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Project financing, strumento della finanza di progetto

Strumento della finanza di progetto (project financing), le amministrazioni aggiudicatrici negoziano un affidamento in concessione.

Pubblicato il 23 August 2018 in Diritto Amministrativo, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI LANCIANO

in composizione monocratica, nella persona del giudice dott., ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 299/2018 pubblicata il 21/08/2018

nella causa civile iscritta al n. R.G. e vertente

TRA

XXX, in persona del presidente del c.d.a., elettivamente domiciliata in Casoli, presso lo studio dell’avv., che la rappresenta e difende, anche disgiuntamente, con gli avv.ti, come da mandato a margine dell’atto di citazione;

ATTORE

E

YYY, in persona del sindaco autorizzato con delibere giunta comunale n. dell’8 giugno 2012 e n. del 2 settembre 2016, elettivamente domiciliato in Lanciano, presso l’Avvocatura comunale, rappresentato e difeso dall’avv., come da mandato in atti;

CONVENUTO

avente a oggetto: contratti della p.a.

conclusioni delle parti: come da verbale d’udienza
Fatto e diritto

1. XXX (d’ora in avanti XXX) ha convenuto in giudizio il YYY domandando, “accertato l’inadempimento del Comune convenuto” al “contratto di concessione per progettazione, costruzione e gestione di un parcheggio interrato in Via”, stipulato “secondo il modello del project financing”, in particolare quanto alle obbligazioni di “revisione del Piano Economico Finanziario” e derivanti dalla buona fede (integrativa) ex art. 1375 c.c., la declaratoria di risoluzione del contratto e la condanna del Comune al risarcimento dei danni (indicati in euro 6.000.000,00) o, in subordine, al pagamento dell’indennizzo ex art. 158 d.lgs. 163/2006 (per euro 5.134.000,00) o dell’indennizzo per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. (per euro 4.130.000,00), “oltre interessi e rivalutazione monetaria”.

Il YYY si è costituito chiedendo il rigetto delle domande e domandando in via riconvenzionale (come da conclusioni a p. 7 della comparsa di costituzione e risposta) la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento di XXX, non avendo la stessa stipulato e consegnato la polizza di garanzia (pari al 10% dell’importo dell’investimento) prevista per la gestione del servizio e pagato “le somme dovute per la commissione di collaudo” (pari a euro 13.950,00).

Il Tribunale ha svolto istruttoria con escussioni testimoniali; all’esito, ha fissato udienza di precisazione delle conclusioni.

2. Le domande sono tutte infondate.

2.1. Ai sensi dell’art. 183 d.lgs. 50/2016, con lo strumento della finanza di progetto (appunto project financing) le amministrazioni aggiudicatrici negoziano un affidamento in concessione di lavori pubblici o di pubblica utilità, ossia stipulano una concessione di lavori che, ai sensi dell’art. 3 d.lgs. 50/2016, è “un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano l’esecuzione di lavori ovvero la progettazione esecutiva e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori ad uno o più operatori economici riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire le opere oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione delle opere”.

Ai sensi dell’art. 165, cc. 1 e 6, d.lgs. 50/2016, “nei contratti di concessione come definiti all’articolo 3 […], la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato. Tali contratti comportano il trasferimento al concessionario del rischio operativo definito dall’articolo 3 […] riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull’equilibrio del piano economico finanziario. Le variazioni devono essere, in ogni caso, in grado di incidere significativamente sul valore attuale netto dell’insieme degli investimenti, dei costi e dei ricavi del concessionario”. “Il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull’equilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. La revisione deve consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all’operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto […]. In caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, le parti possono recedere dal contratto. Al concessionario sono rimborsati gli importi di cui all’articolo 176, comma 4, lettere a) e b), ad esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse”.

La giurisprudenza più recente ha proposto una interpretazione restrittiva delle sopravvenienze che incidono sull’equilibrio economico delle concessioni idonee a fondare l’applicazione dei rimedi pubblicistici e privatistici, tra i quali ultimi, in particolare, la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta (C.d.S. 3653/2016).

In particolare, nella concessione di lavori la sopravvenienza che incide sulle economie della gestione dell’opera incide solo indirettamente sull’equilibrio economico del contratto, ossia comporta solo indirettamente lo svilimento della controprestazione (la prestazione della p.a.), perché, in virtù del trasferimento al concessionario del rischio operativo, la prestazione della p.a. è propriamente di consentire al concessionario la gestione dell’opera non, anche, di garantirne determinati livelli di utilità. Inoltre, e comunque, salvo che la gestione dell’opera divenga strutturalmente inidonea a far conseguire al concessionario, anche solo potenzialmente, una utilità equiparabile a quella ragionevolmente prevedibile, devono ritenersi generalmente insussistenti i presupposti del rimedio della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. A esempio, nei casi di concessione di lavori inerenti ad aree di servizio autostradali, sono stati ritenuti irrilevanti la flessione della domanda di carburante e di prodotti di ristoro e l’apertura di un’area di servizio concorrente (C.d.S. 3653/2016).

Il Tribunale osserva, inoltre, che la normativa predetta, ovviamente imperativa e pertanto idonea a integrare in via cogente il rapporto contrattuale, è meramente specificativa, e sostanzialmente confermativa, di quella “già desumibile dal previgente” d.lgs. 163/2006 (ancora C.d.S. 3653/2016), anche quanto all’art. 143 del d.lgs. 163/2006; d’altronde, e in ogni caso, essa, per quanto qui rileva, disciplina non il contratto nella fase genetica, ma la sua esecuzione, ossia il rapporto contrattuale, sotto i profili dei rimedi a fronte di inadempimenti e sopravvenienze e, pertanto, la sua applicazione al rapporto ancora in essere è una applicazione ex nunc e non retroattiva (applicazione retroattiva di cui l’art. 216 d.lgs. 50/2016 conferma invece l’esclusione allorché prevede che, “fatto salvo quanto previsto nel presente articolo ovvero nelle singole disposizioni di cui al presente codice, lo stesso si applica alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte”).

2.2. XXX allega che vi è stata una “modifica del volume del traffico”, ossia “un afflusso di autovetture inferiore a quello stimato”, dovuti “all’apertura al pubblico dei parcheggi all’interno dell’ospedale, circostanza imprevedibile e sopravvenuta” e “all’inerzia di Codesto Comune dapprima a regolamentare la viabilità nonché le soste nelle vie limitrofe al parcheggio multipiano, successivamente a sanzionare le condotte abusive poste in essere nei medesimi spazi oggetto di divieti” (pp. 4, 14-5).

2.2.1. Sotto il primo profilo (conseguenze della “apertura al pubblico dei parcheggi all’interno dell’ospedale”), XXX deduce che la sopravvenienza allegata è tale da fondare l’obbligazione del Comune di revisione della concessione, di cui alla normativa pubblicistica e comunque di rinegoziazione della stessa, secondo la disciplina della “reductio ad equitatem” di cui all’art. 1467 c.c.; obbligazioni che il Comune non ha adempiuto.

Il Tribunale osserva quanto segue.

2.2.1.1. In primo luogo, per quanto detto sub 2.1, non sussistono i presupposti perché ricorra l’obbligo (ma l’art. 165, c. 6, d.lgs. 50/2016, prevede che il “verificarsi” di sopravvenienze “che incidono sull’equilibrio del piano economico finanziario” può comportare la sua revisione) di revisione ai sensi della normativa pubblicistica.

La sopravvenienza allegata, ossia “la realizzazione di nuovi parcheggi all’interno dell’adiacente Ospedale”, rientra nell’ambito del rischio operativo che è a carico del concessionario. D’altronde, tale realizzazione è riconducibile ad ***, cui appartengono le “aree dell’ospedale” e che è evidentemente soggetto distinto dal YYY, sicché la realizzazione stessa non integra quelle “variazioni apportate dalla stazione appaltante” a “i presupposti e le condizioni di base che determinano l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione” che, ai sensi dell’invocato art. 143, c. 8, d.lgs. 163/2006, comportano la “necessaria revisione” del piano economico finanziario.

2.2.1.2. In secondo luogo, e comunque, l’obbligo di revisione è una obbligazione a contrattare la rinegoziazione (ossia a porre in essere attività precontrattuale a tal fine), non a stipularla (quale invece a esempio l’obbligazione derivante da un negozio preliminare a contenuto essenziale determinato o determinabile); e infatti il rimedio previsto “in caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario” (anche nell’ipotesi di mancata revisione di cui all’art. 143, c. 8, d.lgs. 163/2006) è un diritto di recesso delle parti estraneo all’area della risoluzione (volontaria) per inadempimento, ossia un diritto di recesso ordinario, non per giusta causa, tanto che, per il citato art. 165, c. 6, d.lgs. 50/2016, il concessionario ha diritto solo, ai sensi del richiamato art. 176, c. 4, lett. a) e b), al rimborso del valore delle opere realizzate (tecnicamente una “restituzione”) e dei costi conseguenti allo scioglimento del contratto, con esclusione, in particolare, dell’“indennizzo a titolo di risarcimento”, che invece XXX pretende in sede di domanda di risoluzione per inadempimento subordinata (“indennizzo ex art. 158 d.lgs. 163/2006”, che appunto riguarda l’ipotesi in cui “il rapporto di concessione sia risolto per inadempimento del soggetto concedente ovvero quest’ultimo revochi la concessione per motivi di pubblico interesse”).

Nel caso di specie non è nemmeno controverso tra le parti che il YYY ha contrattato la rinegoziazione (avendo anche indetto a tal fine conferenze di servizi), pur se la stessa non è stata stipulata.

2.2.1.3. In terzo luogo, ancora per quanto detto sub 2.1, non sussistono i presupposti della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, che d’altronde XXX nemmeno domanda; né l’offerta di “modificare equamente le condizioni del contratto” di cui all’art. 1467, c. 3, c.c. è oggetto di un’obbligazione, predicabile di inadempimento ai fini della domandata risoluzione: infatti, la parte contro la quale è domandata la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta può evitarla offrendo la rettifica equitativa del contratto.

2.2.2. Anche con riferimento all’allegata inerzia del YYY “dapprima a regolamentare la viabilità nonché le soste nelle vie limitrofe al parcheggio multipiano”, ai sensi dell’art. 4 del contratto (per il quale “il Concedente si impegna a promuovere tutte le iniziative al fine di regolamentare” “sosta e circolazione” “nelle vie adiacenti il parcheggio”, secondo indicate “ipotesi di utilizzo”) e “successivamente a sanzionare le condotte abusive poste in essere nei medesimi spazi oggetto di divieti”, il Tribunale ritiene che non sia configurabile alcun inadempimento del Comune.

Infatti, in primo luogo, la stessa XXX precisa che la regolamentazione di cui all’art. 4 è intervenuta; né l’adempimento del Comune può essere qualificato come “tardivo” (ammesso che il ritardo, per come allegato, possa avere rilievo ai fini della domandata risoluzione), in quanto la regolamentazione della viabilità è intervenuta, per ammissione della stessa XXX (comparsa conclusionale, p. 16), nel medesimo anno (il 2014) in cui “il parcheggio veniva inaugurato”.

D’altronde, e in secondo luogo, la effettiva contestazione di XXX riguarda piuttosto il fatto che “nonostante l’apposizione della […] segnaletica, dal 2014 a tutt’oggi, le autovetture parcheggiate abitualmente lungo le vie attigue al parcheggio in concessione alla XXX generalmente non vengono né contravvenzionate, né rimosse” (ancora comparsa conclusionale, p. 16).

Qui l’inadempimento non sussiste in quanto l’attività di accertamento e irrogazione delle sanzioni di illeciti con sanzione punitiva (amministrativa o penale) non è, ovviamente, deducibile a oggetto di obbligazioni, ossia di doveri specifici nei confronti di soggetti determinati e, anzi, il negozio che ciò prevedesse sarebbe nullo per contrarietà all’ordine pubblico (d’altronde, il citato art. 4 del contratto non prevede un obbligo del Comune di irrogare sanzioni amministrative); pertanto, l’eventuale inerzia del YYY nella irrogazione delle sanzioni non configura alcun inadempimento contrattuale ma, se del caso, illecito amministrativo o penale dei soggetti deputati all’accertamento e alla irrogazione delle sanzioni stesse.

2.3. In via ulteriormente subordinata, XXX domanda la risoluzione per inadempimento con condanna del Comune all’indennizzo per ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c.

Qui, a tacere di altri profili di infondatezza della domanda (e della estraneità dell’indennizzo ex art. 2041 c.c. all’area dell’inadempimento contrattuale che può fondare la risoluzione del contratto), difetta il requisito della sussidiarietà, che presuppone la non spettanza, in astratto, di azioni fondate su titoli diversi (C. sez. un. 28042/2008; C. 25461/2010); e appunto ai sensi della normativa sopra richiamata, ove sussistesse una sopravvenienza “non riconducibile” ad alcuna delle parti del contratto (e pertanto estranea all’area dell’inadempimento), il concessionario che non ottenga la revisione ha il rimedio del recesso con rimborso del valore delle opere realizzate e dei costi conseguenti allo scioglimento del contratto.

2.4. Anche la domanda riconvenzionale del YYY di declaratoria della risoluzione del contratto “ai sensi dell’art. 22 punto 7” del contratto stesso è infondata.

L’art. 22 citato (“risoluzione per inadempimento del concessionario”) prevede che il Comune “si riserva la facoltà di risolvere la presente convenzione”, tra l’altro, in caso di “violazione di ogni altro obbligo a carico del Concessionario previsto dalla presente Convenzione”. Peraltro, l’art. stesso richiama a tal fine l’art. 1454 c.c., ossia l’istituto della risoluzione stragiudiziale per diffida ad adempiere, la quale, allo stesso modo della risoluzione giudiziale per inadempimento, presuppone comunque la gravità dell’inadempimento (l’“importanza dell’inadempimento”), ai sensi dell’art. 1455 c.c.

Il Tribunale ritiene che nessuno degli inadempimenti allegati a tal fine dal Comune sia qualificabile come grave ai fini della normativa predetta.

Non lo è, in primo luogo ed evidentemente, il mancato “versamento delle somme dovute per la commissione di collaudo”, pari a euro 13.950,00.

Non lo è, in secondo luogo, la mancata costituzione della polizza di garanzia per la corretta gestione del servizio pari al 10% dell’importo dell’investimento, prevista dall’art. 26 (“garanzie contrattuali ed assicurazioni”), n. 7, del contratto; tenendo presente che, ai sensi dell’art. stesso, l’attualità dell’obbligazione di costituzione della garanzia presuppone comunque una successiva trattativa, se non proprio accordo, tra le parti (“secondo uno schema di polizza concordato con l’Amministrazione Com.le”), trattativa o comunque accordo che lo stesso Comune allega intervenuti in termini parzialmente modificativi della previsione contrattuale (comparsa di costituzione e risposta, p. 3); sicché il rimedio corretto a fronte di eventuali inadempimenti del concessionario all’obbligazione ex art. 26 n. 7 è non la risoluzione del contratto ma, piuttosto, un’eccezione di inadempimento.

3. Le spese di lite seguono la soccombenza, che è maggiormente di XXX; esse vengono liquidate come da dispositivo al netto di compensazione per la parziale soccombenza reciproca del YYY.

P.Q.M.

Il Tribunale di Lanciano, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa e contraria istanza eccezione o deduzione, così provvede:

a) rigetta ogni domanda;

b) condanna XXX, in persona del rappresentante legale pro tempore, al rimborso, in favore di YYY, delle spese di lite, che liquida in euro 13.203,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali al 15% e accessori di legge.

Lanciano, 21 agosto 2018.

Il giudice

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