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Codice Civile
Codice Penale

Interversione nel possesso

Interversione nel possesso, non può aver luogo mediante un atto di volizione interna, deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore.

Pubblicato il 09 December 2018 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA
Prima sezione civile

nelle persone dei seguenti magistrati:
ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 2626/2018 pubblicata il 07/12/2018

nella causa civile iscritta al n. R.G. promossa da:

XXX CF: nato A e YYY CF: nata a, coniugi, entrambi residenti in viale ed elettivamente domiciliati in presso lo studio dell’avv. che li rappresenta e difende per mandato a margine dell’atto di appello;

-appellanti- contro

COMUNE DI ZZZ CF:, in persona del Sindaco pro tempore domiciliato per la carica in presso la residenza municipale ed elettivamente nella via

presso l’Avvocatura Comunale, rappresentato e difeso dall’avv. per procura in calce alla copia notificata dell’atto di appello;

-appellato-

All’udienza di precisazione delle conclusioni del 20.6.2018 i procuratori delle parti concludevano come da verbale in atti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 9.5.2012 XXX e YYY convenivano avanti al Tribunale di Catania il Comune di ZZZ esponendo di possedere sin dal 1951, “uti domini”, anche tramite i loro danti causa, Massara Sebastiano e Scibilia Maria, una porzione di terreno estesa ha 1, are 71 e cent. 55 –all’epoca individuato come lotto n. 28- facente parte e pari ad ¼ della particella 2101 iscritta in catasto terreni in capo al Comune di ZZZ al n. , foglio , classe seminativo 2, superficie ha 6 are 15 cent. 46, reddito dominicale 349,64 agrario 95,36.

Deducevano l’acquisto del terreno per usucapione in forza del possesso continuato, pacifico e pubblico sullo stesso esercitato come proprietari. Chiedevano emettersi consequenziale statuizione.

Si costituiva il Comune convenuto contestando la fondatezza della domanda e chiedendone il rigetto.

Superata la fase istruttoria la causa era quindi posta in decisione.

Con sentenza n. 3686/2013 del 17.10.2013 il Tribunale rigettava la domanda attorea e regolava secondo soccombenza le spese processuali.

Con atto notificato il 16.4.2014 XXX e YYY proponevano appello avverso la succitata pronunzia deducendone l’erroneità per i motivi ivi esposti e chiedendone la riforma.

Si costituiva il Comune di ZZZ contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

Con ordinanza del 10.3.2015 la Corte rigettava le richieste istruttorie.

La causa era quindi rimessa all’udienza del 20.6.2018 nella quale, sulle conclusioni delle parti, era posta in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo gli appellanti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui il primo giudice ha affermato che la posizione dei loro danti causa (affittuari del terreno in forza dei contratti di affitto agrario n. 106 e n. 107 stipulati il 22.11.1948 con il dott., sequestratario giudiziario del) e quindi dei medesimi, ex art. 1146 c.c., è da ricondursi nell’ambito della detenzione qualificata ai sensi dell’art. 1141 comma 2 c.c., “inidonea a determinare, in assenza di un atto di interversione nel possesso, l’acquisto per usucapione ai sensi dell’art. 1158 c.c.”.

Deducono che il primo giudice ha errato nel non ritenere sussistente l’interversione del possesso, ex art. 1141 co. 2 c.c. perché i contratti di affitto del terreno stipulati nel 1948 avevano durata di un anno e quindi erano cessati il 31.8.1949 data a partire dalla quale i loro danti causa lo avevano posseduto uti domini avendo mutato l’elemento soggettivo in animus possidendi.

Fondano la prova del loro assunto sui seguenti elementi:

1.la ricevuta del 1972 relativa al versamento, da parte del loro dante causa ***, del contributo consortile per la manutenzione delle opere irrigue;

2. le spese di allacciamento alla rete elettrica effettuate nel 1978 da XXX;

3.la costruzione del manufatto oggetto delle dichiarazioni resa da YYY alla Polizia Municipale il 23.5.2012.

Con il secondo motivo –strettamente correlato al primo- gli appellanti lamentano che il primo giudice ha errato nel ritenere provato che il manufatto esistente sul terreno sia stato edificato nel 1940 reputando, così, irrilevante detta circostanza ai fini dell’interversione del possesso per il fatto che la detenzione qualificata era avvenuta in forza dei contratti di affitto stipulati successivamente nel 1948.

Rilevano che la data del 1940 era indicata nell’articolato di prova testimoniale che il giudice non ha ammesso e su cui non si è formata la prova. Precisano che ove raccolta, detta prova avrebbe consentito di appurare che la data era in effetti quella del 1950.

A giudizio della Corte entrambi i motivi sono infondati.

In premessa giova rilevare che in tema di interversione del possesso ai fini dell’acquisto per usucapione ex art. 1164 c.c, la Suprema Corte ha reiteratamente affermato (v. da ultimo Cassazione civile sez. I, 20/12/2016, n.26327) che “L’interversione nel possesso non può aver luogo mediante un semplice atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione esteriore – rivolta specificamente contro il possessore, in maniera che questi possa rendersi conto dell’avvenuto mutamento – dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia cessato d’esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui ed abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente “animus detinendi” dell'”animus rem sibi habendi”. Non rilevano, a tal fine, l’inottemperanza alle pattuizioni in forza delle quali la detenzione era stata costituita, verificandosi, in questo caso, un’ordinaria ipotesi di inadempimento contrattuale, né meri atti di esercizio del possesso, traducendosi gli stessi in un’ipotesi di abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene.” (conf: Cassazione civile sez. II, 20/05/2002, n.7337;Cass. 2392/2009).

Ciò premesso, deve innanzitutto rilevarsi che l’assunto degli appellanti secondo cui il contratto di affitto è cessato nell’agosto del 1949 e che da tale momento hanno posseduto uti domini, è contraddetto dalla stessa scrittura incontestatamente redatta dal loro dante causa, ***, da cui si evince che nel febbraio del 1951 l’affitto era ancora in essere dato che si fa esplicitamente cenno al “contratto” ed al relativo “canone annuo”.

Ciò offre riscontro alla tesi del Comune secondo cui il contratto di affitto era stato ripetutamente rinnovato.

Gli appellanti non hanno quindi assolto all’onere di provare, in primo luogo, il momento in cui era venuto meno il rapporto di affitto agrario essendo questo il momento di cessazione della detenzione qualificata utile ai fini della interversione del possesso.

In secondo luogo era onere degli stessi provare le manifestazioni esteriori, rivolte all’ente proprietario, con cui i loro danti causa ed essi stessi avevano esternato la loro inequivoca volontà di esercitare sul bene le prerogative proprietarie.

Va rimarcato sotto tale profilo che gli elementi sopra indicati non valgono a provare l’estrinsecazione nei confronti del Comune proprietario del terreno della loro volontà di esercitare sul detto bene un potere di fatto nel proprio esclusivo interesse con “animus sibi habendi”.

Il pagamento del contributo per la manutenzione delle opere irrigue (oltre a rispondere alle obbligazioni assunte con la clausola sub 5 dei contratti di affitto) è rivolta al Consorzio di Bonifica della *** di ZZZ e quindi a soggetto diverso dal proprietario del terreno. Lo stesso vale per i costi di allacciamento elettrico che sono stati effettuati in favore dell’ente erogatore del servizio. Men che meno rilevano le dichiarazioni rese ai verbalizzanti “a posteriori” nel 2012 dall’appellante YYY in ordine all’epoca di edificazione del manufatto sul terreno in contestazione.

Inoltre è da rilevare che la doglianza relativa all’aver ritenuto raggiunta la prova testimoniale in mancanza di assunzione della stessa è infondata avendo il primo giudice tratto, semplicemente, elementi di valutazione del proprio convincimento dalle stesse circostanze affermate dalla parte che aveva dedotto sul punto la testimonianza.

Né d’altro canto le dedotte prove testimoniali – non ammesse nemmeno in questo grado dalla

Corte- sono rilevanti ai fini della prova dell’interversione del possesso nei diretti confronti del Comune di ZZZ, mirando solo a dimostrare che i danti causa degli appellanti prima e gli stessi poi hanno esercitato un potere di fatto sul terreno, senza tuttavia valere a dimostrare comportamenti esteriori – rivolti al Comune di ZZZ proprietario- univocamente estrinsecanti la cessazione dell’esercizio del potere di fatto sulla cosa in nome altrui e l’inizio di un esercizio esclusivamente in nome proprio, con correlata sostituzione al precedente animus detinendi dell’animus rem sibi habendi.

L’infondatezza dei superiori motivi assorbe ogni ulteriore questione.

L’appello va conseguentemente rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate secondo dispositivo in conformità ai parametri del DM 55/14 (aggiornato con DM 37/18).

Considerato l’integrale rigetto dell’appello deve darsi atto dei presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n.115 per il versamento, da parte degli appellanti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione principale.

P.Q.M.

La Corte, definitivamente pronunciando, nella causa iscritta al n. R.G. così dispone:

rigetta l’appello proposto da XXX e YYY avverso la sentenza n. 3686/2013 emessa dal Tribunale di ZZZ il 17.10.2013; condanna gli appellanti al pagamento in favore del Comune di ZZZ delle spese del giudizio che liquida in complessivi € 3.000,00 oltre rimborso forfettario al 15% iva e cpa; dà atto dei presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2002 n.115 per il versamento, da parte degli appellanti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione principale.

Così deciso in Catania, 5.12.2018

IL CONSIGLIERE EST. IL PRESIDENTE

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