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Servitù per destinazione del padre di famiglia

Servitù per destinazione del padre di famiglia, l’originario proprietario ha posto in essere tra due fondi una situazione soggettiva.

Pubblicato il 14 December 2018 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI L’AQUILA

Riunita in camera di consiglio e composta dai seguenti magistrati:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 2347/2018 pubblicata il 13/12/2018

nella causa civile di appello iscritta al R.G. n. /2013 trattenuta in decisione all’udienza del 26.9.2018 promossa da XXX e YYY nella qualità di eredi del defunto padre ZZZ rapp.ti e difesi, giusta procura in calce all’atto di appello, dagli avv.ti ed elettivamente dom.ti in

APPELLANTI
contro

KKK rapp.to e difeso, giusta procura in calce all’atto di costituzione e risposta, dagli avv.ti

ed elettivamente dom.ti in presso lo studio dell’avv.

APPELLATO
avverso

la sentenza n. /12 emessa dal Tribunale di Teramo, Sez. distaccata di Atri nella causa civile di primo grado iscritta al n. /2015 il 26.9.2012 e depositata il successivo 1.10.2012;

CONCLUSIONI DELLE PARTI

Per gli appellanti:

“Piaccia a codesta Ecc.ma Corte d’Appello, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, a) in via preliminare concedere ex art.283, 351 c.p.c. la sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza impugnata; b) nel merito, previa riforma integrale della sentenza impugnata per i motivi sopra esposti, rigettare l’originaria domanda avversaria di costituzione sul fondo degli appellanti di un servitù di transito ex art.1062 c.c. a favore del fondo dell’appellato; c) condannare la controparte al ristoro delle spese dei due gradi di giudizio, ovvero, in subordine, compensare integralmente le spese della causa di 1° grado; ovvero, in via ancor più subordinata, ridurre quelle liquidate sino ad Euro 2.100,00 oltre cap ed iva, come per legge”.

Per l’appellato:

“Voglia: preliminarmente dichiarare inammissibile l’appello promosso, per le motivazioni tutte innanzi esposte; – in via principale rigettare integralmente l’appello proposto per essere lo stesso del tutto infondato, per le motivazioni innanzi esposte, con conseguente integrale conferma della decisione gravata; – in via subordinata, per la denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere che la richiesta servitù di passaggio non sia stata costituita per destinazione del padre di famiglia, così come statuito dal Giudice di prime cure, si chiede che codesta Ecc.ma Corte Voglia, accertata la sostanziale interclusione del fondo di proprietà ***, e, comunque, l’impossibilità di accesso alla via pubblica, se non con eccessivo disagio, costituire una servitù di passaggio coattivo a carico del fondo di proprietà *** – ***, sito in, esteso ha 3, 42, 31, riportato in Catasto al foglio, p.lle, ed a vantaggio del fondo confinante di proprietà ***, riportato in Catasto al foglio, p.lle, da esercitarsi a mezzo di una strada percorribile con qualunque mezzo, di larghezza pari a m. 7,00 , comunque, non inferiore a m. 3,00, che, dipartendosi dalla S.S., attraversa il fondo di proprietà *** – *** lungo il confine con la proprietà ***, fino a raggiungere il fondo di proprietà ***; con condanna degli appellanti alla ricostruzione della strada preesistente e smantellata, facoltizzando, in ipotesi di suo impedimento, il *** a provvedervi a proprio onere ma a spese a carico dello stesso convenuto. In ogni caso con condanna degli appellanti alla refusione delle spese dei due gradi di giudizio”.

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

1. Con atto di citazione ritualmente notificato KKK, assumendo di essere proprietario di un fondo sito nel, riportato in Catasto al foglio, p.lle, conveniva in giudizio dinanzi il Tribunale di Teramo, Sez. distaccata di Atri, ZZZ e *** deducendo che: – il quoziente di terreno di proprietà del medesimo -pervenutogli in parte in forza di cessione in permuta (con atto per Notaio rep. N. del) ed in parte in forza di cessione in compravendita (con atto per Notaio rep. N. del)- era servito da una strada che dal confine posto a valle attraversava tutto il fondo di proprietà ***, risalendo il confine con l’attuale proprietà ***; – che in data 18 gennaio 1991 *** alienava il proprio fondo ai coniugi ZZZ e ***; – i nuovi proprietari nell’aprile 1994 rimuovevano la strada brecciata che consentiva il passaggio per accedere alla proprietà dell’attore e apponevano nella parte iniziale di detta strada una barra di ferro per impedirne l’accesso dalla strada statale.

Sulla base di tali considerazioni il KKK concludeva affinché il Giudice adìto riconoscesse l’esistenza della servitù di passaggio a carico del fondo di proprietà dei convenuti, condannasse questi ultimi alla ricostruzione della strada, e inoltre condannasse gli stessi al pagamento dei danni subiti. In via subordinata, qualora non fosse riconosciuta l’esistenza della servitù, chiedeva di accertare la sostanziale interclusione del fondo di proprietà e, per l’effetto, la condanna dei convenuti alla costituzione di una servitù coattiva a carico del fondo di proprietà e a favore del fondo dell’attore.

2. Si costituiva in giudizio il ZZZ il quale, sulla rimostranza che il fondo dell’attore non fosse intercluso poiché l’accesso alla strada era comunque garantito dalla strada di terra battuta già esistente sul fondo di proprietà Parere, concludeva per il rigetto della domanda attorea.

3. La causa veniva istruita con l’interrogatorio formale dell’attore e con prove testimoniali oltre che con l’espletamento di CTU al fine di descrivere lo stato dei luoghi con particolare riferimento all’esistenza o inesistenza della strada in questione e, nell’ipotesi di inesistenza, di verificare se sussistevano le tracce della preesistenza di detta strada.

4. All’udienza del 4.5.2012 le parti precisavano le conclusioni e il Giudice concedeva i termini di cui all’art.190 c.p.c..

5. Il Tribunale adìto con la sentenza n.131/12 del 26.9.2012 -depositata il successo 1.10.2012- così statuiva:

“I) in accoglimento della domanda svolta da KKK nei confronti di ZZZ e di ***, accerta il diritto dell’attore di passare – per l’accesso al proprio quoziente di terreno sito in Comune di, C.da, individuato in catasto alle part.lle del foglio – sulla strada posta sul fondo di proprietà dei convenuti; II) ordina ai convenuti, ZZZ e ***, di ripristinare la strada rimossa, mediante posizionamento di breccia sul vecchio tracciato; III) rigetta la domanda di risarcimento dei danni proposta dall’attore; IV) condanna i convenuti alla refusione, in favore dell’attore, delle spese della presente procedura che liquida in complessivi Euro 5.640,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, Euro 1.800,00 per diritti ed Euro 340,00 per esborsi oltre rimborso forfetario per spese generali, iva e cap come per legge; V) pone definitivamente a carico di parte convenuta le spese della consulenza tecnica d’ufficio”.

6. Avverso la sentenza con atto di citazione notificato il 7.1.2013 hanno proposto appello XXX e YYY chiedendo la riforma dell’impugnata sentenza – in quanto asseritamente illegittima – nella parte in cui il Giudice di primo grado ha accolto la domanda attrice di riconoscimento del diritto di transito sul fondo degli appellanti ex art.1062 c.c. ed ha condannato il convenuto costituito al ristoro delle spese di lite, per i seguenti motivi: A) inammissibilità ed infondatezza della domanda di costituzione della servitù di passaggio a titolo originario ex art.1062 c.c., attesa la ritenuta incertezza del petitum da cui discenderebbe la nullità dell’atto di citazione del primo grado (circostanza questa sulla quale il Giudice di primo grado avrebbe omesso di pronunciarsi) e, nel merito, comunque infondata in quanto “tutte le circostanze storiche poste a base della pronuncia risultano inesistenti (…) o irrilevanti”, unitamente alle prove documentali e testimoniali nonché alle risultanze dell’elaborato peritale; B) illegittima condanna alle spese; il tutto, con istanza ex art.283 c.p.c..

7. Con atto del 12.4.2013 si è costituito in giudizio l’appellato KKK eccependo l’inammissibilità dei motivi d’appello di cui al paragrafo A) dell’atto introduttivo del gravame e, per il caso di ritenuta ammissibilità, contestando la richiesta di inammissibilità e di infondatezza della domanda di costituzione della servitù di passaggio ex art.1062 c.c. invocata dagli appellanti. Insisteva, pertanto, per il rigetto dell’appello in quanto infondato; in via subordinata ha chiesto quanto indicato in epigrafe.

8. Con ordinanza del 27.3.2013, depositata in cancelleria il successivo 4.4.2013, questa Corte “ritenuto che è sussistente il periculum in mora, stante l’irreparabilità del pregiudizio che gli appellanti subirebbero in conseguenza della esecuzione della sentenza, con specifico riferimento alla condanna al ripristino della strada rimossa; che, infatti, il pregiudizio che subirebbero gli attori dalla esecuzione della pronuncia è superiore a quello che patisce l’appellato dal dover attendere la definizione del giudizio di secondo grado” ha sospeso l’efficacia esecutiva dell’impugnata sentenza.

9. All’udienza del 26.9.2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

10. Va preliminarmente dichiarata manifestamente infondata la censura formulata dagli appellanti relativa alla prospettata nullità dell’atto di citazione di primo grado per assoluta incertezza del petitum, per aver il KKK chiesto al Tribunale di dichiarare “l’esistenza di una servitù di passaggio” asseritamente costituita con atti di acquisto ovvero originariamente per destinazione del padre di famiglia.

Assorbente, sul punto, appare la condivisa pronuncia della Corte di appello Lecce sez. II, 27/01/2016, n.60 secondo cui “La declaratoria di nullità della citazione per omissione o assoluta incertezza del petitum postula una valutazione da compiersi caso per caso, nel rispetto di alcuni criteri di ordine generale, occorrendo, da un canto, tener conto che l’identificazione dell’oggetto della domanda va operata avendo riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nell’atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, dall’altro, che l’oggetto deve risultare “assolutamente” incerto; in particolare, quest’ultimo elemento deve essere vagliato in coerenza con la ragione ispiratrice della norma che impone all’attore di specificare sin dall’atto introduttivo, a pena di nullità, l’oggetto della sua domanda, ragione che, principalmente, risiede nell’esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (prima ancora che di offrire al giudice l’immediata contezza del thema decidendum); con la conseguenza che non potrà prescindersi, nel valutare il grado di incertezza della domanda, dalla natura del relativo oggetto e dalla relazione in cui, con esso, si trovi eventualmente la controparte (se tale, cioè, da consentire, comunque, un’agevole individuazione di quanto l’attore richiede e delle ragioni per cui lo fa, o se, viceversa, tale da rendere effettivamente difficile, in difetto di maggiori specificazioni, l’approntamento di una precisa linea di difesa)”.

Infatti, nella fattispecie che ci occupa, sotto alcun profilo l’atto di citazione può ritenersi affetto da nullità per non essere il petitum “assolutamente incerto” secondo la prospettazione indicata dalla richiamata pronuncia.

Nel merito l’appello è infondato per le motivazioni di seguito esposte e va, dunque, rigettato.

Infatti, correttamente il Giudice di primo grado ha ricondotto la fattispecie nell’alveo dell’art.1062 c.c., avendo la condotta istruttoria fornito la prova degli elementi in presenza dei soli quali si costituisce la servitù de qua ex art. cit..

Infatti “La servitù per destinazione del padre di famiglia presuppone che l’originario unico proprietario abbia posto in essere tra due fondi, o due parti dello stesso fondo, a lui appartenenti, una situazione soggettiva di subordinazione o servizio, corrispondente al contenuto di una servitù, che non rileva come tale finché i fondi siano nella titolarità dell’unico soggetto proprietario. Nel momento in cui i due fondi o le due parti del fondo vengono divise, ossia vengono ad appartenere a diversi soggetti, tale situazione soggettiva si pone di per sé come fatto costitutivo di una servitù avente contenuto corrispondente all’utilità già garantita di fatto a uno dei due fondi o delle due parti dello stesso fondo, e non postula una manifestazione di volontà negoziale. A tal proposito è, infatti, necessario e sufficiente il fatto oggettivo della esistenza di uno stato di servizio tra i due fondi o tra le due porzioni del medesimo fondo e la mancanza di una espressa volontà negoziale contraria.” (ex multis, Corte appello Palermo sez. II, 13/10/2017, n.1845).

Nella fattispecie de qua è documentalmente provato dagli atti notarili prodotti -e come invero correttamente rilevato anche dal Giudice di primo grado- che i fondi per cui è causa originariamente appartenevano ad un unico proprietario, ***, sì da costituire, pertanto, un’unica proprietà (cfr. Corte appello Palermo sez. II, 13/10/2017, n.1845, “originario unico proprietario”).

Le argomentazioni difensive svolte dagli appellanti relativamente alla mancanza del presupposto dell’unicità della proprietà da cui l’intera vicenda origina appaiono, pertanto, prive di pregio: irrilevante oltre che del tutto inconferente- appare, invero, la prospettazione fornita dagli appellanti secondo cui i fondi per cui è causa non sarebbero mai stati “un fondo unico, ma ben 4 fondi del tutto separati tra loro”. Diversamente, infatti, ciò che rileva è l’originaria unica proprietà degli stessi (documentalmente provata in capo a ***) e non l’unicità della particella poi frazionata; di guisa che alla sentenza appellata non possono essere mossi rilievi di alcun tipo per essere adeguatamente motivata e circostanziata laddove dà prontamente atto che “i due fondi, di proprietà dell’attore e dei convenuti, originariamente appartenevano ad un unico proprietario, ***, e costituivano pertanto un’unica proprietà” tenuto conto della documentazione notarile versata in atti che costituisce prova incontrovertibile della manifesta infondatezza del motivo di appello addotto dagli appellanti.

Infatti è proprio la storia dei fondi de quibus che depone per la fondatezza della domanda azionata dall’attore KKK.

Dall’incontestabile originaria unica proprietà dei fondi per cui è causa discende la parimenti incontestabile constatazione che la *** aveva realizzato una strada sulla propria proprietà sì da configurarsi, nella fattispecie, anche l’ulteriore requisito perché possa considerarsi integrato l’istituto ex art. cit, ovverosia la “situazione soggettiva di subordinazione o servizio, corrispondente al contenuto di una servitù” (cfr. Corte appello Palermo sez. II, 13/10/2017, n.1845).

E dell’esistenza della strada de qua viene dato prontamente atto in tutta la copiosa documentazione notarile versata in atti sino al trasferimento all’odierno appellato del fondo per cui è causa (fondo dominante), oltre che confermata dalla condotta istruttoria, anche testimoniale.

Sul punto il teste *** ha riferito che la strada aveva una larghezza superiore a ml. 3, precisando che lo stesso vi transitava con un “trattore che ha una ruspa anteriore di tre metri” (cfr. udienza del 21.11.2007); ancora, il teste ***, nel confermare che la strada era percorribile con qualsiasi mezzo e che la stessa aveva una larghezza superiore a ml.3,00 ha specificato che “mi risulta che la strada sia stata allargata… la strada è stata ampliata fino a 6-7 metri. Preciso che … l’accesso alla stessa è impedito da una barra metallica, posta all’inizio, vicino alla strada statale 16” (cfr. udienza del 21.11.2007). Infine il teste *** ha confermato che “sulla strada transitavano mezzi di ogni genere, anche agricoli… io stesso ci passavo anche con la macchina” (cfr. udienza del 9.5.2008).

Alle risultanze dell’istruttoria testimoniale, tutte comprovanti l’esistenza di una situazione di fatto di soggezione tra i fondi per cui è causa, v’è da aggiungere che il nominato CTU, nel proprio elaborato tecnico, dà prontamente atto che “per accedere alla prop. ***, dalla s.s. esiste una strada della larghezza di circa ml.3,50, il cui primo tratto, quasi pianeggiante, della lunghezza di circa ml.19,00, risulta pavimentato in battuto di cemento. All’imbocco della strada vi è una sbarra in ferro tubolare che impedisce l’accesso agli estranei” e che “ (…) da questo punto in poi” -cioè dal lato posteriore del recinto del fabbricato *** pure interessato da un tratto di strada imbrecciata- “sino al confine con la proprietà KKK, si evidenzia la presenza di traccia di strada in terra battuta, inizialmente con spolveratura di misto di cava” (cfr. pag 3 CTU). È allora più probabile che non che tale “traccia di strada in terra battuta” altro non sia che la strada menzionata nei vari atti notarili e della cui esistenza i testi escussi hanno fornito ampia prova; la stessa, dunque, che è stata rimossa dagli appellanti e la cui accertata presenza costituisce l’altro requisito legittimante la costituzione, tra i fondi de quibus, della servitù ex art.1062 c.c..

Per cui, premesso che “A norma dell’art.1062 c.c., la costituzione di una servitù per destinazione del padre di famiglia è impedita solo dalla contraria manifestazione di volontà del proprietario dei due fondi al momento della loro separazione, e tale contraria manifestazione di volontà non può desumersi per “facta concludentia“, ma deve rinvenirsi in una clausola contrattuale con la quale si convenga esplicitamente di volere escludere il sorgere della servitù corrispondente alla situazione di fatto esistente fra i due fondi e determinata dal comportamento del comune proprietario, ovvero in una qualsiasi clausola il cui contenuto sia incompatibile con la volontà di lasciare integra ed immutata la situazione di fatto che, in forza della legge, determinerebbe la nascita della servitù” (Cassazione civile sez. II, 01/03/2018, n.4872) e che nella fattispecie de qua non v’è alcuna clausola contrattuale volta ad escludere il sorgere della servitù corrispondente alla situazione di fatto esistente tra i due fondi (come, del resto, quella esistente tra i fondi di proprietà delle parti del presente giudizio) -anzi gli atti notarli espressamente menzionano la strada de qua senza prevedere alcuna limitazione al riguardo- ne deriva il rigetto dell’appello in quanto infondato e la conseguenziale conferma in ogni sua parte dell’appellata sentenza.

Infatti alla sentenza di primo grado non possono essere mosse censure di alcun tipo per aver il Giudice di primo grado correttamente ricondotto la fattispecie al vaglio di questa Corte nell’alveo della servitù per destinazione del padre di famiglia di cui, infatti, presenta tutti i presupposti e requisiti, ovvero: 1) la presenza di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio della servitù (la strada); 2) l’originaria appartenenza di due fondi (o porzioni del medesimo fondo) ad un unico proprietario (***), il quale abbia posto gli stessi, l’uno rispetto all’altro, in una situazione di subordinazione idonea ad integrare il contenuto di una servitù prediale e 3) l’assenza, all’atto della loro separazione, di una manifestazione di volontà contraria al perdurare della relazione di sottoposizione di un fondo nei confronti dell’altro (cfr. ex multis Tribunale Latina sez. I, 08/03/2018, n.648).

La questione relativa all’interclusione del fondo dell’appellato deve, quindi, reputarsi assorbita.

La sentenza di primo grado appare parimenti immune da censure anche nella parte relativa alla liquidazione delle spese di lite.

Al riguardo lamentano gli appellanti che “il Tribunale ha condannato i convenuti al rimborso delle spese di lite, liquidate dichiaratamente sulla base della vecchia tariffa professionale” in luogo dei “nuovi compensi stabiliti dal D.M. 140 del 20.7.12”.

Premesso che l’appellata sentenza nulla riferisce in merito ai parametri applicati per la liquidazione delle spese di giudizio e sebbene debba accordarsi cittadinanza alla tesi secondo cui «ai fini dell’individuazione della tariffa applicabile all’attività professionale svolta dall’avvocato, deve farsi riferimento al momento in cui si considera conclusa la prestazione del legale. E tale momento coincide con la sentenza di primo grado. La Cassazione fa così chiarezza sul tema della commisurazione dei compensi professionali, regolati dal d.m. n. 140/2012, che si applicano in tutti i casi in cui la liquidazione giudiziale sia intervenuta dopo l’entrata in vigore del decreto, a condizione che in tale data la prestazione professionale non sia ancora stata completata. Nel caso, invece, di una prestazione svolta in un grado di giudizio terminato prima dell’entrata in vigore del decreto si applicano le tariffe di cui al decreto ministeriale 127/2004, “atteso che in tal caso la prestazione professionale deve ritenersi completata sia pure limitatamente a quella fase processuale“. Difatti, “il giudizio di primo grado sfocia in una sentenza idonea a concludere ogni accertamento processuale passando in giudicato, essendo sotto il profilo del rito una mera eventualità l’impugnazione della pronuncia”» (Cassazione civile sez. III, 20/10/2016, n.21256), non può questa Corte non rilevare come l’ampia discrezionalità relativa alla determinazione dei compensi -da valutarsi tenuto anche conto della specificità del caso di volta in volta al vaglio e, comunque, per nulla obbligata al rispetto dei parametri previsti dal citato D.M., per essere i medesimi meramente indicativi e non vincolanti- sottragga la sentenza appellata in parte qua da qualsivoglia censura di illegittimità.

Ogni altra questione è da ritenersi assorbita e superata.

11. Le spese di secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, secondo le tariffe massime del DM 55/14 dello scaglione di riferimento come individuato in base al valore della causa (Euro 10.861,76) tenuto conto della complessità delle fattispecie; assente la terza fase.

P.Q.M.

La Corte definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa e rigettata, così provvede:

1) rigetta l’appello e, per l’effetto, revocata l’ordinanza del 27.3.2013 di sospensione dell’efficacia della sentenza appellata, conferma in ogni sua parte la sentenza n.131/12 emessa dal Tribunale di Teramo, Sez. distaccata di Atri nella causa civile di primo grado iscritta al n. /2015 il 26.9.2012 e depositata il successivo 1.10.2012;

2) condanna gli appellanti XXX e YYY in solido tra loro al pagamento, in favore dell’appellato KKK, delle spese del presente giudizio liquidate in complessivi Euro 3777,00 oltre Iva, CAP e spese generali come per legge.

Così deciso in L’Aquila nella Camera di consiglio del 12.12.2018.

Il Consigliere relatore

Il Presidente

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