. 22837) che la non contestazione di fatti allegati dalla controparte vale quale relevatio ab onere probandi per il deducente, allineandosi in questo modo nel solco già tracciato dalla più autorevole dottrina che, già da tempo, aveva ritenuto che per la concreta determinazione del thema probandum, occorresse fare riferimento ad un tacito principio, ancor prima della sua codificazione esplicita, ma non per questo meno importante, in tema di prova, quello per l’appunto, di non contestazione.

Secondo la posizione dottrinale sopra indicata l’ulteriore finalità teleologica perseguita da questo principio di portata generale e di applicazione diffusa nelle controversie civili, è quella di evitare il compimento da parte dell’attore di attività inutili.

In giurisprudenza, così, per meglio fotografare l’essenza stessa del principio si è parlato di espressamente di fatti che “non abbisognano di prova” così recependo quanto sostenuto da tempo dalla dottrina tedesca e confermando l’indirizzo esegetico anteriore alla entrata in vigore della legge 69/2009 che già a partire dal 2009 (cfr Cassazione civile , sez. III, 05 marzo 2009, n. 5356), così si pronunciava: il “fatto non contestato non ha bisogno di prova perché le parti ne hanno disposto, vincolando il Giudice a tenerne conto senza alcuna necessità di convincersi della sua esistenza”.

Ne discende, in definitiva, la fondatezza della pretesa creditoria azionata in via monitoria.

4.. Deve essere a questo punto vagliata la eccezione di compensazione spiegata dalla parte opponente.

Nel caso di specie, la parte si è limitata unicamente ad eccepire in compensazione un controcredito senza quindi chiedere la condanna del Comune di YYY al pagamento di alcuna somma di denaro in proprio favore per l’importo complessivo di € 41.096,00 oltre IVA se dovuta per l’attività di ricovero e mantenimento cani randagi successivamente alla scadenza del contratto (come da fattura pro forma del dicembre 2017-doc. 12 di parte opponente).

Al fine, poi, di meglio corroborare la sussistenza della suddetta pretesa creditoria, il XXX ha prodotto la seguente documentazione: registro anagrafico cani randagi (cfr doc. 6 di parte opponente); scheda di servizio della ASL relativa al trasferimento di cani dal canile di *** a quello di YYY gestito dal XXX (cfr doc. 7), richiesta di pagamento del compenso per l’opera svolta di ricovero degli animali del 10 giugno 2016 (cfr doc. 10).

Anzitutto, merita di essere richiamato l’orientamento cristallizzato nella decisone delle Sezioni Unite n. 23225 del 2016 a mente del quale Il giudice non può pronunciare la compensazione, legale o giudiziale che sia, se l’esistenza del controcredito opposto dal debitore è controversa, nello stesso giudizio instaurato dal creditore principale ovvero in altro giudizio già pendente ed ancora “Se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale, o in altro giudizio già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione (art. 35 cod. proc. civ.) il giudice non può pronunciare la compensazione, né legale né giudiziale”.

Da ciò discende, che il vaglio circa l’eccezione di compensazione proposta avrebbe dovuto avere quale prius logico, come già chiarito, la proposizione di una domanda riconvenzionale la quale ben avrebbe potuto trovare scrutinio nel presente giudizio differentemente da quanto avvenuto.

A ciò deve aggiungersi che la documentazione sopra citata, al pari delle prove testimoniali (a cui l’opponente ha fatto ampio riferimento anche in sede di note conclusive), comunque non può in ogni caso ritenersi sufficiente ai fini della prova della sussistenza della pretesa creditoria che deve essere ad ogni modo dimostrata, anche laddove si verta in presenza di un’eccezione di compensazione.

A tale riguardo, non è fuor d’opera osservare che tale credito (come facilmente evincibile dalla citata fattura pro forma del 134 dicembre 2017) ha riguardato unicamente l’attività svolta successivamente alla scadenza del contratto di affitto del 10 novembre 2003.

Peraltro, non poteva neppure essere altrimenti atteso che nell’accordo intercorso (si vedano, a titolo meramente esemplificativo, gli articoli 3-sugli obblighi della ditta affittuaria- e 4- su quelli a carico del Comune) non è previsto il pagamento, nella vigenza del rapporto, di alcun importo per l’attività svolta dalla parte opponente. L’art. 3 del suddetto contratto, infatti, citato dall’opponente nella nota del 10 giugno 2016 (doc. 10), prevede espressamente alla lettera c) pag 4 l’impegno del XXX a mantenere gratuitamente presso la struttura tutti i cani catturati nel Comune di YYY.

Di contro, alcun cenno è contenuto sul diritto per l’opponente di conseguire il riconoscimento dei miglioramenti e delle addizioni eseguite.

Ne deriva, quindi, che la sussistenza della pretesa creditoria, proprio in quanto rivolta nei confronti di un ente pubblico, doveva trovare un formale riconoscimento in un contratto che però nel caso di specie risulta pacificamente assente.

A corroborare ed in maniera decisiva tale opzione ermeneutica deve considerarsi che la validità di un atto negoziale riguardante la Pubblica amministrazione, esige la forma scritta ad subastantiam e tale principio, di ordine generale, non può subire deroghe.

Pertanto, l’unica modalità che avrebbe consentito all’opponente di avanzare rivendicazioni verso l’ente locale sarebbe dovuta essere la proposizione di una domanda riconvenzionale di arricchimento senza causa che però non è stata proposta.

Muovendo allora da tali presupposti, le prove orali e documentali non possono comportare un diverso inquadramento dei fatti.

Il tratto palesemente assorbente delle considerazioni sin qui svolte rende superflua, ai fini della decisione, la questione relativa alla ammissibilità della reconventio reconventionis.

5. L’opposizione deve conclusivamente essere rigettata con conferma del decreto ingiuntivo n. /17.

6. In ultimo, le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come di seguito indicato. Considerato che, alla luce delle nuove disposizioni in materia ( art 4 D.M. nr 55 del 10 marzo 2014 e successive modifiche), il compenso del professionista è determinato con riferimento ai seguenti parametri generali:

a) valore e natura della pratica;

b) importanza, difficoltà, complessità della pratica;

c) condizioni di urgenza per l’espletamento dell’incarico;

d) risultati e vantaggi, anche non economici, ottenuti dal cliente;

e) pregio dell’opera prestata;

Tenuto conto dell’opera prestata e delle attività svolte dall’avvocato, si reputa congruo liquidare in favore della parte opposta la somma di € 3.700,00 per compensi professionali attenendosi ai valori medi di liquidazione di cui alla Tabella A del DM 55del 10 marzo 2014 (valore della controversia da € 26.000,01 ad € 52.000,00 con applicazione dei valori medi ridotti nel limite del 50%) oltre al 15%, calcolato su detto importo, dovuto per spese forfetarie così come espressamente previsto dal citato decreto.

La sentenza è provvisoriamente esecutiva come per legge.

PQM

Il Tribunale di Avezzano nella causa iscritta al n /2017 RG affari contenziosi, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattese, così provvede:

a) rigetta per le causali di cui in motivazione l’opposizione e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo n. 547/17;

b) condanna la parte opponente alla rifusione in favore della controparte delle spese di lite che liquida in € 3.700,00 per compensi professionali oltre al 15%, calcolato su detto importo, dovuto per spese forfetarie, IVA e CPA dovuti come per legge;

La sentenza è provvisoriamente esecutiva come per legge.

Così deciso in Avezzano all’udienza del 25 febbraio 2019

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

LexCED
Desideri approfondire l’argomento ed avere una consulenza legale?

Articoli correlati